La Cassazione si occupa di un minorenne trovato in possesso di un coltello (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 10 novembre 2020, n. 31346).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Maria Stefania – Presidente –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

Dott. MINCHELLA Antonio – Consigliere –

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. TALERICO Palma – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) MASSIMILIANO nato a (OMISSIS) il xx/xx/20xx;

avverso la sentenza del 10/05/2018 del GIP TRIB. MINORENNI di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe SANTALUCIA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa KATE TASSONE che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

udito il difensore, l’avv. LUNGARINI Fabrizio, si riporta ai motivi di ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale per i minorenni di Roma, all’esito del giudizio abbreviato, ha dichiarato, con sentenza del 10 maggio 2018, Massimiliano J. (OMISSIS) responsabile del reato di porto senza giustificato motivo di un coltello, con lama di centimetri sette, fuori della propria abitazione, fatto commesso in Civitavecchia il 24 settembre 2016.

Riconosciuta la lieve entità, ha irrogato la pena di euro 700,00 di ammenda.

Massimiliano J. (OMISSIS) fu sorpreso dalle Forze dell’ordine mentre armeggiava su un ciclomotore la cui targa risultava oggetto di furto e fu trovato in possesso del coltello di cui in imputazione, che fu debitamente sequestrato.

2. Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore di Massimiliano J. (OMISSIS).

La Corte di appello ha qualificato l’appello come ricorso per cassazione, attesa la inappellabilità della sentenza, a nulla rilevando quanto dedotto dal difensore impugnante – che comunque ha anche richiesto la conversione in ricorso – ossia che il fatto di lieve entità del porto ingiustificato di coltello possa essere qualificato circostanza attenuante di un reato punito anche con pena detentiva, e non come elemento caratterizzante una autonoma figura di reato.

2.1. Il difensore impugnante ha articolato più motivi.

2.1.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge per avere il giudice applicato la diminuente per il rito abbreviato in misura inferiore a quella di legge, che è pari alla metà per i reati contravvenzionali.

2.1.2. Con il secondo motivo ha dedotto difetto di motivazione, dal momento che in sede di interrogatorio il ricorrente giustificò il possesso del coltello, che gli doveva servire a sollevare il sellino del ciclomotore concessogli in prestito dalla proprietaria, che era bloccato per una avaria meccanica, e poter così immettere la benzina nel serbatoio. La Corte di appello ha del tutto trascurato di prendere in considerazione la giustificazione.

2.1.3. Con il terzo motivo ha dedotto difetto di motivazione in punto di mancata concessione del perdono giudiziale, della mancata pronuncia di irrilevanza del fatto, del diniego delle attenuanti generiche.

Considerato in diritto

1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

2. Va preliminarmente rilevato che la Corte di appello, nel riqualificare l’impugnazione come ricorso per cassazione, ha bene operato.

L’art. 593 cod. proc. pen., nel testo vigente anche prima dell’ultima novella apportata dal d. Igs. n. 11 del 2018, stabilisce che non sono appellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell’ammenda, senza che possa rilevare che la fattispecie criminosa di riferimento sia caratterizzata da una previsione edittale con pena detentiva disgiunta o, come nel caso di specie – a voler considerare il fatto di lieve entità come forma meramente circostanziale – da pena congiunta per l’ipotesi non attenuata.

Quel che rileva, ai fini del regime di impugnabilità, è la pena in concreto applicata, purché legittimamente, secondo il principio di diritto per il quale “il limite della appellabilità di cui all’art. 593, comma 3 cod. proc. pen., non opera in relazione a reati puniti con la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda per i quali il giudice applichi erroneamente solo la pena dell’ammenda, posto che l’illegittima applicazione della pena non può precludere al condannato l’accesso ad un grado di giudizio” – Sez. 3, n. 53430 del 22/11/2017, Girardi, Rv. 272678, v., anche: Sez. 4, n. 3622 del 14/01/2016, Naccarella, Rv. 266225; Sez. 4, n. 34253 del 01/07/2014, Moscato, Rv. 259773 -.

È stata infatti affermata la ricorribilità per cassazione, in luogo dell’appellabilità, della sentenza “con cui venga irrogata la sola pena pecuniaria dell’ammenda per una contravvenzione per la quale è prevista alternativamente la pena detentiva o pecuniaria”- Sez. 4, n. 53355 del 21/11/2018, Stojkovski, Rv. 274524 -.

2.1. Deve allora concludersi che, quale che sia la qualificazione, in termini di fattispecie attenuata o di fattispecie autonoma, del porto ingiustificato di oggetto atto ad offendere, di cui all’art. 4, comma terzo, I. n. 110 del 1975, non è dubbio che la pena prevista sia soltanto quella pecuniaria, con la conseguenza della inappellabilità della condanna.

3. Tanto precisato, si rileva la fondatezza del primo e del terzo motivo.

3.1. Il giudice ha diminuito la pena in applicazione della diminuente per il rito in misura inferiore a quella di legge.

L’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., come novellato dall’art. 1, comma 44, I. n. 103 del 2017, prescrive che la pena sia diminuita della metà se il reato oggetto della condanna è una contravvenzione.

È dunque errato il computo effettuato in sentenza, ove la pena di euro 1000,00, come risultante dall’applicazione della diminuente per la minore età, è stata ridotta ad euro 700,00 e non ad euro 500,00, come avrebbe dovuto essere in conformità al criterio normativo della diminuzione della metà.

3.2. La difesa, come risulta dalla sentenza impugnata, aveva concluso chiedendo la pronuncia di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e, in subordine, il minimo della pena o la sospensione per messa alla prova.

Il giudice ha sul punto risposto osservando, con formula eccessivamente sintetica e inadeguata a dar conto delle ragioni della decisione, che la situazione processuale dell’imputato, gravato da altre pendenze e in misura cautelare disposta in aggravamento di altra, non consentiva la concessione dei benefici di legge.

Non ha specificato, in tal modo, a quali benefici facesse riferimento e, quel che più importa, non ha esplicitato, con la necessaria completezza, le specifiche ragioni ritenute impeditive dell’accoglimento ora dell’una ora dell’altra richiesta, in specie della richiesta, espressamente avanzata, di una pronuncia di irrilevanza del fatto, tenendo conto del principio per il quale “in tema di procedimento penale a carico d’imputati minorenni, il consenso alla definizione del processo con sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto deve ritenersi incluso in quello dato, anche tramite difensore munito di procura speciale, alla celebrazione con rito abbreviato” – Sez. 5, n. 38956 del 31/05/2013, Pg e H, Rv. 257119 -.

4. Il secondo motivo, invece, è stato genericamente articolato e pertanto non merita considerazione.

Il ricorrente ha dedotto che in sede di interrogatorio fu indicato un motivo, asseritamente giustificato, per il quale aveva portato con sé un coltello.

Non ha però specificato a quale interrogatorio si riferisca e quando tale interrogatorio si svolse, se si trattò di dichiarazioni rese nell’immediatezza alla polizia giudiziaria che operò il sequestro o di dichiarazioni rese successivamente, e di quanto, al pubblico ministero.

Il modo con cui è stata espressa la doglianza non consente, pertanto, di apprezzare, almeno a livello di prospettazione, la sussistenza del lamentato difetto di motivazione, atteso che, come affermato nella giurisprudenza di legittimità, “il giustificato motivo rilevante ai sensi dell’art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, non è quello dedotto a posteriori dall’imputato o dalla sua difesa, ma quello espresso immediatamente, in quanto riferibile all’attualità e suscettibile di una immediata verifica da parte dei verbalizzanti” – Sez. 1, n. 19307 del 30/01/2019, Naimi, Rv. 276187 -.

5. La sentenza impugnata, per quanto esposto nei precedenti paragrafi 3.1 e 3.2., deve essere annullata con rinvio per un nuovo giudizio che possa rimediare ai vizi riscontrati.

6. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Roma, a cui il procedimento è rinviato ai sensi dell’art. 623, lett. c, cod. proc. pen., dovrà procedere in diversa composizione, in conformità al principio di diritto più volte espresso in riguardo alle sentenze emesse dalla sezione per i minorenni della Corte di appello, per il quale “in caso di annullamento con rinvio di una sentenza …, gli atti vanno trasmessi alla stessa sezione affinché provveda a celebrare il nuovo giudizio, sebbene in diversa composizione (Sez. 6, n. 10348 del 04/03/2015 – dep. 11/03/2015, L M, Rv. 26290901).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al GUP del Tribunale per i minorenni di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma il 30 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.