La prova del nesso causale nei danni da omessa informazione medica e insuccesso dell’intervento (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 23 gennaio 2023, n. 1936).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 35436/2019 proposto da:

-) Policlinico di Monza Casa di cura privata s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC del proprio difensore, difesa dagli avvocati Vincenzo (OMISSIS), Daniele (OMISSIS) ed Ezio (OMISSIS) in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) Claudio (OMISSIS), elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato Gianluca (OMISSIS) in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 1792 del 23 aprile 2019, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/11/2022 dal Consigliere relatore dott. Marco Rossetti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Fulvio Troncone che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

FATTI DI CAUSA

1. Claudio (OMISSIS) convenne in giudizio la società Policlinico di Monza s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento del danno patito in conseguenza dell’esecuzione di un intervento chirurgico.

L’attore espose che il 28 maggio 2009 si era sottoposto a un intervento di rimozione di un aneurisma all’aorta addominale.

Dopo l’intervento si verificò una “fibrosi massiva aderenziale” con occlusione intestinale, che rese necessaria l’asportazione di un tratto dell’intestino, e provocò gravi conseguenze permanenti: necessità di terapia parenterale continua domiciliare, presenza di una breccia addominale con esposizione intestinale e di una fistola enterica.

2. Con ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. del 14.2.2018, il Tribunale accolse la domanda e liquidò il danno in euro 700.000,00.

Il Tribunale fondò la propria decisione su quanto emerso da una consulenza tecnica d’ufficio, e cioè che le complicanze, benché rare e imprevedibili, dipesero dalla tecnica operatoria obsoleta applicata al trattamento dell’aneurisma.

Ed infatti se l’intervento fosse stato eseguito con tecnica endovascolare (c.d.. “EVAR”), anziché con la tecnica effettivamente utilizzata (c.d. “OPEN”), le complicanze sarebbero state con certezza evitate.

La sentenza fu impugnata da tutte e due le parti.

3. Con sentenza 23.4.2019 n. 1792 la Corte d’Appello di Milano ha rigettato entrambi gli appelli.

Per quanto ancora rileva nella presente sede, con riferimento alla impugnazione proposta da Policlinico di Monza s.p.a. la Corte d’appello ragionò così:

-) l’aneurisma dell’ernia addominale può essere eliminato sia “dall’esterno” del vaso sanguigno, sostituendo il tessuto malato (tecnica “OPEN”), sia dall’interno del vaso sanguigno, inserendovi una endoprotesi tubolare che, espandendosi, rimpiazza la parete vascolare malata (tecnica endovascolare o “EVAR”);

-) nel caso di specie il chirurgo aveva optato per la prima tecnica, senza informare il paziente dell’esistenza dell’altra;

-) l’intervento ebbe conseguenze drammatiche per il paziente non perché malamente eseguito, ma perché in seguito a esso si verificò per cause naturali ed imprevedibili una massiva fibrosi delle anse intestinali, che aderirono tra loro e provocarono una occlusione dell’intestino;

-) se l’intervento di rimozione dell’aneurisma fosse stato eseguito con tecnica “EVAR”, la fibrosi non si sarebbe verificata.

4. La Policlinico di Monza s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

Claudio (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Il Procuratore Generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Il controricorrente ha depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Con atto depositato il 28 luglio 2022 l’avvocato del controricorrente ha dato atto della morte della parte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Premessa.

Preliminarmente questa Corte osserva che la morte della parte non produce effetti sul giudizio di legittimità. Il principio dell’impulso ufficioso nel processo di cassazione impedisce infatti l’applicazione in questa sede delle regole sulla interruzione del processo.

2. Il primo motivo di ricorso.

Col primo motivo la società ricorrente prospetta congiuntamente sia il vizio di violazione di legge, in relazione agli artt. 115, 116 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c, sia di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n. 5 c.p.c..

Al di là di tali riferimenti normativi, non del tutto pertinenti rispetto al contenuto della censura, nella illustrazione del motivo è prospettata una tesi così riassumibile:

a) la Corte d’appello ha accertato che sulla necessità per il paziente di sottoporsi all’intervento si era formato il giudicato, poiché nessuna delle parti aveva impugnato la relativa statuizione del Tribunale ritenne necessario l’intervento;

b) la Corte d’appello ha ammesso che l’intervento di rimozione dell’aneurisma fu eseguito diligentemente, e ha ravvisato la colpa del chirurgo non già nell’imperita esecuzione della rimozione dell’aneurisma, ma nel non avere informato il paziente che esisteva un’altra tecnica operatoria (EVAR invece che OPEN);

c) il non avere informato il paziente di questa alternativa non poteva ritenersi “causa” del danno, perché la scelta e l’esecuzione della tecnica OPEN non fu di per sé colposa.

Infatti il paziente, anche se fosse stato informato, non l’avrebbe scelta, dal momento che il chirurgo cui si era rivolto era un esperto della tecnica OPEN.

2.2. Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso ex 348 ter, quinto comma, c.p.c..

L’eccezione è infondata: infatti il motivo solo nominalmente invoca una censura di omesso esame di fatti decisivi, ma nella sostanza lamenta:

-) la violazione dell’art. 1176 c.c., per avere la Corte d’appello condannato l’ospedale al risarcimento, senza averne accertato una condotta colposa;

-) l’irrilevanza causale della condotta di omessa informazione, in quanto c4v il rischio verificatosi dipese da una patologia congenita ignorata dallo stesso paziente. Se anche il paziente fosse stato informato non avrebbe avuto alcun motivo per scegliere la tecnica EVAR.

2.3. Nel merito, la censura è fondata.

La sentenza impugnata ha infatti violato i princìpi stabiliti da questa Corte in materia di nesso causale tra condotta colposa ed evento di danno (e cioè la c.d. “causalità materiale”).

La Corte d’appello, infatti:

-) ha ritenuto che si era formato il giudicato interno sulla correttezza della tecnica chirurgica prescelta;

-) ha ammesso che le complicanze seguite all’intervento erano “imprevedibili”;

-) ha ritenuto tuttavia che il medico fosse lo stesso in colpa, per non avere prospettato al paziente l’esistenza d’una tecnica operatoria alternativa.

2.4. La Corte d’appello, così ragionando, ha mostrato dunque di ritenere che l’unica condotta colposa ascrivibile al medico fosse l’omessa informazione del paziente sulle alternative terapeutiche.

Se l’omessa informazione fu l’unica condotta colposa tenuta dal medico, per condannare la struttura sanitaria al risarcimento del danno sarebbe stato necessario accertare l’esistenza d’un valido nesso di causa tra la suddetta omissione e il danno.

Per affermare che l’omessa informazione fu causa materiale dell’evento di danno la Corte d’appello avrebbe dovuto ricostruire il nesso di condizionamento tra l’omessa informazione e l’evento di danno con un giudizio controfattuale: vale a dire ipotizzando cosa sarebbe accaduto se il medico avesse compiuto l’azione che invece mancò.

Nel caso specifico, dunque, il giudice di merito avrebbe dovuto accertare, con giudizio di probabilità logica, quali scelte avrebbe compiuto il paziente, se fosse stato correttamente informato della possibilità di scegliere tra tecnica “OPEN” e tecnica “EVAR”.

2.5. La Corte d’appello ha tuttavia omesso tale giudizio, limitandosi ad affermare che la tecnica EVAR avrebbe evitato l’evento, e che di conseguenza la condotta omissiva del medico fu causa del danno.

In questo modo è mancato nella sentenza impugnata l’accertamento della causalità della colpa, ossia dello specifico nesso causale tra la violazione della regola cautelare e l’evento dannoso.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio, affinché il giudice di rinvio accerti con giudizio controfattuale se possa ritenersi plausibile, in base al criterio della preponderanza dell’evidenza, che una esaustiva informazione del paziente avrebbe indotto quest’ultimo a pretendere che l’intervento avvenisse con tecnica “EVAR”.

3. Secondo motivo.

Col secondo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli articoli 1176, 1218, 1225 c.c..

Nella illustrazione del motivo è sviluppata una tesi così riassumibile:

-) la Corte d’appello ha accertato in punto di fatto che le complicanze seguite all’intervento non furono dovute ad una erronea esecuzione di quest’ultimo da parte del chirurgo, ma furono dovute alle pregresse condizioni di salute del paziente;

-) ha altresì accertato in punto di fatto che le suddette complicanze non erano prevedibili da parte del chirurgo, né evitabili;

-) la Corte d’appello, pertanto, accogliendo la domanda del paziente, ha addebitato alla struttura sanitaria la responsabilità di un evento dannoso non prevedibile né evitabile.

3.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo.

4. Terzo motivo.

Col terzo motivo la società ricorrente lamenta la violazione degli articoli 40, 41 e 45 del codice penale.

Nella illustrazione del motivo si sostiene che:

-) l’intervento di rimozione dell’aneurisma dell’aorta addominale fu eseguito correttamente, come accertato dalla stessa Corte d’appello;

-) le complicanze insorte dopo l’intervento non erano dovute ad un’imperita esecuzione di quest’ultimo;

-) la Corte d’appello aveva pertanto violato le norme sulla causalità materiale, per avere ritenuto sussistente il nesso tra l’intervento e il danno, nonostante avesse accertato che quest’ultimo era inevitabile e non prevedibile.

4.1. Anche questo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.

5. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, restano assorbiti gli altri.

La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, che in diversa composizione accerterà se ed in che misura sussista il nesso di causa tra il fatto colposo del medico (l’omessa informazione al paziente sull’alternativa operatoria) e l’evento di danno (le complicanze postoperatorie e la conseguente fibrosi delle anse intestinali).

Per questi motivi

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che dovrà provvedere alla liquidazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 25 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il giorno 23 gennaio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.