La Cassazione conferma il sequestro preventivo per il traffico di influenze illecite durante la pandemia da coronavirus (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 23 settembre 2021, n. 35280).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente –

Dott. ROSATI Martino – Consigliere –

Dott. VIGNA Maria Sabina – Consigliere –

Dott. DE AMICIS Gaetano – Rel. Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Benotti Mario, nato il 22/11/19xx a (OMISSIS);

avverso la ordinanza del 10/03/2021 del Tribunale di Roma;

esaminati gli atti e letti il ricorso e la ordinanza impugnata;

udita la relazione del Consigliere, Dott. Gaetano De Amicis;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Olga Mignolo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

uditi i difensori, avvocati Salvino Mondello e Giuseppe Ioppolo, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 marzo 2021 il Tribunale del riesame di Roma ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 12 febbraio 2021 nei confronti di Mario Benotti, indagato, in concorso con altre persone, per il reato di cui agli artt. 61- bis, 110, 112 e 346-bis cod. pen. commesso in Roma tra il mese di marzo e quello di luglio del 2020, sequestro che ha avuto ad oggetto i saldi attivi esistenti sui rapporti finanziari o bancari nella sua titolarità, sino alla concorrenza dell’importo di euro 872.000,00, quale parte del prezzo dell’indicata ipotesi di reato.

1.1. Si contesta all’indagato di avere svolto un’attività di mediazione illecita, al di fuori di qualsiasi ruolo istituzionale o professionale, ma basata esclusivamente sul suo rapporto di conoscenza personale con Domenico Arcuri, commissario nazionale per l’emergenza epidemiologica da “Covid-19”, in ordine alle commesse di fornitura di 801.617.647 dispositivi di protezione individuali (mascherine di tipo chirurgico, FFP2 e FFP3), ordinati dal commissario straordinario nel periodo ricompreso tra il 25 marzo 2020 ed il 15 aprile 2020 per il prezzo complessivo di euro 1.251.500.500 a tre società cinesi individuate attraverso l’intermediazione di Andrea Vincenzo Tommasi – titolare della società “Sunsky s.r.l.” – che agiva a sua volta di concerto con altre persone (Daniele Guidi e Solis San Andres Jorge Edisson, amministratore di fatto di una società, “Guernica s.r.t.”, formalmente intestata alla figlia).

Secondo la prospettazione del tema d’accusa enucleato in sede cautelare, il Tommasi ed il Solis avrebbero ricevuto dalle società cinesi, a titolo di provvigione per l’attività di agenzia da loro svolta, somme di denaro sui conti correnti intestati alle rispettive società, mentre il Benotti avrebbe percepito, sui conti correnti intestati a società a lui riferibili, l’importo di euro 11.948.852, materialmente corrisposto dalle tre società cinesi alle quali il Tommasi avrebbe dato l’incarico di accreditare, detraendolo dalla provvigione a lui dovuta, il compenso promesso al Benotti per l’illecita opera di mediazione da lui prestata.

2. Avverso la richiamata decisione hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di fiducia del Benotti, deducendo, con un primo motivo, violazioni della legge processuale e di quella penale con riferimento agli artt. 266, 271 cod. proc. pen. e 61-bis cod. pen.

Sotto il primo profilo si censura l’erroneo rigetto dell’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali sulle cui risultanze l’ordinanza impugnata ha fondato il suo tessuto argomentativo, in quanto disposte nell’ambito del medesimo procedimento, ma in relazione ad un reato diverso e più grave – quello di corruzione originariamente iscritto a carico degli indagati – rispetto a quello di cui all’art. 346-bis cod. pen., per la cui prova sono state invece utilizzate: i relativi risultati, dunque, non potevano dirsi inerenti al “medesimo fatto”, atteso il principio di diritto al riguardo stabilito dalla decisione delle Sezioni unite penali n. 51 del 2020 (ric. Cavallo), né il reato ipotizzato rientra, peraltro, fra quelli che consentono, ai sensi dell’art. 266, lett. b), cit. l’ammissibilità delle intercettazioni.

Sotto il secondo profilo, inoltre, si censura la configurabilità dell’ipotizzata aggravante della transnazionalità di cui all’art. 61-bis cod. pen., la cui contestazione comporterebbe, in ogni caso, l’applicazione di una pena edittale tale da superare la soglia richiesta dall’art. 266 cit. per la legittima autorizzazione delle intercettazioni medesime.

2.1. Con un secondo motivo si deducono, inoltre, violazioni di legge con riferimento alla sussistenza della gravità indiziaria per il delitto di cui all’art. 346- bis cod. pen., avendone l’ordinanza impugnata erroneamente ravvisato gli elementi costitutivi senza considerare che, nel caso in esame, non fu il Tommasi – preteso committente – a chiedere al Benotti – quale ipotizzato trafficante – di attivarsi preso l’Arcuri in vista del compimento di un affare, ma fu lo stesso Arcuri a chiedere al Benotti di attivarsi per la ricerca dei dispositivi di protezione contro la propagazione del contagio.

L’interesse alla fornitura, dunque, fu successivo alla richiesta dell’Arcuri al Benotti, di individuare, in un momento di emergenza per il Paese, dei canali di fornitura di mascherine, mentre solo a seguito della effettiva individuazione di tali possibili canali vennero strutturate tre offerte economiche agli uffici del Commissario straordinario, che ne valutarono i profili di convenienza ed utilità. Il pagamento delle provvigioni da parte dei fornitori cinesi, peraltro, avvenne solo dopo l’esecuzione dei contratti e non anteriormente alle offerte, trovando la sua causa non certo nella remunerazione della pretesa influenza illecita, ma nell’adempimento delle prestazioni contrattuali.

2.2. L’ordinanza impugnata, inoltre, avrebbe erroneamente ravvisato l’illiceità del fatto non tanto nell’accordo prodromico che sarebbe intervenuto fra il Benotti e il Tommasi, quanto invece nel comportamento successivamente tenuto dal commissario straordinario, che sarebbe addivenuto alla stipula dei contratti privilegiando l’offerta dei fornitori cinesi veicolata dal Tommasi, cui anche il Benotti sarebbe stato a sua volta interessato grazie all’attività di persuasione svolta nei confronti dell’Arcuri: in tal modo, tuttavia, l’ordinanza impugnata ha individuato l’illiceità del fatto nella condotta costitutiva di un reato diverso da quello sussumibile nell’art. 346-bis cod. pen., ovvero nel preteso uso distorto dei poteri da parte del commissario straordinario, che in violazione del principio di imparzialità avrebbe prescelto l’offerta veicolata dal Tommasi e dal Benotti.

Difetta peraltro, ad avviso del ricorrente, l’elemento patrimoniale del conseguimento dell’utilità come prezzo del reato, atteso che il pagamento del denaro è avvenuto a titolo di provvigione, la cui entità è stata parametrata sul volume delle forniture effettivamente operate in esecuzione dei contratti con la struttura commissariale e successivamente alla loro conclusione.

A tal riguardo si evidenzia, infine, che l’indagato venne retribuito non dalla struttura commissariale, ma dai fornitori cinesi, che su disposizione del Tommasi versarono una quota della provvigione corrisposta a quest’ultimo (pari a circa il 20%) alle società del Benotti.

CONSIDERATO DI DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni di seguito indicate.

2. In ordine al primo motivo deve rilevarsi l’infondatezza delle relative censure, atteso che, tema di intercettazioni, il principio secondo cui l’utilizzabilità delle intercettazioni per un reato diverso, connesso con quello per il quale l’autorizzazione sia stata concessa, è subordinata alla condizione che il nuovo reato rientri nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen., non si applica ai casi in cui lo stesso fatto-reato per il quale l’autorizzazione è stata concessa sia diversamente qualificato in seguito alle risultanze delle captazioni (Sez. 6, n. 23148 del 20/01/2021, Bozzini, Rv. 281501; v., inoltre, Sez. 1, n. 12749 del 19/03/2021, Cusumano, Rv. 280981).

Nel ricorrere di tale evenienza, infatti, non v’è alcuna elusione del divieto posto dall’art. 270 cod. proc. pen., avuto riguardo all’intervenuta legittima autorizzazione dell’intercettazione e alla modifica dell’addebito solo per sopravvenuti fisiologici motivi, legati alla naturale evoluzione del procedimento.

Sotto altro, ma connesso profilo, deve poi rilevarsi l’aspecificità di formulazione delle su indicate doglianze, atteso che il ricorrente, pur a fronte delle numerose emergenze indiziarie indicate nel provvedimento impugnato (documenti, intercettazioni telefoniche ed ambientali, dichiarazioni di indagati), non ha assolto l’onere di precisare quale sia la concreta incidenza dell’eccepita causa di inutilizzabilità sull’intero assetto della motivazione, sì da potersene inferire la necessaria connotazione di decisività con riferimento al complessivo compendio indiziario già valutato dai Giudici di merito (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243416).

2.1. Le connesse questioni dal ricorrente prospettate in ordine alla configurabilità dell’ipotizzata aggravante della transnazionalità di cui all’art. 61-bis cod. pen. devono pertanto ritenersi, allo stato, logicamente assorbite.

3. Parimenti infondato deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, avendo l’ordinanza impugnata congruamente indicato una serie di elementi ritenuti, allo stato, sintomatici dell’astratta configurabilità dell’ipotizzata fattispecie criminosa, quale requisito essenziale per l’applicabilità della su indicata misura cautelare reale.

Sulla base del complesso delle emergenze indiziarie puntualmente richiamate nella motivazione, il Tribunale ha posto in rilievo le circostanze di fatto relative allo sfruttamento, da parte dell’indagato, del suo stretto e risalente rapporto di conoscenza con l’Arcuri – preesistente alla nomina di quest’ultimo a commissario straordinario – al fine di privilegiare il Tommasi e le altre persone su menzionate nella procedura di acquisto di mascherine dalle tre società cinesi con le quali i predetti coindagati erano già in contatto, evidenziando in particolare:

a) che l’esistenza di tale rapporto confidenziale era ben conosciuta dal Tommasi, il quale in uno scambio di messaggi intercorso in data 11 marzo 2020 aveva commentato con il Benotti l’imminente nomina dell’Arcuri quale commissario straordinario (formalmente avvenuta il 18 marzo 2020);

b) che già prima della richiamata data dell’Il marzo 2020 il Benotti aveva fatto riferimento, nelle sue interlocuzioni con il Tommasi, alla conoscenza dell’Arcuri, affermando di aver contribuito alla stesura del su decreto di nomina dando alcuni suggerimenti al riguardo;

c) che l’accordo raggiunto fra il Benotti e gli altri coindagati al fine di sfruttare il periodo dell’emergenza sanitaria e le relative possibilità di concludere affari legati alla fornitura delle mascherine grazie al canale preferenziale di accesso rappresentato dallo stesso Benotti risaliva, quanto meno, ai primi giorni del mese di marzo, tanto che il Tommasi – rappresentante legale di una società (“Sunsky” s.r.I.) operante in un settore del tutto diverso, quale partner di imprese industriali ed enti governativi per l’offerta di servizi, consulenza e prodotti in tema di sicurezza e difesa – già in data 10 marzo 2020 aveva ricevuto da una società cinese l’incarico di prestare in suo favore attività di consulenza ai fini della promozione e vendita di dispositivi medici prodotti o commercializzati da tale società;

d) che per l’intervento prestato il Benotti fu remunerato da tre società cinesi attraverso una serie di bonifici disposti su conti correnti, appositamente aperti, di due società a lui riconducibili;

e) che fu lo stesso Tommasi a dare l’ordine alle società cinesi di provvedere al versamento in favore del Benotti di una porzione della cospicua provvigione a lui spettante, atteso che i contratti stipulati dal Tommasi con le predette società prevedevano la possibilità di trasferire una parte del suo compenso ad una cooperation company, indicando a tale scopo proprio le due società del Benotti, che nessun rapporto diretto avevano intrattenuto con quelle;

f) che la somma di denaro che il Tommasi da subito si era impegnato a corrispondere al Benotti detraendola dal complessivo importo della sua provvigione costituiva una remunerazione per l’attività di intermediazione da lui direttamente prestata (attraverso innumerevoli contatti telefonici – 1.282 – intercorsi con l’Arcuri nel periodo ricompreso fra il mese di gennaio e quello di maggio 2020) per averlo “introdotto nell’affare”;

g) che l’elevato ammontare dell’importo della quota riconosciuta al Benotti venne pattuito quando non era ancora conosciuto l’esito della sua opera di intermediazione;

h) che gli accordi raggiunti fra la società del Tommasi e quelle riconducibili al Benotti erano precedenti alla stipula dei contratti di fornitura tra le società cinesi aggiudicatarie e il Governo italiano;

i) che nessun incarico formale era stato conferito al Benotti;

I) che, analogamente a quanto già rilevato per la società “Sunsky”, anche la società “Microproducts IT” s.r.l. riferibile al Benotti, in favore della quale vennero effettuati i bonifici per le relative provvigioni (d’importo non coerente con i fatturati degli anni precedenti), svolgeva la sua ordinaria attività in un settore del tutto diverso, relativo all’offerta di servizi di ricerca e sviluppo nel campo delle scienze naturali e dell’ingegneria;

m) che dell’esistenza dei contatti avvenuti fra il Benotti, il Tommasi e gli altri, l’Arcuri non risultava essere stato messo a conoscenza.

Pur non essendo previsto, al riguardo, l’avvio di procedure di evidenza pubblica, potendo il commissario straordinario avvalersi, nell’attuazione dei suoi compiti istituzionali, di “soggetti attuatori e di società in house, nonché delle centrali di acquisto”, come consentito dall’art. 122, comma 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”), l’ordinanza impugnata ha preso in esame e disatteso le obiezioni poste dalla difesa valorizzando una serie di circostanze di fatto desunte dalle risultanze investigative, e segnatamente:

a) che l’indagato si era accreditato presso la struttura commissariale per il solo motivo di essere amico dell’Arcuri, da un lato prospettando al Tommasi la possibilità di attivare un’interlocuzione diretta con il commissario straordinario garantendogli un accesso preferenziale alla struttura, dall’altro lato sfruttando tale rapporto anche presso i collaboratori dell’Arcuri, cosicché le offerte presentate dalla sua cordata venissero accuratamente e prontamente esaminate, ricevendo un trattamento privilegiato rispetto a tutte le altre proposte inviate nel periodo ricompreso fa il marzo ed il maggio 2020 (n. 541 offerte per la fornitura di dispositivi di protezione individuale);

b) che era lo stesso Benotti a sottolineare l’importanza del ruolo da lui direttamente svolto nella vicenda e ad affermare, in una conversazione svoltasi il 20 ottobre 2020 con un componente della struttura commissariale, di aver organizzato per conto del Governo tutte le attività relative all’acquisto e al trasporto dei dispositivi oggetto dei relativi contratti di fornitura, peraltro rammaricandosi del fatto che l’Arcuri non aveva più risposto alle sue chiamate, sebbene egli avesse continuato ad organizzare per suo conto altri rilevanti affari;

c) che l’attività svolta dal Benotti era funzionale ad agevolare l’accoglimento dell’offerta anche a discapito degli altri concorrenti che nel medesimo torno di tempo avevano adito l’amministrazione;

d) che proprio per tale ragione il gruppo di persone e società facenti capo al Tommasi aveva promesso, e poi in effetti corrisposto, un compenso al Benotti, confidando nella sua capacità di orientare a proprio favore le decisioni assunte dal commissario straordinario;

e) che, in assenza dell’intervento effettuato dal Benotti presso l’Arcuri e la relativa struttura commissariale, l’offerta promossa dal Tommasi per conto delle società cinesi non sarebbe stata neppure avanzata.

4. Al rigetto del ricorso consegue, ex art. 618 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 25 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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Non mi tolgo dalle pa***”. Il conduttore di “Non è L’Arena” Massimo Giletti, nella puntata di domenica 7 febbraio 2021, torna ad occuparsi del caso mascherine e di Mario Benotti travolto dall’inchiesta sulla partita milionaria di dispositivi di protezione cinesi di cui sarebbe stato uno degli intermediari.

Il conduttore punta ancora il dito contro le cifre milionarie incassate e la mancata trasparenza in tutta la vicenda.

Tra gli ospiti in studio, insieme al viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, c’è  anche Sandra Amurri che dichiara: “L’ipotesi è che Benotti abbia messo in contatto con l’uomo del commissario Arcuri…”

Il giornalista e inviato speciale Benotti è finito infatti sotto accusa per la maxi commessa di mascherine arrivate dalla Cina, a marzo 2020, durante la prima ondata di Coronavirus in italia. Giornalista, inviato speciale, caporedattore della Rai ed ex direttore generale della Rai World.

“Tanti e diversi sono stati i ruoli coperti dal giornalista – spiega Giletti – è stato capo della segreteria al Ministero delle Politiche e degli Affari europei, consigliere giuridico del Gabinetto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti”.

E qui lo scandalo si aggiungerebbe allo scandalo: Giletti in esclusiva mostra infatti il documento secondo cui il consigliere giuridico Benotti non avrebbe mai conseguito la decantata laurea in Giurisprudenza all’Università La Sapienza  negli anni 1983-1988 come invece dichiarato su tutti i propri profili, anche social.

E mentre la giornalista Cristina Mastrandrea prova a intervistarlo a proposito del suo rapporto con il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, che invece finora ha dichiarato di non conoscerlo e che a Non è L’Arena non rilascia dichiarazioni, il conduttore ribadisce – più volte – che “chi è pagato dagli italiani ha il dovere di essere trasparente.

“Se è davvero laureato il signor Benotti deve smentire questo documento sorprendente che la dice lunga sull’attendibilità di certi personaggi” denuncia Giletti. “Tutto questo apre degli scenari inquietanti su tutti gli atti che ha firmato” ammette il viceministro della Salute Sileri. “Per fare il consigliere giuridico di un ministro bisogna avere un titolo”.

Fonte: Il Tempo