In carcere accusata per spaccio di droga: malattia neurologica e difficoltà a camminare non riducono il pericolo di reiterazione del reato (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 19 febbraio 2021, n. 6539).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Rel. Consigliere

Dott. SEMERARO Luca – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) FEDERICA nato a (OMISSIS) il 06/10/1972;

avverso l’ordinanza del 26/08/2020 del TRIB. LIBERTA’ di BRESCIA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ANGELO MATTEO SOCCI;

sentite le conclusioni del PG ROBERTA Dott.ssa MARIA BARBERINI: “Inammissibilità del ricorso”.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Brescia, Sezione per il riesame, con ordinanza del 26 agosto 2020 ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS) Federica avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Brescia del 30 luglio 2020, che aveva rigettato l’istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere con altra misura non custodiale o degli arresti domiciliari.

2. Ricorre in cassazione (OMISSIS) Federica, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.

2.1. Violazione di legge (art. 275, comma 4 bis, cod. proc. pen.); mancanza della motivazione relativamente all’accertamento della compatibilità delle condizioni di salute dell’indagata con il sistema carcerario.

Il Tribunale del riesame ha violato palesemente il disposto dell’art. 275 cod. proc. pen. con una motivazione che non tiene conto della giurisprudenza in materia della Corte di Cassazione (Sez. 1, n. 37062 del 09/04/2018 – dep. 31/07/2018, Acampa, Rv. 27369901 e Sez. 6, n. 4117 del 10/01/2018 – dep. 29/01/2018, Cali’, Rv. 27218401).

Compete al giudice (eventualmente con una perizia) accertare la compatibilità dello stato di salute con il carcere.

Invece, nel caso in odierno giudizio si è rimessa la valutazione all’Amministrazione penitenziaria, “investita di avanzare richieste al giudice procedente al fine di programmare eventuali ricoveri ospedalieri”.

Non sono stati accertati le adeguatezze delle cure in carcere e le specifiche ripercussioni sulla salute della ricorrente per un aggravamento della malattia neurologica, descritta come progressiva nella consulenza del Dott. Loris (OMISSIS).

L’art. 275, comma 4 bis, cod. proc. pen. obbliga il giudice ad accertare la compatibilità tra lo stato di salute e la custodia cautelare in carcere.

Il Tribunale ha omesso qualsiasi i accertamento concreto, sullo stato di salute della ricorrente e sulle eventuali cure in carcere, in relazione alle specifiche condizioni di salute della ricorrente.

2.2. Manifesta illogicità e mancanza della motivazione sulla sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati, erroneamente ritenuto non contestato e devoluto con l’appello.

L’ordinanza impugnata erroneamente ritiene che con l’appello non sia stata contestata e devoluta la questione delle esigenze cautelari della reiterazione dei reati per l’applicazione della custodia cautelare in carcere.

Invece, dalla lettura dell’appello emerge chiaramente la contestazione anche della sussistenza delle esigenze cautelari relativa alla probabile reiterazione dei reati.

Infatti, si evidenziava la necessità dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari, da valutarsi anche con le condizioni di salute della ricorrente e con la valutazione dei precedenti penali della ricorrente, nessuno specifico.

La ricorrente oggi si muove con l’ausilio di una stampella e con una sedia a rotelle e, quindi, anche volendo non è in grado di commettere ulteriori reati.

Le condizioni di salute erano state prospettate sia per l’incompatibilità delle stesse con la condizione carceraria e sia per l’impossibilità concreta di reiterazione di reati della stessa specie di quelli in giudizio.

Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso deve rigettarsi in quanto generico, articolato in fatto e senza un confronto con la motivazione dell’ordinanza impugnata.

Inoltre, con ordinanza del 9 settembre 2020 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, per le gravi condizioni di salute dell’indagata.

4. La sostituzione della misura cautelare con gli arresti domiciliari comporta la perdita dell’interesse del ricorso per la richiesta sostituzione della misura cautelare in carcere con gli arresti domiciliari; invece, residua la valutazione delle misure meno afflittive degli arresti domiciliari.

Nell’istanza al Giudice per le indagini preliminari la ricorrente aveva richiesto la sostituzione della misura e non la sua revoca.

Conseguentemente, non possono mettersi in discussione le esigenze cautelari (sia nell’appello e sia nel ricorso in cassazione) che sono rilevanti per ogni misura cautelare, come esattamente motivato nell’ordinanza impugnata (“occorre osservare come l’odierno thema decidendum attiene soltanto all’adeguatezza della misura cautelare applicata e, conseguentemente, appellato l’ordinanza di rigetto esclusivamente su tale punto”).

Per le misure cautelari meno afflittive degli arresti domiciliari il ricorso risulta estremamente carente (se non altro in quanto incentrato completamente sull’inadeguatezza del carcere con le condizioni di salute della ricorrente).

Per la ricorrente non ci sarebbe, in concreto, la possibilità di commettere ulteriori reati, in quanto affetta da gravi patologie (deambula con una stampella o con una sedia a rotelle).

Tale prospettazione è stata adeguatamente vagliata dall’ordinanza impugnata (e dalla successiva del 9 settembre 2020) rilevando come la ricorrente in maniera professionale e con abilità, esercitava l’attività di spaccio in maniera organizzata e coordinata, in una precisa zona e con modalità collaudate con l’inserimento stabile nel circuito del narcotraffico; peraltro, i precedenti gravi (per rapina, lesioni, furto e bancarotta fraudolenta) connotavano la personalità della ricorrente in maniera negativa.

Inoltre le condizioni di salute della donna non sono del tutto incompatibili con la commissione di reati, anche in concorso con altri.

Il ricorso in cassazione non si confronta con tale adeguata e specifica motivazione e reitera in maniera acritica le doglianze dell’atto di appello.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 28/10/2020.

Depositata in Cancelleria il 19 febbraio 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.