Il risarcimento dei danni cagionati a un immobile ha natura personale (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 7 dicembre 2023, n. 34370).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

GIACOMO TRAVAGLIANO        Presidente

ENRICO SCODITTI                      Consigliere

FRANCESCO MARIA CIRILLO    Consigliere

ENZO VINCENTI                         Consigliere – Rel./Est.

MARCO DELL’UTRI                    Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10392/2021 R.G. proposto da:

(omissis) (omissis), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (omissis), 58 (omissis) 4, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis), rappresentata e difesa dall’avvocato (omissis) (omissis);

-ricorrente-

contro

(omissis) (omissis), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (omissis) (omissis) N. 436, presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis), rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis) (omissis);

-controricorrente-

nonché contro

CONDOMINIO PALAZZO (omissis) in (omissis);

-intimato-

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 222/2021, depositata il 25/02/2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/10/2023 dal Consigliere dott. ENZO VINCENTI.

RITENUTO CHE:

1. – Con ricorso affidato a due motivi, (omissis) (omissis) ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Ancona, resa pubblica in data 25 febbraio 2021, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale di Macerata che l’aveva condannata, in solido con il Condominio (omissis) ex (omissis) in (omissis), al pagamento, in favore di (omissis) (omissis), della complessiva somma di euro 72.754,88 (con ripartizione interna in misura pari all’83% a carico del Condominio e il restante 17% a carico della (omissis)) a titolo di risarcimento dei danni cagionati all’appartamento di proprietà dell’attore (consistenti nel danneggiamento di affreschi, muri e pavimenti) a causa di infiltrazioni d’acqua verificatesi in ragione di “due fattori di pari incidenza causale”, ossia “l’esecuzione non a regola d’arte delle aperture sul tetto [terrazzini] e dell’impianto di convogliamento delle acque” (ascrivibili sia alla (omissis), che al Condominio) e “la mancata esecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile per un considerevole periodo di tempo che ne aveva determinato un completo stato di abbandono” (ascrivibile al Condominio).

2. – La Corte territoriale, a fondamento della decisione (e per quanto ancora rileva in questa sede), osservava:

a) era infondato il motivo con cui l’appellante lamentava il rigetto dell’eccezione di prescrizione del diritto del (omissis) al risarcimento dei danni:

a.1) non sussisteva prova alcuna “per ritenere che le infiltrazioni nell’appartamento dell’attore si siano manifestate già dal 1997, dopo il terremoto”;

a.2 ) l’ “amministratrice del condominio ha peraltro dedotto che nessuno, prima dell’attore che ha acquistato l’appartamento del 2004, ha lamentato o portato a conoscenza il condominio di danni da infiltrazioni all’immobile oggetto di causa”, che per la prima volta sono stati denunciati nel 2005 soltanto dall’attore, che, unitamente all’amministratrice, ha effettuato un sopralluogo nell’appartamento;

a.3) pertanto, nella specie “i danni, sulla base delle risultanze processuali, si sono manifestati per la prima volta nel 2005, i lavori sul tetto da parte del condominio sono stati deliberati nel 2006 per cui lo stato di incuria e di omessa custodia era ancora in atto, (omissis) (omissis) nel maggio 2006 autorizzato la chiusura dei terrazzini realizzati sul tetto, l’accertamento tecnico preventivo è stato promosso nel novembre 2005, il giudizio di merito nel 2007”;

b) ne conseguiva, altresì, che “pienamente legittimato ad esercitare l’azione di risarcimento dei danni è l’attore che ha acquistato l’immobile nel 2004”.

3. – Resiste con controricorso (omissis) (omissis).

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimato Condominio (omissis) ex (omissis) in (omissis).

4. – Con atto depositato il 30 marzo 2023, l’avvocato (omissis) (omissis), difensore del controricorrente, ha rinunciato al mandato.

CONSIDERATO CHE:

1. – Preliminarmente, giova rammentare il principio, consolidato (tra le altre, Cass. n. 26429/2017; Cass. n. 28365/2022), secondo il quale, per effetto del principio della cosiddetta perpetuatio dell’ufficio di difensore (di cui è espressione l’art. 85 c.p.c.), nessuna efficacia può dispiegare, nell’ambito del giudizio di cassazione (oltretutto caratterizzato da uno svolgimento per impulso d’ufficio), la sopravvenuta rinuncia che il difensore della parte (ricorrente o controricorrente) abbia comunicato alla Corte prima dell’udienza di discussione già fissata.

2. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt.2727, 2729, 2043 e 2947 c.c., per aver la Corte territoriale rigettato l’eccezione di prescrizione erroneamente affermando che i danni si erano manifestati non prima del 2005, là dove, secondo una corretta applicazione dei principi in materia di prova per presunzioni e delle massime d’esperienza, avrebbe dovuto, in ragione delle emergenze processuali (in particolare, l’espletata C.T.U.) e delle stesse allegazioni attoree, individuare “presumibilmente” l’insorgenza dei danni da infiltrazioni nell’anno 1997, “subito prima del verificarsi del terremoto”, essendo stati realizzati in quell’anno i lavori (ossia gli illegittimi interventi edilizi incidenti sul tetto condominiale) “causativi del danno”.

2.1. – Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

2.1.1. – Va, anzitutto, ricordato che, in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti” e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi.

Pertanto, la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma (tra le altre, Cass. n. 9054/2022; Cass. n. 15699/2023).

2.1.2. – Nella specie, la ricorrente non si duole della erronea interpretazione della disciplina di riferimento sulla decorrenza della prescrizione (artt. 2935 e 2947 c.c.) e, segnatamente, della decorrenza di essa dalla “manifestazione del danno”, quale circostanza che, in ogni caso, si palesa necessaria in tutte le ipotesi di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.

La (omissis) lamenta, invece, che, in base agli elementi presuntivi raccolti in atti e alle massime d’esperienza, tale “manifestazione” – ossia i danni inferti all’appartamento dell’attore dalle infiltrazioni d’acqua (danneggiamento di affreschi, muri e pavimenti) – andrebbe collocata temporalmente nel 1997, dopo la realizzazione delle opere edilizie illegittime incidenti sul tetto condominiale e che, come accertato dal C.T.U., erano la causa delle infiltrazioni stesse, non potendo quest’ultime manifestarsi ben 8 anni dopo detti lavori.

Ma una tale censura non aggredisce in modo congruo e pertinente il ragionamento decisorio del giudice di merito e il relativo apprezzamento dei fatti da cui lo stesso giudice ha inferito che la manifestazione del danno si sia avuta, per la prima volta, nel 2005, dando rilievo non solo all’assenza di una prova diretta sulla presenza di infiltrazioni d’acqua nell’appartamento già nel 1997, ma anche, e soprattutto, alla circostanza per cui non vi era stata, prima della denuncia da parte dell’attore nell’anno 2005 e della verifica di essi in occasione di accesso con l’amministratore del condominio, alcuna doglianza o evidenza circa l’esistenza di danni da infiltrazioni d’acqua nell’appartamento acquistato nel 2004 dal (omissis).

In definitiva, le critiche di parte ricorrente non solo mancano di dare contezza dell’assenza dei caratteri propri delle presunzioni nella ponderazione effettuata dalla Corte territoriale (dovendosi, altresì, rammentare che anche un solo indizio grave e preciso è sufficiente a fondare la prova presuntiva: tra le tante, Cass. n. 914/1999), ma sono orientate, piuttosto, a costruire un diverso percorso di inferenza probabilistica, ponendo l’accento sulla realizzazione dei lavori edili incidenti sul tetto condominiale quali cause originarie delle infiltrazioni d’acqua (determinative del danno alla proprietà dell’attore) siccome ritenute dirimenti – “presumibilmente” (p. 17 del ricorso) – in ordine alla verificazione di dette infiltrazioni in un momento prossimo alla stessa ultimazione di quei lavori, così da sostituirsi inammissibilmente alla valutazione riservata al giudice del merito.

Né, infine, il richiamo, invero affatto generico, alla mancata considerazione di una ‘massima d’esperienza’ è concludente ai fini dell’accoglimento della doglianza, giacché se come tale può apprezzarsi l’insorgenza di infiltrazioni d’acqua da opere edilizie effettuate a non regola d’arte (ciò di cui, del resto, non dubita neppure la Corte territoriale, che, proprio per questa ragione, ha ritenuto responsabile dei danni alla proprietà attorea anche la (omissis)), non altrettanto è dato reputare circa il momento di verificazione delle infiltrazioni stesse, se prossimo alla ultimazione delle opere o a distanza, anche prolungata, di tempo, incidendo su tale momento plurime variabili fattuali.

3. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., nonché degli artt. 81, 100 c.p.c. e 2043 c.c., per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’attore legittimato a proporre la domanda risarcitoria, giacché – come dedotto con il primo motivo – l’effettiva verificazione dei danni avrebbe dovuto farsi risalire al 1997, con la conseguenza che il (omissis), avendo acquistato l’immobile nel 2004, non poteva essere titolare del diritto risarcitorio.

3.1. –Il secondo motivo è infondato.

La Corte territoriale ha ritenuto che spettasse all’attore il diritto al risarcimento dei danni cagionati all’appartamento dal medesimo acquistato nel 2004, essendosi gli stessi manifestati per la prima volta nel 2005.

La decisione è conforme a diritto, giacché è principio consolidato (tra le altre, Cass. n. 24146/2014, richiamata dalla stessa ricorrente) che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un immobile non costituisce un accessorio del diritto di proprietà sull’immobile stesso, trasmissibile automaticamente con la sua alienazione, ma ha natura personale, in quanto compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene all’epoca dell’evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale.

La parte ricorrente muove, invece, da un erroneo presupposto, ossia che la manifestazione dei danni sia avvenuta per la prima volta nel 1997, in relazione alla ultimazione delle opere edilizie incidenti sul tetto condominiale; ciò che è smentito dall’apprezzamento di fatto del giudice di merito, ormai cristallizzatosi all’esito dello scrutinio sul primo motivo di ricorso.

4. – Il ricorso va, dunque, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo. Non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti dell’intimato Condominio, che non ha svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione civile, in data 3 ottobre 2023.

Il Presidente

Giacomo Travaglino

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.