La Procura ha indagato per eccesso colposo di legittima difesa il Carabiniere che ha sparato contro William Trunfio. Intanto il popolo del web si mobilita a favore del Carabiniere …

la Procura ha definito l’ipotesi di reato a carico del militare che sparato a William Trunfio (foto) al termine dell’inseguimento in via Pietro Micca nel quale è rimasto investito il collega in pattuglia con lui.

Il sostituto procuratore Rosaria Stagnaro ha iscritto nel registro degli indagati, per il reato di eccesso colposo di uso legittimo delle armi,  il carabiniere che ha sparato a William Trunfio, al termine di una folle notte (tra lunedì e martedì) a bordo di un’auto rubata, conclusasi con l’investimento del collega e la morte del rapinatore, colpito al collo da un solo proiettile, in via Pietro Micca  a Gallarate.

La decisione del magistrato bustocco è da considerarsi un atto dovuto per l’esecuzione di accertamenti irripetibili.

Per il militare, infatti, si tratta dell’ipotesi di reato più morbida tra quelle inizialmente valutate e che arrivavano fino all’omicidio volontario.

In pratica se il militare ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui.

Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo, in questo caso si tratterebbe di omicidio colposo.

I fatti:

un uomo alla guida di un’auto, risultata rapinata lunedì 5 ottobre a Gallarate, è stato colpito dai carabinieri: si era dato alla fuga e – finito in un vicolo cieco – ha travolto un militare, rimasto ferito in modo serio (ha una frattura esposta alla tibia).

La vittima si chiamamava William Trunfio (foto sotto), 39 anni, con precedenti di polizia e problemi di dipendenza intorno alle 3 di notte le forze dell’ordine hanno intercettato un veicolo rubato (o meglio: rapinato, sottratto cioè con la forza al guidatore) nella mattina di lunedì 5 ottobre, a Gallarate. Il guidatore dell’auto ha imboccato via Pietro Micca, nel rione Crenna, una via a senso unico in cerca di una via di fuga.

I carabinieri si sono lanciati all’inseguimento: hanno a loro volta preso a tutta velocità via Pietro Micca e si sono parati di fronte all’auto in fuga, una Panda. L’uomo ha tentato di fare manovra nella via molto stretta ed ha abbattuto il cancello di recinzione di una villetta.

A questo punto uno dei carabinieri è sceso e si è messo davanti alla macchina intimando di fermarsi, ma il fuggitivo avrebbe ingranato la marcia investendo il militare.

william trunfio

A quel punto l’altro militare ha esploso un singolo colpo di arma da fuoco che ha colpito a morte il ladro, attraverso il finestrino.

Poi l’arrivo dei rinforzi: carabinieri, polizia e vigilanza notturna, allertati per un precedente episodio avvenuto in serata in un supermercato di Gallarate in via Carlo Noè: l’uomo aveva tentato di pagare con un bancomat rubato ed è fuggito quando il personale di sicurezza gli ha chiesto i documenti.

Il 39enne è morto sul luogo dello scontro, in via Pietro Micca: sulla strada rimangono i segni con il gesso che individuano i reperti, tra cui il singolo bossolo.

sparatoria gallarate 6 ottobre 2015

William Trunfio, la vittima, era residente a Varese dal 2009. Originario di Gallarate, era cresciuto a Cassano Magnago dove era conosciuto da tutti, sindaco compreso: «L’avevo visto solo lo scorso weekend a Gallarate – dice il sindaco cassanese Nicola Poliseno – . Resto sbigottito da quanto accaduto».

FACEBOOK DIFENDE I MILITARI. «IN PIAZZA SE INDAGANO IL CARABINIERE CHE HA SPARATO»

«Carabiniere indagato? Scendiamo in piazza in sua difesa».

La tragica sparatoria di via Pietro Micca infiamma le bacheche dei social network.

E c’è chi è pronto a mobilitarsi a favore del militare che ha aperto il fuoco uccidendo William Trunfio.

L’editoria di Simona Carnaghi

Il carabiniere che l’altra notte ha sparato al rapinatore in fuga che ha investito lui e il suo collega ferendo in modo grave quest’ultimo ha fatto il suo dovere. Ne siamo profondamente convinti.

Non diremo “uno di meno” riferendoci a William Trunfio, perché anche se ci mettiamo la faccia senza nasconderci dietro a un social network, non dimentichiamo mai di non essere né un giudice né Dio. Un uomo è morto e non c’è nulla di cui rallegrarsi a prescindere da come abbia vissuto.

Tuttavia facciamo nostre le parole pronunciate l’altro ieri da Nicola Poliseno, sindaco di Cassano Magnago, paese natale del rapinatore: «Trunfio ha scelto la sua strada». Ha scelto la sua strada a prescindere dai suoi precedenti, a prescindere dalle rapine che poche ore prima aveva commesso nella nostra provincia.

Ci fermiamo alle 3 della notte tra lunedì e martedì, quando Trunfio, ricercato in tutto il territorio a causa delle precedenti scorribande, ha scelto di mettere la retro e lanciare l’auto a tutta velocità contro i militari che gli avevano intimato l’alt. Ha scelto non soltanto di mettersi al di fuori della legge danneggiando tutti noi che invece quella legge la rispettiamo, ha scelto di sputare in faccia alla vita di un altro.

Avrebbe potuto decidere di fermarsi, di farsi arrestare, di scontare una pena che per molti sarebbe stata troppo mite in ogni caso, e magari di cambiare se stesso, di impegnarsi nella volontà di liberarsi da un demone come quello della tossicodipendenza e di stare accanto a quella madre malata in modo grave alla quale gli inquirenti hanno invece dovuto comunicare la sua morte. Così facendo si sarebbe salvato la vita due volte. Ha deciso diversamente.

E il carabiniere ha fatto il suo dovere: ha fermato con l’uso di un’arma, che gli è consentito in quanto appartenente a una forza di polizia legittimata a farlo, un uomo pericoloso non soltanto per lui o per il collega, ma per l’intera collettività. Un concetto semplice quanto fondamentale. Un’azione che il nostro territorio ha compreso sino in fondo.

Al di là dei proclami dei politici, Bronx o non Bronx, finalizzati a tutelare l’immagine di un territorio nascondendo la polvere sotto il tappeto buono (meglio sarebbe guardarli in faccia certi problemi, perché quello è il solo modo per risolverli), i cittadini si sono dimostrati tali. Dichiarandosi pronti a scendere in piazza a sostegno di quel carabiniere che ha fatto il suo dovere.

Una piazza che non dovrà essere contro la magistratura (i magistrati fanno il loro lavoro e applicano la legge; piuttosto battiamoci per cambiare la legge), ma solidale con chi ha rischiato la propria vita, e lo farà ancora ogni giorno della sua carriera, per difenderci.

Una piazza solidale al fianco di chi ha fatto il proprio lavoro fermando chi ha mostrato disprezzo per la vita.

L’altra notte è stata quella di due carabinieri, due giorni dopo la vita in gioco avrebbe potuto essere quella della commessa in un supermercato.

Una piazza che certo potrà fare un ulteriore sforzo: passato il momento di pancia, quella piazza dovrà essere capace di denunciare ogni stortura alla quale assisterà, senza mai voltarsi dall’altra parte. Senza mai alzare le spalle e dire: «Non è un mio problema».

In quella piazza dovrà correre l’obbligo di essere cittadini. Dovrà correre per tutti l’obbligo di fare il proprio dovere.