Il ritiro della patente di guida in conseguenza di ipotesi di reato. Rimesso gli atti alla Corte Costituzionale (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 10 settembre 2021, n. 33749).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRICCHETTI Renato Giuseppe – Presidente –

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. GIORDANO Emilia Anna – Rel. Consigliere –

Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Leonardo, nato a Castelvetrano il 4/6/19xx;

avverso la sentenza del 9/6/2020 della Corte di appello di Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere, Dott.ssa Emilia Anna Giordano;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del sostituto Procuratore generale, Dott. Pietro Molino che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 9 giugno 2020 la Corte di appello di Palermo, in accoglimento di impugnazione del Procuratore generale, ha dichiarato Leonardo (OMISSIS) colpevole del reato di cui all’art. 73 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e lo ha condannato alla pena di mesi sette di arresto, di cui mesi uno a titolo di aumento per la continuazione per il reato di cui all’art. 650 cod. pen.

L’imputato, già sottoposto, con provvedimento definitivo, a misura di prevenzione personale, in occasione di un controllo di polizia eseguito il 22 aprile 2017, veniva trovato, privo di patente perché revocata, alla guida di un’autovettura.

2. Con i motivi di ricorso, enunciati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., il ricorrente deduce:

2.1. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato.

La contravvenzione di cui all’art. 73 d.lgs. n. 159 del 2011 sostiene il ricorrente – sarebbe stata travolta dalla trasformazione in illecito amministrativo, ad opera dell’art. 1 del d.Igs. 15 gennaio 2016, n. 8, della contravvenzione di cui all’art. 116, comma 15, primo periodo, del d.Igs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada) e tacitamente abrogata.

Oggi costituirebbe reato solo la fattispecie di guida senza patente in caso di recidiva nel biennio (secondo periodo del citato art. 116, comma 15), nella specie insussistente e non contestata all’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La fattispecie concreta non è in discussione.

L’infrazione (guida senza patente perché revocata) sussiste ed è stata commessa da persona (il (OMISSIS)) sottoposta, con provvedimento definitivo, alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno.

L’imputato, assolto in primo grado avendo il Tribunale ritenuto che il fatto di cui all’art. 73 del d.lgs. n. 159 del 2011 non fosse più previsto dalla legge come reato, è stato condannato in appello e chiede, in relazione a detto capo d’imputazione, considerato violazione più grave ai sensi dell’art. 81, secondo comma, c.p., l’annullamento della sentenza impugnata.

2. Premessa la condivisibile affermazione che «la depenalizzazione del reato. di guida senza patente di cui all’art. 116 cod. strada a seguito del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 non si estende all’ipotesi in cui la guida senza patente venga posta in essere da persona sottoposta a misura di prevenzione personale, in relazione alla quale l’art. 73 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 prevede un autonomo reato» (Cass. I, 6 agosto 2019, n. 35772, non massimata; Cass. V, 12 dicembre 2017, n. 8223/2018, Cavallo, Rv. 272233 – 0.1; Cass. I, 13 giugno 2013, n. 27828, Magliulo, Rv. 255992; Cass. I, 18 febbraio 2013, n. 13626, Tilenni Scaglione, Rv. 224019), ritiene la Corte, consideratane la non manifesta infondatezza e la rilevanza nel caso concreto, di dover sollevare d’ufficio, ai sensi dell’art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questione di legittimità costituzionale del citato art. 73.

3. L’art. 73 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 punisce con la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni la guida di un autoveicolo o motoveicolo, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, commessa da persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale.

La conduzione di veicoli senza aver conseguito la corrispondente patente di guida e la guida senza patente perché revocata o non rinnovata per mancanza dei requisiti fisici e psichici non più prevista dalla legge come reato (salvo il caso di recidiva nel biennio) perché trasformata in illecito amministrativo dall’art. 1, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 e oggi punita dall’art. 116, comma 15, primo periodo, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, a seguito dell’ultimo aggiornamento, con la sanzione amministrativa da 5.100 a 30.599 euro.

Ai sensi del citato art. 73 commette il reato di guida senza patente solo la «persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale». La persona che, invece, a tale misura non sia, con provvedimento definitivo, sottoposta, anche se, ad es., pluripregiudicata per altri gravi reati, risponde per quel medesimo comportamento soltanto a titolo di illecito amministrativo.

4. Quanto ai parametri costituzionali e alla non manifesta infondatezza, ritiene la Corte che l’art. 73 violi, anzi tutto, i principi costituzionali di legalità della pena e di orientamento della pena stessa all’emenda del condannato, ai quali, in base agli artt. 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, deve attenersi la legislazione penale in relazione ai criteri di selezione della fattispecie incriminatrici ed alla loro ragionevolezza (art. 3 Cost.).

L’essere stato sottoposto, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale, pur essendo evenienza del tutto estranea al fatto-reato (la guida senza patente), rende punibile una condotta che, se posta in essere da qualsiasi altro soggetto, non assume alcun disvalore sul piano penale.

La precedente sottoposizione a misura di prevenzione è elemento costitutivo del reato assume le sembianze di un marchio che vale a qualificare una condotta che, ove posta in essere da ogni altra persona, non configurerebbe illecito penale.

La norma incriminatrice finisce, dunque, col punire non tanto la guida senza patente in sé, quanto una qualità personale del soggetto che dovesse incorrervi (considerazioni dello stesso tenore sono sviluppate da C. cost. n. 354 del 2002 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 688, secondo comma, c.p. disposizione intesa a sanzionare il soggetto il quale, condannato per delitto non colposo contro la vita o l’incolumità individuale, venisse colto in luogo pubblico o aperto al pubblico in stato di manifesta ubriachezza).

Una contravvenzione, quella di cui all’art. 73 che assume, quindi, i tratti di un reato d’autore, in aperta violazione del principio di offensività del reato, che nella sua accezione astratta costituisce un limite alla discrezionalità legislativa in materia penale posto sotto il presidio della Corte costituzionale (cfr., tra altre, C. cost. n. 263 del 2000, n. 360 del 1995 e, da ultimo, n. 119 del 2010 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 61 n. 11-bis c.p. che prevedeva una circostanza aggravante comune per i fatti commessi dal colpevole «mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale»).

Tale limite, desumibile dall’art. 25, secondo comma, della Costituzione, nel suo legame sistematico con l’insieme dei valori connessi alla dignità umana, opera in questo caso nel senso di impedire che la qualità di sottoposto, con provvedimento definitivo, a misura di prevenzione possa trasformare in reato fatti che per la generalità dei soggetti non costituiscono illecito penale.

Né appare superfluo ricordare che la qualità di «persona sottoposta a misura di prevenzione», anche dopo la sentenza n. 24 del 2019 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 159 del 2011, nella parte in cui stabiliva l’applicabilità delle misure di prevenzione a «coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi» – è riferibile a categorie dei destinatari delle misure in questione, elencate nello stesso art. 4 (e progressivamente incrementate dalla legislazione successiva), molto variegate ed eterogenee, al punto che non è agevole identificarne un denominatore comune che rilevi come indice di pericolosità sociale e che pure incide, ad esempio, con riferimento alla diversa durata (da uno a cinque anni) e alla differente modulabilità della misura di prevenzione adottata dal Tribunale (artt. 6 e 8 del d.lgs. n. 159 del 2011).

Si consideri, poi, in relazione al principio di ragionevolezza, che lo stesso elemento fattuale (lo status di sottoposto ad una misura di prevenzione) è considerato circostanza aggravante rispetto ad altri reati dall’art. 71 e, nel contempo, dall’art. 73, elemento costitutivo di una fattispecie di regola integrante un mero illecito amministrativo.

Deve, infine, osservarsi che, sotto un concorrente profilo, la disposizione censurata, nel trasformare irragionevolmente in elementi costitutivi del reato fatti per i quali è stata applicata, in modo irrevocabile, una misura di prevenzione personale vanifica la finalità rieducativa che l’art. 27, terzo comma, della Costituzione assegna alla pena.

5. In conclusione, ritiene il Collegio che la precedente sottoposizione a misura di prevenzione personale assume l’aspetto di un vero e proprio segno distintivo che incentra su di sé la ratio della punibilità a titolo di reato, trattando in modo speciale e differenziato rispetto a tutti gli altri cittadini, una categoria di persone in assenza di un collegamento con la condotta materiale del reato e indipendentemente dalla necessità di salvaguardare altri interessi di rilievo costituzionale.

La previsione come reato, della violazione, da parte de sorvegliato speciale, dell’obbligo di patente di guida, produce l’effetto abnorme di sanzionare come reato una violazione amministrativa che non trova giustificazione nell’esigenza di contrastare il rischio che siano commessi reati – che è al fondo della ratio delle misure di prevenzione – esigenza che si raccorda alla tutela dell’ordine e della sicurezza come valore costituzionale.

6. Quanto alla rilevanza della questione, non resta che osservare che l’art. 73 va, nel caso in esame, necessariamente applicato e il controllo di legittimità costituzionale, qualora venga definito in senso positivo, renderebbe fondata la doglianza prospettata, con un effetto corrispondente all’interesse del ricorrente che sarebbe sottoposto ad una sanzione amministrativa e non a quella penale.

Il presente giudizio non può essere definito in assenza della soluzione della questione di legittimità costituzionale in ordine alla qualificazione giuridica del fatto ascritto all’imputato né è possibile una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione in esame sulla scorta del descritto inquadramento e della interpretazione data da questa Corte sulla struttura del reato.

Risulta, altresì, irrilevante nella specie la recente dichiarazione di illegittimità costituzionale (sentenza n. 99 del 2020) dell’automatismo sancito dall’art. 120, comma 2, del d. Igs. n. 285 del 1992, che imponeva al Prefetto la revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misura di prevenzione, revoca che oggi, può essere disposta “a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto è sottoposto il suo titolare”.

P.Q.M.

La Corte

visto l’art. 2, comma terzo, I. 11 marzo 1953, n. 87

dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 73 d.Igs. 159 del 6 settembre 2011 per contrasto, nei termini indicati in motivazione, con gli artt. 25, secondo comma, 3 e 27, terzo comma, della Costituzione;

dispone

la sospensione del procedimento;

la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;

la notificazione della presente ordinanza, a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio dei ministri;

la comunicazione della stessa al Presidente della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;

la notificazione alle parti.

Così deciso il 17 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.