L’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 27 febbraio 2024, n. 8389).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente –

Dott. MICCICHÉ Loredana – Consigliere –

Dott. MARI Attilio – Relatore –

Dott. RICCI Anna Luisa Angela – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

(omissis) (omissis) nato a CASERTA il xx/xx/19xx;

(omissis) (omissis) nato a CASERTA il xx/xx/19xx;

avverso l’ordinanza del 17/11/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ATTILIO MARI;

sentite le conclusioni del PG, Dott. LUIGI ORSI

Il Proc. Gen. si riporta alla memoria depositata e insiste per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

E’ presente l’avvocato (omissis) (omissis) (omissis), del foro di NAPOLI, in difesa di (omissis) (omissis).

Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

E’ presente, altresì, l’avvocato (omissis) (omissis), del foro di SANTA MARIA CAPUA VETERE, in difesa di (omissis) (omissis).

Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Napoli – quale giudice del riesame – ha confermato l’ordinanza emessa il 27/10/2023 dal GIP presso il Tribunale di Napoli Nord, con la quale era stata applicata nei confronti di (omissis) (omissis) e di (omissis) (omissis) la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione a un capo di imputazione provvisorio ipotizzante i reati, contestati in concorso, previsti dagli artt. 81 cpv. cod.pen. e 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo A), 81 cpv. cod.pen. e 23, I. n. 110/1975 (capo B), 81 cpv. cod.pen. e 2 e 4, I. n. 895/1967 (capo C), 648 cod.pen. (capo D), 81 cpv. e 697 cod.pen. (capo E).

Il giudice procedente, in sede di ordinanza applicativa, ha rilevato che i Carabinieri della Stazione di Caivano avevano provveduto ad arrestare i due indagati nella flagranza dei suddetti reati; avendo accertato, a seguito di un servizio di osservazione predisposto in data 24/10/2023, che il (omissis) provvedeva a prelevare sostanza stupefacente custodita all’interno di uno stabile in cemento grezzo posto nelle immediate vicinanze dell’abitazione di (omissis) (omissis), previa indicazione da parte di quest’ultimo in ordine alla tipologia e al quantitativo della sostanza da prelevare; in particolare, nel verbale di arresto e nella comunicazione di notizia di reato, gli operanti avevano dato atto di avere seguito il (omissis) – dopo che questi aveva ricevuto indicazioni da parte del (omissis) – nell’atto di recarsi presso il suddetto stabile grezzo e poi di uscirne con in mano un pacchettino di colore bianco.

All’esito di tale attività di osservazione, come dato atto dal giudice procedente, gli operanti avevano proceduto alla perquisizione del predetto stabile rinvenendo, interrata, sostanza stupefacente già suddivisa oltre a munizionamento per armi; provvedendo poi, il giorno successivo, a ulteriore perquisizione all’esito della quale era stata rinvenuta altra sostanza stupefacente oltre alle armi elencate nel capo di imputazione provvisorio, occultate all’interno di un’intercapedine.

Mentre, in sede di perquisizione domiciliare effettuata presso l’abitazione del (omissis), era stato rinvenuto un registro con cifre e nomi, denaro contante e un sistema di videosorveglianza in funzione cui erano collegate tutte le telecamere della via in cui era sito lo stabile, compreso il fondo oggetto della predetta perquisizione.

Il giudice del riesame ha quindi preventivamente dato atto – in relazione all’eccezione sollevata dalla difesa del (omissis) ai sensi dell’art. 309, comma 5, cod.proc.pen. – che il p.m. procedente aveva provveduto a trasmettere anche gli elementi ritenuti di segno favorevole all’indagato e, in particolare, gli estratti del sistema videosorveglianza e che avrebbero asseritamente dimostrato che, il giorno 24/10/2023, il medesimo si trovasse in luogo diverso dalla propria abitazione.

Il Tribunale del riesame ha quindi condiviso la valutazione contenuta in sede di ordinanza applicativa relativamente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

In particolare – anche in riferimento alle deduzioni difensive e a quanto dichiarato in sede di interrogatorio reso dagli indagati in sede di udienza di convalida – ha rilevato come la presenza del (omissis) e del (omissis) fosse stata attestata nel corpo della informativa redatta dagli operanti, in cui era stata operata una loro particolareggiata descrizione personale; elemento da ritenere non smentito dal predetto elemento consistente nell’estratto delle videocamere di sorveglianza ubicate sulla via (omissis), in quanto da ritenere non incompatibile con la presenza dello stesso indagato sui luoghi indicati dagli operanti durante lo svolgimento del servizio di osservazione.

I giudici del riesame hanno quindi ritenuto la sussistenza un adeguato compendio indiziario in ordine al dato relativo alla disponibilità – in capo agli indagati – dell’area al cui interno erano stati rinvenuti lo stupefacente e le armi; rilevando altresì come la presenza presso l’abitazione del (omissis) del citato sistema di videosorveglianza fosse tale da confermare la predetta ricostruzione, unito al dato rappresentato dal ritrovamento delle sostanze in corrispondenza con il punto in cui gli operanti avevano visto il (omissis) trattenersi, producendo rumori compatibili con un’attività di scavo; rilevando pure come il quantitativo di stupefacente – oltre al relativo confezionamento – deponesse in senso autoevidente per la destinazione del medesimo all’attività di spaccio.

Il Tribunale ha altresì ritenuto sussistente l’esigenza cautelare prevista dall’art. 274, lett.c), cod.proc.pen., sulla base delle concrete modalità dei fatti ascritti – tali da denotare un agire delittuoso non occasionale – ed evidenzianti una tendenziale professionalità nell’esercizio di attività illecite; giudizio corroborato dall’esame dei precedenti da cui risultavano gravati gli indagati e attinenti anche a fatti di analoga oggettività giuridica; ritenendo quindi come adeguata e proporzionata la sola misura di massimo rigore.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione (omissis) (omissis), tramite il proprio difensore, articolando tre motivi di impugnazione.

2.1 Con il primo motivo ha dedotto – in relazione all’art. 606, commp 1, lett.b), c) ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 125, comma 3, 189, 234, 273, 291, 309, commi 5 e 10, cod.proc.pen., nonché degli artt. 24 e 111 Cost..

Ha dedotto che lo snodo centrale della vicenda processuale era rappresentato dalle modalità con cui si era proceduto all’identificazione di (omissis) (omissis) e, conseguentemente, dello stesso (omissis); in riferimento specifico alle tracce dei files delle videoriprese che avrebbero documentato la presenza del (omissis) presso altro luogo nel giorno dell’espletamento dell’attività di osservazione ha dedotto che la selezione dei medesimi era avvenuta da parte della polizia giudiziaria e non del p.m. e che la stessa polizia giudiziaria aveva precisato che dei cinque files acquisiti solo uno risultava utile ai fini delle indagini, elemento che si rifletteva sia sull’effettività del controllo giurisdizionale e sia sull’esercizio del diritto di difesa, atteso che al giudice del riesame era stata sottratta la possibilità di operare un vaglio effettivamente completo del materiale di indagine con conseguente compromissione delle regole fondamentali del contraddittorio; al fine di garantire il quale sarebbe stato necessario che il Tribunale acquisisse il supporto su cui erano stati registrati i suddetti files video in luogo dei soli stralci trasmessi dalla polizia giudiziaria; ha quindi dedotto che l’inesistenza agli atti processuali del filmati in originale aveva reso impossibile una complessiva valutazione del materiale di indagine.

Con il secondo motivo, ha dedotto – in relazione all’art. 606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 273 e 125, comma 3, cod. proc. pen. e dell’art. 110 cod. pen..

Ha dedotto l’incoerenza dell’ordinanza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto riconducibili agli indagati lo stupefacente e le armi rinvenuti il 25/10/2023; sul punto, ha dedotto che tale materiale era stato rinvenuto murato nell’intercapedine del fabbricato in costruzione e che sui luoghi non erano stati ritrovati attrezzi idonei alla frantumazione delle mura; ha altresì dedotto che la modalità di custodia dello stupefacente doveva ritenersi tale da escluderne la destinazione allo spaccio e comunque tale da escludere la consapevolezza in capo al (omissis) della collocazione del predetto materiale.

Con il terzo motivo ha dedotto – in riferimento all’art. 606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 274, 275, 275bis e 284 cod.proc.pen..

Ha dedotto che il Tribunale, in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, non aveva fatto buon governo dei principi applicabili ritenendo la misura della custodia in carcere come l’unica idonea a scongiurare il pericolo di recidiva, quando ben avrebbe potuto considerarsi adeguata e proporzionata quella degli arresti domiciliari con applicazione di dispositivo elettronico di controllo.

2.2 Ha altresì presentato ricorso per cassazione (omissis) (omissis), tramite il proprio difensore, articolando quattro motivi di impugnazione.

Con il primo motivo ha dedotto – in relazione all’art. 606, comma 1, lett.c) ed e), cod.proc.pen. – la violazione degli artt. 273, 274 e 275 cod.proc.pen..

Ha premesso che, in sede di udienza camerale, aveva dedotto l’omessa trasmissione del filmato estrapolato dal sistema di videosorveglianza installato presso un esercizio commerciale e dal quale – come elemento di segno favorevole sopravvenuto – sarebbe stata desumibile la presenza dell’indagato presso altro luogo nella fascia oraria in cui si era svolta l’attività di osservazione da parte della p.g.; ha esposto che, in data coincidente con quella dell’udienza, il p.m. aveva trasmesso un’annotazione contenente la descrizione delle relative immagini, dalle quali si desumeva effettivamente che – alle ore 16,25 del 24/10/2023 – presso la via (omissis) era transitata una vettura del medesimo colore e modello di quella in uso al (omissis); ha quindi dedotto che il p.m. non avrebbe ottemperato all’obbligo di trasmissione degli elementi sopravvenuti, in relazione al quale avrebbe dovuto provvedere a inviare il relativo supporto video al fine di consentirne la visione da parte del Tribunale del riesame.

Con il secondo motivo ha dedotto l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per travisamento della prova o comunque del fatto.

Ha dedotto che il Tribunale sarebbe incorso nel suddetto travisamento allorquando avrebbe ritenuto compatibile la presenza del (omissis), dapprima alle 16,25 del 24/10/2023 presso la via (omissis) e poi successivamente in via (omissis) sulla scorta dell’elemento in base al quale i Carabinieri avrebbero impiegato un tempo di circa quindici minuti per appostarsi e raggiungere il punto di osservazione, atteso che il terreno in questione era completamente incolto e lungo circa 60/80 metri; desumendosene che il servizio di osservazione era iniziato alle ore 16,15 ed era durato circa 25 minuti, per poi avvenire alle ore 17,00 l’intervento degli equipaggi della compagnia dei Carabinieri; ha altresì dedotto che, essendo la via Tevere una strada cieca, qualora il (omissis) fosse sopraggiunto nel corso del servizio di osservazione lo stesso necessariamente sarebbe stato visto dagli operanti, circostanza non menzionata agli atti.

Con il terzo motivo ha dedotto l’assenza di gravità indiziaria in ordine ai fatti accertati il 25/10/2023; ha dedotto che l’attribuzione al (omissis) del materiale ritrovato nell’occasione sarebbe stato frutto di una ricostruzione arbitraria, atteso che lo stesso era stato rinvenuto in luogo comodamente accessibile a chiunque, essendosi quindi il Tribunale affidato a un criterio probabilistico contrastante con il disposto dell’art. 273 cod.proc.pen..

Con il quarto motivo ha dedotto che il Tribunale avrebbe dedotto, di fatto, il pericolo di recidiva dalla sola gravità dei fatti ascritti ma senza effettivamente dare conto della dedotta non proporzionalità della misura degli arresti domiciliari.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati.

2. Il primo motivo proposto dalla difesa del (omissis) e il primo motivo proposto dalla difesa del (omissis) possono essere congiuntamente esaminati data la sostanziale coincidenza delle argomentazioni spiegate in punto di diritto.

In particolare, mediante le considerazioni poste alla base dei rispettivi motivi di impugnazione, i ricorrenti hanno dedotto che la selezione dei files estratti dal sistema di videosorveglianza (e relativi alla dedotta presenza del (omissis) in luogo diverso da quello su cui era stato espletato il servizio di osservazione) era stata operata direttamente da parte della p.g., sottraendo quindi al Tribunale del riesame la possibilità di un effettivo vaglio diretto delle riprese medesime.

Le deduzioni sono infondate.

2.1 Va premesso – in linea generale e in relazione al disposto dell’art.309, comma 5, cod.proc.pen. – che sussiste l’obbligo in capo al p.m. procedente di trasmettere al Tribunale del riesame gli elementi sopravvenuti favorevoli agli indagati, acquisiti dallo stesso p.m. successivamente alla richiesta della misura oggetto di riesame ovvero pervenutigli in virtù dell’attività investigativa svolta dal difensore ai sensi dell’art. 327bis cod.proc.pen., nel corso delle indagini preliminari.

Nel caso di specie, il p.m. procedente risulta quindi avere trasmesso – nel giorno fissato per l’udienza camerale di discussione delle istanze di riesame – un’annotazione redatta dai Carabinieri della stazione di Caivano contenente la descrizione delle immagini estratte da una chiavetta USB, estrapolate dal sistema di videosorveglianza installato presso un esercizio commerciale sito alla via (omissis) previa sollecitazione formulata dalla difesa, con la specificazione che – dei cinque files acquisiti – uno solo risultava astrattamente rilevante ai fini delle indagini, comunicando che – dalla visione di tale traccia – era emerso il passaggio alle ore 16.25 e 33 secondi del 24/10/2023 di un veicolo compatibile con quello in uso al (omissis), con alla guida un soggetto di corporatura robusta e indossante una maglia di colore chiaro.

Deve quindi essere richiamato il principio in base al quale non sussiste alcuna violazione – nel caso di specie, sanzionabile ai sensi del combinato degli artt. 309, commi 5 e 10, cod.proc.pen. – derivante dalla omessa trasmissione del supporto informatico contenente le videoriprese i cui esiti erano contenuti nella annotazione di servizio nella quale si dà atto di quanto esaminato dalla polizia giudiziaria e degli elementi desunti dalla visione; sul punto, difatti e in specifica relazione al disposto dell’art. 309, comma 5, cod.proc.pen. e anche in relazione alla trasmissione degli elementi asseritamente favorevoli all’indagato, è sufficiente che il pubblico ministero presenti semplici riferimenti riassuntivi, non rilevando la mancata allegazione dei verbali delle operazioni e dei nastri di registrazione sonora, ovvero audiovisiva (Sez. 1, n. 34651 del 27/05/2013, Ficorri, Rv. 257440; Sez. 2, n. 19195 del 12/04/2019, Lizzio, Rv. 276444).

2.2 Va altresì rilevato che, qualora l’indagato si dolga della mancata trasmissione da parte del p.m. di atti o documenti sopravvenuti a sé favorevoli, egli ha l’onere di specificare i contenuti di favore desumibili dagli atti non trasmessi, non potendo sostenerne apoditticamente la rilevanza ai fini della perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen.

Difatti, va rilevato che l’interpretazione letterale dei commi 5 e 10 dell’art. 309 cod.proc.pen. implica che la sanzione della perdita di efficacia del primigenio provvedimento cautelare, nel caso di mancata trasmissione nel termine di «elementi sopravvenuti» rispetto a quelli in origine trasmessi dal pubblico ministero al giudice della cautela, non deriva dal solo fatto che essi siano sopravvenuti, ma anche che contengano elementi di conoscenza oggettivamente «a favore» dell’indagato: tali dovendosi intendere quegli atti che, contenendo dati informativi idonei ad influire positivamente sulla posizione della persona sottoposta alle indagini, sarebbero stati necessari a consentire al Tribunale del riesame di esercitare la sua funzione “di controllo a garanzia della libertà personale nella dialettica delle parti attraverso un’effettiva e tempestiva verifica giudiziale (…) attraverso la trasmissione dei dati dai quali potessero desumersi gli elementi di colpevolezza, le esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura prescelta per assicurarle” (così Sez. U, n. 19853 del 27/03/2002, Ashraf, in motivazione).

Conseguendone che spetta alla difesa dell’indagato, che eccepisca la perdita di efficacia in base alla norma in esame, dimostrare che l’atto sopravvenuto – assenta mente sottratto dall’autorità giudiziaria procedente alla conoscenza del Tribunale del riesame – contenga elementi di favore per il proprio assistito; in questo senso si è più volte espressa la giurisprudenza di legittimità, per la quale, in tema di riesame delle misure cautelari, qualora l’indagato si dolga della mancata trasmissione da parte del p.m. di atti o documenti per sé favorevoli, egli ha l’onere di indicare compiutamente gli elementi di qualificazione in senso a lui favorevole presenti negli atti non trasmessi, non potendo sostenerne apoditticamente la rilevanza ai fini della perdita di efficacia della misura cautelare ai sensi dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 25058 del 10/05/2016, Sabatino, Rv. 266972; Sez. 6, n. 5405 del 27/01/2022, Salvato, Rv. 283000).

2.3 Applicando tale criterio interpretativo al caso di specie, bisogna rilevare come i ricorrenti abbiano omesso di adempiere a questo onere di specificazione.

In particolare, dal complesso delle deduzioni poste alla base dei motivi di ricorso non si evince quale sarebbe stata la rilevanza della trasmissione del supporto informatico al fine di dedurre elementi favorevoli dal file estrapolato dalla polizia giudiziaria e peraltro compiutamente preso in esame dal Tribunale del riesame.

Né, d’altra parte, i ricorrenti hanno in alcun modo specificato – in relazione al principio sopra riassunto – quale sarebbe stata la potenziale valenza favorevole della visione integrale anche degli altri files contenuti nel predetto supporto audiovisivo e ritenuti dalla polizia giudiziaria come irrilevanti ai fini delle indagini; con la conseguenza che non vi sono le condizioni per affermare che, con quella determinazione dell’organo requirente di trasmettere la sola annotazione di p.g., il tribunale del riesame sia stato privato della conoscenza di un atto oggettivamente contenente elementi di conoscenza di favore per gli indagati.

3. Con il proprio secondo motivo di ricorso, la difesa del (omissis) ha dedotto un travisamento dei fatti in cui sarebbe incorso il Tribunale nella descrizione della tempistica del servizio di appostamento operato dai Carabinieri nella giornata del 24/10/2023; il quale, sulla base della prospettazione difensiva, sarebbe iniziato alle ore 16,15 e si sarebbe protratto sino alle ore 16,40 anziché tra le ore 16,35 e le ore 17,00.

Il motivo è inammissibile, in quanto estrinsecamente aspecifico.

Difatti, non si evince dal tenore del motivo in quale punto la ricostruzione del Tribunale sarebbe incompatibile con il dato rappresentato dall’individuazione del (omissis) durante il periodo in cui sarebbe stato svolto il servizio di osservazione; avendo, anzi, il Collegio dato compiutamente atto – con valutazione non intrinsecamente illogica – che l’orario di individuazione del (omissis) doveva ritenersi pienamente compatibile anche con il passaggio (dedotto dal predetto file audio) in via (omissis) alle ore 16,25, atteso il concreto tempo di percorrenza sino ai luoghi oggetto del servizio di osservazione e stimato pari a circa quattro minuti; rimanendo quindi del tutto congetturale e disancorata dagli atti di indagine – e restando comunque non specificato in quale punto la deduzione sarebbe di segno favorevole per l’indagato – il dato in base al quale il servizio si sarebbe invece protratto tra le ore 16,15 e le ore 16,40.

4. Vanno congiuntamente esaminati il secondo motivo di ricorso formulato dalla difesa del (omissis) e il terzo motivo di ricorso formulato dalla difesa del (omissis); con i quali è stata contestata la gravità indiziaria in riferimento al possesso delle armi e dello stupefacente rinvenuti dagli operanti alla data del 25/10/2023.

I motivi sono infondati.

4.1 Va quindi premesso che questa Corte è ferma nel ritenere che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, Lupo, Rv. 252178); rilevando che, nel caso in cui si censuri la motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto governino l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460; Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, Cuccaro, Rv. 237475); spettando dunque a questa Corte di legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi del diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.

Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate; in altri termini, è consentito in questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato; se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato.

4.2 Operata tale premessa, va rilevato che il Tribunale distrettuale ha, con argomentazioni congrue e da ritenere esenti dai denunciati vizi di violazione della legge e di illogicità della motivazione, dato analiticamente conto degli elementi idonei a ricondurre alla sfera di controllo degli indagati anche lo stupefacente e le armi rinvenute il giorno successivo al loro arresto all’esito di ulteriore perquisizione locale.

In particolare, il Tribunale ha congruamente valorizzato gli elementi rappresentati – oltre che dalla comunanza del luogo, sito nel medesimo stabile e terreno rispetto a quello in cui era stata rinvenuta la sostanza sequestrata il 24/10/2023 – dalla perfetta identità delle modalità di confezionamento dello stupefacente rispetto a quello apposto sulla sostanza già rinvenuta; rilevando altresì che il luogo medesimo era fatto oggetto del controllo instaurato dal (omissis) mediante la predisposizione, presso la propria abitazione, di un sistema di videosorveglianza.

Elementi sulla base dei quali, in corretta applicazione dei principi dettati dall’art. 273, comma 1, cod.proc.pen., in rapporto all’art.192, comma 2, cod.proc.pen., il Tribunale ha ritenuto sussistente una idonea piattaforma indiziaria in ordine alla riconducibilità del predetto materiale alla sfera di dominio e di controllo degli indagati.

5. Vanno altresì congiuntamente esaminati – per stretta connessione logica – il terzo motivo di ricorso proposto dalla difesa del (omissis) e il quarto motivo di ricorso proposto dalla difesa del (omissis) e riguardanti il dedotto difetto di proporzionalità e adeguatezza della misura cautelare di massimo rigore.

I motivi sono infondati.

Sul punto, il Tribunale – con considerazioni di merito non censurabili in questa sede e che si sottraggono comunque alla denunciata violazione di legge – ha congruamente ritenuto doversi formulare una prognosi del tutto negativa in ordine all’attitudine degli indagati al rispetto di misure meno afflittive rispetto a quella della custodia cautelare – anche in relazione agli arresti domiciliari, pure qualora accompagnati da modalità elettroniche di controllo – sulla base di elementi univoci rappresentati, non solo dall’oggettiva gravità dei fatti in contestazione (atteso il rilevante quantitativo di sostanza stupefacente in questione e il numero delle armi rinvenute) ma anche dalla presenza dei plurimi precedenti penali (anche relativi a reati della stessa specie di quello per cui si procede) tali da delineare uno spiccato profilo delinquenziale.

A tale proposito, deve rilevarsi che l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se – come nel caso di specie – congruamente e logicamente motivato con specifico riferimento alla prognosi negativa in ordine all’attitudine dell’indagato medesimo all’effettivo rispetto delle prescrizioni connesse all’applicazione di una misura più gradata (sez.6, n. 53026 del 21/11/2017, Crupi, RV. 271686; sez.3, n.7268 del 24/1/2019, Spinelli, RV. 275851).

Avendo il Tribunale, in particolare, dato congruamente atto della circostanza in base alla quale l’applicazione della misura più gradata non poteva ritenersi idonea a garantire la totale recisione con il contesto illecito nel quale erano state consumate le condotte ascritte, non elidendo la possibilità di contatto con i fornitori e gli acquirenti dalle sostanze stupefacenti.

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e la trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 13 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.