La presunzione di responsabilità a carico del conducente concorre con quella a carico del proprietario dell’animale (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 12 dicembre 2023, n. 34675).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

GIACOMO TRAVAGLINO                     Presidente

PASQUALE GIANNITI                           Consigliere

CRISTIANO VALLE                                Consigliere – Rel.

ANTONELLA PELLECCHIA                   Consigliere

RAFFAELE ROSSI                                  Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n.7111/2022 R.G. proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) S.R.L.S., in persona del legale rappresentante in carica elettivamente domiciliato in ROMA via (OMISSIS) 110, presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);

-ricorrente-

contro

REGIONE MARCHE, in persona del Presidente in carica, domiciliato per legge in ROMA, alla piazza CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS);

-controricorrente-

avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di MACERATA n. 813/2021 depositata il 19/08/2021.

Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 5/06/2023 dal Consigliere relatore dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.

FATTI DI CAUSA

La (omissis) (omissis) S.r.l.s. convenne in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Macerata, la Regione Marche chiedendo il risarcimento dei danni causati alla sua vettura da parte di un cinghiale che era sbucato improvvisamente sulla strada che la vettura stava percorrendo, guidata da (omissis) (omissis), la notte del 25/03/2016, sulla strada provinciale 180.

Il Giudice di pace accolse la domanda e liquidò in favore della società oltre millenovecento euro (€ 1.950,00) e le spese di lite.

La Regione Marche propose appello.

Il Tribunale di Macerata ha, con sentenza n. 813 del 19/08/2021, accolto l’appello della Regione e ha rigettato la domanda, condannando la Light Impianti S.r.l. alle spese del doppio grado.

Avverso la sentenza del Tribunale di Macerata ricorre la (omissis) (omissis) S.r.l.s. con atto affidato a cinque motivi.

Risponde con controricorso la Regione Marche.

Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 05/06/2023, alla quale la causa è stata trattenuta in decisione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

La ricorrente muove alla sentenza del Tribunale di Macerata le seguenti censure.

Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente dell’art. 2052 cod. civ. La ricorrente ritiene errata la sentenza d’appello laddove essa ha affermato che l’accoglimento della domanda in forza della norma sulla responsabilità del custode comporterebbe il vizio di ultrapetizione.

Il secondo motivo afferma l’erroneità della sentenza per avere essa rigettato la domanda ritenendola infondata sia che si fosse applicato l’art. 2043 cod. civ. che l’art. 2052 cod. civ.

Il terzo mezzo pone censura di violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. in base all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per motivazione mancante, in quanto non conseguente alla disamina dei fatti di causa.

Il quarto mezzo deduce violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame di fatto decisivo, costituito dal verbale dei carabinieri intervenuti sul luogo dell’incidente.

Il quinto motivo contesta la mancanza di valida procura alla lite in favore dei difensori della Regione Marche.

La Regione Marche ha eccepito l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, invocando (p. 9, § “B” del controricorso) la formazione del giudicato interno sulla qualificazione della domanda.

Deduce, al riguardo, che la Light Impianti S.r.l. in primo gradò formulò soltanto una domanda di condanna “ai sensi dell’art. 2043 o 2051 cod.civ.”, e soltanto tardivamente in appello ha invocato la presunzione di cui all’art. 2052 cod.civ.

Il quinto motivo di ricorso, avente carattere preliminare, relativo all’invalida costituzione in giudizio della regione Marche è inammissibile, in quanto non tempestivamente sollevato, o quantomeno non risultando dove e quando la detta questione sia stata sollevata nelle fasi di merito, cosicché sul punto deve ritenersi essere formato giudicato (Sez. U n. 20934 del 12/10/2011 Rv. 619010 –01 e Cass. n. 444 del 14 /01/2003 Rv. 559678 – 01), con riguardo, appunto, alle fasi processuali di merito, mentre avuto riguardo alla presente fase la Regione Marche risulta validamente costituita in giudizio con richiamo della delibera autorizzativa, come da atti depositati in ambito telematico.

Preliminare all’esame dell’eccezione di giudicato interno sollevata dalla Regione Marche è stabilire se la presunzione di cui all’art. 2052 cod. civ. si applichi ai danni causati dalla fauna selvatica, applicazione contestata dalla Regione (pp. 11 – 14 del controricorso).

Diversamente, infatti, il ricorso sarebbe inammissibile per irrilevanza della censura, in quanto invocherebbe la violazione d’una norma che il giudice non doveva applicare.

Al quesito appena esposto deve rispondersi affermativamente.

Questo principio è già stato ripetutamente affermato da questa Corte, e non convincono in senso contrario gli argomenti spesi dall’amministrazione controricorrente.

Che la Regione debba rispondere ai sensi dell’art. 2052 cod. civ. dei danni causati dalla fauna selvatica è già stato affermato da numerose decisioni, tra le quali Cass. n. 7969 del 20/04/2020, Rv. 657572 – 01; Cass. n. 8384 del 29/04/2020; Cass. n. 8385 del 29/04/2020; Cass. n. 12113 del 22/06/2020, Rv. 658165; Sez. 3, Cass. n. 13848 del 6/07/2020, Rv. 658298 – 01; Cass. n. 20997 del 2/10/2020, Rv. 659153 – 01; Cass. n. 16550 del 23/05/2022, Rv. 665057 – 01; nonché, non massimate Cass. n. 18085 del 31/08/2020; Cass. n. 18087 del 31/08/2020; Cass. n. 19101 del 15/09/2020; Cass. n. 25466 del 12/11/2020; Cass. n. 3023 del 9/02/2021).

I princìpi posti a fondamento delle suddette decisioni, cui può qui rinviarsi ai sensi dell’art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ., resistono alle obiezioni sollevate dalla Regione Marche nel controricorso e nella memoria.

In primo luogo, non viene in rilievo l’ordinanza n. 4 del 04/01/2001 della Corte costituzionale, con cui fu ritenuta non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2052 cod. civ., nella parte in cui – secondo l’interpretazione vent’anni fa prevalente – era ritenuto inapplicabile ai danni causati dalla fauna selvatica.

In quell’ordinanza, infatti, la Consulta escluse che quell’interpretazione restrittiva, in allora diffusa, contrastasse col principio di uguaglianza.

Ma ovviamente ciò non comporta per consequentiam che altre interpretazioni, consentite dal testo della norma, debbano ritenersi inibite.

L’ordinanza interpretativa di rigetto pronunciata dalla Consulta infatti – come è noto – vincola il giudice ordinario quando il Giudice delle leggi ritenga che la norma scrutinata sia conforme a Costituzione solo se interpretata in certo modo, che sia in rapporto di esclusione reciproca con qualsiasi altra interpretazione.

Non è questo il nostro caso: se la Corte costituzionale ha ritenuto non in contrasto con l’art. 3 Costituzione l’opzione interpretativa di escludere la P.A. dall’ambito applicativo dell’art. 2052 cod. civ., ciò non comporta che qualsiasi differente interpretazione dell’art. 2052 cod. civ. non sia conforme a Costituzione: conformità a Costituzione che, è bene ricordare, costituisce l’unico oggetto del giudizio di legittimità costituzionale, restando affidato alla Corte di cassazione il compito di stabilire quale sia “l’esatta interpretazione” della legge (art. 65 ord. giud.).

Infine, non sarà superfluo ricordare che se l’interpretazione più antica fu ritenuta non contrastante con l’art. 3 Costituzione, a maggior ragione deve ritenersi conforme a Costituzione quella più recente, che parificando in punto di colpa (quoad culpam) tutti i proprietari di animali, domestici e selvatici, esclude in radice anche il solo sospetto di illegittimità costituzionale.

In secondo luogo, non è condivisibile l’affermazione secondo cui “il potere sulla fauna spetta allo Stato”, non alle Regioni.

Alle Regioni la legge attribuisce il potere di “emanare norme relative alla gestione ed alla tutela della fauna selvatica” (art. 1, comma 3, l. n. 157 del 11/02/19 92): ed è principio antico del diritto civile che l’attribuzione di qualsiasi potere comporta l’assunzione delle connesse responsabilità.

In terzo luogo, non è esatto affermare che le Regioni “non hanno potere sul singolo animale” selvatico, per due ragioni:

-) sia perché stabilire – ad es. – dove allocare la fauna o se ridurne il numero costituiscono altrettante forme di “potere sul singolo animale”, per l’ovvia ragione che il più contiene il meno;

-) sia perché l’art. 2052 cod. civ. subordina la speciale responsabilità ivi prevista alla proprietà dell’animale, non al “potere” su di esso: prova ne sia che tale responsabilità sorge anche quando l’animale sia “smarrito o fuggito”, e dunque anche quando il proprietario non ha più alcun controllo su esso. In quarto luogo, l’interpretazione della legge non può non tenere conto dei tempi e dei luoghi in cui essa deve essere applicata.

E quando la norma presenti un profilo di incertezza, l’interprete deve “prendere in considerazione non la legge ma il legislatore, e non la lettera ma lo spirito del legislatore, e non il fatto ma l’intenzione, e non una parte, ma l’intero”.

Ebbene, l’interpretazione restrittiva dell’art. 2052 cod. civ. fu affermata per la prima volta trent’anni fa (1996) per fatti avvenuti dieci anni prima (1988), in un caso che riguardava danni alle colture causati da anatre selvatiche provenienti da una riserva di caccia (Cass. n. 2192 del 15/03/1996).

Quell’interpretazione sorse dunque in un contesto sociale ed economico nel quale erano ancora di là da venire la proliferazione incontrollata della fauna selvatica, le pesanti interferenze di questa con la circolazione stradale, il costante pericolo da essa provocato alla incolumità ed alla vita stessa delle persone.

Secondo attendibili studi provenienti da associazioni del settore, e calcolando solo i sinistri stradali con danni alle persone, nel decennio 2012-2022 la fauna selvatica ha provocato 1.736 sinistri, i quali hanno causato la morte di 151 persone e il ferimento di altre 1.961: in pratica, un morto od un ferito ogni trentotto ore.

Sicché, anche ad ammettere che la lettera dell’art. 2052 cod. civ. possa dirsi ambigua sotto il profilo di cui qui si discorre, proprio per questa ragione deve essere preferita l’interpretazione che privilegi la tutela dei diritti fondamentali della persona alla vita ed alla salute, prevalenti su qualsiasi contrapposto diritto od interesse.

In ciò, per l’appunto, deve farsi consistere quell’obbligo “di cui la comunità intera deve farsi carico”, affermato dalla Corte costituzionale nell’ordinanza 4 del 2001, sopra ricordata.

Stabilito dunque che l’eccezione di giudicato interno è rilevante nel presente giudizio, se ne può esaminare il merito.

Essa è infondata.

In punto di fatto, il presente giudizio si è così svolto:

a) nell’atto introduttivo del giudizio, la (omissis) (omissis) S.r.l. non ha invocato la presunzione di cui all’art. 2052 cod.civ.;

b) il giudice di primo grado ha accolto la domanda ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., senza nulla dire in merito all’applicabilità dell’art. 2052 cod.civ. (non è dunque esatto quanto dedotto dalla Regione a p. 10, terzo capoverso, del controricorso, e cioè che il Giudice di pace avrebbe “espressamente escluso” l’applicabilità dell’art. 2052 cod.civ.);

c) in appello la danneggiata (vittoriosa in primo grado e appellata) ha chiesto rigettarsi il gravame, senza nulla osservare in merito all’applicabilità dell’art. 2052 cod.civ.;

d) il giudice d’appello ha ritenuto preclusa la questione concernente l’applicabilità dell’art. 2052 cod. c iv ., ed ha esaminato esclusivamente la responsabilità della Regione ai sensi dell’art. 2043 cod. c iv ., rigettando la domanda per difetto di prova della colpa, ma aggiungendo che la domanda sarebbe stata infondata anche alla stregua dell’art. 2052 cod. civ.;

e) (omissis) (omissis) S.r.l. ha impugnato per cassazione tale sentenza, sostenendo che erroneamente il Tribunale ha ritenuto preclusa la questione dell’applicabilità dell’art. 2052 cod.civ.

A fronte di tale vicenda, la Regione ha eccepito nel controricorso l’avvenuta formazione del giudicato interno sulla “natura extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ. dell’invocata responsabilità”, invocando a sostegno dell’eccezione il precedente di questa Corte rappresentato dall’ordinanza n. 25280 del 11/11/2020, pronunciata in fattispecie analoga.

In principio, questa corte ha più volte ammesso che la “qualificazione giuridica” sia suscettibile di passare in giudicato: che si tratti di qualificazione d’un fatto, d’un negozio, dell’azione o dell’eccezione.

Corollario di questo orientamento è che quando il giudice di primo grado abbia qualificato la domanda in un certo modo, e non vi sia stata impugnazione sul punto, è precluso in sede di legittimità invocare una diversa qualificazione.

In applicazione di questo principio si è ritenuta avvenuta la formazione del giudicato interno, ad esempio, nei seguenti casi:

-) quando il giudice di primo grado abbia qualificato la responsabilità del convenuto come contrattuale, e tale statuizione non sia stata censurata in appello; (Cass. n. 13037 del 12/05/2023, Rv. 667589 – 02; Cass. n. 19938 de l 18/07/2008, Rv. 604563 -01);

-) quando il giudice di primo grado abbia qualificato un’opposizione esecutiva come “opposizione agli atti esecutivi”; la parte soccombente abbia proposto appello senza contestare tale qualificazione; il giudice d’appello abbia dichiara quest’ultimo inammissibile, ed il soccombente abbia chiesto in sede di legittimità che l’opposizione fosse qualificata come opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 29763 de l 12/10/2022, Rv. 665820 – 01);

-) quando il giudice di merito abbia qualificato un’obbligazione come “obbligazione di valuta” e tale statuizione non sia stata è impugnata; in tal caso è precluso al soccombente pretendere in sede di rinvio la rivalutazione monetaria (Cass. n. 19212 del 30/09/2005, Rv. 583570 -01).

La regola secondo cui il giudicato possa formarsi anche sulla qualificazione giuridica non è tuttavia senza eccezioni.

Essa ha, in particolare, quattro limiti, e il giudicato sulla qualificazione giuridica non si forma quando:

a) la qualificazione giuridica data dal giudice di merito alla domanda “non ha condizionato l’impostazione e la definizione dell’indagine di merito” (Sez. U n. 16084 del 9.6.2021, § 46 dei “Motivi della decisione”; Cass. n. 10745 del 17.4.2019; Cass. n. 14077 del 01/06/2018, Rv. 649336 -01);

b) l’appellante, pur non censurando la qualificazione giuridica adottata dal primo giudice, abbia formulato difese di merito incompatibili con essa (Sez. U, n. 16084 del 9.6.2021, in motivazione; Cass. n. 2612 del 4.2.2021; Cass. n. 9048 del 12/04/2018);

c) la qualificazione giuridica d’un rapporto non abbia formato oggetto di contestazione tra le parti (Cass. n. 4455 del 21/02/2017; Cass. n. 12159 del 08/05/2023, Rv. 667585 – 01, con riferimento proprio ad una fattispecie identica a quella oggi in esame);

d) infine, non è luogo a discorrere di “giudicato” sulla qualificazione giuridica, quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta.

In questa ipotesi, in virtù del principio jura novit curia, è sempre consentito al giudice – anche in sede di legittimità – “valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione” della norma applicabile (ex multis, Cass. n. 6341 del 0 5 /03/ 2019).

In applicazione di questo principio si è ritenuto, ad es., che proposta impugnazione sulla questione della sospensione della prescrizione, la Corte di cassazione possa rilevare d’ufficio la norma applicabile all’individuazione del dies a quo (Cass. n. 28565 del 03/10/2022, Rv. 665765 – 01; per una diversa fattispecie, ma in senso analogo, Cass. n. 4272 del 18/02/2021, Rv. 660590 -01).

In applicazione di tali princìpi questa corte ha già più volte ammesso che possa prospettarsi per la prima volta in appello (Cass.n. 9294 del 08/05/2015, Rv. 635285 – 01; Cass. n. 1920 del 06/07/1973, Rv. 364997 – 01; Sez. 3, Cass. n. 1103 del 09/05/1964, Rv. 301572 -01) od in Cassazione, come nella specie, la questione della norma disciplinante un determinato fatto illecito. In tal senso si vedano:

-) Cass. n. 12159 del 08/05/2023, Rv. 667585 – 01, con riferimento al danno da fauna selvatica;

-) Cass. n. 15724 del 18/07/2011, Rv. 619488 – 01, e Sez. 3, Sentenza n. 17764 del 05/09/2005, Rv. 584901 – 01 con riferimento al danno da cose in custodia).

Ciò posto, nel caso di specie nessun “giudicato interno” può ritenersi formato sulla “qualificazione giuridica” della domanda, per le ragioni indicate supra, pagg. 7 e segg.

In primo luogo, infatti, lo stabilire se la domanda proposta dall’attore debba decidersi applicando l’art. 2043 cod. civ. o l’art. 2052 cod. civ. non è una questione di qualificazione giuridica della domanda. La qualificazione giuridica della domanda, infatti, resta invariata nell’uno come nell’altro caso: il risarcimento del danno da fatto illecito.

Lo stabilire se debba applicarsi l’una o l’altra norma è questione di individuazione della norma applicabile, da risolvere in base al principio jura novit curia.

In secondo luogo, la questione che il Tribunale ha ritenuto di esaminare, sebbene non esplicitamente presupposta dalla sentenza di primo grado, era una questione non di qualificazione giuridica, ma di riparto dell’onere della prova: stabilire se cioè tale riparto dovesse avvenire ai sensi dell’art. 2043 cod.civ., che avrebbe addossato tale onere all’attore; oppure ai sensi dell’art. 2052 cod. civ., che l’avrebbe addossato alla Regione.

Tale questione sorse tuttavia solo in appello, giacché in primo grado il Giudice di pace accolse la domanda attorea ritenendola provata nei suoi elementi costitutivi, sicché l’attore non aveva interesse a dolersi della violazione del criterio di riparto dell’onere della prova.

Se dunque si ammette che la scelta tra l’applicazione dell’art. 2043 cod.civ. e l’applicazione dell’art. 2052 cod. civ. sia questione non di qualificazione della domanda, ma di riparto dell’onere della prova, deve negarsi la formazione del giudicato interno, posto che il giudicato sostanziale non si forma sugli errores in procedendo.

In terzo luogo, le SS.UU. con la nota sentenza Sez. U, Sentenza n. 12310 del 15/06/2015 Rv. 635536 – 01 , nello stabilire cosa debba intendersi per “domanda nuova”, “domanda precisata” e “domanda modificata”, a p. 21 della motivazione hanno rilevato che non si pone mai una questione di “novità della domanda” dinanzi ad una “mera diversa qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, per la quale neppure sarebbe necessaria un’apposita previsione e addirittura la concessione di termini e controtermini”.

Chiarito ciò, hanno aggiunto che la modifica della domanda è sempre ammissibile quando riguarda “la medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio con l’atto introduttivo o comunque essere a questa collegata (…) quanto meno per alternatività”.

E questo è il caso che ricorre nella vicenda oggi in esame: la parte attrice., infatti, chiedendo applicarsi l’art. 2052 cod.civ.:

a) ha invocato una diversa qualificazione giuridica della domanda (ammesso che di qualificazione si possa parlare a fronte dell’invocazione d’una ipotesi responsabilità aggravata in luogo della generale regola aquiliana);

b) non ha modificato i fatti posti a fondamento della domanda;

c) ha formulato una istanza alternativa, e non cumulativa, rispetto alla domanda originaria.

Resta solo da aggiungere che il precedente invocato dalla Regione a pag. 10 del proprio controricorso (Cass. n. 25280 del 11/11/2020, cit.), oltre ad essere rimasto isolato (esso infatti contrasta con la copiosa giurisprudenza richiamata supra) non può ritenersi decisivo, in quanto dalla scarna esposizione dei fatti di causa non consente di stabilire se, in quel caso, vi fu o meno una pronuncia espressa sull’inapplicabilità dell’art. 2052 c.c. al caso di specie: circostanza, per quanto detto, decisiva ai fini della formazione del giudicato.

In conclusione, deve affermarsi il principio per cui lo stabilire se un fatto illecito resti disciplinato dall’art. 2043 c.c. o dall’art. 2052 c.c., quando su essa sia mancata in primo grado una pronuncia espressa, è questione di individuazione della norma applicabile e non di qualificazione giuridica della domanda, e può essere prospettata per la prima volta in grado di appello.

Nel merito, la censura del primo motivo è fondata alla luce della giurisprudenza che ritiene applicabile alla Regione la presunzione di cui all’art. 2052 cod.civ., già in precedenza richiamata.

Con la censura del terzo motivo, come s’è detto, il ricorrente lamenta la nullità della sentenza ex art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui ha ritenuto “non superata” da parte sua la presunzione di colpa di cui all’art. 2054, primo comma, cod.civ.

È altresì fondata, per due distinte ragioni, la prospettazione di avvenuto superamento da parte della (omissis) (omissis) S.r.l. , della presunzione di colpa di cui all’art. 2054, comma 1, cod. civ.

In primo luogo, è nel vero la ricorrente quando sostiene che la sentenza impugnata manca, sul punto di motivazione.

Infatti a pag. 3, ultimo periodo , della suddetta sentenza, il Tribunale:

a) dapprima afferma il principio di diritto secondo cui la vittima di un sinistro stradale causato dalla fauna selvatica ha l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, in applicazione dell’art. 2054, comma 1, cod. civ.;

b) quindi rileva in punto di fatto che il Giudice di pace escluse la sussistenza d’una condotta colposa concorrente della vittima;

c) quindi conclude affermando che l’appello “pertanto” deve essere accolto.

Il Tribunale dunque non spiega perché il giudizio formulato dalla sentenza di primo grado sulla assenza di colpa della vittima sia stato erroneo.

Si tratta dunque di un caso quasi di scuola di nullità della sentenza per mancanza di motivazione.

In secondo luogo, la censura di cui si discorre è fondata per altra ragione di diritto, non prospettata dal ricorrente, ma che è consentito nella presente sede rilevare.

Prima di esporla, va ricordato che questa Corte ha ripetutamente affermato che essa, in virtù del principio jura novit curia, può ritenere fondato il ricorso anche per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione avvenga sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella sentenza impugnata (Cass. n. 19132 del 29/09/2005; Cass. n. 20328 del 20/09/2006; Cass. n. 24183 del 13/11/2006; Cass. n. 6935 del 22/03/2007; Cass. n. 4994 del 26/02/2008; Cass. n. 10841 del 17/05/2011; Cass. n. 3437 del 14/02/2014; Cass. n. 18775 del 28/07/2017; Cass. n. 26991 del 05/10/2021; Cass.n. 34437 del 23/11/2022).

Ciò posto, ritiene il Collegio che sia erronea in punto di diritto l’affermazione del Tribunale, nella parte in cui parrebbe sostenere che, nel caso di sinistri stradali causati da fauna selvatica, dapprima il giudicante debba accertare se il danneggiato abbia fatto tutto il possibile per evitare il sinistro; e solo dopo che sia stata fornita tale prova, scatterebbe la presunzione di colpa di cui all’art. 2052 cod.civ. a carico del proprietario dell’animale.

Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che nel caso di sinistro stradale causato da un animale, la presunzione di responsabilità a carico del conducente (art. 2054 cod. c iv .) concorre con, ma non prevale su, la presunzione di colpa a carico del proprietario dell’animale (Cass. n. 16550 del 23/05/2022, Rv. 665057 – 01; Cass. n. 4373 del 07/03/2016, Rv. 639473 – 01; Cass. n. 200 del 09/01/2002, Rv. 551460 – 01; Cass. n. 5783 del 27/06/1997, Rv. 505537 – 01; Cass. n. 2717 del 19/04/1983, Rv. 427614 -01; Cass. n. 778 del 05/02/1979, Rv. 396960 – 01; Cass.n. 2615 del 09/12/1970, Rv. 349007 – 01; Cass. n. 1356 del 08/09/1970, Rv. 347082 – 01; Cass. n. 2875 de l 28/07/1969, Rv. 342693 -01).

Anche al di fuori della materia dei sinistri stradali, del resto, questa Corte ha ammesso il concorso, nel caso di responsabilità per danni da rovina di edificio, tra la presunzione a carico del proprietario ex art. 2053 cod. civ., e quella a carico del conduttore ex art. 1218 cod. civ. ( Cass. n. 1860 de l 12/07/1962, Rv. 252929 – 01).

Corollario dei suddetti princìpi principio è che:

a) se solo uno dei soggetti interessati superi la presunzione posta a suo carico, la responsabilità graverà sull’altro soggetto;

b) se tutti e due vincono la presunzione di colpa, ciascuno andrà esente da responsabilità;

c) se nessuno dei due raggiunga la prova liberatoria, la responsabilità graverà su entrambi in pari misura (Cass. n. 5783 del 27/06/1997, Rv. 505537 – 01).

Resta solo da aggiungere che la sentenza di questa Corte n. 7969 del 2020 non ha affatto affermato che nel caso di sinistri causati da fauna selvatica l’applicazione della presunzione di colpa di cui all’art. 2052 c.c. sia subordinata al previo accertamento concreto della diligente condotta di guida della vittima. Ha, al contrario, espressamente affermato che tale questione, in quel caso, esulava dal thema decidendum.

La sentenza impugnata è cassata e la causa è rinviata, in quanto sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, al Tribunale di Macerata, in persona di diverso magistrato, che procederà a nuovo esame sulla base di quanto in questa sede affermato e provvederà, altresì, a regolare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia la causa al Tribunale di macerata, in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, il giorno 5 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.