La notifica della cartella avvenuta in modo diretto è valida anche se non è seguita dalla successiva raccomandata informativa (Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 14 novembre 2023, n. 31708).

L A  C O R T E  D I  C A S S A Z I O N E

SEZIONE  TRIBUTARIA

composta da

Dott. Federico Sorrentino       Presidente

Dott. Stefania Billi                    Consigliere

Dott. Antonio Mondini            Consigliere

Dott. Andrea Penta                  Consigliere Rel.

Dott. Antonella Dell’Orfano    Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 28909/2017 proposti da:

(omissis) (omissis) (omissis) e ivi domiciliato in (omissis), rappresentato e difeso giusta procura in calce al ricorso ed elettivamente domiciliato per le comunicazioni presso lo studio dell’Avv (omissis) (omissis);

– ricorrente –

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore (C.F.: (omissis), con sede in (omissis), e  Tribunale di Roma – Ufficio recupero crediti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: (omissis) 12; e presso la stessa domiciliati in Roma alla Via dei Portoghesi 12;

– controricorrenti –

e

Agenzia delle Entrate-Riscossione; Camera di Commercio; (omissis) (omissis) s.p.a.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 2305/2017 emessa dalla CTR Lazio in data 26/04/2017 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea Penta.

Rilevato che

1. (omissis) (omissis) proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso un avviso di fermo amministrativo emesso da (omissis) per il mancato pagamento di undici cartelle esattoriali riferite a vari tributi (diritti camerali, tassa automobilistica, Tarsu/Tia).

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

3. Sull’appello del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale Lazio rigettava il gravame, affermando che:

– le questioni sollevate con la querela di falso (avente ad oggetto la natura asseritamente apocrifa delle sottoscrizioni che sarebbero state apposte dal (omissis) sulle ricevute di ritorno delle notifiche di alcune delle cartelle di pagamento sottese al preavviso di fermo impugnato) erano irrilevanti, essendo l’effettiva e completa conoscenza, da parte del contribuente, delle cartelle desumibile  dalla circostanza che egli aveva, con il ricorso introduttivo, denunciato specifici vizi delle stesse;

– nel caso in cui l’Ufficio esegua le notifiche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, non occorre osservare le disposizioni di cui alla l. n. 890/1982;

– risultando regolarmente notificate le cartelle di pagamento, il contribuente avrebbe potuto impugnare il preavviso di fermo solo per vizi suoi propri;

– andava dichiarato il difetto di giurisdizione con riferimento alla cartella relativa a violazioni al codice della strada n. (omissis)

4. Avverso la sentenza della CTR proponeva ricorso per cassazione (omissis) (omissis) sulla base di quattro motivi.

Il Ministero della Giustizia ed il Tribunale di Roma – Ufficio recupero crediti hanno resistito con controricorso, manifestando la loro carenza di legittimazione a resistere per non essere stato impugnato il capo della sentenza con il quale la CTR aveva  dichiarato il proprio difetto di giurisdizione con riferimento alla cartella n. (omissis).

L’Agenzia delle Entrate Riscossione, la Camera di Commercio, (omissis) s.p.a. e la (omissis) non hanno svolto difese.

Considerato che

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 39 d.lgs. n. 546/1992 e 295 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver la CTR sospeso il giudizio di merito nonostante la pendenza del giudizio per querela di falso proposta avverso  le  sottoscrizioni apocrife apposte sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate contenenti quattro cartelle di pagamento.

1.1. Il motivo é fondato.

La CTR ha rigettato il motivo di gravame avente ad oggetto la richiesta di sospensione del giudizio ex art. 295 cod. proc. civ. per essere pendente un giudizio di querela di falso (avente ad oggetto la natura asseritamente apocrifa delle sottoscrizioni che sarebbero state apposte dal (omissis) sulle ricevute di ritorno delle notifiche di alcune delle cartelle di pagamento sottese al preavviso di fermo impugnato) per il difetto del presupposto della rilevanza delle circostanze addotte a sostegno della querela.

In particolare, la CTR ha sostenuto che l’effettiva e completa conoscenza, da parte del contribuente, delle  cartelle era desumibile dalla circostanza che egli aveva, con il ricorso introduttivo, denunciato specifici vizi delle stesse.

Orbene, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata é errata per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, la nullità della notificazione dell’atto impositivo e sanata, a norma dell’art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., per effetto del raggiungimento del suo scopo, il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, può desumersi anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera di quest’ultimo, dell’atto invalidamente notificato, e non certo dalla impugnazione di un atto diverso (come nel caso di specie, il preavviso di fermo) che trovi nella definitività del primo solo il suo presupposto (Cass. civ., Sez. 5, Sentenza n. 1238 del 22/01/2014).

In secondo luogo, l’analiticità dei motivi di doglianza ben può derivare dalla conoscenza (non già delle cartelle di pagamento, ma) del successivo preavviso di fermo amministrativo, che pure deve contenere il dettaglio del debito tributario.

Ragion per cui, almeno con riferimento alle cartelle di pagamento oggetto di querela di falso (cfr. pag. 27 del ricorso), ricorrevano senz’altro i presupposti per disporre la sospensione del giudizio principale in attesa della definizione di quello incidentale.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 26 dPR n. 602/1973, 60 dPR n. 600/1973, 137 ss. cod. proc. civ. e 6 l. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, 3), cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto ritualmente notificate le cartelle di pagamento sottese al preavviso di fermo impugnato nonostante fossero state consegnate a persone diverse dal destinatario senza invio della successiva raccomandata informativa e non fossero state precedute dalle ricerche di rito.

2.1. Il motivo é infondato, anche a voler prescindere dal rilievo per cui il ricorrente ha omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, il ricorso introduttivo del giudizio, onde porre questo Collegio nelle condizioni di verificare se avesse tempestivamente sollevato le specifiche censure.

Vanno applicati, alla fattispecie in oggetto, i principi di questa Corte, secondo cui, in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della I. n. 890 del 1982 (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28872 del 12/11/2018; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12083 del 13/06/2016).

Ciò in quanto tale forma “semplificata” di notificazione si giustifica, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato e non costituendo nella disciplina della notificazione “una condizione indefettibile della tutela costituzionalmente necessaria di tale, pur fondamentale, diritto” (Cass. 28872/2018 cit.; Corte cost. 175/2018, cit.).

Tale statuizione non é stata superata dalla modifica legislativa di cui all’art. 1, comma 883, della I. 145/2018, che ha reintrodotto l’obbligo per l’operatore postale della successiva raccomandata in caso di consegna a persona diversa dal destinatario con disposizione che non ha efficacia retroattiva, in base al principio di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ. (non trattandosi di norma costituente attuazione di principi costituzionali).

Ha pertanto errato il contribuente nel sostenere l’invalidità della notifica avvenuta in modo diretto, ai sensi dell’art. 26, comma 1, d.P.R. cit., non seguita dalla successiva raccomandata informativa, ritenendo applicabile l’art. 139, quarto comma, cod. proc. civ.. Invero, l’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, al primo comma, nulla prevede in merito all’invio della raccomandata informativa, qualora l’Ufficio decida di avvalersi direttamente del servizio postale, a fini notificatori.

In particolare, la citata disposizione, stabilisce espressamente che «[…] la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma, o dal portiere dello stabile dove é l’abitazione, l’ufficio o l’azienda» (Cass. civ., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10037 del 10/04/2019).

Da non confondere con la fattispecie in esame e l’ipotesi in cui la notificazione della cartella esattoriale sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati ex art. 60, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973 mediante consegna nelle mani del portiere, nel qual caso la stessa deve essere seguita dalla spedizione della raccomandata informativa di cui all’art. 139, quarto comma, cod. proc. civ. (Cass. civ., Sez. L, Ordinanza n. 2229 del 30/01/2020).

Non applicabile al caso in esame e altres1 il principio per cui <<In tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 22 novembre 2012, va applicato l’art. 140 cod. proc. civ., in virtù del combinato disposto dell’art. 26, ultimo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, sicché é necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione>> (Cass. civ., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9782 del 19/04/2018; Cass. civ., Sez. 5, Ordinanza n. 27825 del 31/10/2018).

Né, infine, sarebbe invocabile il terzo comma dell’art. 26 dPR n. 602/1973 (secondo cui <<Nei casi previsti  dall’art. 140 del codice di procedura civile, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall’art. 60 del decreto del presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 600>>), atteso che nella fattispecie in esame le cartelle risultano notificate a persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda ovvero al portiere, vale a dire a soggetti ricompresi nell’ambito dell’art. 139 c.p.c.

Nel ribadire che, in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della l. n. 890 del 1982, in quanto tale forma “semplificata” di notificazione si giustifica, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato (Cass. civ., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28872 del 12/11/2018), non trova applicazione l’art. 139 cod. proc. civ. il quale, nel prescrivere che la notifica si esegue nel luogo di residenza del destinatario e nel precisare che questi va ricercato nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio, non dispone un ordine tassativo da seguire in tali ricerche, potendosi scegliere di eseguirla presso la casa di abitazione o la sede dell’impresa o l ufficio, purché si tratti, comunque, di luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la sua residenza (Cass. civ., Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 25489 del 26/10/2017).

Del resto, solo l’esecuzione secondo la procedura di cui all’art. 140 cod. proc. civ. presuppone l’impossibilita di consegna dell’atto nei luoghi, al destinatario o alle persone in sua vece alternativamente specificate ed alle condizioni prescritte dall’art. 139 cod. proc. civ., secondo l’ordine tassativamente indicato, sicché il loro mancato reperimento (oppure il rifiuto alla ricezione) deve risultare, espressamente e puntualmente, dalla relazione dell’ufficiale notificatore, con la conseguenza che l’omessa attestazione, nella relata di notifica, del compimento delle ricerche dei soggetti potenzialmente consegnatari dell’atto rende illegittima l’adozione del procedimento notificatorio ex art. 140 cod. proc. civ. ed inficia di nullità la notifica in tal guisa eseguita, con ulteriore illegittimità derivata dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento (che di detta iscrizione da notizia al contribuente) consequenziale a detto avviso (Cass. civ., Sez. 5, Ordinanza n. 22333 del 05/08/2021).

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia: la violazione falsa applicazione degli artt. 25 dPR n. 602/1973 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato che l’Agenzia aveva omesso di depositare la copia delle cartelle asseritamente presupposte al preavviso di fermo, nonostante egli avesse negato di averle ricevute ed avesse contestato il contenuto del plico raccomandato asseritamente contenente le cartelle; la violazione falsa applicazione dell’art. 25 dPR n. 602/1973, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto validamente emesse le cartelle di pagamento asseritamente a lui notificate, nonostante la mancata produzione delle stesse e che le copie versate in atti non fossero conformi a quelle che a suo tempo sarebbero state notificate.

3.1. Il motivo é inammissibile.

Pur dando atto che la questione concernente l’asserita difformità tra le copie delle cartelle di pagamento prodotte (in data 6.9/26.10.2016) rispetto a quelle che sarebbero state notificate si sarebbe potuta porre, a seguito della sentenza del TAR Lazio n. 8948/2016, solo nel corso del giudizio d’appello (instaurato con atto notificato in data 9.3.2016), dell’altra prodromica questione, relativa alla omessa produzione iniziale delle cartelle esattoriali che si assumono notificate, non vi e cenno nella sentenza qui impugnata.

Ragion per cui, in osservanza del principio di autosufficienza, il contribuente avrebbe dovuto trascrivere, almeno nei suoi passaggi essenziali, l’atto di appello, onde porre questo Collegio nelle condizioni di scrutinare se avesse specificamente formulato la doglianza.

Viceversa, il ricorrente si e limitato a trascrivere, peraltro con riferimento solo alla differente (e, comunque, successiva, anche sul piano logico) questione della difformità tra le copie delle cartelle prodotte dall’Ufficio e  quelle asseritamente notificate, la memoria illustrativa depositata nel grado d’appello (cfr. pag. 31 del ricorso).

Senza tralasciare che, alla luce del contenuto della memoria illustrativa del 2.7.2015, depositata in primo grado all’esito della produzione documentale da parte dell’Agenzia, il contribuente era stato posto sin dall’inizio nelle condizioni di formulare specifiche censure avverso le varie cartelle di pagamento (cfr. pagg. 6-8 del ricorso).

In ogni caso, anche a voler ritenere in astratto che la relativa censura fosse stata tempestivamente formulata in sede di gravame, si sarebbe in presenza di una omissione di pronuncia.

Orbene, il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi.

Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non e indispensabile che faccia esplicita menzione della avvistabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’ art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti, come nel caso di specie, ad argomentare sulla violazione di legge (Cass. civ., Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013; conf. Cass. civ., Sez. 1, Sentenza n. 24553 del 31/10/2013 e Sez. 2, Ordinanza n. 10862 del 07/05/2018).

Per mera completezza espositiva, va altresì evidenziato che, in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio non e necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo invece sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica. In applicazione di tale principio, Cass. civ., Sez. 5, Sentenza n. 20769 del 21/07/2021 ha cassato la decisione della CTR che non aveva ritenuto sufficiente la avvenuta produzione, da parte dell’agente della riscossione, di copie fotostatiche delle relate di notifica contenti il riferimento “al carico di cui agli estratti di ruolo” impugnati dalla contribuente, senza considerare che, in assenza di contestazioni sulla conformità delle copie agli originali, l’estratto di ruolo – equipollente della matrice – conteneva tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria.

3.2. Da ultimo, avuto riguardo alla contestazione asseritamente sollevata in ordine al contenuto della busta spedita dall’Agenzia delle Entrate (cfr. 32-33 del ricorso), va preliminarmente dato atto che il ricorrente ha trascritto (v. pag. 11 del ricorso) un passaggio della memoria illustrativa depositata in primo grado con il quale ha sollevato la questione relativa al contenuto della busta spedita dall’Agenzia.

Tuttavia, superando il precedente indirizzo secondo cui, nel caso di notifica della cartella di pagamento mediante l’invio diretto di una busta chiusa raccomandata postale, e onere del mittente il plico raccomandato fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto, allorché risulti solo la cartolina di ricevimento ed il destinatario contesti il contenuto della busta medesima (Cass. civ., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18252 del 30/07/2013), questa Sezione si é ormai orientata nel senso che, in tema di notifica della cartella di pagamento mediante raccomandata, la consegna del plico al domicilio del destinatario risultante dall’avviso di ricevimento fa presumere, ai sensi dell’art. 1335 cod. civ., in conformità al principio di cd. vicinanza della prova, la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, é onerato della relativa prova (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16528 del 22/06/2018).

In ogni caso, anche in siffatta evenienza si sarebbe in presenza di un’ipotesi di omissione di pronuncia, come tale non denunciabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.

4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione falsa applicazione degli 2697 e 2948 n. 4 cod. civ. e 5 d.l. n. 953/1982 (conv. in l. n. 53/1983), ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato che l’Agente della Riscossione non aveva prodotto gli atti interruttivi della prescrizione dei crediti.

4.1. Il motivo é inammissibile.

Invero, sì come già evidenziato nell’analizzare il precedente motivo, essendosi, per stessa ammissione del contribuente, al cospetto di un’omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione, per quanto il ricorrente non debba  necessariamente  operare  una  esplicita  menzione  della avvistabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., il motivo deve recare un univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa  omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti, come nel caso di specie, ad argomentare sulla violazione di legge (Cass. civ., Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013; conf. Cass. civ., Sez. 1, Sentenza 24553 del 31/10/2013 e Sez. 2, Ordinanza n. 10862 del 07/05/2018).

Senza tralasciare che inconferente e il richiamo all’asserita violazione dell’art. 2697 cod. civ., se solo si tiene presente che la violazione del precetto in esso contenuto si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi e un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 19064 del 05/09/2006; conf. Cass. civ., Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020).

5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita accoglimento con riferimento al primo motivo. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e la causa rinviata, anche per le spese del seguente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo, dichiara inammissibili il terzo ed il quarto, cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del seguente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 6.11.2023.

Il Presidente

Dott. Federico Sorrentino

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.