REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
FRANCESCO ANTONIO GENOVESE -Presidente
MARCO MARULLI -Consigliere
LAURA TRICOMI -Consigliere
LOREDANA NAZZICONE -Consigliere
ANDREA FIDANZIA -Consigliere-Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17341/2021 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in (omissis) presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
(omissis) (omissis) domiciliata in (omissis) presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 531/2021 depositata il 12/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2023 dal Consigliere dott. ANDREA FIDANZIA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Roma, con decreto n. 531/2021, depositato il 12.2.2021, ha riformato il decreto n. 4592/2019 con cui il Tribuna e di Tivoli, adito in sede di modifica di condizioni di divorzio da (omissis) (omissis) aveva revocato l’assegno di mantenimento di € 500,00 mensili posto a carico di quest’ultimo per il mantenimento del figlio maggiorenne (omissis) (omissis) convivente con la madre.
La Corte d’Appello ha ritenuto che quanto affermato da giudice di primo grado, ovvero che era stato dimostrato che il figlio (omissis) avesse maturato una significativa esperienza lavorativa ed adeguate capacità reddituali, non aveva trovato conferma negli atti di causa, non risultando che il contratto con cui (omissis) era stato assunto a tempo parziale da 5.4.2016 al 31.5.2016 fosse stato prorogato.
Inoltre, le ingravescenti condizioni psicopatologiche di (omissis) erano documentate da certificati medici redatti da specialisti de servizio sanitario nazionale – che hanno comportato la sua presa in carico riabilitativa da parte del servizio di salute mentale della ASL – e, pur non integrando a condizione di grave handicap che comporterebbe automaticamente l’obbligo di mantenimento, erano tali da influire su a sua difficoltà ad attivarsi efficacemente per reperire e svolgere un’attività lavorativa.
Avverso a predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis) affidandolo a due motivi.
(omissis) (omissis) ha resistito in giudizio con controricorso, depositando, altresì, la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con i primo motivo è stata dedotta a violazione degli art. 315 bis cod. civ. e 337 septies comma 1° cod. civ..
Espone il ricorrente che i Collegio di secondo grado non ha tenuto conto de a raggiunta età matura del figlio (omissis) prossima ai trent’anni; delle dimissioni volontarie rassegnate dal figlio, dall’assoluta inerzia dello stesso nella ricerca di nuova occupazione. Tali circostanze fattuali avrebbero dovuto condurre i giudice d’Appello ad una diversa decisione.
Inoltre, la pregressa esperienza lavorativa del figlio (omissis) maggiorente dimostra l’effettivo ingresso dello stesso nel mondo del lavoro e a propria indipendenza economica.
2. Con i secondo motivo è stata dedotta a violazione degli artt. 337 septies e 2697 cod. civ., 115 cod. proc. civ..
Deduce il ricorrente che la sussistenza in capo al figlio di patologie psicopatologiche idonee a ridurre temporaneamente la capacità di lavoro può trovare sussidio a più in appositi strumenti pubblici di sostegno, ovvero nell’obbligazione alimentare e non già nell’ordinario contributo a mantenimento in favore del figlio maggiorenne.
Il ricorrente allega, altresì, che e certificazioni mediche in atti dimostrerebbero ‘insorgenza di uno stato di ma essere de figlio, ma non spiegano perché i figlio abbia deciso unilateralmente deciso di dimettersi e, dopo e dimissioni, non sia attivato per a ricerca di una nuova occupazione, restando completamente inerte.
3. Il secondo motivo, da esaminarsi con priorità, é fondato.
Va preliminarmente osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 29264/2022; conf. Cass. 38366/2021) ha più volte enunciato il principio di diritto secondo cui “Il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso“.
Tale principio non soffre eccezioni ove i figlio (u tra)maggiorenne non autosufficiente risulti affetto da qualche patologia (ne caso di specie depressiva), ma non tale da integrare a condizione di grave handicap che comporterebbe automaticamente l’obbligo di mantenimento.
In tale fattispecie, per soddisfare e essenziali esigenze di vita de figlio maggiorenne non autosufficiente, ben può richiedersi, ove sussistano i presupposti, un sussidio di ausi io socia e, oppure può proporsi ‘azione per i riconoscimento degli alimenti, i quali rappresentano un “minus” rispetto all’assegno di mantenimento, con la conseguenza che ne la richiesta di un tale assegno può ritenersi compresa anche quella di alimenti.
4. Il primo motivo è assorbito.
5. Il decreto impugnato deve essere cassato con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i secondo motivo, assorbito i primo e rinvia a causa a a Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.
Così deciso in Roma in data 11.7.2023.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2023.