Le casse edili sono esenti da IMU e TASI.

Con la risoluzione n. 8/DF diramata il 5 ottobre 2015, il Ministero dell’Economia e delle Finanze riconosce l’esenzione dall’IMU e dalla TASI degli immobili posseduti e utilizzati dalle casse edili per lo svolgimento dell’attività previdenziale.

RISOLUZIONE N. 8/DF

PROT. 45671

Roma, 5 ottobre 2015

OGGETTO:

Imposta municipale propria (IMU) e Tributo per i servizi indivisibili (TASI).

Immobili utilizzati da enti non commerciali per l’attività previdenziale.

Esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.

Quesito.

DIPARTIMENTO DELLE FINANZE
DIREZIONE LEGISLAZIONE TRIBUTARIA E FEDERALISMO FISCALE

Sono stati chiesti chiarimenti in merito all’applicazione dell’esenzione prevista dall’art. 7, comma 1, lett. i), del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 relativamente agli immobili utilizzati dalle casse edili.

Tale norma stabilisce che sono esenti dall’IMU “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, fatta eccezione per gli immobili posseduti da partiti politici, che restano comunque assoggettati all’imposta indipendentemente dalla destinazione d’uso dell’immobile, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui
all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222”.

Al riguardo, occorre, innanzitutto, ricordare che la citata disposizione si applica non solo all’IMU ma anche alla TASI in virtù del richiamo effettuato rispettivamente dall’art. 9, comma 8, del D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e dall’art. 1, comma 3, del D. L. 6 marzo 2014, n. 16 convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68.

Ai fini dell’individuazione del quadro normativo che regola la materia in esame e per le modalità applicative dell’esenzione in parola, si rinvia alla lettura delle istruzioni allegate al modello di dichiarazione IMU/TASI ENC di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 26 giugno 2014.

Effettuate, quindi, tali premesse e passando all’analisi del caso prospettato nel quesito in oggetto, si ritiene che le casse edili, per poter beneficiare dell’esenzione dall’IMU e dalla TASI, nei limiti previsti dalle norme riportate nelle citate istruzioni ministeriali, devono possedere contemporaneamente i requisiti di carattere soggettivo e oggettivo, di cui alla lett. i), comma 1, dell’art. 7 del D. Lgs. n. 504 del 1992, nonché quelli generali e di settore, stabiliti rispettivamente agli artt. 3 e 4 del Regolamento 19 novembre 2012, n. 200, i quali stabiliscono i parametri per qualificare le attività di cui alla più volte menzionata lett. i) come svolte con
modalità non commerciali.

Per quanto concerne, innanzitutto, il possesso del requisito di carattere soggettivo, in base al quale l’esenzione in discorso riguarda esclusivamente “i soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. c), del TUIR, vale a dire gli enti pubblici e privati diversi dalle società che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale residenti nel territorio dello Stato”, si ritiene che questo è rinvenibile nella fattispecie in esame. Appare infatti determinante, al fine di giungere a tale conclusione, la circostanza, evidenziata nello stesso quesito, che l’art. 37 del Contratto collettivo nazionale del settore edile e affini definisca le Casse edili quali organismi di origine contrattuale e sindacale a carattere paritetico (gestiti unitariamente dai rappresentanti dei sindacati dei lavoratori e dai rappresentanti dei datori di lavoro del settore edilizio), cui è demandato dall’ordinamento il perseguimento di specifiche finalità assistenziali e previdenziali a favore degli iscritti. Al tal riguardo, inoltre, appare condivisibile la ricostruzione effettuata nel quesito in esame, laddove si afferma che le casse edili – non avendo come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale – rientrano pacificamente tra gli enti non commerciali di cui all’art. 73, comma 1, lett. c) del d.p.r. n. 917/1986.

Passando, invece, all’analisi del requisito oggettivo, il richiamato art. 7, comma 1, lett. i) richiede che, per poter beneficiare dell’esenzione in esame, gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali devono essere “destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222”.

In merito, si fa presente che anche tale requisito deve ritenersi sussistente nel caso in argomento, dal momento che l’attività svolta dalle casse edili può qualificarsi come attività previdenziale così come definita dall’art. 1, comma 1, lett. g) del D.M. n. 200 del 2012 e, quindi, rientrante nel novero di quelle contemplate nell’art. 7, comma 1, lett. i) del D. Lgs. n. 504 del 1992.

In proposito, si ricorda che il citato art. 1, comma 1, lett. g) del D.M. n. 200 del 2012, definisce le attività previdenziali quali “attività strettamente funzionali e inerenti all’erogazione di prestazioni previdenziali e assistenziali obbligatorie”.

L’appartenenza dell’attività svolta dalle casse edili nell’ambito di quelle contemplate dalle norme di agevolazione appena citate è supportata anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che nelle sentenze n. 25888 del 28 ottobre 2008 e n. 6869 del 7 maggio 2012, dopo aver illustrato l’evoluzione interpretativa che ha interessato la questione, è pervenuta alla conclusione che le casse edili adempiono a vere e proprie prestazioni previdenziali.

In particolare, nella sentenza n. 25888 del 2008 la Corte di Cassazione ha statuito che “le casse edili non si limitano ad effettuare, a favore degli aventi diritto, il pagamento delle somme che il datore di lavoro è tenuto ad accantonare a favore dei lavoratori (per riposi annui, ferie, festività e gratifica natalizia), ma adempiono a vere e proprie prestazioni previdenziali (provvedendo alla riscossione dei relativi contributi), quale la corresponsione dell’integrazione aggiuntiva di malattia”.

Da ciò, quindi, la Corte perviene alla conclusione che “la Cassa Edile deve essere ricompresa, al pari degli altri enti di previdenza e assistenza, nella previsione di cui all’art. 635 c.p.c., comma 2 …”.

Dello stesso tenore risulta anche la sentenza n. 6869 del 2012, nella quale la Corte di Cassazione, in riferimento alle attività svolte dalle casse edili, aggiunge che “Esse, inoltre, forniscono anche prestazioni che, pur conservando natura in senso lato retributiva, hanno anche una connotazione previdenziale ed assistenziale, ad esempio, integrando i trattamenti di malattia e infortunio, oppure sostenendo il reddito dei lavoratori durante fasi di sospensione del rapporto dovute a crisi”.

Tale sentenza riveste particolare rilievo anche ai fini del riconoscimento del requisito dell’obbligatorietà delle prestazioni previdenziali e assistenziali erogate dalle casse edili richiesto dal riportato art. 1, comma 1 lett. g) del D.M. n. 200 del 2012.

Nella pronuncia, infatti, si legge che “le Casse edili, organismi di origine contrattuale e sindacale, a carattere paritetico (perché gestiti unitariamente da rappresentanti dei sindacati dei lavoratori e da rappresentanti dei datori di lavoro) sono investite del compito di assicurare ai lavoratori del settore edile il pagamento di alcune voci retributive … L’iter legislativo che, dapprima, ha semplicemente incoraggiato l’iscrizione delle imprese alle Casse Edili, è arrivato poi secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, comma 10, a sancire l’obbligatorietà della regolarità contributiva nei confronti di detti enti.”

In ordine a tale aspetto, è bene rimarcare che l’attività assistenziale tipica delle casse edili rientra espressamente nella riportata lett. g) in esame e non nella lett. f), del medesimo comma 1, art. 1 del D.M. n. 200 del 2012 dedicata alle “attività assistenziali” che sono invece “riconducibili a quelle di cui all’articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della
giustizia”.

Nel quesito in esame viene, inoltre, esposto che gli immobili adibiti a sede legale delle casse edili sono destinati integralmente ed esclusivamente allo svolgimento di attività riconducibili agli scopi assistenziali e previdenziali degli enti stessi.

In particolare, detti immobili ospitano gli uffici che hanno il compito di erogare le prestazioni assistenziali e previdenziali e tutti gli ulteriori uffici amministrativi e tecnici strettamente e direttamente strumentali all’espletamento della predetta funzione (sportelli, ufficio denunce, ufficio amministrazione, ufficio prestazioni ai lavoratori, ufficio liquidazione, ufficio contenzioso, uffici consiliari e segreterie).

A tale proposito, è stato chiesto se la sussistenza, nell’ambito della stessa unità immobiliare di uffici amministrativi o tecnici diversificati, tutti complementari alla realizzazione dell’attività istituzionale dell’ente, costituisca anch’essa una modalità di espletamento dell’attività assistenziale o previdenziale agevolabile dalla norma.

La risposta affermativa trova fondamento nella stessa formulazione letterale della norma di cui all’art. 1, comma 1, lett. g) del D.M. n. 200 del 2012, che nel definire le attività previdenziali ricomprende nel novero di queste tutte le “attività strettamente funzionali e inerenti” all’erogazione di prestazioni previdenziali e assistenziali obbligatorie.

Tale impostazione trova, poi, riscontro nelle citate istruzioni alla dichiarazione IMU/TASI ENC laddove, nel definire i criteri per l’applicazione del nuovo rapporto proporzionale introdotto dall’art. 91-bis del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, viene chiarito che, nel caso di “utilizzazione mista” dell’immobile, “Le medesime percentuali si applicano anche per il calcolo della misura dell’esenzione spettante per le unità immobiliari destinate ad attività strumentali promiscuamente e indistintamente sia all’attività per la quale spetta l’esenzione, sia all’attività per la quale non spetta (ad esempio, spazi destinati ai servizi amministrativi o comunque ausiliari comuni)”.

Nel caso concreto è ovvio che, essendo tutti gli ulteriori uffici amministrativi e tecnici strettamente e direttamente strumentali all’espletamento della sola attività previdenziale svolta nelle sedi delle casse edili, l’esenzione verrà applicata nella misura del 100 per cento in riferimento a tali uffici.

Resta, comunque, inteso come specificato nelle istruzioni relative alla dichiarazione IMU/TASI ENC che “l’esenzione non spetta con riferimento alle unità immobiliari di fatto non utilizzate”, che devono essere in ogni caso dichiarate.

Passando all’analisi dei requisiti generali e di settore, previsti dagli artt. 3 e 4 del D.M. n. 200 del 2012 – ai quali è stata attribuita efficacia di norma di rango primario attraverso il richiamo effettuato allo stesso dall’art. 9, comma 6-ter del citato D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 – che, come già illustrato, sono necessari per qualificare le attività di cui alla più volte menzionata lett. i), come svolte con modalità non commerciali, occorre rammentare che l’art. 3 chiarisce, altresì, che le attività di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del citato D. Lgs. n. 504 del 1992, sono svolte con modalità non commerciali quando l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente non commerciale prevede:

“a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;

b) l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale;

c) l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge”.

A questo proposito, si ricorda che nella risoluzione n. 3/DF del 4 marzo 2013, peraltro richiamata nelle menzionate istruzioni alla dichiarazione IMU/TASI ENC, è stata chiarita l’esatta portata delle disposizioni recate dalle lett. a) e c) del comma 1, dell’art. 3 del Regolamento.

Pertanto, ai fini del riconoscimento dell’esenzione dall’IMU e dalla TASI è fondamentale che lo statuto delle casse edili contempli anche il possesso di tali requisiti generali.

A questo proposito, nello stesso “Statuto tipo delle Casse Edili” approvato in sede di accordo nazionale del 19 settembre 2002, all’art. 1, comma 4 è previsto che “La Cassa Edile non ha fini di lucro”, mentre al successivo comma 5 è stabilito che “Alla Cassa Edile è fatto divieto di distribuire, anche in modo indiretto, avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale, durante la vita della Cassa”.

Per quanto riguarda, invece, la liquidazione delle casse edili, sempre nel citato Statuto tipo all’art. 21 è prescritto che “La messa in liquidazione della Cassa Edile è disposta con accordo tra le Organizzazioni territoriali di cui al punto 1 dell’articolo 1 su conforme decisione congiunta delle Associazioni nazionali di cui al medesimo punto 1 dell’articolo 1.

Dovrà pure operarsi la messa in liquidazione qualora la Cassa cessi da ogni attività per disposizione di legge.

Qualora ricorrano i termini di cui al comma 3 dell’allegato uno dell’accordo 18 dicembre 1998, la messa in liquidazione della Cassa Edile è disposta inoltre con intesa con le Associazioni artigiane di cui all’art. 1.

Trascorsi … mesi dalla messa in liquidazione provvederà, in difetto, il Presidente del Tribunale di …

Le Organizzazioni predette determinano, all’atto della messa in liquidazione della Cassa, i compiti dei liquidatori e successivamente ne ratificano l’operato.

Il patrimonio netto risultante dai conti di chiusura della liquidazione dovrà essere devoluto ad altra organizzazione con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’art. 3 comma 190 della legge 23 dicembre 1996 n. 662.

In caso di disaccordo, tale devoluzione sarà fatta secondo le decisioni del Presidente del Tribunale di …”.

A tali considerazioni deve però aggiungersi che, trattandosi di uno statuto tipo, le prescrizioni in esso contenute devono essere state effettivamente recepite dagli statuti delle singole casse edili e a questo proposito si rinvia a quanto chiarito nelle istruzioni alla dichiarazione IMU/TASI ENC al paragrafo 9 dedicato a “L’adeguamento dello Statuto e dell’Atto Costitutivo”.

In conclusione, quindi, alla luce di tutte le considerazioni su esposte, si ritiene che gli immobili posseduti e utilizzati dalle casse edili per lo svolgimento dell’attività previdenziale nei termini e alle condizioni sin qui delineate, rientrano nella disciplina che regola l’esenzione dall’IMU e dalla TASI.

Il Direttore Generale delle Finanze

Fabrizia Lapecorella