La Suprema Corte si adegua alla recente sentenza della Corte Costituzionale in materia del (416-bis) permesso premio (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 30 dicembre 2019, n. 52139).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZEI Antonella Patrizia – Presidente

Dott. CIAMPI Francesco Mari – Consigliere

Dott. DI SALVO Emanuele – Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) EMANUELE nato a (OMISSIS) il xx/xx/xxxx;

avverso l’ordinanza del 19/12/2018 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Roberta BARBERINI che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato il reclamo di (OMISSIS) Emanuele avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza di Novara ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta di concessione di un permesso premio in quanto sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis, comma 2, ord. pen., in espiazione della pena dell’ergastolo per reati di cui all’art. 4-bis ord. pen. e in grado di mantenere contatti con l’associazione di appartenenza, ancora attiva sul territorio senza aver prestato collaborazione con la giustizia.

1.1. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 149 del 2018, ha circoscritto i rilievi di incostituzionalità dell’art. 58-quater ord. pen. ai condannati all’ergastolo per i delitti di cui agli artt. 289-bis e 630 cod. pen., ed ha quindi implicitamente ammesso la legittimità del regime di cui all’art. 4-bis ord. pen. in tutti gli altri casi.

In assenza della collaborazione con la giustizia, o delle situazioni ad essa equiparate, i benefici penitenziari non possono essere concessi.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di (OMISSIS) Emanuele, che ha articolato più motivi.

2.1. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge. Già sulla scorta di quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 149 del 2018 si sarebbe dovuto rilevare, in vista di un’interpretazione costituzionalmente orientata, il contrasto del sistema di preclusioni assolute con i principi costituzionali.

2.2. Con il secondo motivo ha prospettato la questione di costituzionalità dell’art. 4-bis ord. pen., in relazione al principio costituzionale della finalità rieducativa della pena,e all’art. 117 Cost. in relazione all’art. 3 della Convenzione Ed u.

3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

4. Successivamente il difensore ricorrente ha proposto motivi aggiunti con cui ha insistito nella richiesta di annullamento dell’impugnata ordinanza alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 4-bis ord. pen. nella parte in cui preclude, per presunzione assoluta, l’accesso al beneficio del permesso premio al condannato, per uno dei delitti di cui al comma 1 dello stesso articolo, che non collabori con l’Autorità giudiziaria.

Considerato in diritto

1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.

2. Come ricordato dal ricorrente con i motivi aggiunti, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 253 del 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, anche in via consequenziale, dell’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), nella parte in cui non prevede che, ai detenuti per i delitti di cui all’art. 416-bis del codice penale e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, oltre che per i delitti diversi ivi contemplati, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.

3. Oggetto della censura di incostituzionalità è la presunzione assoluta della mancata rescissione dei collegamenti con la criminalità organizzata che si fa discendere dalla mancata collaborazione.

Alla luce degli artt. 3 e 27 Cost., infatti, l’assenza di collaborazione non può risolversi in un aggravamento delle modalità di esecuzione della pena come conseguenza della mancata partecipazione a una finalità di politica criminale e investigativa dello Stato. In questo modo l’art. 4- bis ord. pen. realizza una “deformante trasfigurazione della libertà di non collaborare…”.

Ed è parimenti contrario all’art. 27, terzo comma, Cost. il fatto che la richiesta di permesso premio debba essere dichiarata inammissibile in limine, senza che il Magistrato di sorveglianza possa operare una valutazione in concreto della condizione del detenuto, perché un siffatto meccanismo può arrestare sul nascere il percorso risocializzante.

La Corte costituzionale ha così sottratto all’applicazione del meccanismo ostativo di cui all’art. 4-bis la disciplina relativa alla concessione del beneficio del i permesso premio di cui all’art. 30-ter ord. pen.

4. La dichiarazione di illegittimità costituzionale comporta che si debba annullare l’ordinanza impugnata per dare modo al Tribunale di sorveglianza, a cui si rinviano gli atti, di valutare se ricorrano, nonostante la mancata collaborazione con la Giustizia, le altre condizioni di legge per la concessione del richiesto permesso premio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Torino.

Così deciso in Roma, il giorno 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il giorno 30 dicembre 2019.

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