REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
Luca Ramacci – Presidente –
Antonella Di Stasi – Consigliere –
Alberto Galanti – Relatore –
Ubalda Macri – Consigliere –
Fabio Zunica – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(omissis) (omissis), nato a Catania il xx/xx/19xx;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania del 22/09/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alberto Galanti;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Dr. Ferdinando Lignola, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 22/09/2023, il Tribunale di Catania rigettava l’istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione impartito con la sentenza n. 466/2008 da parte del Tribunale di Catania, Sez. St. Mascalucia, irr. 22/03/2010.
2. Avverso il provvedimento ricorre l’imputato.
2.1. Con il primo motivo lamenta che il Tribunale ha respinto la tesi difensiva secondo cui la demolizione della sopraelevazione abusiva avrebbe pregiudicato la statica dell’intero immobile.
Il Tribunale fa riferimento ad una nota del Comune di San Giovanni La Punta, che attesterebbe l’annullamento della SCIA presentata dal ricorrente, ma tale documento è sconosciuto.
2.2. Con il secondo motivo lamenta come incomprensibile l’affermazione secondo cui non è possibile conoscere la data di rilascio di ulteriori provvedimenti autorizzatori.
2.3. Con il terzo motivo, lamenta che il Tribunale ha negletto la tesi difensiva del pericolo per la stabilità dell’immobile in caso di demolizione, ritenendo inaffidabile la CTP dell’imputato.
La sentenza è incorsa in vizio di motivazione avendo letto erroneamente l’allegato tecnico della relazione.
Lamenta altresì che la Corte non ha accertato in concreto se la demolizione potrebbe nuocere alle esigenze abitative del ricorrente e del suo nucleo familiare (gli anziani genitori che vivono al primo piano).
2.4. Con il quarto motivo lamenta come il Tribunale erroneamente non abbia tenuto conto delle sommarie informazioni testimoniali rese dal ricorrente, in cui lo stesso evidenziava di non avere alternative abitative e di avere gli anziani genitori a carico.
Il Tribunale avrebbe violato il principio di proporzionalità, omettendo di considerare la possibilità che la demolizione della sopraelevazione potesse portare danni strutturali all’intero immobile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. In primo luogo si osserva come la giurisprudenza di questa Corte (v., ex plurimis, Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Rv. 263541 – 01; Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, Rv. 264535 – 01) abbia chiarito che il ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., ha l’onere – sanzionato a pena di a-specificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso – di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dai motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio.
La tipizzazione dei possibili motivi di ricorso indicati dall’art. 606, comma 1, c.p.p. (i quali costituiscono, a differenza di quelli di appello, un numerus clausus, a presidio del quale l’art. 606, comma 3, c.p.p. commina fa sanzione della inammissibilità per i « motivi diversi da quelli consentiti dalla legge ») comporta che il generale requisito della specificità si moduli, in relazione alla impugnazione di legittimità, in un senso particolarmente rigoroso e pregnante, sintetizzabile attraverso il già adoperato riferimento alla «duplice specificità» (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013), essendo onere del ricorrente argomentare anche la sussunzione della censura formulata nella specifica previsione. normativa alla stregua della tipologia dei motivi di ricorso tassativamente stabiliti dalla legge.
I motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, ed in quanto tali, non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento a un medesimo segmento dello sviluppo argomentativo che sorregge la decisione impugnata: i vizi della motivazione si pongono, infatti, in rapporto di alternatività, ovvero di reciproca esclusione, posto che — all’evidenza — la motivazione se manca, non può essere, al tempo stesso, né contraddittoria, né manifestamente illogica e, per converso, la motivazione viziata non è motivazione mancante; infine, il vizio della contraddittorietà della motivazione (introdotto dall’art. 8 I. n. 46 del 2006, che ha novellato l’art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p.) è specificamente connotato rispetto alla manifesta illogicità.
In conclusione, si è ritenuto che la promiscua mescolanza dei motivi di ricorso, se cumulati e rubricati indistintamente, rende l’impugnazione assolutamente aspecifica.
Il principio, che esprime un obbligo generali di precisione nella formulazione dei motivi di ricorso, vale a fortiori nel caso in esame, in cui il ricorrente ha omesso perfino di indicare a quali, tra i motivi consentiti a norma dell’articolo 606 cod. proc. pen., abbia fatto ricorso: nel primo motivo si parla, genericamente, di violazione del diritto di difesa, facendo riferimento a «sconosciuta» una nota del Comune (i cui estremi – 38745 del 13/09/2023 – sono invece indicati nel provvedimento impugnato); nel secondo motivo si parla – ad esempio – di motivazione «incomprensibile»; nel quarto motivo di «lettura disattenta».
L’unica apparente eccezione è costituita dal terzo motivo, in cui si dà cenno, ma solo in narrativa, di un vizio di motivazione, che tuttavia si specifica essere consistito nella «erronea» sminuizione dei contenuti della consulenza tecnica di parte, ossia un vizio non deducibile in cassazione, fase processuale in cui il vizio di motivazione è denunciabile solo in caso di «manifesta» illogicità, contraddittorietà e travisamento della prova. Il ricorso è quindi inammissibile per difetto di specificità.
3. In ogni caso, il Collegio evidenzia come il ricorso sia anche manifestamente infondato, avendo il giudice dell’esecuzione chiaramente spiegato che le opere abusive non risultano sanate, per essere stata la SCIA presentata dagli interessati annullata dall’amministrazione comunale, ed avendo motivatamente respinte le questioni che riguardano la dedotta impossibilità tecnica di demolire ed il diritto all’abitazione con motivazione scevra da vizi (come evidenziato dal Procuratore generale, l’ordinanza impugnata esclude che sia stata dimostrata l’impossibilità per il ricorrente di ricorrere ad altra soluzione abitativa ed esclude anche che la porzione di immobile abusivo sia abitata; rispetto a ciò viene allegato un verbale di sommarie informazioni rese dal ricorrente che non possono essere valutate in sede di legittimità; non viene, poi, neppure genericamente allegato alcunché in riferimento alla condizione urbanistica dell’area nella quale grava l’immobile abusivo, all’inadeguatezza dei redditi dell’indefinito nucleo familiare, alla impossibilità di ottenere un alloggio popolare o comunque una sistemazione alternativa, alla richiesta di alloggi popolari).
4. Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2024.