Le carenze investigative sulle circostanze di un sinistro costituiscono un trattamento inumano o degradante della vittima.

(Cedu, Corte Europea Diritti dell’Uomo, SEZ. IV, sentenza 8 novembre 2016, n. RIC. 76805/11)

Restò paralizzato a seguito di un sinistro: la sua moto fu investita da un’auto. Fu disposta un’indagine preliminare, in cui furono sentiti i due conducenti, testimoni oculari e fu effettuata da un’inquirente della polizia una ricostruzione della scena del sinistro.

Furono presentate varie perizie contraddittorie così come le testimonianze rese. Le Corti accolsero i dubbi di sua madre e stabilirono che la poliziotta nel ricostruire la scena aveva fatto un lavoro non corretto.

In seguito si stabilì che la responsabilità del sinistro era del ricorrente che non aveva rispettato né i limiti di velocità né una precedenza, sì che non ebbe alcun risarcimento, anche perché l’inchiesta preliminare, riaperta per 3 volte, era caduta in prescrizione.

Violato l’art. 3 Cedu sotto il profilo procedurale: le sopra descritte carenze investigative, ascrivibili alla negligenza dello Stato, hanno comportato conseguenze gravi ed irreparabili alla vittima dato che l’azione si è prescritta ed ha perso il diritto all’indennizzo.

Non risultano precedenti specifici salvo analogie con quanto deciso nelle GC O’Keefe c. Irlanda e Mocanu e altri c. Romania del 2014. Simile al caso Otgon c. Moldavia (in quel caso era stata ravvisata una deroga all’art. 8) nella rassegna del 28/10/16.