REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
con l’intervento dei magistrati:
Dott. Giuseppe Sapone, Presidente
Dott. Chiara Cavallari, Referendario
Dott. Massimiliano Scalise, Referendario, Estensore
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 7395 del 2023, proposto dalla Emergency Ong Onlus e dalla Prua Rossa s.r.l. società benefit a socio unico, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Andrea Mozzati, Mario Sanino ed Enrico Mordiglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Interno e il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
– del provvedimento del 7 marzo 2023, con il quale il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, con funzioni di Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo (Italian Maritime Rescue Coordination Centre–IMRCC), ha comunicato che il porto di Brindisi è stato individuato come luogo di sbarco per i migranti a bordo della nave “Life Support”;
– di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o conseguente, ivi compresi: i) gli anche interni con i quali le competenti Autorità hanno individuato, quale porto di destinazione, il porto di Brindisi; ii) le comunicazioni intercorse tra il Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo e le altre Autorità competenti relativamente a tale assegnazione;
nonché per l’accertamento e la declaratoria, ai sensi dell’art. 116 del cod.proc.amm. del diritto della Emergency Ong Onlus e della Prua Rossa s.r.l. a prendere visione ed estrarre copia integrale di tutti gli atti e documenti in possesso del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Ministero dell’Interno, del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto e della Capitaneria di Brindisi relativi al procedimento sfociato nell’individuazione e nell’assegnazione del porto di Brindisi quale porto di destinazione per la nave “Life Support”, come richiesti con l’istanza di accesso presentata il 3 aprile 2023;
e per l’annullamento
– del silenzio diniego opposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di formatosi sulla menzionata istanza di accesso del 3 aprile 2023, relativa alla succitata documentazione;
– della nota del Ministero dell’Interno n. 37993 del 24 aprile 2023, con la quale è stato denegato l’accesso alla documentazione richiesta;
– della nota del Ministero delle Infrastrutture-Dipartimento per la mobilità sostenibile n. 11638 del 17 aprile 2023, con la quale è stato comunicato “che la materia di cui all’istanza di accesso non è di competenza di questa Direzione Generale”;
– della nota della Capitaneria di Porto di Brindisi n. 19898 del 2 maggio 2023, con la quale è stato comunicato “che la Capitaneria di porto in intestazione, ente periferico alle dipendenze del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, non ha partecipato al procedimento di individuazione ed assegnazione del porto di Brindisi quale porto di sbarco dei naufraghi soccorsi nell’operazione SAR conclusasi il 07.03.2023”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio e le memorie delle Amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 116, comma 2 del cod.proc.amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2023 il dott. Massimiliano Scalise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Premesso che:
– con l’atto introduttivo del presente giudizio, la Emergency Ong Onlus, noleggiatrice della nave “Life Support”, battente bandiera panamense e adibita ad attività di search and rescue ( di seguito anche “SAR”) e la Prua Rossa s.r.l., società proprietaria della citata nave, hanno contestato le comunicazioni con cui, in relazione a un’operazione di salvataggio di migranti in acque libiche (e quindi extraterritoriali), le Autorità italiane hanno individuato, come luogo di sbarco il porto di Brindisi, in tesi disagevole da raggiungere e contrastante con la normativa internazionale di riferimento;
– le ricorrenti hanno anche: i) gravato, ai sensi dell’art. 116, comma 2 del cod.proc.amm., gli atti con cui le varie Amministrazioni intimate non hanno concesso loro l’accesso ai documenti richiesti con l’istanza del 3 aprile 2023; ii) agito per ottenere la loro esibizione ope iudicis;
– con detta istanza, in particolare, le ricorrenti hanno chiesto l’accesso “ai sensi e per gli effetti degli artt. 22 e ss. legge n. 241/1990 e degli artt. 5 e ss., d.lgs. n. 33/2013 a tutti i documenti del menzionato procedimento, tra cui, in via esemplificativa e non esaustiva”:
i) agli atti anche interni e/o istruttori con i quali è stato individuato il porto di Brindisi quale porto ove far sbarcare i migranti a bordo della nave Life Support;
ii) alle comunicazioni intercorse tra l’IMRCC e il Ministero dell’Interno e/o le altre Autorità Competenti relativamente all’individuazione e all’assegnazione del predetto porto;
iii) ai pareri (anche interni), alle relazioni di servizio, alle comunicazioni, agli apporti istruttori, emessi dalle Amministrazioni, dagli Enti o dagli organi a qualunque titolo coinvolti o intervenuti nel procedimento di individuazione e di assegnazione del porto di Brindisi quale porto di sbarco dei migranti soccorsi nel corso dell’operazione SAR del 7 marzo 2023;
iv) ad ogni altro provvedimento comunque denominato, assunto nel summenzionato procedimento;
– a fronte della citata istanza, unica ma indirizzata alle varie Amministrazioni intimate, sono seguiti:
i) il silenzio-diniego del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto formatosi sull’istanza ostensiva;
ii) la nota del Ministero dell’Interno n. 37993 del 2 aprile 2023, recante il diniego espresso dell’ostensione degli atti richiesti; iii) la nota del Ministero delle Infrastrutture n. 11638 del 17 aprile 2023 e la nota della Capitaneria di Porto di Brindisi n. 19898 del 2 maggio 2023, che hanno rappresentato la loro incompetenza a decidere sulla richiesta di accesso;
– nel gravame, le ricorrenti hanno fatto valere unicamente l’accesso difensivo, invocando l’art. 24, comma 7 della l.n. 241/1990 e sostenendo la necessità di conoscere i documenti richiesti per difendere le proprie ragioni nel giudizio incardinato, avente ad oggetto l’asserita illegittimità dell’individuazione, da parte delle Autorità italiane, del porto di sbarco;
– il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto e il Ministero dell’Interno si sono costituiti in resistenza al ricorso e con articolata memoria hanno confutato le censure ivi dedotte; con riferimento alla domanda di accesso agli atti:
i) hanno depositato in giudizio la nota del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto n. 59478 dell’8 maggio 2023, indirizzata alle ricorrenti, con cui il rigetto dell’istanza di accesso è stato corredato da una motivazione più articolata sia con riguardo all’accesso civico che con riguardo all’accesso difensivo;
ii) hanno corroborato la motivazione del diniego di accesso con ulteriori argomentazioni, corredate da richiami giurisprudenziali;
– all’udienza camerale del 5 luglio 2023, uditi gli avvocati come da verbale, la causa è stata assunta in decisione;
Considerato che:
– il ricorso per conseguire l’accesso agli atti richiesti con l’istanza del 3 aprile 2023 risulta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto la nota del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto n. 59478 dell’8 maggio 2023, intervenuta in via successiva sia rispetto alla formazione del silenzio-diniego impugnato sia rispetto alle altre note gravate e avente carattere di conferma in senso proprio delle precedenti determinazioni censurate, non è stata oggetto di impugnativa;
– sul punto il Collegio non può non aderire all’orientamento giurisprudenziale, secondo cui:
i) il decorso del termine di 30 giorni dalla presentazione dell’istanza di accesso agli atti non consuma il potere della P.A., che può sempre emanare un diniego (o anche, un accoglimento) espresso e motivato;
ii) un diniego esplicito, anche se rilasciato dopo la formazione del silenzio-diniego, costituisce un atto di conferma a carattere rinnovativo, che modifica la realtà giuridica, riapre i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale e deve, pertanto, essere specificamente impugnato, pena l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso originariamente proposto (cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, VI, n.1472/2022, TAR Lazio, Latina, I, n. 532/2012);
– quindi, la mancata impugnazione della predetta nota, ritualmente indirizzata ai due recapiti PEC indicati nell’istanza ostensiva ([email protected] e [email protected]; né del resto le ricorrenti, anche all’udienza camerale, hanno allegato la mancata ricezione), è idonea a determinare il venir meno dell’interesse all’impugnativa spiegata, tenuto conto:
i) dell’unicità formale e sostanziale della richiesta di accesso, con la quale sono stati richiesti i medesimi atti e documenti alle varie Amministrazioni in indirizzo;
ii) della provenienza della nota dell’8 maggio 2023 dall’Amministrazione che, pur agendo in concerto con il Ministero dell’Interno per l’individuazione del porto di sbarco (cfr. par. 10.3 della sentenza di questo T.A.R. n. 10402/2023), risulta il soggetto oblato, ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 662/1994, del coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo;
iii) della indubbia diversità della motivazione di tale nota rispetto a tutte le precedenti;
iv) al rilievo per cui la sua mancata impugnazione ha determinato il cristallizzarsi del diniego di accesso e della sua motivazione, avente portata generalizzante e innovativa rispetto alle note gravate;
– in relazione a tali ultimi aspetti, l’esame della nota dell’8 maggio 2023 e della sua motivazione più articolata e ricca di riferimenti, anche rispetto alla nota di diniego espresso del Ministero dell’Interno, induce a ritenere che detta nota risulti non solo conferma in senso rinnovativo del silenzio-diniego gravato ma anche atto ampliativo dell’impianto motivazionale fondante il diniego dell’accesso rispetto a quanto previsto dagli altri atti impugnati;
– significativi, in tal senso, risultano i passi della citata nota, in cui la ragione della mancata ostensione dei documenti richiesti è stata: i) suffragata, non più solo col riferimento alle ragioni di sicurezza e di ordine pubblico interno in relazione a quanto previsto dal d.m. del 16 marzo 2022 (come già nella nota del Ministero dell’Interno n. 37993 del 2 aprile 2023), bensì con riguardo all’art. 1048, comma 1, lett. q) del d.P.R. 90/2010: tale norma sottrae all’accesso i documenti riguardanti “programmazione, pianificazione e condotta di attività operative-esercitazioni NATO e nazionali”, tra le quali rientrano anche quelle condotte dal Centro Operativo Nazionale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera-IMRCC; ii) arricchita con riferimenti giurisprudenziali e con argomentazioni volte a sostanziare il pregiudizio connesso alla divulgazione degli atti richiesti;
– a tale stregua, le ricorrenti erano tenute a gravare la citata nota, sopravvenuta in pendenza della lite, con motivi aggiunti e il non avervi provveduto determina l’improcedibilità dell’impugnativa proposta;
– e del resto non può aver giuridico pregio l’argomentazione utilizzata dalla ricorrente all’udienza camerale, secondo cui, a supportare la procedibilità del ricorso basterebbe l’impugnativa del diniego del Ministero degli Interni, in quanto in tesi sarebbe quest’ultimo Dicastero ad essere competente all’adozione degli atti richiesti; al riguardo, è sufficiente considerare che:
i) come già illustrato dal Collegio nella sentenza di questo T.A.R. n. 10402/2023 (cfr. par. 10), la competenza all’individuazione del porto di sbarco è demandata non già solo al Ministero degli Interni ma al concerto fra quest’ultimo e il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto;
ii) è quest’ultimo ad essere incaricato, ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 662/1994, del coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo;
iii) il silenzio diniego del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto è stato inequivocabilmente superato dalla nota dell’8 maggio 2023, connotata da una portata innovativa rispetto ai precedenti atti già gravati;
Considerato, poi, che:
– solo per completezza si aggiunge che il ricorso, anche a voler ipoteticamente prescindere dalla sua improcedibilità, risulterebbe comunque infondato nel merito;
– al riguardo, il Collegio ravvisa i presupposti per estendere alla fattispecie in scrutinio l’orientamento già recentemente affermato in relazione ad una fattispecie analoga dalle sentenze nn. 5607/2023 e 6694/2023 con riferimento:
i) alla riconducibilità delle attività di pattugliamento e di soccorso in mare alla fattispecie di esclusione del diritto di accesso prevista dall’art. 1048, co.1, lett. q) del d.P.R. n. 90/2010, tenuto conto della molteplicità di implicazioni ad essa connesse, di carattere militare, di polizia nonché di politica migratoria interna ed estera (si pensi ai rapporti internazionali con lo Stato dell’area SAR, con lo Stato di bandiera della nave soccorritrice e a volte con l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera – Frontex) (cfr. par. 7.1 della pronuncia e anche Cons. St., V, n. 1195/2023): e tali evidenze valgono sia per i casi di accesso civico che per i casi di accesso difensivo;
ii) all’inscindibilità delle eventuali e contingenti attività di soccorso in mare rispetto all’attività istituzionale e amministrativa (nel cui contesto le prime finiscono per essere ricomprese) delle unità navali presenti nel Mediterraneo (in acque interne o internazionali), ai fini dell’applicazione del regime di segretezza dei relativi atti e documenti (cfr. in tal senso anche Cons. St., V, n. 1121/2020);
iii) al concreto pregiudizio che l’eventuale ostensione degli atti richiesti può arrecare agli interessi pubblici coinvolti, e in particolare a quelli connessi alla salvaguardia delle relazioni nazionali ed internazionali nonché alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (cfr. par. 7 della pronuncia);
iv) alle ragioni per cui detta documentazione è sottratta all’accesso civico per effetto dell’operare congiunto dell’art. 1048, co. 1, lett. q) citato, dell’art. 5-bis, comma 6, del d.lgs n. 33/2013 e delle Linee Guida ANAC n. 1309 del 2016 (cfr. par. 7.2 della pronuncia);
v) alla piena applicabilità in simili fattispecie anche degli artt. 2 e 3 del decreto del Ministro degli Interni del 16 marzo 2022, legittimamente adottato ai sensi dell’art. 24, comma 6 della l.n. 241/1990 e recante le “categorie di documenti inaccessibili per motivi attinenti alla sicurezza, alla difesa nazionale ed alle relazioni internazionali”, laddove esclude l’ostensibilità, fra l’altro, dei documenti dalla cui divulgazione non autorizzata possa derivare una lesione alla sicurezza e alla difesa nazionale, nonché all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali;
vi) alla non necessità, sulla base della chiarezza e dell’autosufficienza del citato dettato regolamentare, di un’articolata motivazione a fondamento della singola esclusione dall’accesso di volta in volta statuita dall’Amministrazione, risultando sufficiente la giustificazione ricavabile dalla riconducibilità della tipologia di documento richiesto all’ambito oggettivo delle citate previsioni normative;
vii) alla necessità, specie alla luce del regime di segretezza che connota gli atti richiesti nonché dell’intensità dell’onere probatorio imposto sul ricorrente nel caso di accesso difensivo ex art. 24, comma 7 della l.n. 241/1990, che dall’istanza ostensiva si evinca in modo chiaro e rigoroso il rapporto di strumentalità, in termini di stretta necessità, fra i documenti richiesti e le esigenze difensive palesate (cfr. in tal senso anche sent. Ad. Plen. n. 4/2021);
Ritenuto che:
– calando le summenzionate coordinate nella fattispecie all’esame, il ricorso ex art. 116, comma 2 del cod.proc.amm., in cui le ricorrenti hanno fatto valere unicamente l’accesso difensivo, ove anche fosse procedibile, sarebbe comunque non suscettibile di positiva considerazione;
– innanzitutto, le valutazioni compiute dal Ministero dell’Interno di concerto con il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, in vista dell’individuazione del porto di sbarco dei migranti non sono considerabili, come pretenderebbero le ricorrenti, in modo isolato e parcellizzato rispetto all’unitaria attività di pattugliamento e soccorso in mare, attività nella quale si inscrivono sotto l’aspetto funzionale, contenutistico e finanche temporale, atteso che contribuiscono a definirne una delle fasi rilevanti (cioè l’individuazione della località dello sbarco dei migranti, del “porto sicuro”);
– a tale stregua, anche tale fase risulta:
i) permeata da quella molteplicità di delicate implicazioni di carattere militare, di polizia, di ordine pubblico interno e di politica migratoria, che caratterizzano l’attività SAR;
ii) connotata dalla delicatezza della relativa documentazione, la cui divulgazione è concretamente suscettibile, tenuto conto della tipologia delle relative informazioni, di arrecare una lesione alla sicurezza e alla difesa nazionale, nonché all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali (cfr. sul punto in particolare l’art. 2, comma 1, lett d) del d.m. del 16 marzo 2022, che emblematicamente menziona espressamente proprio gli atti di gestione delle frontiere e dell’immigrazione fra i documenti sottratti all’accesso);
– tali caratteristiche giustificano l’esclusione nella specie sia dell’accesso civico sia di quello difensivo ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.m. del 16 marzo 2022 e dell’art. 1048, co.1, lett. q) del d.P.R. n. 90/2010;
– la documentazione amministrativa correlata all’attività di pattugliamento e soccorso in mare contiene e riflette posizioni, oltre che interessi, di politica estera del Governo nonché scelte e ad azioni di carattere politico, al cospetto delle quali il diritto di conoscere si arresta di fronte a un’attività latamente discrezionale che, se divulgata, pregiudicherebbe in modo irreparabile i predetti valori che dalla normativa in discorso ricevono una protezione rafforzata (cfr. sul punto anche le Linee guida ANAC n. 1309/2016);
– altrettanto priva di pregio risulta la censura, secondo cui il Ministero dell’Interno non avrebbe spiegato perché gli atti richiesti dalle ricorrenti rientrerebbero tra i documenti elencati negli artt. 2 e 3 del d.m. 16 marzo 2022 e quale sarebbe il concreto pregiudizio all’interesse pubblico che deriverebbe dall’ostensione degli atti richiesti;
– sul punto, come già in precedenza anticipato, dalla pacifica riconduzione della tipologia dei documenti richiesti all’ambito oggettivo previsto dal citato d.m. del 16 marzo 2022 risultano agevolmente desumibili, in conseguenza dell’autosufficienza delle richiamate norme regolamentari, sia la ragione della loro mancata ostensione sia la tipologia di pregiudizio connessa alla loro divulgazione, senza bisogno di un’ulteriore motivazione che finirebbe per essere ultronea rispetto alla chiarezza della formulazione normativa;
– sotto un distinto versante, l’esame dell’istanza di accesso agli atti evidenzia che le ricorrenti non hanno adeguatamente assolto l’onere di dimostrare il nesso di strumentalità della documentazione richiesta e le esigenze difensive rappresentate; tale evidenza traspare, in particolare, dal tenore dell’istanza di accesso in cui:
i) le esigenze difensive sono state enunciate in modo estremamente generico, non meglio sostanziato neppure in sede ricorsuale, tenuto anche conto delle particolari caratteristiche degli atti impugnati (cfr. in tal senso sempre T.A.R. Lazio, Roma, III, n. 10402/2023, par. 12);
ii) è stata richiesta l’ostensione “in via esemplificativa e non esaustiva” di una congerie di documenti non meglio identificati, a riprova del carattere esplorativo dell’istanza; sul punto il Collegio non può non applicare l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui “in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990 si deve escludere che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare” (cfr. Ad. Plen. n. 4/2021);
Ritenuto, in definitiva, che:
– il ricorso proposto, limitatamente all’impugnativa degli atti di diniego dell’accesso e alla richiesta di esibizione dei documenti richiesti con l’istanza del 3 aprile 2023, vada complessivamente respinto, in quanto improcedibile e comunque infondato per le ragioni in precedenza illustrate;
– le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), pronunciando sull’istanza ex art. 116, comma 2 del cod.proc.amm. contenuta nel ricorso in epigrafe, la respinge.
Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese legali in favore delle Amministrazioni resistenti, liquidandole a carico di ciascuna parte ricorrente nella misura complessiva di euro 2.000,00, oltre ad oneri come per legge.
Ordina alla segreteria della Sezione di provvedere alla comunicazione della presente ordinanza.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il giorno 14 luglio 2023.