REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
LUIGI ALESSANDRO SCARANO -Presidente
(OMISSIS) (OMISSIS) -Consigliere
ANNA MOSCARINI -Consigliere – Rel.
(OMISSIS) (OMISSIS) -Consigliere
(OMISSIS) (OMISSIS) -Consigliere
ORDINANZA
sul ricorso 2658/2020 proposto da:
AEROFLOT (OMISSIS) AIRLINES, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata nello studio della medesima in (OMISSIS) Via (OMISSIS) (OMISSIS) 3 Pec: __________________________________________________
-ricorrente-
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) e domiciliato ex lege in (OMISSIS), presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, Pec: __________________________________________
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 568/2019 del TRIBUNALE di PISA, depositata il 18/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/03/2023 dal Consigliere, dott.ssa ANNA MOSCARINI;
Rilevato che
(omissis) (omissis) convenne in giudizio davanti al Giudice di Pace di Pisa la compagnia aerea Aeroflot (omissis) Airlines lamentando di avere il viaggio di ritorno da Male (Maldive) – Mosca in data 25 gennaio 2015 subìto un ritardo alla partenza di 45 minuti rispetto all’orario previsto; di non aver potuto essere conseguentemente imbarcato sul successivo prenotato volo Mosca-Roma, venendo “riprotetto” su volo del giorno successivo Mosca-Bologna, anziché su un volo per Roma. Domandò il risarcimento dei conseguentemente subiti danni.
Nella resistenza della compagnia aerea, il Giudice di Pace di Pisa condannò quest’ultima a rispondere dei disservizi costituiti dal ritardo e della conseguente perdita della coincidenza aerea, condannandola al pagamento della somma di € 600.
Con sentenza del 18/6/2019 il Tribunale di Pisa ha successivamente rigettato il gravame interposto dalla compagnia aerea.
Avverso la sentenza del giudice dell’appello la Aeroflot (omissis) Airlines popone ora ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il (omissis).
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale sussistendo i presupposti di cui all’art. 380 bis, 1° co. c.p.c.
Considerato che
Con il primo motivo -violazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 2002 c.c. in relazione agli artt. 1678, 1681, 1341 c.c.- la ricorrente lamenta che il giudice non ha considerato le Condizioni generali di contratto a norma delle quali, lungi dall’essere dedotta una specifica obbligazione del vettore al rispetto degli orari di volo, si prevede che “Il vettore farà tutto il possibile per portare a termine il trasporto del passeggero e dei suoi bagagli in tempi ragionevoli. Le tempistiche indicate negli orari e altri documenti non sono garantite e non fanno parte del presente documento”.
Con il secondo motivo -violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. sub specie art. 3 del Regolamento CE 261/04 e art. 1218, 1223 e 2697 c.c. in relazione all’applicabilità dell’art. 7 dello stesso regolamento ad una fattispecie esclusa. Violazione dell’art. 12 disp. prel. c.c. -lamenta che erroneamente il giudice del merito ha ritenuto di poter nel caso applicare quanto previsto dal Regolamento CE in assenza dei relativi presupposti, trattandosi di volo in partenza da Paese non comunitario e con destinazione un Paese dell’UE operato da compagnia aerea non comunitarie, al quale si applica no le tutele assicurate dalla legislazione locale e dalle norme che regolano il contratto di trasporto; il giudice avrebbe dovuto, pertanto, applicare quanto previsto dalla Convenzione di Varsavia e non anche il Regolamento CE. Lamenta l’erroneità dell’operata liquidazione danno patrimoniale, stante la mancanza di qualsivoglia allegazione al riguardo.
Con il terzo motivo -violazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. sub specie art. 2059 1223 1226 e 2697 c.c. –lamenta che il giudice del merito ha violato sia l’art. 1223 c.c., essendo la liquidazione degli importi estranea al danno emergente e/o al lucro cessante, sia l’art. 2059 c.c., avendo disposto il risarcimento del danno non patrimoniale in assenza di lesione di diritti fondamentali, sia l’art. 1126 c.c. e 113 co. 2 c.p.c. concernenti l’utilizzo del criterio equitativo, in assenza della prova del danno;
Con il quarto motivo -nullità della sentenza ex art. 360 n.4 c.p.c. in relazione all’art. 132 c.p.c. – lamenta motivazione apparente in ordine all’operata liquidazione del danno.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
La fattispecie rientra nell’ambito di applicazione della Convenzione di Varsavia del 1929,che prevede espressamente l’obbligazione del vettore per l’ipotesi di ritardo come riferito dalla stessa ricorrente là dove richiama l’art. 19 secondo cui “Il vettore è responsabile del danno risultante da un ritardo nel trasporto aereo di viaggiatori, bagagli o merci”;
dalle richiamate disposizioni si ricava, pertanto, come correttamente ritenuto nell’impugnata sentenza, che tra gli obblighi sanciti a carico del vettore rientra quello di garantire il rispetto degli orari di viaggio, con il logico corollario che, in assenza di qualsivoglia prova volta a vincere la presunzione di responsabilità in capo alla compagnia, il ritardo nella tratta Male-Mosca integra un’ipotesi di inadempimento contrattuale con esposizione della compagnia aerea al risarcimento dei danni conseguenti;
vertendosi in un caso di responsabilità contrattuale, il danneggiato è onerato solo della prova della fonte del proprio diritto e deve limitarsi ad allegare la circostanza dell’inadempimento mentre è il debitore ad essere onerato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa (v. Cass., Sez. Un., n. 13533 del 2001. Cfr. altresì, con riferimento alla Convenzione di Montreal, Cass., 23/1/2018, n. 1584), ove si è affermato, in relazione all’onere probatorio proprio della responsabilità del vettore aereo, che in tema di trasporto aereo internazionale di persone, regolato dalla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 e dal Regolamento CE n. 261 del 2004, il passeggero che agisce per il risarcimento del danno cagionato dal negato imbarco, dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento), deve fornire la prova dell’esistenza del contratto di trasporto (ossia produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente) ed unicamente allegare l’inadempimento del vettore, spettando a quest’ultimo dimostrare l’esatto adempimento della prestazione ovvero l’imputabilità dell’inadempimento a caso fortuito o forza maggiore ovvero ancora il contenimento del ritardo entro le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261 del 2004”);
quanto all’area dei danni risarcibili questa Corte ha chiarito (Cass., 3., n. 9474 del 9/4/2021) che, al di fuori delle ipotesi di applicabilità diretta dei criteri di compensazione fissati dalla disciplina comunitaria, si applicano i criteri generali di cui agli artt. 1223 e 2697 c.c. sicché il debitore inadempiente risponde solo dei danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento;
sempre quanto all’area dei danni risarcibili questa Corte ha chiarito che sono risarcibili anche i danni non patrimoniali. “In tema di trasporto aereo internazionale, in caso di ritardata consegna del bagaglio, è risarcibile il danno non patrimoniale, consistente nello stress, nell’ansia e nel disagio scaturiti dalla lesione del diritto di circolazione (che ha rilievo costituzionale ex art. 16 Cost.), la quale va intesa come limitazione alla libertà di movimento derivante dall’indisponibilità dei propri oggetti personali durante una parte del soggiorno all’estero”( v. Cass., 6-3, n. 4723 del 15/2/2023 );
orbene, nell’impugnata sentenza il giudice dell’appello ha fatto corretta applicazione dei suindicati principi;
la sentenza è anzitutto conforme ai principi relativi al riparto dell’onere della prova circa l’an della responsabilità: a fronte dell’allegazione da parte del danneggiato della fonte del proprio diritto e del l’inadempimento del vettore, nonché dei danni lamentati, il debitore non ha fornito la prova dell’estinzione (ovvero del fatto modificativo o impeditivo) dell’obbligazione né che l’inadempimento sia stato cagionato da altra causa a sé non imputabile;
in secondo luogo la sentenza è conforme ai principi di questa Corte in ordine alla individuazione dei danni risarcibili quali conseguenze immediate e dirette dell’inadempimento: l’essere giunto a Mosca con 45 minuti di ritardo; l’aver perso la coincidenza per Roma; l’aver dovuto alloggiare nel Novotel per una notte; l’essere stato poi “riprotetto” non su un volo per Roma -come da previsioni contrattuali- bensì su un volo per Bologna; correttamente è stata ravvisata la sussistenza del danno non patrimoniale risarcibile, non trattandosi nella specie di meri disagi o fastidi ma di una vera e propria limitazione della disponibilità del proprio tempo, della libertà di movimento e di circolazione (cfr. Cass., 15/2/2023, n. 4723 );
la sentenza è infine conforme ai richiamati principi in ordine alla quantificazione del danno;
trattandosi di passeggero di un volo in partenza da un Paese non comunitario con destinazione un Paese dell’UE operato da compagnie aeree non comunitarie la fattispecie non poteva essere sussunta in modo diretto sotto la disciplina di cui al Regolamento CE n. 261 del 2004;
nell’impugnata sentenza il giudice dell’appello non opera alcuna sussunzione del caso sotto la disciplina di cui al richiamato Regolamento comunitario, risultando il riferimento alla relativa disciplina da tale giudice operato quale mero parametro di riferimento, ai soli fini della quantificazione equitativa del danno risarcibile;
ne consegue, pertanto, che nel caso in esame i giudici del merito non si sono limitati ad applicare il criterio di compensazione previsto dalla disciplina comunitaria ma, individuato il fondamento del diritto risarcitorio per il danno da ritardo nella richiamata Convenzione internazionale, hanno preso in considerazione i criteri fissati dalla disciplina europea ai soli fini della quantificazione del danno; questa liquidazione è, peraltro, correttamente motivata sicché la sentenza si sottrae anche al preteso vizio di motivazione apparente, lamentato con il quarto motivo di ricorso;
conclusivamente il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi € 800 (di cui € 600 per compensi ed € 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co.1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile delle cassazione, il giorno 29 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2023.