La disciplina della maggiorazione di una sanzione amministrativa (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 19 aprile 2022, n. 12432).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20563-2017 proposto da:

COMUNE DI FORIO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE (OMISSIS) (OMISSIS) giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati MAURIZIO MASSIMO (OMISSIS), GIUSEPPE (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 485/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/09/2021 dal Consigliere Dott. Antonello COSENTINO.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con ricorso del 21 aprile 1997 il Comune di Forio d’Ischia propose al Pretore di Ischia opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione n. 970/1996 con cui la Provincia di Napoli aveva irrogato nei suoi confronti la sanzione amministrativa di € 13.556,99 per violazione delle norme a tutela delle acque marine in relazione all’illecito amministrativo di «sversamento abusivo di reflui inquinanti in mare».

2. Il Pretore adito, con decreto del 6 maggio 1997, sospese l’efficacia esecutiva dell’ingiunzione.

3. Con la sentenza n. 189 del 25 marzo 2013 il Tribunale di Napoli rigettò l’opposizione del Comune alla suddetta ingiunzione.

Conseguentemente la Provincia iscrisse a ruolo la suddetta somma di € 13.556,99, con la maggiorazione di cui all’art. 27, co. 6, I. 689/1981 (che recita: «in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile»), calcolata, in ragione dell’arco temporale in cui era stata sospesa l’efficacia esecutiva del titolo, in € 43.382,27.

4. Avverso la conseguente cartella di pagamento, notificata il 6 dicembre 2013, il Comune di Forio d’Ischia propose opposizione con atto del 14 gennaio 2014 notificato alla Provincia di Napoli (poi divenuta Città Metropolitana di Napoli) ed Equitalia sud s.p.a,, deducendo l’illegittimità della iscrizione a ruolo della maggiorazione di cui all’art. 27, co. 6, I. 689/1981.

5. La Corte d’Appello di Napoli – dato atto che la questione dell’applicabilità dell’art. 27, co. 6, I. 689/1981 al periodo di sospensione giudiziale dell’efficacia esecutiva del titolo aveva dato luogo ad orientamenti non univoci nell’ambito della giurisprudenza amministrativa – affermava che il rigetto dell’opposizione all’ordinanza- ingiunzione aveva travolto la sospensione dell’efficacia della stessa disposta il 6 maggio 1997, con conseguente ripristino ab origine dell’esigibilità del credito pecuniario.

Ad avviso della Corte territoriale, infatti, la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo porrebbe il debitore al riparo dall’immediata esecuzione forzata ma non produrrebbe alcun effetto sull’esistenza del debito, esigibile ab origine, laddove nel merito ne sia stata accertata l’esistenza.

La Corte d’Appello inoltre – premesso che la maggiorazione di cui all’art. 27, co. 6, I. 689/1981 va qualificata come sanzione accessoria, con conseguente rilevanza della condizione soggettiva dell’agente – aggiunge che, in capo al debitore che abbia conseguito un’illegittima sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo, sarebbe configurabile almeno la colpa lieve (pag. 12 sentenza).

6. Resiste con controricorso la Città Metropolitana di Napoli.

7. La causa è stata chiamata all’adunanza camerale del 22 settembre 2021, per la quale non sono state depositate memorie.

8. Con l’unico motivo di ricorso si deduce, in riferimento all’art. 360 co. 1 n. 3), n. 4) e n. 5) c.p.c., «la nullità della sentenza per la violazione e falsa applicazione dell’art. 27, co. 6, I. 689/1981», «errore nel giudicare, illogica, insufficiente e contraddittoria motivazione» (pag. 3 del ricorso, rubrica del motivo).

Il Comune ricorrente censura la sentenza gravata deducendo l’errore in cui la stessa sarebbe incorsa ritenendo legittima l’iscrizione a ruolo della somma di € 43.382,27 senza considerare, per un verso, la natura sanzionatoria degli interessi previsti dell’art. 27, co. 6, I. 689/1981 e, per altro verso, l’assenza di un comportamento addebitabile al Comune, attesa l’intervenuta sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza-ingiunzione.

9. Il ricorso è fondato.

10. In primo luogo va evidenziato che non è dubitabile che la maggiorazione di cui all’art. 27, co. 6, I. 689/1981 abbia natura sanzionatoria, essendo a tale conclusione già pervenute la Corte costituzionale (vedi C. Cost. n. 308/1999, ove si parla di «funzione, non già risarcitoria o corrispettiva, bensì di sanzione aggiuntiva, nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale» e le Sezioni Unite di questa Corte (vedi SSUU: 10411/14, pag. 5: «non appare discutibile il carattere sanzionatorio di tale maggiorazione.

Essa, infatti, ha una funzione deterrente ed è volta a colpire il ritardo nell’adempimento della sanzione principale. Il carattere sanzionatorio è altresì reso palese dal fatto che tale maggiorazione non è frutto di automatismo giuridico connesso al trascorrere vano del tempo, ma ha come presupposti aggiuntivi – rispetto al ritardo – l’imputabilità e colpevolezza dell’inadempimento»).

11. Ciò posto, il Collegio osserva che la giurisprudenza amministrativa formatasi sul tema della maggiorazione di cui all’art. 27, co. 6, I. 689/1981 per il tempo intercorrente tra la sentenza di primo grado che abbia accolto l’opposizione, conseguentemente caducando l’ordinanza ingiunzione, e la sentenza di appello che, riformando quella di primo grado, abbia invece rigettato la stessa – ha, nella maggior parte delle pronunce, ritenuto che in tale intervallo di tempo (sostanzialmente corrispondente a quello del giudizio di appello), la maggiorazione non si applicasse; in tal senso vedi CdS n. 636/08, CdS n. 5425/15, CdS n. 2244/16, CdS n. 5461/17, CdS n. 3447/18 (in senso difforme, CdS n. 3058/12).

Ad analoga conclusione il Consiglio di Stato è giunto anche sulla questione specifica, sovrapponibile a quella oggetto del presente giudizio, della applicabilità della maggiorazione per il tempo della sospensione ope judicis; in CdS n. 4510/09, infatti, si è precisato che: «La natura sanzionatoria della maggiorazione … presuppone che il ritardo sia imputabile al debitore, come non è nel caso di specie, in cui la sanzione irrogata dall’Autorità è stata dapprima sospesa dal T.A.R. per il Lazio fino al!’ esito del giudizio di primo grado.

Tali vicende processuali hanno comportato che la sanzione sia divenuta definitivamente esigibile solo dopo il deposito della sentenza del T.A.R. che ha definito nel merito la controversia, poi confermata in appello».

12. Il Collegio condivide gli approdi della prevalente giurisprudenza amministrativa.

13. Il minoritario orientamento difforme – evocato il principio generale che la durata del processo non può andare a carico della parte che ha ragione – si fonda sull’assunto che la maggiorazione per ritardo ultrasemestrale di cui all’art. 27, co. 6, I. 689/1981 operi in ragione della mera esigibilità della somma dovuta a titolo di sanzione principale; in tale prospettiva interpretativa, quindi, l’imputabilità del ritardo risulterebbe normativamente delineata in termini del tutto oggettivi «con esclusivo riferimento al fatto del mancato pagamento, da parte dell’obbligato, della sanzione divenuta esigibile; esigibilità del credito ed imputabilità del mancato pagamento, dunque, coincidono, non implicando la norma alcun ulteriore accertamento di colpa» (CdS n. 3058/12, cit., § 3).

14. Tale impostazione non può essere condivisa.

E’ vero che la nozione civilistica di esigibilità implica semplicemente che il termine di pagamento sia scaduto e il credito non sia condizionato; ma la sostanziale obliterazione del profilo soggettivo della colpa che emerge dall’argomentazione sopra riportata non è compatibile con la lettura sistematica dell’istituto come sanzione accessoria a cui si è fatto cenno nel precedente paragrafo 6.

15. Al riguardo va, in primo luogo, sgombrato il campo dall’argomento che la durata del processo non può andare a carico della parte che ha ragione.

Come persuasivamente argomentato in CdS n. 2244/16, l’istituto della maggiorazione ex art. 27, comma 6, I. n. 689/1981 esula dalla tematica degli effetti sostanziali della domanda giudiziale garantiti dalla retroazione della sentenza di accoglimento al momento dell’inizio del processo: l’applicazione della maggiorazione, infatti, non è un effetto della sentenza che dà ragione all’Autorità sulla pretesa sanzionatoria ‘principale’, ma è l’effetto di un’autonoma fattispecie, operante sul piano del diritto sostanziale, in caso di ritardo colpevole del soggetto nel pagamento della sanzione ‘principale’ oltre il semestre dal momento di esigibilità della stessa; fattispecie che presuppone la persistente efficacia esecutiva del provvedimento irrogativo della sanzione principale.

16. In secondo luogo va evidenziato che il requisito soggettivo della imputabilità del ritardo nel pagamento al comportamento doloso o colposo dell’agente – inevitabilmente connesso al carattere sanzionatorio della maggiorazione ex art. 27, comma 6, I. n. 689/1981 – non è ravvisabile a fronte di un provvedimento sanzionatorio la cui efficacia esecutiva sia stata giudizialmente sospesa.

Se infatti si ritenesse colpevole la condotta del soggetto che si astenga dal prestare ottemperanza ad un provvedimento sanzionatorio della cui efficacia esecutiva abbia chiesto ed ottenuto la sospensione giudiziale risulterebbe vanificata la stessa ratio legis dell’istituto della sospensiva giudiziale ex art. 22, u. c., I. n. 699/81 (ora ex artt. 5 e 6 d.lgs. n. 150/11). 17. Il ricorso va quindi accolto.

L’impugnata sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, che si atterrà al seguente principio di diritto: “La maggiorazione prevista dall’art. 27, co. 6, I. 689/1981 per il caso di ritardo nel pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria – in ragione di un decimo del relativo importo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile – ha natura non già risarcitoria o corrispettiva, bensì sanzionatoria e, pertanto, si determina solo ove sussista il requisito soggettivo della imputabilità del ritardo al comportamento doloso o colposo dell’agente. Da ciò discende che detta maggiorazione non è applicabile in relazione al tempo durante il quale l’efficacia esecutiva del provvedimento sanzionatorio sia stata sospesa ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 689 o degli artt. 5 e 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011 n. 150, valendo tale sospensione ad escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa nella omissione del pagamento.”

18. Il giudice di rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria, oggi 19 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.