Incidente contro mezzo di soccorso ANAS: nessun risarcimento per i familiari (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 28 settembre 2021, n. 26231).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12741-2020 proposto da:

(OMISSIS) SAMUEL, (OMISSIS) GIOELE, (OMISSIS) ROSANGELA MARIA CARMELA VED. (OMISSIS), (OMISSIS) ANTONIO, (OMISSIS) MARIA MAURIZIA, (OMISSIS) SAVERIA, elettivamente domiciliati presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentati difesi dagli avvocati MARIA FILOMENA (OMISSIS), PIETRO (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

ANAS SPA, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS) 213, presso lo studio dell’avvocato NICOLA (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

contro

ALLIANZ SPA subentrata a RAS SPA, (OMISSIS) FRANCESCO, INAIL 01165400589;

– intimati –

avverso la sentenza n. 389/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 25/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa FRANCESCA FIECCONI.

Rilevato che:

1. Rosangela MARIA CARMELA (OMISSIS), nonché SAMUEL, GIOELE, SAVERIA E MARIA MAURIZIA (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza n. 398/2019 della Corte d’Appello di Catanzaro pubblicata il 25/02/2019.

Con controricorso resiste l’ANAS s.p.a. la ALLIANZ s.p.a. (subentrata a RAS s.p.a.), FRANCESCO (OMISSIS) e INAIL, intimati, non hanno svolto difese in questa sede.

2. Per quanto ancora rileva, gli attuali ricorrenti convenivano in giudizio l’ANAS s.p.a. e la RAS Assicurazioni s.p.a. per chiedere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, sia iure proprio che iure hereditatis, derivati dalla morte del congiunto Augusto (OMISSIS) avvenuta a seguito del sinistro stradale verificatosi su un tratto della A3 il 24/1/2000.

Gli attori deducevano che AUGUSTO (OMISSIS), all’uscita da una galleria, su un tratto autostradale curvilineo, si imbatteva in alcuni dipendenti dell’Anas intenti a segnalare un precedente sinistro e che, per l’incauta segnalazione (con sole persone e senza alcuna transenna o segnale) si scontrava pochi metri dopo con un autocarro – di proprietà dell’Anas, condotto da FRANCESCO (OMISSIS) e assicurato con la RAS – che sostava, in una posizione non corretta (di traverso) per effettuare una manovra di soccorso stradale.

Si costituivano i convenuti e il giudice autorizzava la chiamata di FRANCESCO (OMISSIS), conducente del veicolo dell’ANAS; spiegava intervento volontario l’INAIL che deduceva di corrispondere ai congiunti del (OMISSIS) la rendita prevista per legge trattandosi di infortunio in itinere e svolgeva domanda surrogatoria nei confronti dei convenuti.

Il Tribunale qualificava l’azione ex art. 2043 cod. civ., ritenendo di non poter fare applicazione della fattispecie di cui all’art. 2051 cod. civ. e rigettava la domanda attorea ritenendo la responsabilità esclusiva del (OMISSIS) nella causazione del sinistro.

3. Avverso la sentenza, i congiunti del (OMISSIS) hanno proposto gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro che, con la sentenza in questa sede impugnata, ha confermato integralmente la pronuncia di prime cure pur motivando diversamente, in parte.

In particolare, ha ritenuto che il sinistro si fosse verificato a causa di una inspiegata manovra di frenatura e deviazione a destra del (OMISSIS), che ben avrebbe i potuto avvistare per tempo il veicolo dell’ANAS ed evitarlo, dunque, escludendo il nesso causale tra il sinistro e la condotta del conducente del camion dell’ANAS, o del personale dell’Anas che si trovava sul luogo nell’immediatezza dell’incidente, data la repentinità degli eventi occorsi.

Considerato che:

1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia «Violazione e falsa applicazione artt. 41, 43 c.p., 2050 (o 2051 o 2043 c.c.), 1227 c.c. (2056 c.c.) e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. – Omesso esame di fatto decisivo in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.».

La Corte d’Appello avrebbe ritenuto il sinistro riconducibile esclusivamente alla velocità tenuta dal conducente dell’auto Rover (pari a 82/95 km/h a fronte di un limite di 80 km/h) e, dunque, da sola idonea a elidere il nesso causale.

Di contro, non avrebbe valutato in termini di efficienza causale l’attività pericolosa espletata dal personale Anas al fine di impedire l’evento, secondo i parametri di cui all’art. 2050 cod. civ. (o 2051 e 2043 cod. civ.).

Inoltre, la sentenza impugnata si sarebbe attenute a valutazioni fornite dal CTU in ordine all’energia cinetica dell’auto dimostrata nell’impatto nonostante la lunga frenata, senza operare un vaglio critico in relazione alle circostanze del caso e i dati tecnici posti a base dell’elaborato peritale.

2. Con il secondo motivo si denuncia «Violazione e falsa applicazione artt. 112 c.p.c., 2045 c.c. e 54, 2° co., c.p., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. – Omesso esame di fatto decisivo in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.» per avere la Corte d’Appello omesso di valutare se la segnalazione di incidente effettuata all’uscita dalla galleria, e non prima, costituisse, secondo un calcolo di regolarità statistica, l’antecedente causale del successivo impatto del danneggiato con il camion Anas. Inoltre, nonostante la condotta tenuta dai dipendenti Anas fosse stata ritenuta non conforme al “protocollo di sicurezza”, sarebbe stata valutata alla stregua della scriminante dello stato di necessità ex art. 2045 cod. civ. senza che ve ne fossero i presupposti.

3. Con il terzo motivo si denuncia «Violazione o falsa applicazione artt. 41 c.p., 2043 (2050 2051 o 2054 c.c.), 2045 c.c. – in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. – Omesso esame di fatto decisivo controverso in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.». Il giudice avrebbe omesso di svolgere il giudizio controfattuale, onde verificare se una differente collocazione del mezzo e delle segnalazioni di pericolo fosse maggiormente idonea a impedire l’evento.

4. Con il quarto motivo si denuncia «Contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c» là dove la Corte di merito per un verso avrebbe giustificato la condotta tenuta dal mezzo Anas – che si era fermato dopo l’uscita della galleria – affermando che fosse dettata dalla “necessità, particolarmente stringente a causa dell’orario e della conformazione della strada, di effettuare le segnalazioni di pericolo agli utenti, nelle more che si avesse il tempo di predisporre, secondo un protocollo di sicurezza, la relativa cartellonistica”, ma dall’altro non avrebbe considerato che il tempo sarebbe stato minore se il personale dell’Anas si fosse fermato prima dell’ingresso della galleria.

5. Con il quinto e ultimo motivo si denuncia «Violazione o falsa applicazione art. 162 cod. strad., 84 comma 2 del regolamento di esecuzione del codice della strada e 157, comma 2, cod. str, artt. 2050 (o 2043 o 2051) c.c. e 43 c.p. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. – Omesso esame di fatto decisivo controverso in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.».

La Corte d’Appello non avrebbe esaminato i segnali di pericolo adottati dal personale Anas e la posizione dell’autocarro Anas per difetto di norme specifiche al riguardo e, quindi, avrebbe omesso ogni esame sulla base sia delle norme stradali, sia dei criteri di cd. colpa generica desumibili dal sistema normativo e dai principi giurisprudenziali.

6. I motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi.

I cinque motivi, articolati come violazione di legge e come errore motivazionale ex art.360 n.5 cod. proc. civ., sono inammissibili perché, per un verso, non colgono la ratio decidendi, per l’altro mettono in questione il giudizio fattuale in ordine al nesso di causale, che è riservato al giudice di merito.

7. In primo luogo, vanno dichiarate inammissibili le doglianze afferenti alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2050 e 2051e 2054 e 2045 cod. civ. in quanto non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza e tendono a indurre il giudice di legittimità a svolgere una rivalutazione dei fatti, tutti compiutamente osservati entro la corretta cornice normativa, con riguardo alla sussistenza del nesso di causalità che, come noto, viene in questione prima di ogni valutazione in astratto o in concreto del profilo di negligenza della condotta.

8. La Corte d’Appello, difatti, ha osservato che sia inquadrando il caso concreto nella fattispecie di cui all’art. 2050 e/o 2051 e/o 2054 cod. civ., sia in quella di cui all’art. 2043 cod. civ. – posto che si tratta di concorso di fattispecie normative entro cui inquadrare i fatti osservati per come ricostruiti – sia mancata la prova del nesso causale, incombente sul danneggiato, anzitutto in relazione alla condotta del conducente del camion Anas e poi anche alla presumibile condotta assunta dal personale dell’Anas nel segnalare l’incidente autonomo occorso, e ciò a prescindere da ogni profilo di colpa presunta, da considerare dopo il giudizio sul nesso causale.

9. La Corte di merito ha infatti escluso, con giudizio in questa sede insindacabile (perché non affetto da intrinseche contraddizioni tali da evidenziare la violazione del ” minimo costituzionale” sotto il profilo della motivazione ex S.U. 8053/2014) che si possa affermare, in concreto, una responsabilità del conducente dell’automezzo Anas poiché, anche a ritenere che questi avesse invaso di poche decine di centimetri la corsia di marcia percorsa dal danneggiato, la sua condotta non aveva apportato alcun contributo causale al sinistro, su cui ha inciso una improvvisa e inspiegabile manovra del danneggiato di frenatura e deviazione a destra, con impatto sul muro, cui restava aderente fino a terminare la sua corsa contro il camion con grande energia cinetica: dunque, ha ritenuto che la posizione assunta dal mezzo dell’ ANAS non rilevasse nella dinamica dell’incidente, né inappropriate si fossero dimostrate le modalità con cui il personale ANAS aveva segnalato l’occorso ai veicoli sopraggiungenti all’uscita della galleria dell’autostrada, nell’immediatezza del primo occorso, data la repentinità degli eventi.

10. Da tale ragionamento ha fatto discendere l’inconferenza di un’analisi della condotta del conducente del veicolo ANAS e del personale dell’ANAS anche nell’ambito della esimente dello stato di necessità ex art. 2045 cod. civ., che implica pur sempre un accertamento di condotta negligente, esclusa nel caso concreto, allineandosi a un consolidato indirizzo giurisprudenziale in tema di prova del nesso causale della condotta, gravante in ogni caso sull’attore a prescindere da ogni fattispecie giuridica che preveda una presunzione di colpa (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 414 del 13/01/2021 e Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13672 del 21/5/2019, in caso di responsabilità presunta ex art. 2054 c.c.; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 2345 del 29/01/2019 e Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 2477 del 01/02/2018 in caso di responsabilità del custode; Cass., Sez. U, Sentenza n. 577 dell’11/1/2008; Sez. 3, Sentenza n. 15993 del 21/7/2011; Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 24073 del 13/10/2017; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 27606 del 29/10/2019, in caso di responsabilità medica).

11. Il giudizio sulla sussistenza o meno del nesso causale, quando riguarda la dinamica tra fatto ed evento, è un giudizio di merito e, pertanto, la critica a tale giudizio volge sul merito della decisione ed è in questa sede insindacabile, se sorretta da adeguata motivazione.

12. In particolare l’inammissibilità delle censure, che si risolvono in un tentativo di rilettura delle risultanze istruttorie, non consentita in questa sede neppure sotto il profilo – ormai, peraltro, ridotto al “minimo costituzionale” – del sindacato sulla motivazione della sentenza (da ultimo, “ex multis”, Cass. Sez. 6-5. ord. 18 maggio 2018, n. 11863, Rv. 648686-01), va affermata sulla scorta del principio secondo cui l’ipotetico “errore compiuto dal giudice di merito nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento è censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., mentre l’eventuale errore nell’individuazione delle conseguenze che sono derivate dall’illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità se adeguatamente motivata” (da ultimo, Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 9985 del 10/04/2019Cass. Sez. 3, sent. 25 febbraio 2014, n. 4439, Rv. 630127-01; in senso analogo, tra le altre, Cass. Sez. 3, sent. 7 dicembre 2005, n. 26997, Rv. 587959- 01, fino a risalire al “leading case”, costituito da Cass. Sez. 3, sent. 20 ottobre 1962, n. 3061, Rv. 254512-01).

13. Ed invero nessuna censura, neanche sotto il diverso profilo dell’apparenza di motivazione, può muoversi nei confronti di una decisione da cui si evince una meticolosa e circostanziata ricostruzione della vicenda e un accorto inquadramento delle medesima nella cornice normativa e fattuale alla luce di quella diversamente proposta, il tutto sulla scorta delle allegazioni e delle risultanze probatorie acquisite nel giudizio di primo grado, confrontate con le dichiarazioni di un teste, ritenute non attendibili, e in particolare del verbale della Polstrada intervenuta sul luogo e della CTU cinematica, che i ricorrenti criticano senza riportare con quali prove, non esaminate dal giudice, poter diversamente ricostruire la dinamica dell’occorso.

14. Nella motivazione si è evidenziato, infatti, che, per un precedente incidente autonomo, a 500 m dall’uscita della galleria percorsa dal danneggiato sulla corsia di soprasso a velocità oltre la soglia consentita, si trovavano il camion Anas, con lampeggianti e luci rotanti accese, probabilmente anche un’auto della Polstrada, un mezzo di soccorso ACI e un’ambulanza, tutti veicoli muniti di segnalatori accesi, nonché, gli operatori Anas posizionati a distanza tra loro per segnalare l’incidente con fari luminosi in prossimità dell’uscita dei veicoli dalla galleria, nell’imminenza dell’occorso.

15. In base ai rilievi desumibili a mezzo di una CTU cinematica acquisita in sede di indagine penale, l’auto del danneggiato viaggiava sulla corsia di sorpasso a velocità eccessiva in orario notturno e su strada segnata da curve, oltre il limite di 80 km/h, mentre il camion Anas era fermo sul margine destro della carreggiata, a cavallo tra la prima e quella di sorpasso di cui occupava poche decine di centimetri, per soccorrere un veicolo incidentato.

L’auto effettuava una lunga frenata (con traccia di 34 m) spostandosi inspiegabilmente dalla corsia di sorpasso su cui viaggiava a quella di marcia occupata dal mezzo di soccorso ANAS, andando a collidere col muro di controripa su cui strisciava per otto metri per terminare la sua corsa sulla parte posteriore del mezzo Anas. Il forte impatto determinava un avanzamento di circa tre metri del veicolo urtato.

16. Quanto all’idoneità dei mezzi utilizzati dal personale Anas per segnalare la presenza del sinistro nell’immediatezza dell’occorso, la Corte territoriale ha rilevato l’assenza di normativa ad hoc sotto il profilo del comportamento da assumere nell’immediatezza del sinistro stradale, dovendo valutare le condizioni di criticità sussistenti in concreto.

Nel caso di specie, ha rilevato che dalla precisa indagine svolta in sede penale risultava che la squadra di intervento, intervenuta in poco tempo, era appena sopraggiunta sul luogo e non era dato rinvenire alcun profilo di negligenza della condotta degli addetti Anas, o una violazione di norme di prudenza, in considerazione della cadenza temporale dei fatti e della peculiarità del luogo che richiede massima prudenza in chi guida.

Peraltro, i segni di frenata iniziavano a una distanza di 365 m dalla fine della galleria dove, invece, si era posizionato il personale munito di torce e bandiere per segnalare l’incidente appena occorso, avvenuto a 500 metri di distanza dall’uscita della galleria: dunque, in un punto in cui il conducente dell’auto aveva già potuto avvedersi del pericolo, evidentemente non evitato in ragione dell’eccessiva velocità con cui viaggiava, risultando così ininfluente la presenza di segnalazioni prima della galleria e prevalente l’incidenza della perdita di controllo del mezzo da parte dell’autista.

Sicché l’evento è stato attribuito ad un momento di stanchezza dell’autista (era alla guida da circa otto ore) o comunque ad altra ragione che gli aveva fatto perdere il controllo del mezzo, vera causa dell’impatto unitamente al mancato rispetto della velocità massima consentita.

17. In sintesi, tutte le circostanze rilevanti del caso, esaminate dai giudici di merito con dovizia di particolari, e dunque non omesse, non sono state adeguatamente contrastate con l’indicazione di altre circostanze in grado di scalfire la motivazione resa.

18. Conclusivamente, la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti alle spese, liquidate di seguito sulla base delle tariffe vigenti e in favore di ANAS, oltre il pagamento del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, in via tra solo solidale, liquidate in €. 4.000,00, oltre €. 200,00 per spese, 15% di spese forfettarie e ulteriori oneri di legge a favore di ANAS s.p.a.;

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.