La truffa è aggravata se si scelgono come vittime uomini di chiesa (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 17 marzo 2021, n. 10238).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VERGA Giovanna – Presidente –

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BORSELLINO Maria Daniela – Rel. Consigliere –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Giacomo nato a (OMISSIS) il 14 settembre 19xx;

avverso la sentenza resa il 13 settembre 2019 dalla Corte di appello di Torino;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Maria Daniela BORSELLINO;

lette le conclusioni del Procuratore Generale Dott.ssa Delia CARDIA che ha chiesto il rigetto del ricorso;

sentito il difensore, avvocato Roberto (OMISSIS), che ha insistito nei motivo di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La CORTE di APPELLO di Torino, con la sentenza impugnata, parzialmente riformando la sentenza resa il 7 giugno 2018 dal Tribunale di Aosta, ha confermato la responsabilità di GIACOMO (OMISSIS) in ordine a diversi reati di truffa a lui ascritti e ha escluso l’aggravante prevista dall’articolo 61 n. 5 cod. pen., rideterminando la pena inflitta.

Si addebita all’imputato di avere con artifizi e raggiri consistenti nel fingersi disperato per l’improvvisa perdita della madre e per l’indisponibilità del denaro liquido necessario per affrontare il viaggio e partecipare al funerale, indotto tre parroci a consegnargli denaro contante.

Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo:

2.1 violazione di legge in relazione al riconoscimento dell’aggravante prevista dall’articolo 61 n. 10 codice penale e vizio della motivazione in quanto la corte d’appello ha giustificato la sussistenza di detta aggravante, riconosciuta in ordine agli episodi di truffa contestati ai capi A, B e D, sul rilievo che le vittime sono ministri del culto e nell’occasione sarebbe stata vulnerata l’integrità morale delle persone offese.

Osserva il ricorrente che l’imputato ha posto in essere le proprie condotte senza scegliere in base alla qualità o all’attività delle proprie vittime, come dimostra la circostanza che la truffa contestata al capo C dell’imputazione è stata consumata in danno del titolare di una tabaccheria.

2.2. Quanto al secondo assunto, nella motivazione della sentenza si richiama la giurisprudenza di legittimità e in particolare la pronunzia del gennaio 2013 numero 3339 per sostenere che nel caso concreto l’imputato truffando tre parroci avrebbe leso l’integrità morale delle persone offese e per ciò stesso avrebbe agito contro e non soltanto in danno dei ministri di culto.

E tuttavia nel caso in esame l’essere stato vittima di un comportamento fraudolento non sminuisce le qualità morali della vittima e la truffa non appare condotta idonea ad offendere l’integrità morale ossia l’onore e il decoro delle persone offese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Occorre preliminarmente ricordare che non sono denunciabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza impugnata con riferimento ad argomentazioni giuridiche delle parti, in quanto, se il giudice ha errato nel non condividerle, si configura il diverso motivo della violazione di legge, mentre, se fondatamente le ha disattese, non ricorre alcuna illegittimità della pronuncia, anche alla luce della possibilità, per la Corte di cassazione, di correggere la motivazione del provvedimento ex art. 619 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 – dep. 26/10/2017, Emmanuele, Rv. 27145101).

La previsione di un aggravamento di pena, per qualsiasi tipo di reato, allorché il fatto sia commesso contro determinate figure istituzionali «nell’atto o causa dell’adempimento delle funzioni o de/servizio», non può spiegarsi altrimenti che con l’intento del legislatore di offrire loro una protezione rafforzata, quale ulteriore presidio di garanzia del prestigio e dell’autorevolezza delle istituzioni pubbliche (o di rilevanza pubblica, nel caso delle autorità religiose) che essi rappresentano.

Se, dunque, questa è la ratio della fattispecie circostanziale in rassegna, essa deve reputarsi integrata tutte le volte in cui sia possibile stabilire un collegamento di tipo funzionale tra l’offesa integrante il reato ed il ruolo del soggetto passivo: ciò che si realizza, irrefutabilmente, nel caso in cui la condotta delittuosa attinga una di quelle figure istituzionali durante l’esercizio delle sue funzioni («nell’atto»), anche se per motivi non attinenti a queste; ma altresì quando l’offesa criminale sia comunque ricollegabile («a causa») al ruolo istituzionale del destinatario di essa.

2. Nel caso in esame la corte ha respinto lo specifico motivo di appello affermando che le tre persone offese sono state individuate e più facilmente raggirate proprio in quanto ministri del culto cattolico; la condotta fraudolenta è stata agevolata dalla propensione delle persone offese, derivante dal precetto religioso, di aiutare il prossimo; e la truffa ha altresì cagionato danno all’integrità morale delle vittime.

Il ricorrente contesta le dette argomentazioni rilevando che altro analogo episodio di truffa, oggetto del medesimo processo, è stato consumato in danno del titolare di una tabaccheria il che dimostrerebbe che la scelta dei parroci è stata del tutto casuale, e che la truffa non appare idonea a ledere l’integrità morale delle persone offese.

Le medesime argomentazioni sono state reiterate con la memoria conclusiva, in cui sono stati riportati alcuni passaggi della sentenza di questa Sezione del 23 gennaio 2013 numero 3339.

E tuttavia proprio la lettura della sentenza riportata dalla difesa evidenzia come nella specifica ipotesi di un furto in danno di un parroco, il ricorso della difesa diretto ad escludere la sussistenza dell’aggravante in parola è stato respinto rilevando che la ratio della specifica aggravante consiste nell’esigenza di garantire una tutela rafforzata in favore di alcuni soggetti in ragione del peculiare ruolo svolto dagli stessi e che proprio le opere di carità rappresentano un servizio tipico del ministero cattolico, sicché modeste elargizione a persone bisognose o indigenti costituiscono una costante dell’attività dei parroci.

Deve pertanto ritenersi che la corte abbia motivato in modo congruo e corretto il rigetto della censura in forza della maggiore vulnerabilità delle vittime della truffa consumata dall’imputato, derivante dalla loro peculiare funzione di ministri del culto.

Inoltre, come correttamente sottolineato dal Procuratore Generale, la citata aggravante appare integrata tutte le volte in cui sia possibile stabilire un collegamento di tipo funzionale tra il reato e il ruolo del soggetto passivo e non vi è dubbio che la qualità di ministro di culto abbia indirizzato la scelta delle vittime, in quanto soggetti più sensibili ad accogliere le finte istanze di aiuto dell’imputato.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 13/1/2021.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.