In materia di frode sportiva: responsabile è colui anche se non partecipa all’evento sportivo (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 23 settembre 2019, n. 38940).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENTILI Andrea – Presidente –

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere –

Dott. GAI Emanuela – Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

Dott. ZUNICA Fabio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

R.I., nato in (OMISSIS);

S.V., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza dell’01-03-2018 della Corte di appello di Bari;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Zunica Fabio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Molino Pietro, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;

udito per la parte civile l’avvocato Gaetano Martini, sostituto processuale dell’avvocato Tito Lucrezio Milella, che depositava conclusioni scritte e nota spese.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 30 maggio 2016, il Tribunale di Bari, per quanto in questa sede rileva, condannava R.I. e S.V. alla pena di mesi 8 di reclusione ed Euro 8.000 ciascuno, in quanto ritenuti colpevoli del reato di cui all’art. 110 c.p. e L. n. 401 del 1989, art. 1, commi 2 e 3, (capo A), a loro contestato per avere, quali partecipanti alla gara valevole per il campionato di calcio di serie B tra (OMISSIS) o, comunque, quali facenti parte della squadra di calcio del Bari, accettato ciascuno la somma di 7.000 Euro circa, offerta dai calciatori del Treviso, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, in particolare per assicurare al Treviso la vittoria, evento che in effetti si verificava (fatti commessi in (OMISSIS) in epoca anteriore e prossima all'(OMISSIS)).

Con la medesima sentenza, gli imputati venivano altresì condannati al risarcimento del danno, da liquidare in separata in sede, in favore della costituita parte civile, Federazione Italiana Giuoco Calcio, nei cui confronti veniva disposto il pagamento di una provvisionale, nella misura di venticinquemila Euro.

Con sentenza del 1 marzo 2018, la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di R. e S. in relazione al reato a loro ascritto al capo A, perchè estinto per prescrizione, confermando nel resto la sentenza del Tribunale.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello pugliese, R. e S., tramite i rispettivi difensori di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione.

2.1 S. ha sollevato un unico motivo, con cui censura il giudizio sulla configurabilità del reato contestato e i criteri di valutazione delle prove, osservando che nella sentenza impugnata erano state riportate solo alcune parti delle dichiarazioni dei testi, venendo, in tal modo, offuscate tutte le contraddittorietà, le reticenze e le incoerenze che le avevano caratterizzate e che erano state esposte nei motivi di appello, non essendosi considerato che spesso si trattava di chiamate in correità operate da soggetti che avevano un concreto interesse a scagionarsi dalle proprie responsabilità e ad aggravare quella degli altri, nella prospettiva di conseguire un più favorevole trattamento sanzionatorio. In quest’ottica, non potevano ritenersi attendibili le dichiarazioni dei testi L.D., S.C., G.A., M.A. e E.M., i quali avevano reso ricostruzioni non dettagliate e tra loro non convergenti, animate dal chiaro intento di ridimensionare le loro responsabilità innanzi agli organi di giustizia sportiva, al fine di non pregiudicare le rispettive carriere.

Nel richiamare in particolare le dichiarazioni rese dai testi assistiti L., S. ed E. e dall’imputato in procedimento connesso E.M., la difesa osserva che le stesse, oltre a non essere tra loro sovrapponibili, si erano comunque rivelate del tutto generiche e imprecise nella descrizione del comportamento dell’imputato, non essendo stato chiarito in che modo sarebbe stato attuato il tentativo di alterare il risultato della partita tra (OMISSIS), tanto più che i protagonisti di quella partita avevano ricordato che il (OMISSIS) andò vicino al pareggio con un calcio di punizione di B. che sfiorò la traversa.

Peraltro, l’inconsistenza dell’impianto accusatorio era stata rivelata anche dalle dichiarazioni rese dai testi a discarico, avendo T.L. ricordato un pessimo arbitraggio e G.A. riferito che la partita era stata persa a causa del caldo e che S. non gli aveva fatto alcuna offerta di denaro, mentre l’allenatore C.A. aveva escluso di avere avuto c.zza di episodi tali da far sospettare un’alterazione del regolare svolgimento della gara.

2.2. R. ha sollevato tre motivi.

Con il primo, la difesa deduce l’erronea applicazione degli art. 129 e 507 c.p.p., art. 157 c.p., art. 159 c.p., comma 1, n. 3 e art. 161 c.p., nonchè l’assenza e l’insufficienza della motivazione in relazione ai motivi di appello con cui si era eccepito che il giudice di primo grado avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione del reato, perchè maturata prima della sentenza di primo grado.

Al riguardo, infatti, non poteva condividersi l’individuazione, da parte della Corte di appello, della data del 25 febbraio 2017 quale momento di maturazione della prescrizione, essendo stato erroneamente considerato come periodo di sospensione in primo grado quello dal 30 ottobre 2015 al 27 maggio 2016, non considerandosi che i relativi rinvii erano stati ispirati da finalità probatorie, connesse all’esigenza di acquisire la sentenza irrevocabile del processo stralcio, il cui contenuto è stato peraltro utilizzato ai fini della decisione di primo grado del presente processo, per cui, di fatto, l’acquisizione della sentenza era avvenuta ai sensi dell’art. 507 c.p.p., il che non consentiva la sospensione dei termini di prescrizione, non venendo in rilievo una mera istanza difensiva.

Dunque, essendo il reato contestato punibile con la pena fino a due anni di reclusione, la prescrizione, pari a sette anni e sei mesi, sarebbe maturata l’11 novembre 2015, ovvero prima della sentenza del Tribunale, per cui non poteva essere emessa alcuna statuizione sulle richieste risarcitorie della parte civile.

Con il secondo motivo, il ricorrente censura l’erronea applicazione dell’art. 110 c.p. e L. n. 401 del 1989, art. 1, comma 2, nonchè la mancanza e l’insufficienza della motivazione, sia in relazione ai motivi di appello che si riferivano all’insussistenza a carico di R. del fatto contestato, sia in ordine all’eccepita nullità della sentenza per la diversità del fatto contestato rispetto a quello oggetto della condanna, rilevandosi al riguardo che R. non aveva partecipato alla gara incriminata, non essendo stato nemmeno convocato a causa di un infortunio, per cui egli non poteva essere chiamato a rispondere del reato contestato, non potendo incidere sull’esito della competizione agonistica.

La posizione di R. era dunque diversa da quella dei calciatori che avevano preso parte alla gara, il che consentiva di affermare che l’imputato, quale extra, era stato condannato per una condotta diversa da quella contestata, fermo restando che non era stato specificato quale sarebbe stato il ruolo del ricorrente, non essendo cioè chiaro se egli avesse preso denaro anche per sè o se fosse stato l’autore dell’offerta di denaro volta ad alterare l’esito della gara.

Con il terzo motivo, infine, viene lamentata l’inosservanza dell’art. 539 c.p.p., artt. 2056, 2059, 1223 e 1226 c.c. e art. 185 c.p., nonchè la mancanza assoluta di motivazione in ordine ai parametri di riferimento utilizzati per la quantificazione della provvisionale, evidenziandosi che la sentenza impugnata si era limitata a confermare la condanna alla provvisionale inflitta in primo grado, senza indicare il tipo di danno risarcito e i criteri di liquidazione.

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati.

1. Iniziando la disamina dal ricorso di R., occorre evidenziare, quanto al primo motivo, che non può considerarsi illegittima la decisione dei giudici di merito di considerare sospeso il termine di prescrizione del reato contestato nel periodo intercorrente tra il 30 maggio 2015 e il 27 maggio 2016.

Ed invero dalla disamina del fascicolo processuale, consentita dalla tipologia della doglianza sollevata, risulta che all’udienza del 30 ottobre 2015, il Tribunale ha escluso chiaramente la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 507 c.p.p. in ordine alla richiesta difensiva di acquisizione della sentenza relativa al cd. processo stralcio, per cui l’istanza di differimento volta a tale acquisizione documentale, ritenuta non indispensabile dal giudice, è stata espressamente qualificata come mera richiesta di rinvio, il che ha giustificato la sospensione dei termini di prescrizione del reato, ai sensi dell’art. 159 c.p., comma 1, n. 3.

Nè dalla trascrizione fonografica del 30 ottobre 2015 risulta che le parti abbiano formulato obiezioni formali alla decisione assunta dal giudice monocratico.

In ogni caso, essendo il differimento del processo scaturito da un’esigenza della difesa non riconducibile agli schemi ordinari di acquisizione probatoria, la sospensione della prescrizione in accoglimento dell’istanza di rinvio deve ritenersi legittima, dovendosi richiamare l’affermazione di questa Corte (Sez. 7, n. 8124 del 25/01/2016, Rv. 266469), secondo cui il provvedimento di rinvio del processo disposto dal giudice su istanza e per esigenze della parte richiedente, dà sempre luogo alla sospensione dei termini di prescrizione per l’intera durata del rinvio, a prescindere dalle ragioni poste a fondamento della richiesta, salvo che esse consistano in un legittimo impedimento della parte o dei suo difensore, poichè, in tal caso, la sospensione ha una durata massima di sessanta giorni.

Di qui l’infondatezza della doglianza difensiva.

2. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato, dovendosi evidenziare che il reato di frode in competizioni sportive (L. n. 401 del 1989, art. 1) può essere commesso non solo da chi partecipa materialmente alla competizione di cui venga alterato il leale svolgimento, ma anche da chiunque si adoperi, con l’offerta o la promessa di denaro, per influire sul corretto e leale andamento delle competizioni sportive, per cui la circostanza che, in occasione dell’incontro di calcio tra (OMISSIS), R. non sia sceso in campo a causa di un infortunio, non risulta dirimente, rilevando invece, ai fini dell’ascrivibilità della condotta illecita all’imputato, il fatto che questi, insieme a S., nei giorni prima della partita propose ai compagni di squadra l’accordo illecito che prevedeva la sconfitta del (OMISSIS) contro il (OMISSIS), in cambio di una contropartita economica.

Nè può ravvisarsi nel caso di specie una violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, posto che la formulazione del giudizio di colpevolezza dell’imputato operato dal Tribunale e condiviso dalla Corte territoriale, al di là della declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, risulta coerente con la descrizione fattuale cristallizzata nell’imputazione, in cui il patto illecito volto a incidere sull’andamento della gara tra (OMISSIS) è stato riferito non solo ai partecipanti alla gara, ma in generale agli appartenenti alla squadra del (OMISSIS), destinatari dell’offerta di denaro funzionale alla concretizzazione dell’accordo.

3. Il terzo motivo è infine inammissibile, sia perchè la quantificazione della provvisionale non ha formato oggetto di specifica censura con l’atto di appello, nel quale la difesa ha contestato unicamente il diverso aspetto della sospensione della esecuzione della provvisionale, senza contestarne il quantum, sia perchè, in ogni caso, la questione sollevata dalla difesa non è deducibile in sede di legittimità, dovendosi richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015, Rv. 263486), secondo cui non è impugnabile con il ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata.

4. Anche il ricorso di S. è infondato, ai limiti dell’inammissibilità.

I giudici di merito, infatti, nel ricostruire i fatti di causa, hanno richiamato le dichiarazioni dei testi L.D., S.C., G.A., M.A. e E.M. (quest’ultimo sentito ex art. 210 c.p.p.), i quali hanno individuato nei compagni di squadra S.V. e R.I. i promotori (insieme allo stesso E.) dell’accordo finalizzato a far perdere la squadra di calcio del (OMISSIS) di cui facevano parte nella gara contro il (OMISSIS), che si è poi disputata l'(OMISSIS) e che si concluse, in effetti, con la vittoria in trasferta della squadra veneta per uno a zero, all’esito di una gara contraddistinta dalla scarsa verve agonistica di quasi tutti i giocatori del (OMISSIS).

Le attività preparatorie e attuative della frode sportiva sono state descritte dai soggetti escussi in dibattimento in maniera chiara e convergente, senza che siano emersi intenti o interessi calunniatori nei confronti degli odierni imputati. Del resto, l’andamento e il risultato della gara sono risultati coerenti con la programmazione dell’iniziativa illecita volta a condizionarne il leale svolgimento.

In ogni caso, a fronte delle pertinenti considerazioni sulla sussistenza del reato e sulla attribuzione dello stesso agli odierni ricorrenti, scaturite da una disamina razionale del materiale probatorio, la difesa, nel criticare l’impianto argomentativo della sentenze di merito, si è in realtà limitata sostanzialmente a sollecitare una diversa valutazione del materiale probatorio che, al di là dei pur evidenti limiti di autosufficienza del ricorso, non può tuttavia ritenersi consentita in questa sede, dovendosi sul punto richiamare il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.

5. In conclusione, stante l’infondatezza delle doglianze proposte, i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.

6. Infine, in conformità con la richiesta della parte interessata, il ricorrente S.V. deve essere condannato altresì alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile F.I.G.C., liquidati in Euro tremilacinquecento, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché il ricorrente S.V. alla rifusione delle spese del grado in favore della costituita parte civile che liquida in complessivi Euro tremilacinquecento, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2019.