REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da
Dott. Sergio Beltrani – Presidente –
Dott. Anna Maria De Santis – Relatore –
Dott. Marco M. Alma – Consigliere –
Dott. Francesco Florit – Consigliere –
Dott. Antonio Saraco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila in data 22/1/2024;
data atto che si é proceduto a trattazione a norma dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137/2020 e succ. modif.;
visti gli atti, la sentenza impugnata e ii ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera Dott.ssa Anna Maria De Santis;
letta la requisitoria del Sost. Proc. Gen., Dott.ssa Flavia Alemi che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di L’Aquila confermava la decisione del Tribunale di Pescara che, in data 9/3/23, in esito a giudizio abbreviato, aveva riconosciuto (omissis) (omissis) colpevole del delitto di rapina impropria e, riconosciute le circostanze attenuanti di cui agli art. 62 n. 4 e 62 bis cod.pen., l’aveva condannato alla pena condizionalmente sospesa di anni uno, mesi cinque, giorni dieci di reclusione ed euro 400,00 di multa.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, (omissis) (omissis) il quale ha dedotto:
2.1. il travisamento del fatto e la contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Secondo il difensore la p.o. ha reso versioni differenti dell’accaduto in relazione a circostanze rilevanti per la ricostruzione del fatto, quali l’uso di una bicicletta da parte degli autori del furto della borsa e la formulazione delle minacce, circostanze che avrebbero imposto un rigoroso esame dell’attendibilità della denunziante a fronte della versione alternativa accreditata dall’imputato;
2.2. la violazione di legge con riguardo alla ritenuta sussistenza della minaccia che ha prodotto la qualificazione del furto alla stregua del delitto di rapina in quanta l’espressione riferita dalla (omissis) (omissis) (“vedi cosa ti faccio”) é troppo generica per assumere rilevanza penale poiché insuscettibile di intimorire la p.o. Inoltre, nella specie non appare configurabile il fine di assicurarsi il frutto del reato ovvero l’impunità giacché in sede di perquisizione non e stato rinvenuto in possesso del prevenuto alcun bene provento del furto, circostanza che conforta le proteste di innocenza del ricorrente;
2.3. la violazione dell’art. 20-bis cod.pen. per avere la Corte d’appello rigettato la richiesta di sostituzione della pena detentiva in ragione della concessione del beneficio della sospensione condizionale. Secondo il difensore non sussisteva alcuna preclusione alla sostituzione in quanto l’imputato aveva legittimamente avanzato la richiesta in fase d’appello, a seguito della riforma di cui al d.lgs 150/2022, e avrebbe potuto rinunziare alla sospensione condizionale già accordata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo é declinato in fatto e, comunque, manifestamente infondato.
La difesa pretermette il dato di rilevanza dirimente costituito dal riconoscimento da parte di (omissis) (omissis) dell’imputato come uno degli autori del furto della borsa, contenente tra l’altro carte di credito, utilizzate subito dopo; in base alle informazioni sulle operazioni effettuate, pervenutele mediante messaggistica telefonica, la p.o. riusciva a raggiungere l’esercizio ove era avvenuta l’ultima spendita ed ivi, alla richiesta di restituzione di quanta sottratto, uno dei responsabili si dava alla fuga mentre l’altro la minacciava di farle del male se non avesse desistito dall’intento. Solo a tal punto la (omissis) (omissis) allertava le Forze di Polizia che, prontamente intervenute, riuscivano a raggiungere il ricorrente, allontanatosi in bicicletta, traendolo in arresto.
Alla stregua della ricostruzione effettuata dal primo giudice (pagg. 3-4) e condivisa dalla Corte di merito non ha alcun pregio la tesi di una presenza occasionale ed incolpevole dell’imputato presso la tabaccheria ove la (omissis) (omissis) lo raggiunse mentre costituiscono mere illazioni le affermazioni intese a revocare in dubbio la credibilità della denunziante sulla base della sua appartenenza etnica.
Ne, alla luce dello svolgimento dell’episodio per come ricostruito in sede di merito, può annettersi valenza a discarico al mancato rinvenimento sulla persona del prevenuto di almeno parte della refurtiva, attesa la presenza di un complice rimasto ignoto e il lasso temporale intercorso tra l’allontanamento del ricorrente, l’arresto e la conseguente perquisizione.
2. Ad analoghi esiti di inammissibilità per manifesta infondatezza deve pervenirsi con riguardo alla pretesa insussistenza del requisito della minaccia.
II ricorrente assume che l’espressione profferita all’indirizzo della p.o., con la quale paventava conseguenze pregiudizievoli ove avesse insistito nella richiesta di restituzione della refurtiva, non avesse attitudine ad intimorire la denunziante perché del tutto generica.
Questa Corte ha al riguardo chiarito che nel reato di minaccia elemento essenziale e la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto possa essere cagionato dall’autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente in quest’ultima, essendo sufficiente la sola attitudine della condotta ad intimorire e irrilevante, invece, l’indeterminatezza del male minacciato, purché questo sia ingiusto e possa essere dedotto dalla situazione contingente (Sez. 5, n. 45502 del 22/04/2014, Rv. 261678 – 01; n. 21601 del 12/05/2010, Rv. 247762-01).
La fattispecie, ex art. 612 cod.pen., nella specie assorbita nel delitto complesso di rapina, é infatti un reato formale di pericolo, per la cui integrazione non é richiesto che il bene tutelato sia realmente leso mentre la valutazione dell’idoneità della minaccia a realizzare la finalità intimidatoria va fatta avendo di mira un criterio di medialità che rispecchi le reazioni dell’uomo comune (Sez. 5, n. 8264 del 29/05/1992, Rv. 191433 – 01) e costituisce un accertamento fattuale riservato al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità ove congruamente giustificato.
Nel caso a giudizio l’effettività e concretezza della minaccia é denotata dal fatto che la (omissis) (omissis) dopo essere risalita in macchina, e quindi al sicuro da aggressioni del prevenuto, allertava le Forze dell’Ordine segnalando quanto accaduto.
3. II terzo motivo é manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto assume la difesa, la sentenza di primo grado é stata pronunziata all’udienza del 9 marzo 2023 allorché il d.lgs 150/22 era già in vigore e, ai sensi dell’art. 545-bis cod.proc.pen., in quella sede l’imputato avrebbe dovuto sollecitare l’applicazione di pene sostitutive in luogo del beneficio della sospensione condizionale. Pertanto, la richiesta, peraltro del tutto generica e contraddittoria, formulata nelle conclusioni dell’atto d’appello era tardiva ed e stata correttamente disattesa dalla Corte di merito.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo in ragione dei profili di colpa che hanno determinato l’irricevibilità dell’impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 4 luglio 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente
Anna Maria De Santis Sergio Beltrame
Depositato in Cancelleria, oggi 5 agosto 2024.