Incidente stradale, omissione di soccorso. Il video, agli atti e non preso in considerazione dai Giudici, scagionano il ricorrente. La Cassazione annulla senza rinvio perché il fatto non sussiste (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 30 settembre 2021, n. 35815).

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente

Dott. CENCI Daniele – Rel. Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella – Consigliere

Dott. TALERICO Palma – Consigliere

Dott. NARDIN Maura – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) VALTER nato a BORGONOVO VAL TIDONE il 11/07/19xx;

avverso la sentenza del 23/05/2019 della CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DANIELE CENCI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano il 23 maggio 2019, in parziale riforma della sentenza, appellata dall’imputato, con cui il Tribunale di Milano il 26 febbraio 2018, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto Valter (OMISSIS) responsabile del reato di omissione di soccorso stradale (art. 189, commi 1 e 7, del d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285), fatto commesso il 3 novembre 2010, condannandolo, con le attenuanti generiche, alla pena stimata di giustizia, condizionalmente sospesa, oltre al risarcimento dei danni alle parti civili, con assegnazione alle stesse di una provvisionale, con sospensione della parente di guida per la durata di un anno e sei mesi, invece ha dichiarato non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione ed ha rideterminato, riducendola, la misura del danno liquidato in via definitiva; ha, inoltre, disposto la trasmissione degli atti al Prefetto per quanto di competenza in ordine alla sanzione amministrativa.

2. Ricorre per la cassazione della sentenza Valter (OMISSIS), tramite difensore di fiducia, il quale, premesso di mantenere interesse all’impugnazione, in ragione delle gravi conseguenze derivanti dalla decisione, potendo la patente essere sospesa per lungo tempo dall’Autorità amministrativa, con conseguente perdita di un fondamentale strumento di lavoro, si affida a quattro motivi con i quali lamenta violazione di legge e vizio motivazionale.

2.1. In particolare, con il primo motivo (pp. 3-15 del ricorso) censura erronea applicazione dell’art 189, comma 7, del d.Igs. n. 285 del 1992 relativamente alla configurabilità del reato contestato, oltre che manifesta illogicità della motivazione in riferimento agli atti del processo ed alle prove assunte nel dibattimento.

Rammenta che una delle persone offese, la sig.ra (OMISSIS), dopo il lieve urto tra i due veicoli, uno dei quali condotto dall’imputato, mentre le parti stavano compilando il modulo di constatazione amichevole, pretese di indicare la presenza di feriti, nonostante che, ad avviso della difesa del ricorrente, non si manifestasse alcun segno o sintomo di ferite, sicché il sig. (OMISSIS) specificò che avrebbe chiamato immediatamente l’ambulanza, ma che, per tutta risposta, la donna, invece di accettare la proposta, chiamò le Forze di Polizia, così manifestando – si sottolinea – maggior interesse per gli aspetti legali della vicenda che non per quelli di salute.

Avendo l’imputato reiterato la proposta di chiamare l’ambulanza e dopo essere rimasto per circa mezz’ora in compagnia delle due donne, che, a suo avviso non mostravano alcun segno di ferita o di malessere fisico, lasso di tempo peraltro per metà documentato dal video delle telecamere di sorveglianza, documento acquisito agli atti e che la Corte di merito non ha in alcun modo valutato, decise di ripartire, comunque lasciando i propri dati alle signore.

La circostanza che le due donne non necessitassero di alcuna cura medica emerge dalle dichiarazioni rese dalle stesse signore (OMISSIS) e (OMISSIS) nel dibattimento di primo grado – che si riferiscono – non essendo mai stata la possibile gravidanza della figlia (peraltro in seguito esclusa) comunicata a (OMISSIS), non avendo le donne manifestato problemi e, soprattutto, avendo le stesse rifiutato il trasporto in ospedale, che era stato loro proposto dalla Polizia municipale con motivazioni disparate, quali la paura di morire in ospedale, il non saper dove parcheggiare l’auto, il dover pagare il biglietto del parcheggio e il non avere nessuno che poi le venisse a prendere in ospedale (affermazioni rese dalle due all’udienza del 21 giugno 2017 e puntualmente richiamate nel ricorso).

Le donne, dunque, la sera del 3 novembre 2010 hanno preferito percorrere i quaranta minuti di distanza dall’abitazione, per poi recarsi in ospedale soltanto il giorno dopo, alle ore 17.02, con “codice verde” di accettazione.

Il video della telecamera di sorveglianza dimostra – sottolinea il ricorrente – che per venti minuti il sig. (OMISSIS) è rimasto in compagnia delle due, che si comportavano normalmente, non mostravano segni di malessere, non vomitavano o altro ma telefonavano e camminavano, contrariamente a quanto erroneamente affermato dalla Corte d’appello (alla p. 1), cioè che la (OMISSIS) non sarebbe nemmeno scesa dall’auto.

Si sottolinea anche che il Pubblico Ministero aveva in un primo momento chiesto l’archiviazione del procedimento, con la motivazione che nell’immediatezza le donne non necessitavano di nessuna cura.

Inoltre, il consulente tecnico della difesa, dr. Marco (OMISSIS), ha sottolineato che il contenuto descrittivo del referto del pronto soccorso è privo di obiettività patologica.

Si tratta di circostanze emerse dall’istruttoria e puntualmente richiamate dalla difesa, anche nell’atto di appello, ma del tutto trascurate dai giudici di merito.

In sostanza, l’imputato non si sarebbe trovato in presenza di persone “ferite” nell’accezione di cui all’art 189 del codice della strada.

In ogni caso, l’imputato si è diligentemente fermato per mezz’ora ed ha cominciato a compilare il modello, fermandosi solo dinanzi alla richiesta delle controparti di indicare per iscritto la presenza di feriti di cui, però, non vi era manifestazione fenomenica, non già dell’ausilio, pur proposto alle donne, di un’ambulanza ed avendo comunque fornito i propri dati.

2.2. Con il secondo motivo (pp. 15-21 del ricorso) si denuncia promiscuamente erronea applicazione dell’art. 189, comma 7, del codice della strada e manifesta illogicità della motivazione quanto alla configurabilità in capo all’imputato dell’elemento soggettivo del dolo eventuale.

Alla stregua delle circostanze di fatto di cui si è detto al precedente motivo di ricorso, la situazione di disagio e di difficoltà delle vittime (di cui si legge alla p. 4 della sentenza impugnata) sarebbe del tutto insussistente.

Mancherebbe, in ogni caso, la concreta idoneità dell’incidente a produrre eventi lesivi, attesa la estrema modestia dell’impatto e le evidenze istruttorie, emergenti anche dalla videoripresa, ed all’uomo non sarebbe mai stato detto che la signora (OMISSIS) potesse essere incinta; difetterebbe anche la situazione di pericolo che imporrebbe la necessità del soccorso. Si richiamano al riguardo plurimi precedenti di legittimità stimati pertinenti.

2.3. Mediante l’ulteriore motivo (pp. 21-23 del ricorso) il ricorrente si duole della violazione dell’art. 131-bis cod. pen. in riferimento al mancato riconoscimento della causa di giustificazione del fatto di particolare tenuità.

Si sottolinea al riguardo la lieve entità dell’impatto tra i veicoli, la mancanza di evidenze di ferite o malesseri quanto alle due donne e la erroneità e contrarietà al vero di quanto afferma la Corte di appello, di avere cioè abbandonato le donne senza fornire loro i propri dati identificativi.

2.4. Infine, con l’ultimo motivo (pp. 23-24 del ricorso) si lamenta erronea applicazione della legge penale quanto alle statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata, non avendo le donne dimostrato di avere patito nessun danno, nemmeno solo per effetto del ritenuto allontanamento dal luogo del sinistro (come si legge alla p. 5 della sentenza impugnata), essendosi peraltro rifiutate di chiamare l’ambulanza, essendo tornate a casa guidando autonomamente ed essendosi solo il giorno dopo recate in ospedale, con diagnosi modeste, prive di obiettività patologiche, e prognosi assai contenute.

Si domanda, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.

3. Il P.G. della S.C. nelle conclusioni scritte del 24 aprile 2021 (ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, nella I. 18 dicembre 2020, n. 176) ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Il ricorso è fondato e deve essere accolto, per i seguenti motivi;

in particolare, risultano fondati i primi due motivi, con assorbimento degli ulteriori.

1.1. Dal sereno, complessivo e critico esame del contenuto delle sentenze di merito, dell’atto di appello e degli allegati al ricorso emerge quanto segue.

La Corte territoriale ha – senza svolgere giustificazione alcuna – omesso di prendere in considerazione l’elemento istruttorio documentale del video ripreso dalla telecamere di sorveglianza, confluito nel fascicolo (all’udienza del 21 giugno 2017) ed al quale si fa reiteratamente riferimento nell’atto di appello (alle pp. 3, 5, 9-10, 15-15), video dal quale emergerebbe – in tesi difensiva – che per ben venti minuti dopo l’urto tra le due automobili l’imputato è rimasto in compagnia delle signore (OMISSIS) e (OMISSIS), che le due si comportavano in maniera normale, che non mostravano segni evidenti di malessere o di disturbi e che, scese entrambe dall’auto, camminavano normalmente e telefonavano.

Ed è agevole rilevare come, ove avessero esaminato il contenuto dell’indicato documento video, i giudici di merito avrebbero potuto cognita causa confrontare il comportamento effettivamente tenuto dalle donne con l’asserzione secondo cui la sig.ra (OMISSIS) non sarebbe nemmeno scesa dall’auto (asserzione che si rinviene alla p. 1 della sentenza impugnata, così come già alla p. 3 di quella di primo grado) e trarne le necessarie conseguenze quanto alla credibilità della relativa dichiarazione.

Inoltre, la visione del documento – si ribadisce, inspiegabilmente omessa – avrebbe consentito di valutare compiutamente la rilevanza di ulteriori censure difensive, già svolte in appello e ritualmente riproposte ‘tramite ricorso, relative alla significatività delle plurime, disparate motivazioni opposte dalle donne alla proposta loro avanzata della Polizia municipale nell’immediatezza dell’intervento di recarsi subito in ospedale e riferite all’udienza del 21 giugno 2017 (paura di morire in ospedale, timore di non trovare parcheggio nei pressi dello stesso, preoccupazione per dover pagare il biglietto del parcheggio e per non avere nessuno che poi le venisse a prendere all’uscita dall’ospedale), anche in relazione alla – non lineare – scelta di recarsi in ospedale autonomamente e solo il giorno dopo (cfr. p. 5 della sentenza impugnata e p. 3 di quella di primo grado), con valutazione “codice verde” di accettazione e con referto di uscita privo di obiettività patologica (se ne dà atto alla p. 4 della sentenza del Tribunale), ulteriori circostanze fattuali positivamente emerse nell’istruttoria, valorizzate dalla difesa nell’impugnazione di merito e non tenute in alcuna considerazione dai decidenti.

Ancora: l’esame del contenuto del video avrebbe anche consentito di attribuire credibilità o meno alla versione dell’imputato – elemento istruttorio confluito nel processo e del quale il giudice ha il dovere di tenere conto, così come degli altri – secondo cui le donne pretendevano (ingiustamente, secondo Valter (OMISSIS)) che si inserisse nel modello di constatazione amichevole la presenza di feriti, pur non emergendo danni alle persone visibili; ed i giudici di merito avrebbero anche potuto attribuire significatività – o meno – ad una circostanza fattuale prima dedotta dalle donne ma poi “uscita di scena” e, comunque, non comunicata all’imputato (secondo la trascrizione dell’udienza del 21 giugno 2017), cioè il sospetto di un gravidanza in una delle due, circostanza di cui pure il giudice di primo grado dà espressamente atto (alla p. 3).

In sostanza, la sentenza impugnata risulta affetta dal vizio di travisamento della prova per omissione, deducibile in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., vizio che è configurabile quando manchi la motivazione in ordine alla valutazione di un elemento probatorio acquisito nel processo e potenzialmente decisivo ai fini della decisione (come puntualizzato di recente, tra le altre, da Sez. 6, n. 8610 del 05/02/2020, P., Rv. 278457).

1.2. Per contro, deve osservarsi come la complessiva e ponderata valutazione critica delle emergenze istruttorie di cui danno atto i giudici di merito, alla stregua delle argomentazioni svolte dal ricorrente, fa emergere la ricorrenza delle condizioni per una pronuncia di annullamento senza rinvio, per insussistenza del fatto, in ragione della emersa mancanza, a seguito del modesto incidente automobilistico, di uno stato di pericolo o anche di mera difficoltà o comunque di una situazione di bisogno, non meramente asseriti, delle pretese persone offese: emergono cioè circostanze che avrebbero imposto all’evidenza alla Corte di appello, quale mera “constatazione”, cioè presa d’atto, la necessità di assoluzione da pronunciarsi ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., pur in presenza della maturata prescrizione, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite (Sez. U., n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274-01: «In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi“, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento», insegnamento costantemente seguito dalle Sezioni semplici successive (v., ex plurimis, Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013, Rizzo e altro, Rv. 256202; Sez. 1, n. 43853 del 24/09/2013, Giuffrida, Rv. 258441; Sez. 6, n. 10284 del 22/01/2014, Culicchia, Rv. 259445) ed al quale occorre dare convintamente continuità.

2. Discende, dunque, la statuizione in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Così deciso il 12/05/2021.

Depositato in Cancelleria il 30settembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.