REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 6248/2016 proposto da:
Banca Carige s.p.a. – Cassa di Risparmio di Genova e Imperia (incorporante la Cassa di Risparmio di Savona s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via (OMISSIS) n. 88, presso lo studio dell’avvocato Camillo (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato Fabrizio (OMISSIS) per procura speciale estesa in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
(OMISSIS) Giuseppe, elettivamente domiciliato in Roma, Via (OMISSIS) n.17, presso lo studio dell’avvocato Ersilia (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandra (OMISSIS) per procura speciale estesa in calce al controricorso
-controricorrente-
nonché contro
(OMISSIS) Daniele, (OMISSIS) Donano, (OMISSIS) Michele, (OMISSIS) Simone, (OMISSIS) s.r.l.
-intimati-
avverso la sentenza n. 1490/2015 della Corte di appello di Torino, pubblicata il 3 agosto 2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 ottobre 2020 dal consigliere dott. Marco Vannucci.
FATTI DI CAUSA
1. Il 7 novembre 2003 Giuseppe (OMISSIS) prestò fideiussione omnibus per le obbligazioni assunte verso la Cassa di Risparmio di Savona s.p.a. dalla (OMISSIS) di (OMISSIS) G. e (OMISSIS) D. s.n.c. (società di cui era socio unitamente a Donano (OMISSIS)) fino alla concorrenza di euro 52.000, poi aumentati a euro 156.000.
Il 31 agosto 2004 la banca concesse a tale società di persone finanziamento di euro 40.000.
Il 16 aprile 2007 (OMISSIS) cedette la sua quota di partecipazione alla società a Daniele, Simone e Michele (OMISSIS); con conseguente mutamento della denominazione sociale in (OMISSIS) di (OMISSIS) Donano e figli s.n.c.
Il 21 dicembre 2007 Simone (OMISSIS), in quanto titolare della ditta (OMISSIS), ottenne dalla stessa banca finanziamento di euro 87.868,57.
Il 10 giugno 2008 la società di persone si trasformò nella società di capitali denominata (OMISSIS) s.r.l. e il 17 giugno 2008 Simone (OMISSIS) conferì a tale società la proprietà dell’azienda di cui era titolare. Giuseppe (OMISSIS) revocò la fideiussione il 9 aprile 2010.
2. La Cassa di risparmio di Savona ottenne il 18 agosto 2010 dal Tribunale di Mondovì decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti, per quanto qui ancora interessa, della società (OMISSIS) e del suo fideiussore (OMISSIS).
Definendo il giudizio di opposizione a tale decreto proposto da (OMISSIS), lo stesso Tribunale, con sentenza del 2 gennaio 2013: revocò il decreto ingiuntivo; confermò l’ordinanza ex art. 186-quater cod. proc. civ. dispositiva del pagamento da parte di (OMISSIS) della somma, non contestata, di euro 5.770,57 (saldo, negativo, di conto corrente al 10 giugno 2008, giorno della trasformazione della società di persone in società di capitali); condannò (OMISSIS) a pagare alla banca anche euro 65.430,57, per scoperto di conto corrente, mancato pagamento di effetto insoluto e per mancata restituzione di finanziamento.
3. Adita da (OMISSIS), la Corte di appello di Torino, con sentenza pubblicata il 3 agosto 2015, in parziale riforma della sentenza di primo grado: accertò che (OMISSIS) si liberò, ex art. 1956 cod. civ., dalla fideiussione da lui prestata a far tempo dal 10 giugno 2008; confermò la statuizione relativa all’obbligo di (OMISSIS) di pagare alla banca, per scoperto di conto corrente a tale data, euro 5.770,57; rigettò le altre domande di condanna (pagamento di ulteriori euro 65.430,83) proposte dalla banca.
3.1 La motivazione di tale sentenza può così sintetizzarsi: “in linea astratta” la trasformazione di società di persone in società di capitali comporta “un teorico mutamento delle condizioni di solvibilità del debitore”, in quanto solo nelle società di persone vi è responsabilità solidale e illimitata di tutti i soci; sussiste poi nel caso concreto concessione di nuovo credito al debitore principale, in quanto “il conferimento” alla società di capitali dell’azienda di cui era titolare Simone (OMISSIS) comportò la successione della società nel rapporto di finanziamento per euro 87.868,57 dalla banca concesso al conferente prima di tale accadimento (in precedenza l’operazione traslativa è indicata come “cessione”); la fideiussione di (OMISSIS) “non era certo efficace a garantire tale finanziamento”, concesso a soggetto diverso della società di cui era socio; è solo “con la cessione dell’azienda” che la società (nel frattempo trasformatasi in società di capitali) assunse il debito del cedente verso la banca; “tale vicenda equivale dunque alla concessione di nuovo finanziamento alla s.r.l. e integra così il presupposto di cui all’art. 1956 c.c.”; l’autorizzazione menzionata dalla norma può anche essere successiva all’insorgere del nuovo debito; al momento in cui la banca ebbe conoscenza della cessione di azienda alla società essa avrebbe dovuto chiedere al fideiussore (OMISSIS)- con ciò adempiendo al dovere di buona fede e correttezza nel rapporto con costui – autorizzazione all’operazione e ciò non è stato, con conseguente violazione da parte sua del precetto di cui all’art. 1956 cod. civ.
4. La Banca Carige s.p.a. – Cassa di Risparmio di Genova e Imperia (incorporante la Cassa di Risparmio di Savona s.p.a., che come tale prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione della società incorporata: art. 2504-bis cod. civ.) chiede la cassazione di tale sentenza con ricorso contenente tre motivi di impugnazione.
5. Giuseppe (OMISSIS) resiste con controricorso, assistito da memoria.
6. Gli intimati Daniele (OMISSIS), Donano (OMISSIS), Michele (OMISSIS), Simone (OMISSIS) e (OMISSIS) s.r.l. non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce che la sentenza impugnata è caratterizzata da falsa applicazione dell’art. 1956 cod. civ. quanto al presupposto del mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito, in quanto: la sentenza ritiene tale requisito integrato “dalla modificazione del tipo societario da società in nome collettivo a società a responsabilità limitata” e, secondo la ricorrente, ciò è errato in diritto perché la trasformazione non determina in sé alcun peggioramento delle condizioni patrimoniali della società debitrice.
2. La censura è inammissibile in quanto (come del resto evidenziato dalla stessa banca ricorrente) l’affermazione censurata – secondo cui la trasformazione di società di persone in società di capitali determina, in funzione dell’applicazione del precetto di cui all’art. 1956 cod. civ., “un teorico mutamento delle condizioni di solvibilità del debitore” – è dalla sentenza impugnata esclusivamente fatta “in linea astratta”: essa non costituisce quindi ragione specifica della decisione; costituita, invece, dal non avere la banca informato il fideiussore (anche per obbligazioni invece, dal non avere la banca informato il fideiussore (anche per obbligazioni future della società di cui era socio) (OMISSIS) dell’avvenuta cessione alla (OMISSIS) s.r.l. (in cui si trasformò la (OMISSIS) di (OMISSIS) G. e (OMISSIS) D. s.n.c.) dell’azienda di cui Simone (OMISSIS) era titolare dopo che tale persona ebbe a ricevere dalla stessa banca finanziamento per tale azienda di euro 87.868,57.
E’ tuttavia da evidenziare che l’affermazione teorica in questione è errata in diritto (sul punto costituisce un fuor d’opera il riferimento del controricorrente alla disciplina recata dall’art. 1955 cod. civ., per come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, discutendosi in questa sede dell’interpretazione del, diverso, contenuto del successivo art. 1956).
Invero: la trasformazione, di tipo evolutivo, di società di persone in società di capitali determina la sola modificazione della struttura e della organizzazione societaria, con immutazione dell’identità soggettiva dell’ente che conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, del soggetto che la trasformazione ha effettuato (art. 2498 cod. civ.); tale tipo di trasformazione mantiene inalterata a ogni effetto, per le sole obbligazioni passive anteriori alla trasformazione, la responsabilità illimitata dei soci derivante dal precedente assetto giuridico, salvo che i creditori abbiano espressamente prestato il proprio consenso alla trasformazione (art. 2500-quinquies cod. civ.); in particolare, il patrimonio della società, nelle sue componenti attive e passive, rimane inalterato per effetto della trasformazione e il fatto che per le obbligazioni sociali sorte dopo tale evento i soci non rispondano personalmente e illimitatamente non comporta, di per sé, alcun peggioramento delle condizioni economiche e finanziarie della società, rilevante, quanto ai relativi debiti garantiti da fideiussione anche per obbligazioni future della società prestata prima della sua trasformazione, in funzione dell’applicazione dell’art. 1956 cod. civ.; infatti, la consistenza quantitativa e qualitativa dell’indebitamento della società anteriore alla trasformazione non muta in conseguenza di tale evento, tanto per il titolare di crediti verso la società sorti prima della trasformazione che per il fideiussore dell’ente debitore.
E’ dunque da affermare, nell’interesse della legge (art. 363, terzo comma, cod. proc. civ.), il seguente principio di diritto:
«in funzione dell’applicazione dell’art.1956 cod. civ., in tema di liberazione del fideiussore di un’obbligazione futura, quando il debitore garantito sia una società di persone la sua trasformazione in società di capitali successiva alla prestazione di tale tipo di fideiussione non determina di per sé, in ragione degli effetti della trasformazione disciplinati dall’art. 2498 cod. civ., alcun peggioramento delle condizioni patrimoniali della società debitrice in riferimento alla responsabilità dei soci della società trasformata, in quanto:
a) delle obbligazioni sociali passive anteriori alla trasformazione costoro continuano a rispondere personalmente e illimitatamente, salvo che creditori sociali non abbiano prestato il proprio consenso alla trasformazione (art. 2500-quinquies cod. civ.);
b) per le obbligazioni sociali sorte dopo la trasformazione la non sussistenza di una responsabilità solidale e illimitata dei soci della società di capitali non determina alcun mutamento della consistenza quantitativa e qualitativa dell’indebitamento della società e del suo patrimonio anteriore alla trasformazione».
3. Con il secondo motivo la ricorrente afferma che la sentenza impugnata è caratterizzata da violazione ovvero falsa applicazione al caso di specie dell’art.1956 cod. civ., in quanto:
– la sentenza impugnata afferma che è equivalente a nuovo finanziamento al debitore garantito (la società di persone trasformatasi in società di capitali) il conferimento alla società debitrice della proprietà dell’azienda di cui era titolare Simone (OMISSIS), titolare della ditta denominata “(OMISSIS)”;
– essa banca “non poteva prevedere né impedire tale conferimento e dello stesso ha saputo solo a cose fatte, ovviamente, trattandosi di vicende societarie ad essa del tutto estranee”;
– essa banca non concesse alcun credito alla società debitrice “e non ha certo partecipato, né influito al conferimento di azienda, di cui ha saputo a cose fatte”;
– la sentenza impugnata afferma che essa banca avrebbe dovuto chiedere al fideiussore (OMISSIS) autorizzazione a “poter estendere la garanzia fideiussoria anche al debito dell’impresa individuale conferita nella società”;
– tale affermazione contrasta col precetto contenuto dell’art. 1956 cod. civ. che impone al creditore “solo di chiedere l’autorizzazione a rilasciare ulteriore credito (in presenza del peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore)”.
4. Questi i fatti – per come accertati dalla sentenza impugnata – rilevanti in funzione della risposta al motivo:
a) il 21 dicembre 2007 Simone (OMISSIS), in quanto titolare della ditta denominata “(OMISSIS)”, ottenne dalla Cassa di Risparmio di Savona s.p.a. finanziamento di euro 87.868,57;
b) la società in nome collettivo, per le cui obbligazioni (anche) future il controricorrente (OMISSIS) in precedenza prestò (il 7 novembre 2003) fideiussione in favore della stessa banca nell’ambito di rapporto di apertura di credito in conto corrente, si trasformò in società a responsabilità limitata denominata “(OMISSIS) s.r.l.” il 10 giugno 2008;
c) il 17 giugno 2008 Simone (OMISSIS), debitore (in quanto titolare della sopra indicata ditta) della stessa banca in conseguenza del finanziamento sopra indicato, conferì nella (OMISSIS) s.r.I., l’azienda di cui era titolare.
Per effetto del conferimento la (OMISSIS) s.r.l. divenne titolare dei crediti e dei debiti relativi all’azienda che ne costituiva l’oggetto (artt. 2559, 2560 cod. civ.).
La stessa ricorrente ammette, in buona sostanza, che l’indebitamento di (OMISSIS) s.r.l. nei suoi confronti aumentò oggettivamente a seguito di tale accadimento.
La sentenza impugnata che afferma non esservi stata alcuna comunicazione della banca al fideiussore dell’aumento dell’indebitamento del debitore principale: non contiene alcun accertamento relativo al momento in cui la banca acquisì contezza dell’aumento dell’indebitamento di (OMISSIS) s.r.l. conseguente all’acquisizione dell’azienda a lei conferita; non specifica l’incidenza di tale aumento sulle condizioni patrimoniali di tale società, sì da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito.
La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che l’ipotesi contemplata dall’art. 1596 cod. civ. – il creditore, senza autorizzazione del fideiussore, ha “fatto credito” al terzo pur sapendo che le condizioni patrimoniali di costui sono frattanto significativamente peggiorate – «non può essere riferita alla sola instaurazione di nuovi rapporti obbligatori tra il creditore ed il terzo, cui si estenda la garanzia per debiti futuri in precedenza prestata dal fideiussore, ma abbraccia anche il modo in cui il creditore gestisce un rapporto obbligatorio già instaurato col terzo, coperto dalla garanzia fideiussoria, quando ne derivi un ingiustificato ed imprevedibile aggravamento del rischio cui è esposto il garante di non poter più utilmente rivalersi sul debitore di quanto eventualmente abbia dovuto corrispondere al creditore» (così, in motivazione, Cass. n. 21730 del 2010).
E’ stato così affermato il seguente principio di diritto:
«Se, nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente, si manifesta un significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore rispetto a quelle conosciute al momento dell’apertura del rapporto, tali da mettere a repentaglio la solvibilità del debitore medesimo, la banca creditrice, la quale disponga di strumenti di autotutela che le consentano di porre termine al rapporto impedendo ulteriori atti di utilizzazione del credito che aggraverebbero l’esposizione debitoria, è tenuta ad avvalersi di quegli strumenti anche a tutela dell’interesse del fideiussore inconsapevole, alla stregua del principio cui si ispira l’art. 1956 cod. civ., se non vuole perdere il beneficio della garanzia, in conformità ai doveri di correttezza e buona fede ed in attuazione del dovere di salvaguardia dell’altro contraente, a meno che il fideiussore manifesti la propria volontà di mantenere ugualmente ferma la propria obbligazione di garanzia» (così, Cass. n. 21730 del 2010, cit.).
Tale principio deve essere ribadito nel caso di specie.
Il motivo è dunque infondato nella parte in cui con esso si afferma che l’applicabilità dell’art. 1956 cod. civ. entra in giuoco solo nel caso in cui il creditore instaura con terzi nuovi rapporti obbligatori cui sì estende la garanzia per debiti futuri.
Nello stesso ordine di concetti espressi dalla sopra richiamata giurisprudenza di legittimità, è da affermare che – come in buona sostanza ritenuto dalla sentenza impugnata – la banca creditrice, se non vuole perdere la garanzia prestata dal fideiussore, non ha sua disposizione solo l’esercizio del potere di autotutela sopra indicato (id est, chiusura immediata del conto corrente bancario al darsi del presupposto indicato dal citato art. 1956); ben potendo, sempre in adempimento del dovere di buona fede e di correttezza di cui è titolare nel corso dell’esecuzione del rapporto di fideiussione relativa ad apertura di credito in conto corrente, informare il fideiussore (inconsapevole) del significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore principale, onde provocare una, possibile, espressa autorizzazione dello stesso fideiussore al mantenimento della garanzia.
La censura è invece fondata nella sola parte in cui la sentenza impugnata non accerta in quale momento la banca ricorrente abbia avuto contezza che l’indebitamento del debitore (OMISSIS) s.r.I., garantito dalla fideiussione per debiti futuri prestata dal controricorrente, abbia raggiunto la consistenza presa in considerazione dalla citata disposizione del codice civile per effetto diretto del menzionato conferimento di azienda: in assenza di tale accertamento l’affermazione della cessazione di efficacia della fideiussione in giorno anteriore al conferimento in questione (determinante l’aumento dell’indebitamento) è affatto arbitraria.
Entro tale limite il motivo è da accogliere, con l’affermazione del seguente principio di diritto:
«in funzione dell’applicazione dell’art. 1956 cod. civ., se nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente si manifesta un significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore rispetto a quelle conosciute al momento dell’apertura del rapporto non conseguente all’erogazione di ulteriore credito, tali da mettere a repentaglio la solvibilità del debitore medesimo, la banca creditrice, nel momento in cui viene a conoscenza di tale significativo peggioramento determinato dall’assunzione da parte del debitore principale di debiti di pregressi debiti di terzi verso la banca medesima (nel caso di specie, per effetto di conferimento al debitore principale di azienda fatto da un terzo, a sua volta debitore della banca) è tenuta, a tutela dell’interesse del fideiussore per obbligazioni future, inconsapevole di tale peggioramento, in conformità ai doveri di correttezza e buona fede e in attuazione del dovere di salvaguardia dell’altro contraente, a porre immediatamente termine al rapporto bancario impedendo ulteriori atti di utilizzazione del credito che aggraverebbero l’esposizione debitoria, ovvero ad avvisare il fideiussore di tale significativo peggioramento, pena la perdita di efficacia della garanzia: tale dovere sorge solo nel momento in cui la banca abbia consapevolezza di tale significativo peggioramento».
5. Con il terzo motivo la banca deduce che la sentenza impugnata è caratterizzata da erronea applicazione dell’art. 1956 cod. civ. “in tema di liberazione del fideiussore per fatto del creditore: in particolare con riferimento alla scelta della data a partire dalla quale il Sig. (OMISSIS) sarebbe liberato dalla fideiussione e dei debiti di cui quindi non dovrebbe rispondere”, in quanto: la sentenza accerta che il fideiussore è liberato dalla sua obbligazione a far tempo dal 10 giugno 2008; tale data è anteriore a quella del conferimento di azienda (17 giugno 2008), ma se, come affermato dalla sentenza impugnata, essa banca non era a conoscenza di tale conferimento e avrebbe però dovuto richiedere autorizzazione al fideiussore, non è dato comprendere perché la liberazione del fideiussore viene indicata come avvenuta prima di tale evento; inoltre, la Corte di appello ha, “senza motivazione alcuna”, sottratto dal credito accertato dalla sentenza di primo grado, non solo la somma di euro 52.816,25 (relativa al finanziamento a (OMISSIS) e conseguenza dell’errore denunciato con il secondo motivo), ma altresì euro 12.356 “portati dall’effetto scaduto” ed euro 662,80 “quale ulteriore somma dovuta a titolo di saldo di conto corrente (accertata come dovuta dalla sentenza di primo grado).
6. Tale motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo nel senso evidenziato nel precedente punto 4.; con conseguente non sussistenza di obbligo di pronuncia sul punto.
7. La sentenza impugnata è in conclusione da cassare perché non conforme al principio enunciato nel precedente punto 4., con rinvio alla Corte di appello di Torino che, in diversa composizione, dovrà pronunciarsi, nell’osservanza di tale principio, sull’appello proposto dal controricorrente per la riforma della sentenza resa dal Tribunale di Mondovì il 29 agosto 2001.
La decisione sulle spese del giudizio di cassazione è rimessa al giudice di rinvio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, cui rimette la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 9 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria, Roma, il 17 febbraio 2023.
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E’ normale depositare una sentenza dopo due (2) anni?