Il traghetto urta un ponte: nessun risarcimento per la vittima del sinistro (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 3 maggio 2022, n. 13958).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Rel. Consigliere –

DOTT. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5610/2021 R.G. proposto da:

(OMISSIS) Maria, rappresentata e difesa dall’Avv. Salvatore (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

Rete Ferroviaria Italiana S.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza del Tribunale di Palermo n. 2259/2020, depositata il 16 luglio 2020.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 aprile 2022 dal Consigliere, Dott. Emilio Iannello.

Rilevato che:

Maria (OMISSIS) ricorre, con due mezzi, nei confronti della Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. — che rimane intimata — per la cassazione della sentenza in epigrafe con la quale il Tribunale di Palermo ha confermato la decisione di primo grado che ne aveva rigettato, per mancanza di prova del nesso di causa, la domanda risarcitoria per i danni asseritamente subiti a bordo di treno Intercity Palermo – Roma al termine della traversata su traghetto RFI da Messina a Villa S.G. a causa dell’urto del traghetto contro l’invasatura del ponte;

essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte;

la ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che:

con il primo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., per avere la Corte d’appello omesso di considerare che:

— essa aveva provato di essere a bordo del treno in questione, esibendo il biglietto;

— RFI non aveva contestato il sinistro ma solo il nesso causale tra lo stesso e le lesioni lamentate, senza però dar prova del caso fortuito;

lamenta quindi che entrambi i giudici di merito avevano, incredibilmente, trascurato «gli aspetti contrattuali della vicenda, anche in termini di onere della prova»;

con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., per avere la corte d’appello omesso di attribuire «efficacia riflessa» ex art. 2909 c.c. alla sentenza, passata in giudicato, con la quale il Giudice di pace, in relazione ai medesimi fatti, aveva invece accolto la domanda risarcitoria avanzata dalla di lei madre;

il primo motivo è infondato;

nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l’onere di provare, oltre all’esistenza ed all’entità del danno, il nesso esistente tra il trasporto e l’evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 1681, comma primo, c.c., la prova che l’evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando la normale diligenza, ferma restando la possibilità che l’eventuale condotta colposa del danneggiato assuma rilievo ai sensi della previsione dell’art. 1227 c.c.. (Cass. n. 249 del 10/01/2017; n. 33449 del 17/12/2019);

nella specie, la decisione — al di là dell’erroneo riferimento in motivazione agli artt. 2043 e 2051 cod. civ. (per i quali si rende necessaria solo una correzione della stessa ai sensi dell’art. 384, comma quarto, cod. proc. civ.) — si conforma a tale principio avendo il tribunale confermato il rigetto della domanda risarcitoria per non essere stata fornita sufficiente prova delle modalità del sinistro e del nesso causale tra lo stesso e le lesioni;

è altresì infondato il secondo motivo;

come riconosce la stessa ricorrente, la sentenza resa inter alios non determina vincolo di giudicato;

l’evocata teoria del «giudicato riflesso» è priva di fondamento giuridico ed è comunque inconferente nella specie;

la nozione era, infatti, in passato evocata nel diverso ambito della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, ai fini della opponibilità del giudicato sfavorevole al danneggiante/assicurato all’assicuratore rimasto estraneo alla controversia tra questo e il danneggiato;

in tale ristretto ambito detta teoria era stata accettata per argomenti legati al nesso di pregiudizialità-dipendenza esistente tra l’accertamento, in un giudizio, della responsabilità del danneggiante assicurato (effetto giuridico della fattispecie ivi dedotta) e il successivo accertamento dell’obbligo indennitario dell’assicuratore (effetto di una diversa fattispecie nella quale l’effetto della prima diviene esso stesso fatto costitutivo);

questa Corte ha però già evidenziato, pur in tale ambito, l’insostenibilità di tale nozione per argomenti sia di ordine costituzionale (artt. 24 e 111 Cost.), sia relativi alla costruzione della fattispecie, tra l’altro evidenziando l’incoerenza della teoria sia con il principio affermato da Cass. Sez. U. 04/12/2015, n. 24707, circa la necessità di provocare la partecipazione al processo del titolare del rapporto dipendente per rendergli opponibile il giudicato, sia con l’istituto del litisconsorzio processuale (v. Cass. n. 18325 del 09/07/2019, cui si rimanda per l’ampia illustrazione);

a fortiori l’infondatezza e, comunque, l’inconducenza di tale teoria si rendono palesi in fattispecie quale quella in esame in cui non si pone alcun nesso di pregiudizialità-dipendenza, neppure di ordine logico, tra l’uno e l’altro accertamento;

il ricorso deve essere pertanto rigettato;

non avendo l’intimata svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio;

va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il giorno 12 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.