REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Rel. Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4658-2016 proposto da:
(OMISSIS) DANIELE elettivamente domiciliato in Torino, Corso (OMISSIS) n. 77, presso lo studio dell’avv.to GIULIO (OMISSIS) che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) CARLO PR(OMISSIS)M, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE (OMISSIS) 9, presso lo studio dell’avvocato ENNIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 606/2015 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA, depositata il 11/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/02/2021 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione 7 novembre 2014, Daniele (OMISSIS) evocava in giudizio avanti al Tribunale di Alessandria l’avv. Carlo (OMISSIS), opponendosi al decreto ingiuntivo richiesto e concesso in forma provvisoriamente esecutiva su istanza del convenuto opposto per il pagamento dell’importo di €. 132.045,55, assunto come dovuto in linea capitale per prestazioni professionali rese in plurime vertenze.
2. Il Tribunale di Alessandria dichiarata inammissibile l’opposizione in quanto tardiva.
Il decreto ingiuntivo ed il relativo precetto erano stati notificati all’opponente il 9 settembre 2014, entro il termine previsto dall’art. 644 c.p.c., termine sospeso durante il periodo feriale (Cass. Sez. I, Sentenza n. 22959 del 31/10/2007).
La notifica era stata effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., come da relata prodotta e recante “domicilio chiuso. Portiere non autorizzato al ritiro in assenza del destinatario.
Non avendo trovato il destinatario o altra persona prevista dall’art. 139 c.p.c. ho provveduto ai sensi dell’art. 140 c.p.c.:
I) deposito di copia dell’atto nella casa comunale di Pioltello;
2) avviso del deposito ho affisso alla porta del destinatario;
3) altro avviso RRR ho spedito al destinatario partecipandogli l’avvenuto deposito.
Osservate disp. d.Igs. n.196 del 2003. Pioltello 4.09.2014. data notizia al destinatario con raccomandata RR del 6 settembre 2014 n. 076666380643″.
Dell’avviso di ricevimento della raccomandata l’addetto al recapito aveva dato atto in data 9 settembre 2014 che, mancando il destinatario e persone abilitate a ricevere la notifica, si era provveduto ad affiggere l’avviso alla porta d’ingresso dello stabile e a depositare il plico presso l’ufficio.
Il ritiro da parte dell’opponente era poi avvenuto il 13 ottobre (come attestato nello stesso avviso di ricevimento e dichiarato nelle note d’udienza del 3 marzo 2015).
La prospettazione dell’opponente secondo cui era quest’ultimo il termine dal quale fare decorrere i 40 giorni previsti dall’art. 641 c.p.c. era erronea perché mai la Corte Costituzionale (CC 3/2010) aveva affermato un tale principio.
La stessa Corte di legittimità aveva scisso i due termini di notifica per il notificante ed il notificato, chiarendo però che per il notificante doveva considerarsi il momento della spedizione e per il notificato il momento della ricezione.
Tale momento però non corrispondeva con quello dell’effettivo del ritiro dell’atto ma con l’effettiva conoscibilità dello stesso. Infatti, ai fini della verifica del rispetto del termine di decadenza per l’impugnazione, la notifica a mezzo posta dell’avviso informativo al destinatario doveva intendersi perfezionata non con il semplice invio a cura dell’agente postale della raccomandata di avviso dell’infruttuoso accesso e degli eseguiti adempimenti, ma decorsi dieci giorni dall’inoltro della stessa o nel minor termine costituito dall’effettivo ritiro del plico in giacenza (Sez. 5, Sent. n. 7324 del 2012).
In applicazione del citato principio secondo il Tribunale di Alessandria, il dies a quo dal quale fare decorrere i termini per l’opposizione non poteva essere il 13 ottobre 2014, giorno di effettivo ritiro dell’atto da parte del (OMISSIS), ma quello risultante dal decorso di dieci giorni dalla data di invio della raccomandata che aveva dato avviso dell’infruttuoso accesso e che era stata spedita il 9 settembre 2014.
Pertanto, la notifica si era perfezionata il 19 settembre 2014, dies a quo per computare i 40 giorni decorsi i quali l’opposizione era diventata inammissibile.
La notifica dell’opposizione era, invece, avvenuta il 17 novembre 2014, quindi tardivamente.
Tutte le altre argomentazioni della parte in ordine agli avvenuti diversi trasferimenti dell’atto notificato confliggevano con la relata dell’ufficiale giudiziario atto pubblico, facente fede fino a querela di falso.
La querela di falso, pur essendo tutti gli atti conosciuti e citati dalla stessa parte opponente, fin dall’atto di opposizione, era stata presentata solo in seguito alla fissazione dell’udienza ex art. 281 sexies c.p.c., all’udienza di discussione del 9 giugno 2015, dopo il deposito di note difensive.
In merito alla nullità ed inammissibilità della stessa il Tribunale richiamava tutte le argomentazioni già svolte nell’ordinanza emessa in pari data.
3. La Corte d’Appello di Torino dichiarava inammissibile ex art.348 bis l’appello proposto da Daniele (OMISSIS).
In particolare, rilevava la Corte d’Appello che non potevano riverberarsi in pregiudizio del notificante particolari modalità di consegna indicate dall’appellante al servizio postale e di certo non quelle che contemplavano la spedizione della corrispondenza ad un altro indirizzo differente da quello di residenza e che in concreto avevano determinato il trasferimento del plico presso altri uffici così determinando il recapito al destinatario dopo oltre un mese dall’avvenuta spedizione.
Inoltre la querela di falso proposta dall’appellante con riferimento alla relazione di notifica del 4 settembre 2014 nella parte in cui si attestava l’avvenuta affissione dell’avviso di deposito alla porta del destinatario non era rilevante ai fini di considerare regolarmente adempiuti gli incombenti imposti dalla norma, posto che anche in astratto volendo aderire alla prospettazione del querelante doveva comunque ritenersi che l’avviso fosse stato collocato in corrispondenza del varco di accesso che metteva in comunicazione il complesso immobiliare con la via pubblica, in tal modo dovendosi ritenere valido l’operato dell’agente ufficiale notificatore.
4. Daniele (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione avverso sia la sentenza del tribunale di Alessandria che l’ordinanza della Corte d’Appello di Torino ex articolo 348 bis c.p.c. sulla base di un motivo di ricorso.
5. Carlo (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’unico motivo di ricorso è così rubricato:
Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: errate conclusioni circa il perfezionamento della notifica di ricorso e pedissequo decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 140 c.p.c.
Il ricorrente rinnova le proprie contestazioni circa la declaratoria di presunta tardività dell’opposizione al decreto ingiuntivo, con tutti i pregiudizi conseguenti alla impossibilità di dare corso all’attività istruttoria necessaria a dimostrare la infondatezza del credito portato dal titolo opposto.
Secondo il ricorrente i documentati e plurimi disguidi postali, certificati dal Servizio Postale, attesterebbero che il plico con l’avviso del deposito e quindi della tentata notifica del decreto, sarebbe stato recapitato e quindi “giuridicamente notificato”, solamente in data 13 ottobre 2014, allorché egli è stato posto nelle condizioni di conoscere e, quindi, ritirare il medesimo plico.
Dalla documentazione versata in atti risulterebbe che la raccomandata contenente l’avviso del deposito (C.A.D.) sia stata spedita dall’Ufficiale in data 6 settembre 2014 e che in data 9 settembre 2014, sia “stato tentato il recapito da un portalettere ma sarebbe risultato impossibile consegnare l’effetto postale da rinviare al mittente”.
Dopo tale data, il plico sarebbe stato trasmesso con le seguenti tempistiche: 9 settembre: da Milano Segrate a Milano Borromeo – 11 settembre: da Milano a Genova CI\1P – 12 settembre: in lavorazione a Genova – 18 settembre: spedizione a Torino C1\1P – 19 settembre: invio a Alessandria Curiel’ – 23 settembre: in lavorazione – 2 ottobre: in lavorazione a Milano Segrate – 3 ottobre: in giacenza a Pioltello- 13 ottobre: consegnato avviso – 28 ottobre: “consegnata dallo sportello del centro postale Pioltello stazione”.
Il grave disguido per quanto non giustificabile, quindi, sarebbe imputabile all’evidente errato invio della missiva all’indirizzo indicato al Servizio Postale c.d. “Seguimi”. In forza delle Condizioni Generali di Contratto (CGC del c.d. “Servizio Seguimi”, a cui è possibile aderire on line), infatti, il destinatario della corrispondenza può chiedere che la corrispondenza, per un periodo indicato, possa essergli recapitata ad un indirizzo diverso.
All’art. 1 delle CGC è però previsto che il predetto Servizio “Seguimi” non possa essere effettuato per la consegna degli “atti giudiziari”. L’addetto alla consegna del plico in Alessandria si sarebbe evidentemente avveduto dell’errore in cui era incorso l’Ufficio di Milano ed avrebbe restituito l’avviso, così consegnato poi al destinatario dopo il lungo percorso dianzi tracciato, di cui dà conto la Corte nell’ordinanza impugnata.
Il (OMISSIS) avrebbe, già in primo grado e precisamente all’udienza del 3 marzo 2015, fornito prova dell'”attestazione di avvenuta notifica”, rilasciatagli dalle Poste in data 2 marzo 2015, circa il fatto che la notifica si era perfezionata solo il 13 ottobre 2014.
Solo da tale data dovrebbe farsi decorrere il termine per la compiuta giacenza e certamente non dal 9 settembre, data del primo invio della missiva verso un recapito errato, cui non avrebbe dovuto procedersi per il preciso sbarramento imposto dal Regolamento Postale per gli atti giudiziari.
Si tratterebbe, dunque, di verificare se e quando si sia perfezionata la notifica per il destinatario, ovvero il sig. (OMISSIS), ovvero quando sia stata effettuata e garantita in concreto la conoscibilità del decreto, per essere stato ritirato o, più precisamente per essere stata comunicata al destinatario la effettiva richiesta di notifica di un atto giudiziario.
La conclusione dei giudici di merito sarebbe censurabile, sia per la sua evidente illogicità e sia perché in aperta violazione del disposto di cui all’art. 140 c.p.c. e del diritto tutelato dalle norme espressamente volte a garantire la conoscibilità degli atti da parte del destinatario delle notifiche.
Il momento cui occorre riferirsi al fine di valutare il perfezionamento del procedimento notificatorio coinciderebbe con la data di ricevimento della raccomandata da parte del destinatario, così come indicata nell’avviso allegato alla raccomandata.
In altri termini, secondo il ricorrente, se è vero che devono essere decorsi dieci giorni dalla spedizione del plico, è altresì pacifico che “non può prescindersi dall’effettivo arrivo del plico nella sfera di conoscibilità del destinatario (Corte di Cassazione, sez. I, n. 3552/2014).
Il ricorrente chiede, quindi, che sia cassata la conclusione a cui è pervenuta la Corte d’Appello, e con la quale ha confermato la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione in quanto proposta oltre il termine perentorio di quaranta giorni di cui all’art. 641 c.p.c..
1.1 Preliminarmente occorre evidenziare che ogni qual volta – come nel caso in esame – il giudice di appello sia pervenuto alla declaratoria di inammissibilità del gravame ex art. 348 bis, comma 1, cod. proc. civ., non perché abbia condiviso la ratio decidendi fatta propria dal giudice di prime cure (nella specie l’avvenuta allegazione dell’avviso di ricevimento attestante la spedizione al ricorrente dell’avviso di deposito presso la casa comunale del plico contenente il decreto ingiuntivo da notificare), bensì in base ad altra, (ovvero l’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata in data 9 settembre 2014), la pronuncia del giudice di seconda istanza assume i caratteri di una vera e propria sentenza, destinata a sostituirsi alla prima.
Tale indirizzo è stato affermato già in passato dalla Terza Sezione di questa Corte che ha riconosciuto – non senza previamente rammentare come “le Sezioni Unite” di questa Corte abbiano “affermato l’impugnabilità ex art. 111 Cost. dell’ordinanza di inammissibilità prevista dall’art. 348- ter cod. proc. civ., per vizi propri consistenti in una violazione della normativa processuale” (cfr. Cass. Sez. un., sent. 2 febbraio 2016, n. 1914) – che “agli errores in procedendo (ai quali hanno dato specificamente rilievo, appunto, le Sezioni Unite) si deve aggiungere l’ipotesi che l’ordinanza sia resa al di fuori della condizione sostanziale prevista dall’art. 348-bis cod. proc. civ., ossia che l’impugnazione non abbia una «ragionevole probabilità di essere accolta»”, condizione ipotizzabile soltanto quando “il giudizio prognostico sfavorevole espresso dal giudice d’appello nell’ordinanza ex art. 348-ter cod. proc. civ.” si sostanzi nella conferma di una sentenza ritenuta «giusta» per essere l’appello «prima facie» destituito di fondamento”.
Per contro, il “giudice d’appello non può, pronunziando con ordinanza e dichiarando inammissibile il ricorso, sostituire la motivazione del provvedimento impugnato con un diverso percorso argomentativo”, in quanto, “così operando, il giudice dell’impugnazione finisce con l’entrare nel merito del giudizio di appello, deragliando dai binari dell’art. 348-bis cod. proc. civ., che invece prevede una delibazione meramente sommaria (così, in motivazione, Sez. 3, sent. 2017, n. 15644,).
Ne consegue, pertanto, che, nell’ipotesi in cui “il giudice d’appello provveda con ordinanza ex art. 348-ter cod. proc. civ., tuttavia sostituendo alle ragioni della decisione di primo grado un diverso percorso argomentativo, la parte soccombente che intenda proporre ricorso ordinario si troverebbe costretta a porsi in rapporto dialettico con una «ratio decidendi», quella della sentenza di primo grado, sconfessata” dal secondo giudice, di talché “la vera decisione di merito suscettibile di impugnazione è quella del giudice d’appello”, la quale, “sebbene adottata nelle forme dell’ordinanza prevista dall’art. 348-ter cod. proc. civ., ha infatti il contenuto di una sentenza di merito a cognizione piena”, soggetta al ricorso ex art. 360 cod. proc. civ.
1.2 Chiarito, dunque, che lo scrutinio di questa Corte risulta circoscritto ai motivi di impugnazione che investono l’ordinanza di inammissibilità della Corte d’Appello deve affermarsi che il motivo di ricorso è fondato.
1.3 Per il perfezionamento del procedimento notificatorio ai sensi dell’art. 140 c.p.c. nei confronti del destinatario occorre: il deposito della copia dell’atto nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi; l’affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario; la raccomandata con avviso di ricevimento per dare notizia del deposito al destinatario. Tale ultimo adempimento costituisce ulteriore garanzia per il destinatario, onde favorire al massimo l’ingresso dell’atto nella sua sfera di conoscibilità.
Per questo motivo si richiede che l’avviso di ricevimento debba essere allegato all’atto notificato e che la sua mancanza provochi la nullità della notificazione (Cass. S.U. 13.1.2005, n. 458).
Le incertezze giurisprudenziali in ordine alla necessità o meno di allegare l’avviso di ricevimento sono state superate dalla citata pronuncia delle Sezioni unite.
D’altra parte, questa garanzia è stata introdotta a seguito della sentenza della Corte Costituzionale in tema di notificazione di atti giudiziari (Corte cost. 23.1.2004, n. 28), che abbandonando l’indirizzo che voleva la notificazione eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., perfezionata dopo il deposito della copia dell’atto e l’affissione dell’avviso relativo al deposito stesso, con la spedizione al destinatario della raccomandata con avviso di ricevimento, ha stabilito che anche per le notificazioni eseguite ai sensi dell’art. 140 c.p.c. (come per le notifiche a mezzo posta, oggetto della sentenza Corte cost. 26.11.2002, n. 477), al fine del rispetto di un termine pendente a carico del notificante è sufficiente che l’atto sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine, mentre le formalità previste dal detto art. 140 possono essere eseguite anche in un momento successivo.
Il consolidamento di tale effetto – che può definirsi provvisorio o anticipato – a vantaggio del notificante, dipende comunque dal perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario.
Le Sezioni unite, inoltre, hanno superato l’orientamento che, nelle notificazioni ai sensi dell’art. 140 c.p.c., riteneva l’allegazione, all’originale dell’atto, dell’avviso di ricevimento adempimento privo di rilevanza.
Nel procedimento disciplinato da questa norma, la notificazione si compie con la spedizione della raccomandata, che come atto della sequenza del processo perfeziona l’effetto di conoscibilità legale nei confronti del destinatario.
Tuttavia, non diversamente da quanto avviene per il perfezionamento della notificazione nei confronti del notificante, anche per il destinatario si tratta di un effetto provvisorio o anticipato, destinato a consolidarsi con l’allegazione, all’originale dell’atto, dell’avviso di ricevimento, le cui risultanze possono confermare o smentire che la notifica abbia raggiunto lo scopo cui era destinata.
1.4 A quest’ultima soluzione le Sezioni unite sono pervenute sulla base sia di una interpretazione costituzionalmente orientata che impone l’effettività delle garanzie di conoscibilità dell’atto da parte del destinatario medesimo e della tutela del contraddittorio; sia di una valorizzazione della ratio e del dato testuale dell’art. 140 c.p.c., per cui, se il legislatore avesse considerato l’avviso di ricevimento privo di rilevanza, non avrebbe richiesto che la raccomandata di cui all’art. 140 c.p.c., ne fosse corredata (a differenza di altri casi in cui ha ritenuto sufficiente che la notizia di una avvenuta notificazione fosse data a mezzo di raccomandata semplice).
Precisano altresì le Sezioni unite che dall’avviso di ricevimento, e dalle annotazioni che l’agente postale appone su di esso quando lo restituisce al mittente, può emergere che la raccomandata non è stata consegnata perché il destinatario risulta trasferito oppure deceduto o, ancora, per altre ragioni le quali comunque rivelano che l’atto in realtà non è pervenuto nella sfera di conoscibilità dell’interessato e che, dunque, l’effetto legale tipico, a tale evento ancorato, non si è prodotto.
Infatti, le suddette risultanze rendono quanto meno incerto, e possono addirittura escludere, che il luogo in cui l’ufficiale giudiziario ha svolto l’attività prevista dall’art. 140 c.p.c., sia quello di effettiva ed attuale residenza, dimora o domicilio del destinatario, con i conseguenti riflessi sulla validità della notifica effettuata.
Si tratta, dunque, di una verifica necessaria, postulata del resto dalla stessa previsione normativa nel momento in cui richiede che la spedizione della raccomandata abbia luogo con avviso di ricevimento, tanto più che con l’ulteriore sentenza 14 gennaio 2010, n. 3, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
1.5 Secondo la Corte Costituzionale (punto 5.2.1 della citata sentenza) il notificante, ex art. 140 cod. proc. civ., evita ogni decadenza a suo carico con la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario, sia pure subordinatamente al buon esito della notifica, il destinatario – in un contesto che, dal punto di vista del perfezionamento della notifica, continua ad essere ancorato alla spedizione della raccomandata informativa, trascurando la ricezione della stessa (o gli altri modi considerati dal sistema equipollenti) – soffre invece di una riduzione dei termini per lo svolgimento delle successive attività difensive, giacché questi cominciano a decorrere da un momento anteriore rispetto a quello dell’effettiva conoscibilità dell’atto.
Né la presunzione di conoscenza dell’atto da parte del destinatario con la semplice spedizione della raccomandata prevista dall’art. 140 cod. proc. civ. può ulteriormente giustificarsi con il ritenere che sia onere del destinatario, ove si allontani, di predisporre le cose in modo da poter essere informato di eventuali comunicazioni che siano a lui dirette.
Difatti, l’evoluzione della vita moderna e gli spostamenti sempre più frequenti per la generalità delle persone fanno sì che l’onere di assunzione di misure precauzionali in vista di eventuali notificazioni non può operare anche in caso di assenze brevi del destinatario, poiché altrimenti il suo diritto di difesa sarebbe condizionato da oneri eccessivi.
1.6 Tutto ciò premesso deve osservarsi che la Corte d’Appello di Torino, nell’ordinanza impugnata, ha affermato che la notifica del decreto ingiuntivo si è perfezionata il 19 settembre 2014, data di scadenza del decimo giorno successivo all’invio della raccomandata contenente l’avviso di deposito nella casa comunale, avvenuto il 9 settembre 2014.
Quanto detto dalla Corte d’Appello contrasta con quanto si legge nella sentenza del Tribunale di Alessandria dove si afferma che la raccomandata di avviso di deposito è stata effettuata il 6 settembre 2019, con avviso di ricevimento del 9 settembre 2014 e con attestazione dell’addetto al recapito che, mancando il destinatario o persone abilitate a ricevere la notifica, si era provveduto ad affiggere l’avviso alla porta di ingresso dello stabile e a depositare il plico presso l’Ufficio.
La Corte d’Appello, dunque, non ha esaminato in alcun modo l’avviso di ricevimento, né tantomeno ha indicato l’esatto indirizzo di spedizione della raccomandata di avviso di deposito del plico e se questa sia entrata effettivamente nella sfera di conoscibilità del ricorrente.
La Corte d’Appello, al contrario, ha dato atto che, a causa di particolari modalità di consegna indicate dall’appellante al servizio postale, il plico è stato trasferito ad altri uffici con effettivo recapito al destinatario dopo oltre un mese dalla sua spedizione.
Il ricorrente ha eccepito, infatti, che la raccomandata n. 766663806431, contenente l’avviso del deposito, come da documentazione rilasciata dal Servizio Postale, dopo un discusso e mai accertato “tentativo” di consegna all’indirizzo del destinatario, sia stata indirizzata dapprima all’Ufficio Postale di Alessandria, in seguito a Milano-Segrate e solo in ultimo all’Ufficio Pioltello.
La Corte d’Appello, dunque, ha omesso l’esame dell’avviso di ricevimento della più volte citata raccomandata del 6 settembre 2014 al fine di verificare l’indirizzo di spedizione.
Deve concludersi che allo stato non vi è alcuna certezza del momento in cui il destinatario abbia potuto fruire dell’ulteriore cautela prevista dalla legge a suo favore, ovvero della messa a conoscenza, a mezzo posta, dell’avvenuto deposito del plico contenente l’atto nella casa comunale.
Nel giudizio di rinvio dovrà effettuarsi tale verifica per accertare quando effettivamente l’avviso di deposito del plico sia entrato nella sfera di conoscibilità del ricorrente, momento di perfezionamento del procedimento notificatorio del decreto ingiuntivo dal quale far decorrere il termine per proporre l’opposizione.
2. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso il 24 febbraio 2021.
Depositata in Cancelleria il 21 luglio 2021.