Ipoteca di Equitalia nulla senza il preventivo avviso. (Corte di Cassazione Civile, sez. VI, sentenza 12.05.2016, n. 9797).

…, omissis …
Sentenza

sul ricorso 19421-2014 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS), in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA N. 403, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA FIORINI, rappresentata e difesa dall’avvocato IVANA CARSO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI STEFANI’ giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2317/2014 del TRIBUNALE di BARI del 5/05/2014, depositata il 09/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/04/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato Ivana Carso difensore della ricorrente che si riporta agli scritti.

Svolgimento del processo

1.- Con la sentenza depositata in data 9 maggio 2014 il Tribunale di Bari, pronunciando sull’opposizione proposta da A.M. nei confronti di Equitalia Sud S.p.A. avverso l’iscrizione di ipoteca su immobili di proprietà dell’opponente, effettuata dall’Agente per la Riscossione ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, ha accolto l’opposizione, dichiarando la nullità dell’iscrizione ipotecaria esattoriale eseguita in data 12 maggio 2010 RG 22762 RP 4787 ed ordinando la cancellazione; ha condannato l’opposta Equitalia Sud S.p.A. al pagamento delle spese del grado.

2.- La sentenza è impugnata da Equitalia Sud S.p.A. con tre motivi di ricorso.

L’intimato A.M. si difende con controricorso e memoria.

Motivi della decisione

3.- Col primo motivo è dedotta “violazione e falsa applicazione dell’art. 617 c.p.c., in combinato disposto con la L. n. 742 del 1969, art. 3 e R.D. n. 12 del 1941, art. 92. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, come richiamato dall’art. 360 c.p.c., u.c.. Nullità del procedimento. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, come richiamato dall’art. 360 c.p.c., u.c.”.

Con questo motivo, la ricorrente prende le mosse dalla qualificazione di opposizione agli atti esecutivi che il giudice a quo ha dato espressamente all’azione dell’ A. – volta a far valere l’invalidità dell’iscrizione ipotecaria dell’Agente per la riscossione perchè non preceduta dall’intimazione ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50 nè da altra comunicazione diretta al contribuente/debitore.

Da ciò la ricorrente fa discendere l’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, ma anche la censura -sviluppata nell’illustrazione del motivo- della tardività dell’opposizione all’iscrizione ipotecaria perchè proposta dall’ A. oltre il termine di venti giorni di cui all’art. 617 cod. proc. civ..

2.- Il ricorso straordinario è ammissibile.

In effetti, il giudice ha espressamente qualificato l’opposizione proposta dall’ A. come opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ..

Allora, ai fini della delibazione sull’ammissibilità del ricorso straordinario va applicato l’orientamento, oramai univocamente seguito da questa Corte per il quale l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata facendo esclusivo riferimento alla qualificazione data dal giudice all’azione proposta, con il provvedimento impugnato, a prescindere dalla sua esattezza e dalla qualificazione dell’azione data dalla parte, in base al principio dell’apparenza, e tanto al fine di escludere che la parte possa conoscere ex post, ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile.

Ne consegue che, nel caso di sentenza emessa in sede di opposizione in materia esecutiva, la stessa è impugnabile con l’appello, se l’azione è stata qualificata come opposizione all’esecuzione (fatto salvo il periodo di vigenza dell’art. 616, u.c., ult.inc., abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 49, comma 2), mentre è esperibile il ricorso per cassazione, qualora l’azione sia stata definita come opposizione agli atti esecutivi (così già Cass. n. 26294/07 e ord. n. 30201/08, ord. n. 2261/10, nonchè Cass. S.U. n. 390/11 e Cass. ord. n. 171/12).

2.1.- Pur essendo ammissibile, tuttavia nel merito la censura non può essere accolta, in ragione delle considerazioni che seguono.

Sulla natura dei provvedimenti, disciplinati, rispettivamente, dall’art. 77 (cui d’ora in poi dovrà intendersi fatto ogni riferimento a proposito dell'”ipoteca”) e dall’art. 86 (cui d’ora in poi dovrà intendersi fatto ogni riferimento a proposito del “fermo”) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 le decisioni sia delle sezioni semplici che delle sezioni unite di questa Corte, nel corso del tempo, non sono state univoche.

Di recente, le sezioni unite si sono pronunciate in merito alla natura del fermo e, conseguentemente, in merito ai rimedi esperibili da parte del destinatario che intenda contestarne l’iscrizione.

Con l’ordinanza 22 luglio 2015 n. 15354, hanno affermato il principio di diritto che risulta dalla seguente massima ufficiale: “il fermo amministrativo di beni mobili registrati ha natura non già di atto di espropriazione forzata, ma di procedura a questa alternativa, trattandosi di misura puramente affiliava volta ad indurre il debitore all’adempimento, sicchè la sua impugnativa, sostanziandosi in un’azione di accertamento negativo della pretesa creditoria, segue le regole generali del rito ordinario di cognizione in tema di riparto della competenza per materia e per valore”.

L’ordinanza non si pronuncia ex professo sulla natura dell’iscrizione ipotecaria, ma, sul punto, richiama il precedente di cui all’altrettanto recente sentenza n. 19667 del 18 settembre 2014 delle sezioni unite (sulla quale si tornerà trattando dei restanti due motivi di ricorso). Queste ultime hanno escluso che l’iscrizione ipotecaria costituisca atto dell’espropriazione forzata, configurandola in termini di procedura ad essa alternativa.

La conclusione raggiunta da entrambi i precedenti è quella per la quale sia l’ipoteca che il fermo sono estranei all’espropriazione forzata, in quanto atti di una procedura alternativa a quest’ultima.

Sebbene il fermo venga definito “misura puramente afflittiva”, ne è palese la funzione (anche) di garanzia, pur se non in senso tecnico- giuridico come è, invece, per l’ipoteca.

L’ordinanza n. 15354/2015 si occupa, inoltre, della questione consequenziale a quella dell’individuazione della natura delle misure in esame, concernente il rimedio esperibile dal destinatario che intenda contestare la legittimità dell’iscrizione fatta ai suoi danni.

Si legge nella motivazione che il fermo di beni mobili registrati “deve ritenersi impugnabile secondo le regole del rito ordinario di cognizione e nel rispetto delle norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore, configurandosi, la corrispondente iniziativa giudiziaria, come un’azione di accertamento negativo della pretesa dell’esattore di eseguire il fermo, in cui al giudice adito sarà devoluta la cognizione sia della misura che del merito della pretesa creditoria”.

Va sottolineato che il principio di diritto è stato affermato nel presupposto che l’individuazione del rimedio esperibile sia conseguenza della natura del provvedimento censurato e non della natura della contestazione mossa dalla parte impugnante e/o del tipo di vizio da questa dedotto.

Tenendo conto di ciò, il collegio ritiene che dal principio appena enunciato debba essere tratto il corollario per il quale, essendo anche l’ipoteca, così come il fermo, una misura estranea all’espropriazione forzata, nè l’una nè l’altro vanno contestati dinanzi al giudice ordinario con i rimedi delle opposizioni esecutive.

Pertanto, va altresì escluso che sia qualificabile come opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., comma 1 o comma 2, la contestazione che il debitore faccia della regolarità formale dell’iscrizione dell’ipoteca. In tutti i casi in cui la parte attrice chieda la cancellazione dell’iscrizione dell’ipoteca o del fermo (ovvero, secondo altra terminologia, l’annullamento dell’uno o dell’altro di questi provvedimenti), l’iniziativa giudiziaria va qualificata come “azione di accertamento negativo della pretesa dell’esattore di eseguire il fermo”, secondo quanto si legge nella su riportata ordinanza, ovvero azione di accertamento negativo della pretesa dell’esattore di iscrivere l’ipoteca, non soggetta ad alcun termine decadenziale (così, di recente, Cass. n. 24234/15, nonchè Cass. 25745/15, citata nella memoria del resistente).

Nel caso di specie, è perciò inapplicabile il regime processuale speciale dettato dagli artt. 617 e 618 cod. proc. civ. per i giudizi di opposizione agli atti esecutivi, invocato dalla ricorrente.

Il primo motivo che su di esso si fonda va perciò rigettato.

3.- Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 77 in combinato disposto con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, al fine di censurare la sentenza impugnata che ha ritenuto la nullità dell’iscrizione ipotecaria eseguita nei confronti dell’opponente, qui resistente, perchè non preceduta dall’intimazione di pagamento di cui all’art. 50, comma 2, del detto D.P.R..

3.1.- Col terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 4. Violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, artt. 21 septies e 21 octies, al fine di censurare un’ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata, in base alla quale l’ipoteca è stata annullata perchè comunque l’Agente della riscossione non ha adempiuto all’obbligo di comunicare all’interessato, unitamente alla comunicazione dell’avvenuta iscrizione ipotecaria, i termini e le modalità con cui proporre opposizione.

4.- I motivi vanno trattati congiuntamente perchè le questioni che entrambi pongono sono state risolte dalla già richiamata sentenza a Sezioni Unite n. 19667 del 18 settembre 2014.

Con questa sono stati enunciati i seguenti due principi di diritto: “L’iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77 non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, sicchè può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell’intimazione di cui all’art. 50, comma 2, del D.P.R. n. 602 cit., la quale è prescritta per l’ipotesi in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento”;

“In tema di riscossione coattiva delle imposte, l’Amministrazione finanziaria prima di iscrivere l’ipoteca su beni immobili ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77 (nella formulazione vigente “ratione temporis”), deve comunicare al contribuente che procederà alla suddetta iscrizione, concedendo al medesimo un termine – che può essere determinato, in coerenza con analoghe previsioni normative (da ultimo, quello previsto dall’art. 77, comma 2 bis, del medesimo D.P.R., come introdotto dal D.L. 14 maggio 2011, n. 70, conv. con modif. dalla L. 12 luglio 2011, n. 106), in trenta giorni per presentare osservazioni od effettuare il pagamento, dovendosi ritenere che l’omessa attivazione di tale contraddittorio procedimentale comporti la nullità dell’iscrizione ipotecaria per violazione del diritto alla partecipazione al procedimento, garantito anche dagli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea, fermo restando che, attesa la natura reale dell’ipoteca l’iscrizione mantiene la sua efficacia fino alla sua declaratoria giudiziale d’illegittimità.”.

4.1.- Consegue all’applicazione di questo secondo principio il rigetto del terzo motivo di ricorso, in quanto la decisione impugnata è più che coerente con l’orientamento ivi espresso dalle Sezioni Unite, avendo annullato l’iscrizione ipotecaria perchè non accompagnata da comunicazione al contribuente/soggetto debitore – laddove, addirittura, l’adempimento richiesto avrebbe dovuto essere, secondo le Sezioni Unite, quello di una comunicazione preventiva.

Se il mancato invio di questa comporta la nullità dell’iscrizione ipotecaria, è corretta in diritto la sentenza che l’ha dichiarata, dando conto della mancanza sia di comunicazione preventiva che di comunicazione successiva.

Il terzo motivo di ricorso va perciò rigettato.

4.2.- Il rigetto del terzo motivo comporta la carenza di interesse ad impugnare relativamente alla questione posta col secondo motivo.

Il secondo motivo è, infatti, riferito ad un’ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata, che il tribunale ha individuato nel mancato invio dell’intimazione ad adempiere di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50. Orbene, pur essendo statuizione rispetto alla quale le ragioni della ricorrente risultano fondate (proprio alla luce del primo dei principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite, sopra riportato), è tuttavia decisiva la notazione circa il fatto che si tratta di un’ ulteriore ragione della decisione (oltre quella di cui si è detto sopra circa la mancanza di comunicazione).

La decisione è unica ed è quella di accoglimento dell’opposizione proposta dalla parte destinataria dell’iscrizione ipotecaria, del conseguente annullamento dell’iscrizione e dell’ordine della sua cancellazione.

Questa decisione resterebbe ferma anche se si accogliesse il motivo concernente l’insussistenza dell’obbligo dell’esattore di inviare l’intimazione di pagamento D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 50.

Si tratterebbe comunque di un’iscrizione ipotecaria da annullare per difetto di comunicazione (preventiva e/o successiva). Allora va fatta applicazione del principio, più volte affermato da questa Corte, per il quale “Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa” (così Cass. n. 2108/12 e numerose altre).

Il secondo motivo è perciò inammissibile.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Poichè il rigetto si fonda su due pronunce delle Sezioni Unite di questa Corte intervenute dopo la proposizione del ricorso, a dirimere questioni di contrasto decisive ai fini della delibazione del ricorso medesimo, si ritiene che sussistano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2016.