Il ricorrente gode di profitti illeciti che gli assicurano il sostentamento. Negato il gratuito patrocinio (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 18 novembre 2021, n. 42153).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente –

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere –

Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere –

Dott. FERRANTI Donatella – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) SALAH nato il 06/06/1992;

avverso l’ordinanza del 17/12/2020 del TRIBUNALE di MILANO;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa DONATELLA FERRANTI;

lette le conclusioni del PG.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. (OMISSIS) Salah ricorre avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso da lui presentato ex artt. 99, D.P.R. 115/2002 e 702-bis cod.proc.civ. avverso il decreto con il quale, il 15.06.2020, era stata rigettata una sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per non abbienti.

Nel provvedimento impugnato si deduce che i precedenti penali per reati contro il patrimonio sono tali da far presumere l’inattendibilità di quanto da lui dichiarato in ordine alla sua posizione reddituale: il fatto che tali precedenti siano in parte anche recenti riferiti al 2019 induce il Tribunale a ritenere che l’istante goda di profitti illeciti che gli assicurano il sostentamento.

Ha inoltre rilevato la mancanza della produzione consolare prescritta dall’art. 79 DPR 115/2002, che nel caso di specie risulta solo richiesta in data 8.06.2020, oltre alla mancanza dell’indicazione di un domicilio fiscale valido all’estero, che impedisce, quindi, qualsiasi controllo di veridicità prescritto dalla legge sull’ammissione al gratuito patrocinio.

2. A fondamento del ricorso, articola due motivi di doglianza.

2.1. Con il primo motivo deduce falsa applicazione dell’art. 76 DPR115/02 in quanto il Tribunale ha desunto la mancanza delle condizioni reddituali dai precedenti penali senza spiegare come mai i redditi derivanti dai furti di alcuni portafogli fossero tali da determinare il superamento della soglia stabilita dalla legge per l’ammissione al beneficio e non ha ricostruito i profitti illeciti che avrebbe ottenuto nel 2019.

2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge ex artt. 79 e 94 d.P.R. n. 115/2015.

Il Tribunale ha adottato un’interpretazione restrittiva circa la impossibilità di produrre le certificazione consolare contraria alla ratio dell’istituto.

Doveva essere consentita la produzione di autocertificazione stante la impossibilità di produrre la attestazione consolare dei redditi; così come per il rilevato mancato domicilio fiscale all’estero, stante la mancanza di codice fiscale, il requisito è stato soddisfatto con l’indicazione del luogo di nascita e della cittadinanza elementi utili per eventuali controlli da parte delle competenti Autorità.

3. Nella sua requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.

Argomenta in particolare che l’aver riportato per motivi di lucro – “che depongono per una condizione di abbienza incompatibile con il patrocinio gratuito” – costituisce senz’altro presunzione semplice per l’esclusione dell’imputato al beneficio.

Una diversa interpretazione svuoterebbe di significato il disposto dell’art. 96, D.P.R. cit., inciso appositamente dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 12 ter comma 1, lett. d).

Tuttavia, come emerge dal costante orientamento di questa Suprema Corte, affinché la presunzione di non meritevolezza sia fondata, il Giudice deve esplicitare le ragioni per cui l’imputato debba ritenersi precettore di tali redditi, effettuando un confronto tra tenore di vita dell’istante e le dichiarazioni fiscali (Cass. Pen. Sez. 4, n 3961/2021).

Nel caso di specie, il Giudice del Tribunale di Milano fa riferimento alle condanne riportate nel casellario giudiziale non per operare una presunzione di non meritevolezza, bensì per rafforzare quanto esplicitato dal Giudice di prime cure il quale, operando il suddetto confronto tra tenore di vita dell’imputato e dichiarazione fiscale – riportante peraltro l’assoluta indisponibilità di reddito – ritiene incompatibile l’assenza di un reddito con l’acquisizione di proventi illeciti e, in secondo luogo, con le primarie necessità di vita”.

4. Il ricorso va rigettato.

5. I motivi possono essere trattati congiuntamente.

E’ vero che vi è un consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rilevano anche i redditi da attività illecite ed occorre che gli stessi siano accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c. (cfr. ex multis, sez. 4, n.45159 del 04/10/2005, Rv. 232908; sez. 6, n.1390 del 17/04/1998, Rv. 211311), tra le quali rientrano il tenore di vita dell’interessato e dei familiari conviventi e qualsiasi altro fatto indicativo della percezione di redditi leciti o illeciti (v. sez. 3, n.16583 del 23/03/2011, Rv. 250290; sez. 1, n. 17430 del 25/01/2001, Rv.219161).

5.1. Nel caso che occupa, l’ordinanza impugnata fonda la sua decisione sulla considerazione secondo la quale i numerosi precedenti contro il patrimonio riferibili anche al febbraio 2019 fanno ritenere l’esistenza di redditi illeciti e comunque un tenore di vita che non consente l’accoglimento dell’istanza.

Inoltre la mancanza sia dell’attestato consolare che di un domicilio all’estero (circostanza ammessa dallo stesso ricorrente che afferma di aver indicato solo la data di nascita) impedisce all’Autorità procedente di effettuare i dovuti riscontri circa la veridicità delle condizioni reddituali dichiarate per l’ammissione al beneficio.

Va, infatti, ribadito sul punto il principio già espresso da questa Corte (Sez. 4, n. 2828 del 04/12/2012 Cc. (dep. 18/01/2013 ) Rv. 254964 – 01 ) secondo cui in tema di gratuito patrocinio richiesto da cittadino appartenente a Stato extracomunitario, l’attestazione dell’autorità consolare sulla veridicità dell’autocertificazione relativa al reddito non è di per sé idonea a determinare l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, atteso che è necessaria l’individuazione, anche in forma sintetica, dei concreti elementi acquisiti in merito, al fine di consentire gli eventuali ed opportuni controlli.

Ne consegue che l’autorità consolare, al fine di una attestazione utile all’interessato, non può limitarsi a raffrontare l’autocertificazione con i dati di cui eventualmente disponga, ma, in conformità al principio di leale collaborazione tra Stati, ha l’onere di verificare nel merito il contenuto dell’autocertificazione, indicando gli accertamenti eseguiti (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il Tribunale ha dichiarato inammissibile la richiesta di un extracomunitario, essendosi l’autorità consolare limitata a dichiarare la veridicità della certificazione ‘per quanto a conoscenza”).

6. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 3.11.2021.

Depositata in Cancelleria, addì 18 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.