Il sequestro di dati informatici non deve essere preceduto dalla perquisizione informatica (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 31 dicembre 2020, n. 37941).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente –

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –

Dott. RECCHIONE Sandra – Rel. Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SARACO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

BERGONZI LINO nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

TOTO ALFONSO nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

RAPPOSELLI GIANFRANCO nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

GALANTE PASQUALE nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

STRADA DEI PARCHI SPA;

avverso l’ordinanza del 11/09/2019 del TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Sandra RECCHIONE;

sentite le conclusioni del PG, Dott.ssa Assunta COCOMELLO che chiede il rigetto del ricorso;

il difensore presente, avv. Eriberto Rosso, che insiste per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Procura di Firenze avviava una indagine a carico di Bergonzi Lino (ricorrente ) e Donnino Gallo Patrizio (non ricorrente) per i reati previsti dagli artt. 2621 cod. civ., 646 e 648 ter cod. pen.: si contestava agli indagati di avere effettuato una operazione di compravendita con la finalità di dissimulare un trasferimento di denaro (la “Immobil Green” del Donnini avrebbe acquistato cinque società inattive, che poi sarebbero state vendute alla “Renexia” di Bergonzi che le avrebbe pagate – senza giustificazione reale – oltre un milione di euro).

Nel corso delle indagini venivano acquisiti e vincolati – con sequestro probatorio – dispositivi informatici nella disponibilità di Bergonzi Lino e Toto Alfonso (terzo non indagato).

Nei confronti del Rapposelli e del Galante (anch’essi terzi non indagati) si acquisiva, invece, solo la copia forense dei dati contenuti nei dispositivi informatici; venivano altresì vincolate le caselle di posta elettronica del Galante e della società Strada Dei Parchi (alla quale veniva sequestrata anche documentazione cartacea, poi restituita previa estrazione di copia).

Sui supporti informatici sequestri a Bergonzi (ricorrente) e Donnini veniva effettuato un accertamento tecnico ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen. per l’estrazione di copia forense del materiale ivi contenuto; sul materiale già estratto e su quello in estrazione veniva inoltre disposta – a distanza di otto giorni dal sequestro – una perizia.

Il Tribunale per il riesame dei provvedimenti cautelari reali di Firenze confermava ala legittimità dei vincoli ritenendo che gli stessi fossero giustificati dalla necessità di effettuare gli accertamenti su tutto il materiale estratto.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore di Lino Bergonzi (indagato) che deduceva:

2.1. violazione di legge: si deduceva che la necessità di acquisire copia forense del contenuto dei supporti informatici posto alla base del provvedimento impugnato non era stata identificata nel decreto di sequestro, sicché tale carenza motivazione non avrebbe potuto essere sanata dal Tribunale per il riesame, che avrebbe fatto uso illegittimo del suo potere integrativo; a ciò si aggiungeva che tale motivazione non era idonea a giustificare il mantenimento del vincolo, tenuto conto del fatto che nei confronti dei coindagati Rapposelli e del Galante, l’estrazione della copia forense era stata effettuata nell’immediatezza con restituzione dei dispositivi informatici; in sintesi, sarebbe illegittima la valutazione in ordine alla proporzione del sequestro in relazione alle finalità probatorie, dato che il vincolo generalizzato sui supporti, e sui dati negli stessi contenuti, non era giustificato dalle finalità probatorie identificate.

3. Ricorreva per cassazione anche il procuratore speciale dei terzi Alfonso Toto, Gianfranco Rapposelli, Pasquale Galante, nonché il procuratore speciale della società Strada dei Parchi s.p.a., in persona dell’amministratore Ramadori Cesare, che deduceva:

3.1. violazione di legge: si deduceva che erano stati vincolati dati personali dei quali non sarebbe stata dimostrata la pertinenza rispetto ai fatti oggetto di indagine; l’apprensione indistinta di tutti i dati e, nei confronti del Toto, anche dei supporti informatici sarebbe stato effettuato in violazione dell’art. 247 comma 1 bis cod. proc. pen., dato che non era stata effettuata la previa perquisizione “informatica”, che avrebbe dovuto condurre ad una estrazione selettiva dei dati da acquisire; l’acquisizione generalizzata ed indistinta dei documento contenuti nei supporti informatici sarebbe illegittima, in quanto non proporzionata all’esigenza investigativa rappresentata (ovvero quella di esplorare i rapporti dei ricorrenti con il Donnini) e gravemente lesiva della riservatezza delle persone colpite dal vincolo; si deduceva che il sequestro sarebbe stato illegittimamente trasformato in uno strumento “esplorativo” funzionale non alla verifica di notizie di reato già acquisite, ma alla ricerca di nuovi reati;

3.2. violazione di legge per carenza assoluta di motivazione: il provvedimento genetico conterrebbe una indicazione insufficiente delle finalità probatorie del vincolo identificate nella necessità di accertare le relazioni del Donnini; tale carenza di motivazione non avrebbe potuto essere integrata dal Tribunale del riesame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I difensori di tutti i ricorrenti deducevano sia il difetto di identificazione genetica delle finalità probatorie del vincolo (che avrebbe inibito i poteri integrativi del Tribunale) che il difetto di proporzionalità dello stesso: il materiale sarebbe stato acquisito senza effettuare alcuna analisi selettiva che sarebbe stata garantita dalla esecuzione di una preventiva perquisizione informatica.

1.1. I ricorsi sono infondati.

Le Sezioni unite hanno chiarito che il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018 – dep. 27/07/2018, PM in proc. Botticelli e altri, Rv. 273548).

Si è altresì affermato che la motivazione del sequestro del “corpo del reato” e non si deve limitare ad indicare le disposizioni di legge violate, ma deve comprendere anche l’individuazione della “relazione” tra la cosa sequestrata ed il delitto ipotizzato, descrivendo gli estremi essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto (Sez. 3, n. 3604 del 16/01/2019 – dep. 24/01/2019, PMT C/ SPINELLI ARMANDO, Rv. 275688).

La necessità della identificazione delle finalità probatorie e della relazione delle cose sequestrate con il reato per cui si procede si estende anche vincoli che riguardano le cose “pertinenti al reato”, ovvero quelle che, non costituendone il “corpo” sono comunque necessarie per l’accertamento dei fatti (Sez. 5, n. 54018 del 03/11/2017 – dep. 30/11/2017, Pesci, Rv. 271643).

Pertanto, la motivazione del sequestro probatorio deve dare conto sia della relazione tra la cosa vincolata ed il reato per cui si procede, che della finalità probatoria perseguita che, è ontologicamente diversa a seconda che si vincoli il “corpo del reato”, che stabilizza il quadro indiziario, o il materiale “pertinente il reato”, che ha una funzione proattiva, in quanto è funzionale allo sviluppo delle indagini.

Il vincolo delle cose pertinenti il reato è un atto di indagine in senso stretto in quanto i beni vincolati sono funzionali all’accertamento del reato e consentono lo “sviluppo” delle indagini che, di regola, quando si procede ad atti di sequestro sì trovano nella fase germinale.

Quando si dispone tale sequestro investigativo è necessario (a) sia chiarita la relazione tra la res sequestrata ed il reato per cui si procede, (b) sia identificata la finalità probatoria del vincolo.

Dunque il sequestro può ritenersi meramente “esplorativo” e, dunque illegittimo solo quando non si sia in presenza di una notizia di reato sufficientemente delineata e suscettibile di approfondimenti istruttori che legittima il sequestro a fini investigativi delle cose pertinenti al reato (Sez. 6, n. 3187 del 07/01/2015 – dep. 22/01/2015, Boselli, Rv. 262084; Sez. 3, n. 24561 del 17/05/2012 – dep. 20/06/2012, Vicentini e altro, Rv. 252767).

1.2. Tali principi devono essere applicati anche al sequestro dei dati contenuti in supporti informatici, ove gli stessi siano inquadrabili come cose pertinenti al reato per cui si procede. In materia di apprensione dei dati contenuti in supporti informatici la giurisprudenza non si presenta univoca.

1.2.1. Da un lato si è affermato infatti che deve ritenersi legittimo e non in contrasto con i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, il sequestro di un intero “personal computer” piuttosto che l’estrapolazione con copia forense di “singoli” dati quando esso sia giustificato dalle difficoltà tecniche di estrapolare, con riproduzione mirata, i dati contenuti nella memoria (Sez. 5, n. 38456 del 17/05/2019 – dep. 17/09/2019, Benigni, Rv. 277343; Sez. 5, n. 16622 del 14/03/2017 – dep. 04/04/2017, Storari, Rv. 270018).

1.2.2. Dall’altro, si è affermato che è illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un sistema informatico, quale è un personal computer, che conduca, in difetto di specifiche ragioni, ad una indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute; si tratta di decisione assunta in caso in cui è stato sequestrato il personal computer di un giornalista, in cui la Corte ha ritenuto corretta la procedura di esame ed estrazione, mediante stampa fisica e duplicazione, dei soli dati di interesse presenti nell’archivio del sistema (Sez. 6, n. 24617 del 24/02/2015 – dep. 10/06/2015, Rizzo, Rv. 264092; sempre in materia di sequestro di documenti ad un giornalista Sez. 6, n. 9989 del 19/01/2018 – dep. 05/03/2018, Lillo e altri, Rv. 272538 afferma che la necessità del particolare rigore nella valutazione della proporzionalità anche in regione della professione svolta e del segreto professionale che protegge le informazioni in possesso del giornalista).

Si tratta di orientamento che ha trovato principale applicazione in casi che hanno riguardato il vincolo di dispositivi nella disponibilità di giornalisti, ma che è stato seguito anche in situazioni diverse: si è infatti affermato che è illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, il sequestro a fini probatori dell’intero archivio di documentazione cartacea di un’azienda, che conduca a una indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute, senza che siano indicati specificamente quali documenti siano funzionali all’accertamento dei fatti oggetto di indagini (Sez. 6, n. 43556 del 26/09/2019 – dep. 24/10/2019, Scarsini CRISTIAN, RV. 277211, in materia di turbata libertà degli incanti).

1.2.3. Si colloca in una posizione mediana l’orientamento secondo cui l’Autorità giudiziaria, al fine di esaminare un’ampia massa di dati i cui contenuti sono potenzialmente rilevanti per le indagini, può disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, provvedendo, tuttavia, nel rispetto del principio di proporzionalità ed adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo, non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti; sicché, in caso di mancata tempestiva restituzione, l’interessato potrà presentare la relativa istanza e far valere le proprie ragioni, se necessario, anche mediante i rimedi impugnatori offerti dal sistema.

Si tratta dì decisione assunta in relazione al sequestro di interi archivi informatici, contenenti dati potenzialmente rilevanti ai fini della prosecuzione delle indagini per i reati di abuso di ufficio e turbativa d’asta, ipotizzati in relazione ad una procedura di affidamento della gestione del servizio idrico integrato(Sez. 6, n. 53168 del 11/11/2016 – dep. 15/12/2016, Amores, Rv. 268489).

In motivazione la Corte ha affermati) che «l’Autorità giudiziaria, al fine di esaminare un’ampia massa di dati i cui contenuti sono potenzialmente rilevanti per le indagini, può disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, provvedendo, tuttavia, nel rispetto del principio di proporzionalità ed adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti; sicché, in caso di mancata tempestiva restituzione, l’interessato potrà presentare la relativa istanza e far valere le proprie ragioni, se necessario, anche mediante i rimedi impugnatori offerti dal sistema» (Sez. 6, n. 53168 del 11/11/2016 – dep. 15/12/2016, Amores, Rv. 268489).

1.3. Il collegio ritiene di dare continuità al terzo orientamento descritto che, ai fini della valutazione di proporzionalità del sequestro di supporti informatici, considera anche la variabile “tempo” necessaria per l’estrazione dei dati rilevanti.

Non si ritiene pertanto necessario – contrariamente a quanto dedotto – che il sequestro di dati informatici debba essere “necessariamente preceduto” dalla perquisizione informatica.

La ragione di tale scelta risiede nel fatto che l’effettuazione di una perquisizione informatica richiede una predisposizione di strumenti investigativi – e segnatamente la disponibilità di tecnici – che non è compatibile con la natura di atto “a sorpresa” della perquisizione ordinaria che implica che ne siano garantite tempestività ed immediatezza, e che non può essere condizionata dalla predisposizione degli strumenti tecnici necessari per l’effettuazione di una perquisizione che richiede competenze specialistiche come quella informatica.

A ciò si aggiunge che il codice non prevede che il sequestro dei dati contenuti in supporti informatici debba essere effettuata obbligatoriamente “solo dopo” l’effettuazione della perquisizione tecnica prevista dall’art. 247 bis cod. proc. pen.

Pertanto:

quando i dati contenuti in supporti informatici si configurano come “cose pertinenti al reato” per la legittimità del loro sequestro (a) deve essere identificato il fumus del reato per cui si procede ed il collegamento tra tale reato e i dati informatici che si intendono vincolare individuando così il nesso di “pertinenza”;

(b) deve essere indicata la finalità probatoria che sorregge il vincolo;

(c) se non si vincolano i dati, ma l’intero supporto (o tutti i dati in modo indistinto) deve essere, altresì, identificata la ragione della necessità del sequestro “integrale”, di regola riconducibile alla impossibilità di effettuare la selezione tecnica preventiva, che richiede la predisposizione di una attività tecnica e competenze specialistiche.

La funzionalizzazione del vincolo dell’intero supporto ad una successiva analisi tecnica diretta alla identificazione dei dati rilevanti per la prosecuzione delle indagini, ovvero alla soddisfazione della finalità probatoria individuata, implica che la “durata” del sequestro non possa essere temporalmente indeterminata, ma debba essere invece limitata al tempo necessario per la analisi tecnica del supporto e\o dei dati in esso contenuti.

1.4. Nel caso in esame il provvedimento genetico che imponeva il vincolo identificava (a) i reati oggetto dell’indagine in quelli previsti dall’art. 2621 cod. civ. 646 cod. pen. e 348 ter.1 cod. pen., (b) il nesso tra i documenti informatici e tali reati, dato che si trattava di documenti contenuti nei supporti informatici nella disponibilità sia degli indagati, che delle persone con le quali gli stessi intrattenevano relazioni finanziarie, (c) la finalità probatoria del vincolo, ovvero quella di identificare ogni elemento utile per valutare la fondatezza della ipotesi di reato in indagine e per verificare le relazioni finanziarie degli indagati. Il provvedimento genetico pertanto – contrariamente a quanto dedotto – si presenta completo di tutti gli elementi necessari per la sua legittimità, sicché non può ritenersi che il Tribunale per il riesame abbia illegittimamente fatto ricorso al suo potere integrativo.

Questo non è legittimo solo nel caso in cui la motivazione sugli elementi che legittimano il vincolo (fumus, nesso pertinenziale e finalità probatoria) sia del tutto assente (Sez. 2, n. 49536 del 22/11/2019 – dep. 05/12/2019, Vallese Alberto, Rv. 277989; Sez. 4, n. 41853 del 21/05/2013 – dep. 10/10/2013, Roberto, Rv. 257189).

La motivazione può essere invece integrata dal giudice del riesame con la specificazione delle esigenze probatorie sempre che le stesse siano state indicate, seppure in maniera generica, nel provvedimento impugnato (Sez. 3, n. 30993 del 05/04/2016 – dep. 20/07/2016, Casalboni, Rv. 267329; Sez. 2, n. 39382 del 08/10/2008 – dep. 21/10/2008, Salvatori, Rv. 241881).

1.5. Con riguardo al rispetto del criterio di proporzionalità ed adeguatezza del sequestro il collegio ribadisce che i principi dettati dall’art. 275 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali, sono applicabili anche alle misure cautelari reali, costituendo oggetto di valutazione preventiva non eludibile da parte del giudice, il quale deve motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una meno invasiva misura interdittiva (Sez. 3, n. 12500 del 15/12/2011 – dep. 03/04/2012, Sartori, Rv. 252223).

Nel caso in esame il Tribunale per il riesame, evidenziava che il vincolo era necessario perché funzionale alla esecuzione di accertamenti tecnici, che erano stati tempestivamente disposti e che l’eventuale doglianze in ordine alla adeguatezza e proporzionalità del vincolo avrebbe potuto essere avanzata solo ove il sequestro si fosse protratto su tutto il materiale raccolto per un tempo irragionevole (pag. 8 dell’ordinanza impugnata).

Si tratta di motivazione non apparente che esclude la rilevazione di ogni censura in questa sede.

2. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso la parte che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il giorno 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il giorno 31 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.