LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FELICE MANNA -Presidente-
Dott. LINALISA CAVALLINO -Consigliere-
Dott. RICCARDO GUIDA -Consigliere-
Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS -Consigliere-
Dott. LUCA VARRONE -Rel. Consigliere-
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9740/2022 R.G. proposto da:
COMUNE DI (omissis) elettivamente domiciliato in (omissis) presso lo studio dall’avv. (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(omissis) (omissis) E (omissis) SNC, elettivamente domiciliato in (omissis) presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di MANTOVA n. 84/2022 depositata in data 01/02/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/10/2023 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;
FATTI DI CAUSA
1. Il Comune di (omissis) proponeva appello avverso la sentenza con la quale il giudice di pace di Mantova aveva accolto l’opposizione proposta da (omissis) (omissis) (omissis) s.n.c., avverso il verbale n. (omissis) notificato dal Comando Polizia Locale del Comune di (omissis) in data 10.06.2020, con cui era stata contestata la violazione dell’art. 142 comma 9, cds perché circolava, considerata la tolleranza prevista per legge, alla velocita di km/h 123,02, eccedendo di km/h 53,02 il limite di velocità imposto dalla ordinanza della Provincia di (omissis) PD/23 del 17.01.2020 in km/h 70.
La predetta violazione al CdS era avvenuta in data (omissis) sp ex ss 62 cisa km 192+105 dir. Mantova-Verona del Comune di (omissis) ed era stata accertata a mezzo di apparecchiatura autovelox modello velocar red&speed (omissis).
2. Il Tribunale di Mantova rigettava l’appello evidenziando che nelle (omissis) soggette al rito del lavoro, l’omessa lettura delle motivazioni, cos1 come quella del dispositivo all’udienza di discussione, determina la nullità della sentenza, da farsi valere secondo le regole proprie del mezzo di impugnazione esperibile in base al principio generale sancito dall’art. 161, co. 1, c.p.c., senza che il giudice di secondo grado, che abbia rilevato tale nullità, ove dedotta con l’atto di appello, possa rimettere la causa al primo giudice, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 cpc, ne limitare la pronuncia alla mera declaratoria di nullità, dovendo decidere la causa nel merito (Cass. 9.3.2010 n. 5659; Cass. 11.5.2006 n. 10869).
Il Tribunale richiamava il d.l. n. 121 del 2002, secondo cui sulle strade extraurbane principali nonché sulle autostrade, gli agenti di polizia seguendo le direttive fornite dal Ministero dell’Interno hanno la possibilità di installare dispositivi di controllo del traffico al fine di rilevare a distanza le violazioni al codice della strada.
Sulle strade extraurbane secondarie come quella oggetto di causa, secondo quanto riportato nel verbale di accertamento dell’infrazione, invece, l’installazione di tali dispositivi e possibile solamente quando le stesse vengono individuate mediante idoneo decreto del prefetto.
Secondo il Tribunale, affinché tale decreto prefettizio possa essere ritenuto legittimo e necessario che vi siano le caratteristiche “minime” della strada in base alla definizione dal Codice della strada. In particolare, la strada extraurbana secondaria e tale in presenza di una strada ad unica carreggiata, con almeno una corsia per senso di marcia e banchine laterali, inoltre l’individuazione effettuata dal Prefetto delle strade in cui e possibile derogare alla regola generale della contestazione immediata deve tener conto dell’impossibilita di effettuare il fermo del veicolo. Inoltre, non potendosi prescindere dalla valutazione in concreto del tratto stradale, secondo la sentenza n. 26990/2018 della Corte di Cassazione, tale valutazione può essere sindacata dal giudice di merito al fine di disapplicare o meno il provvedimento presupposto (decreto prefettizio) ed annullare la multa.
In definitiva, nel caso di specie non era sufficiente che nel verbale di accertamento dell’infrazione fosse riportato che la strada rientrava tra quelle autorizzate dal prefetto per la mancata contestazione immediata, ma era necessaria anche la dimostrazione delle caratteristiche del tratto stradale. Tale onere probatorio gravava sull’ente proprietario.
Tanto era stato chiarito dalla pronuncia della Corte di cassazione con sentenza n. 12231/2016, che, pur essendosi pronunciata in tema di strade a scorrimento veloce, aveva inasprito gli oneri di difesa degli enti proprietari, tenuti a dare prova della sussistenza delle caratteristiche della strada ai fini dell’adozione del decreto Prefettizio di autorizzazione all’installazione dei rilevatori nelle strade secondarie non ricomprese nell’art. 2, comma 2, lett. A e B del d.lgs. n.285 del 1992.
Nel caso di specie, nulla era stato dedotto, ne tanto meno provato dall’ente proprietario, che si era limitato a produrre il decreto prefettizio e l’autorizzazione della Provincia di (omissis) (cfr. docc. 10 e 11 di parte resistente in primo grado) senza alcun allegato e quindi senza alcun elemento da cui poter trarre l’esistenza dei requisiti “minimi” richiesti dalla legge per la qualificazione di strada “extraurbana secondaria”, ne la prova della verifica da parte del Prefetto del tasso di incidentalità.
Per cui in mancanza della prova della legittimità del decreto prefettizio di autorizzazione all’installazione di un dispositivo di rilevamento della velocita, lo stesso doveva essere disapplicato con conseguente illegittimità del verbale da esso scaturente. Infatti, non era posta in discussione la larghezza della banchina ma la stessa sussistenza dei requisiti di legge per la qualificazione della strada quale “extraurbana secondaria”, la quale avrebbe dovuto essere oggetto di prova a carico del Comune in primo grado.
3. Il Comune di (omissis) ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
4. (omissis) (omissis) (omissis) snc è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso e cos1 rubricato: violazione e falsa applicazione degli 132, comma 2, n. 4, 161 e 429 c.p.c. in relazione agli artt. 354 e 355 c.p.c.
Il Comune ricorrente evidenzia che la causa era stata definita espressamente ex art. 429 c.p.c., il dispositivo della sentenza era stato letto in udienza, la motivazione non era stata esposta contestualmente ma depositata ben cinquantotto giorni dopo.
Pertanto, il Tribunale di Mantova non avrebbe potuto esimersi dal pronunciarsi sul primo motivo d’appello, ne – in ogni caso – giungere a una sorta di convalida della sentenza nulla emessa dal G. di P. mantovano.
Pertanto, si ritiene che il Tribunale di Mantova si sarebbe dovuto limitare alla semplice declaratoria di nullità della sentenza del G. di P. o, a tutto concedere, rimettere la causa davanti al giudice di primo grado, assumendo al riguardo tutte le conseguenti decisioni ex lege previste.
Non avendo provveduto in tal senso – cos1 integrando un evidente error in procedendo – anche la sentenza di appello sarebbe invalida e nulla per aver esorbitato il Tribunale di Mantova dal suo potere decisionale in violazione e falsa applicazione delle norme di legge richiamate nella rubrica del motivo.
1.1. Il primo motivo di ricorso é del tutto destituito di fondamento.
Non risponde agli atti di causa che il Tribunale non abbia esaminato il primo motivo di appello del Comune, quanto piuttosto che si e pronunciato con una motivazione conforme alla giurisprudenza di questa Corte richiamata nella stessa sentenza ed espressa dal seguente principio di diritto: Nelle controversie soggette al rito del lavoro, l’omessa lettura del dispositivo all’udienza di discussione determina la nullità della sentenza, da farsi valere secondo le regole proprie del mezzo di impugnazione esperibile, in base al principio generale sancito dall’art. 161, comma primo, cod. proc. civ., senza che il giudice di secondo grado, che abbia rilevato tale nullità, ove dedotta con l’appello, possa ne rimettere la causa al primo giudice – non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione tassativamente previste dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ. – ne limitare la pronunzia alla mera declaratoria di nullità, dovendo decidere la causa nel merito; pertanto, qualora il giudice d’appello proceda all’esame delle altre censure dedotte con l’impugnazione, difetta l’interesse a far valere come motivo di ricorso per cassazione la nullità della sentenza di primo grado in quanto non dichiarata dal giudice d’appello, perché l’eventuale rinvio ad altro giudice d’appello porterebbe allo stesso risultato già conseguito con la pronuncia su tutti i motivi di impugnazione (Sez. 3, Sentenza n. 5659 del 09/03/2010, Rv. 611655 – 01).
2. Il secondo motivo di ricorso e così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 p.c. e dell’art. 2697 c.c. Violazione e falsa applicazione dall’art. 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121 (conv. in legge, con modificazioni, dalla l. 1° agosto 2002, n. 168) violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 5 l.a.c.;
Il Giudice d’appello avrebbe pronunciato ultrapetita in quanto la qualificazione della strada come extraurbana secondaria era incontestata dalla società ricorrente in primo grado.
Tanto e vero che nella memoria di costituzione in appello quest’ultima ha chiaramente e confessoriamente affermato che: “… Circostanza pacifica infatti e la qualificazione della strada in oggetto come extraurbana secondaria .” (All. N, pag. 8, dal che discende pure l’evidente contraddittorietà di tutte le tesi difensive della società (omissis)Snc).
La natura della strada come extraurbana secondaria non era stata mai messa in discussione da alcuno, visto che si discuteva solamente della necessarietà della banchina.
Il Comune non poteva disapplicare il provvedimento prefettizio in mancanza di ogni istruttoria al riguardo circa la natura della strada in oggetto. In base alla giurisprudenza di legittimità il verbale di accertamento e valido e sufficientemente motivato se sono indicati gli estremi del decreto prefettizio. Nel caso di specie il decreto e l’autorizzazione provinciale erano stati diligentemente prodotti. Il giudice ha disapplicato il provvedimento amministrativo senza una richiesta di esibizione al comune o al prefetto della documentazione posta alla base del decreto.
2.1. Il secondo motivo di ricorso é fondato.
Il tribunale ha ritenuto non provato che la strada su cui è stata accertata l’infrazione potesse rientrare tra quelle previste dall’articolo 142 del codice della strada che rimanda al decreto del prefetto; ha ritenuto, quindi, che il relativo onere probatorio ricadesse sull’amministrazione; e di conseguenza ha disapplicato il provvedimento del Prefetto.
La sentenza non ha fatto corretta applicazione dei principi regolatori della materia, in particolare in punto di onere della prova ai fini della disapplicazione del provvedimento del Prefetto e ha frainteso quanto affermato nella citata sentenza di questa Corte n.12331 del 2016 e non ha tenuto conto degli altri precedenti in materia.
Deve ribadirsi, infatti, che il provvedimento prefettizio di individuazione delle strade lungo le quali e possibile installare apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocita senza obbligo di fermo immediato del conducente, previsto dall’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002 (conv., con modif., dalla l. n. 168 del 2002), può essere disapplicato se illegittimo perché ha incluso una strada non ricompresa tra quelle indicate dal legislatore mediante la classificazione di cui all’art. 2, commi 2 e 3, del codice della strada. Tuttavia, la prova che la strada dove e avvenuta la violazione sia stata erroneamente inclusa dal prefetto tra quelle “extraurbane secondarie” in mancanza delle caratteristiche proprie di tale tipologia di strada come prevista dall’art. 2, comma 3, lett. c, del d.lgs. n. 285 del 1992 (codice della strada) spetta al ricorrente e non all’amministrazione avendo quest’ultima dato prova dell’adozione del necessario provvedimento amministrativo presupposto.
Nel caso di specie, la sentenza, invece, si e fondata solo sul mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’amministrazione nonostante la strada in questione fosse ricompresa nel citato provvedimento prefettizio previsto ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 121 del 2002 convertito con modifiche dalla l. 168 del 2002) e quindi vi e stata una disapplicazione del provvedimento senza alcuna prova della sua illegittimità.
3. In conclusione la Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Mantova in diversa composizione che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Mantova in diversa composizione che provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 17 ottobre 2023.
IL PRESIDENTE
Dott. Felice Manna
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2023.