Illegittimo il licenziamento del dipendente sorpreso dall’agenzia investigativa in palestre e supermercati durante l’orario di lavoro (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, Sentenza 24 agosto 2022, n. 25287).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Rel. Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24859-2019 proposto da:

(OMISSIS) PAOLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) (OMISSIS) 32, presso lo studio dell’avvocato ISIDORO (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’ avvocato LUCA (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

BPER BANCA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS) (OMISSIS) 20, presso lo studio dell’avvocato ANNACLARA (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2857/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/07/2019 R.G.N. 227/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2022 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

Rilevato che:

1. La Corte d’appello di Roma confermava la decisione del giudice di primo grado che aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento intimato da BPER Banca s.p.a. a Paolo (OMISSIS) l’11 agosto 2016 per motivi disciplinari.

2. Al ricorrente, la cui attività lavorativa era connotata da una certa flessibilità riguardo all’orario e alla sede di svolgimento dell’attività, era stato contestato di essersi allontanato dal luogo di lavoro, in orario lavorativo, per compiti estranei al suo inquadramento professionale, essendo stati registrati, mediante controlli effettuati da agenzia investigativa, incontri estranei all’area o sede di lavoro (supermercati e palestre), non connessi all’attività lavorativa, in luoghi distanti anche decine di chilometri dalla sede di lavoro.

3. La Corte territoriale riteneva legittimi i controlli effettuati mediante agenzia investigativa – avuto riguardo alla posizione del lavoratore, dipendente di una banca, nell’ambito di un rapporto richiedente un più rigoroso rispetto dell’obbligo di fedeltà, e dei correlati canoni di diligenza e correttezza, nonché in relazione alla circostanza che le investigazioni che avevano interessato il lavoratore erano sorte nell’ambito della più ampia indagine avente ad oggetto la violazione dei permessi ai sensi dell’art. 33 I. 104/92 da parte della collega (OMISSIS) Loredana, con la quale il ricorrente era stato ripreso più volte.

La Corte riteneva infondati, inoltre, i rilievi attinenti al mancato rispetto dell’obbligo di consegna della documentazione richiesta dal lavoratore e all’intempestività della contestazione dell’addebito.

4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore sulla base di quattro motivi.

5. Si è costituita la Banca con controricorso, illustrato con memoria.

Considerato che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 4 della I. 300/1970 in relazione al controllo della prestazione lavorativa mediante agenzia investigativa esterna, osservando che detto controllo deve limitarsi agli atti illeciti non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione da parte del lavoratore, non potendo sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata dall’art. 3 dello Statuto dei lavoratori al controllo diretto del datore di lavoro e dei suoi collaboratori.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo in relazione al controllo illegittimo della prestazione lavorativa mediante agenzia investigativa esterna, nonché in merito alla condizione lavorativa, avendo la Corte d’appello omesso di considerare che gli informatori di parte datoriale avevano ricevuto l’incarico di verificare la prestazione lavorativa ed avevano controllato il lavoratore ben oltre il normale orario di lavoro, verificando analiticamente le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 24 Cost. e 7 I. 300/70 evidenziando la violazione del diritto di difesa del lavoratore e il mancato rispetto delle garanzie imposte dallo Statuto dei lavoratori, avendo la Corte omesso di ammettere la produzione della documentazione richiesta dal ricorrente, consistente nel fascicolo personale, nelle attestazioni annuali di valutazione di profitto, nelle schede di presenza da settembre 2015 a luglio 2016, nel mandato sottoscritto con l’agenzia investigativa.

4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 7 I. 300/1970, 2119 c.c. e 87 CCNL di riferimento in relazione alla proporzione della sanzione applicata alla lesione dell’elemento fiduciario.

5. I primi tre motivi di ricorso sono fondati e devono essere accolti, con assorbimento del quarto.

6. Questa Corte (ex multis Cass. n. 15094 del 11/06/2018) ha affermato – in ordine alla portata degli artt. 2 e 3 della I. n. 300 del 1970, i quali delimitano, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, in coerenza con disposizioni e principi costituzionali, la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi, e cioè per scopi di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell’attività lavorativa (art. 3) – che essi non precludono il potere dell’imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti esterni (come, nella specie, un’agenzia investigativa), ancorché il controllo non possa riguardare, in nessun caso, né l’adempimento, né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l’inadempimento stesso riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa, che è sottratta a tale vigilanza.

Il controllo esterno, quindi, deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione (cfr., in tali termini, Cass. n. 9167 del 2003).

Tale principio è stato costantemente ribadito, affermandosi che le dette agenzie per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori.

Ne resta giustificato l’intervento, pertanto, solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, anche laddove vi sia un sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione (v. Cass. n. 3590 del 2011; Cass. n. 15867 del 2017).

Ai controlli al di fuori dei confini indicati ostano sia il principio di buona fede sia il divieto cui all’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, nella formulazione applicate ratione temporis, vigendo il divieto di controllo occulto sull’attività lavorativa anche nel caso di prestazioni lavorative svolte al di fuori dei locali aziendali, ferma restando l’eccezione rappresentata dai casi in cui il ricorso ad investigatori privati sia finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti (come l’esercizio durante l’orario lavorativo di attività retribuita in favore di terzi su cui v. Cass. nn. 5269 e 14383 del 2000).

Risulta, dunque, erronea la sussunzione della fattispecie concreta nella norma astratta operata dalla Corte, poiché l’attività investigativa mediante controllo esterno, ancorché occasionata da analogo, pur legittimo, controllo nei confronti di altro dipendente, esplicandosi nell’orario di lavoro del ricorrente, cioè durante l’espletamento dell’attività lavorativa da parte sua, finisce con l’incidere direttamente e, quindi, al di fuori dei limiti consentiti, su detta attività (Cass. 23732 del 2021).

7. Allo stesso modo è fondato il terzo motivo di ricorso, essendo necessario che in tema di procedimento disciplinare il datore di lavoro, pur non essendovi obbligato dall’art. 7 Stat. Lav., offra all’incolpato la documentazione necessaria al fine di consentirgli un’adeguata difesa, e ciò in base ai principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (Cass. 27/3/2018 n. 7581).

8. Conclusivamente il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Roma che provvederà al riesame della questione uniformandosi agli enunciati principi.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente procedimento, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma il 17.3.2022.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.