Le Sezioni Unite ammettono la costituzione di servitù con oggetto il parcheggio di un’auto su fondo altrui (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civile, Sentenza 13 febbraio 2024, n. 3925).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli III.mi Sigg.ri Magistrati:

PASQUALE D’ASCOLA                                      – Presidente Aggiunto –

FELICE MANNA                                                  – Presidente di sezione –

RAFFAELE GAETANO ANTONIO FRASCA       – Presidente di sezione –

MARGHERITA MARIA LEONE                           – Consigliere –

ALBERTO GIUSTI                                               – Consigliere –

LORENZO ORILIA                                              – Rel. Consigliere –

ANNALISA DI PAOLANTONIO                         – Consigliere –

ANTONIO PIETRO LAMORGESE                      – Consigliere –

MARCO ROSSETTI                                             – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 26011-2018 proposto da:

(omissis) (omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) (omissis) del Foro di Napoli e (omissis) (omissis) del Foro di Venezia;

-ricorrente-

contro

(omissis) srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti (omissis) (omissis) del Foro di Venezia e (omissis) (omissis) del Foro di Roma;

-controricorrente-

nonchè

(omissis) (omissis), rappresentato e difeso dagli avv.ti (omissis) (omissis) del Foro di Roma e (omissis) (omissis) del Foro di Roma;

-controricorrente-

nonchè

(omissis) (omissis) E (omissis) (omissis)

-intimati-

avverso la sentenza n. 1606/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata in data 11.6.2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21 novembre 2023 dal Consigliere dr. LORENZO ORILIA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. ALESSANDRO PEPE, che, riportandosi alle conclusioni scritte precedentemente rassegnate, ha chiesto l’accoglimento del primo e terzo motivo di ricorso con assorbimento degli altri;

uditi i difensori delle parti.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 1606/2018 resa pubblica in data 11.6.2018, ha rigettato il gravame proposto da (omissis) (omissis) contro la pronuncia del locale Tribunale (n. 1348/2016) che, a sua volta, aveva respinto la domanda “di nullità della servitù di parcheggio temporaneo, transito e manovra di automezzi in genere”, costituita con atto per notaio (omissis) (omissis) del 15.2.2011 (Rep. n. 84465) dai venditori (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) a carico dei loro mappali 10 e 1803 del fol. 18 del Comune di Scorzè ed in favore dei mappali 436, 843 e 1803 alienati alla (omissis) srl col medesimo atto.

La conferma del rigetto della domanda di nullità del contratto costitutivo di servitù (che il (omissis) aveva proposto contro la (omissis), dopo avere acquistato il fondo servente dai predetti (omissis)-(omissis) con successivo atto per notaio (omissis) del 18.7.2011 Rep. n. 1568) è stata motivata dalla Corte territoriale attraverso i seguenti passaggi:

– l’appellante (omissis) aveva acquistato il suo immobile dai (omissis)-(omissis) ben sapendo dell’esistenza della servitù di parcheggio, debitamente riportata nell’atto di trasferimento;

– la servitù non può qualificarsi irregolare perché dalla chiara lettera dell’atto costitutivo si ricava la predialità;

– l’eccezione di nullità della servitù deve ritenersi infondata in quanto resta comunque una utilità residua per il fondo servente;

– l’attore (omissis) non ha dato adeguata prova della carenza di utilità della servitù, utilità che invece è data proprio dalla possibilità di fornire piazzali adeguati alla azienda (omissis); essa, quindi, consiste nel più comodo sfruttamento del fondo dominante a vocazione industriale, e può concretizzarsi anche in maggiore amenità e comodità;

– non rileva la destinazione agricola del fondo servente;

– non è esatto affermare che sul fondo servente non è possibile esercitare nessuna attività, potendosi sfruttare il sottosuolo e potendosi comunque compiere le attività non incompatibili con il parcheggio;

– non difetta neppure il requisito della “localizzazione” della servitù, essendo individuate le particelle catastali interessate dalla servitù (tutta la superficie dei mappali 10 e 1803 del fol. 18);

– sussistono anche gli altri requisiti tipici della servitù (specificità, determinatezza e inseparabilità rispetto ai fondi dominante e servente).

2 Avverso tale sentenza, il (omissis) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, contrastati con separati controricorsi dalla (omissis) srl e dal notaio (omissis) (che davanti al Tribunale era stato chiamato in garanzia dalla convenuta (omissis)).

I venditori (omissis)-(omissis) (anch’essi chiamati in garanzia dalla società convenuta nel giudizio di merito) sono rimasti intimati in questa sede.

Con istanza del 23.3.2023 proposta ai sensi dell’art. 374 comma 2 cpc, il difensore del ricorrente ha chiesto al Primo Presidente di disporre l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite al fine di risolvere il contrasto di giurisprudenza in merito alla possibilità di costituire e riconoscere servitù prediali di parcheggio: ha rilevato che mentre alcune pronunce avrebbero negato la configurabilità di una servitù di parcheggio/posteggio per assenza del requisito della realità (proprio del diritto di servitù), altre pronunce avrebbero invece ammesso al possibilità di costituire una simile servitù prediale.

Il Primo Presidente, con provvedimento depositato il 30.3.2023, ha disposto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

L’Ufficio della Procura Generale ha depositato conclusioni scritte con cui ha richiesto che vengano accolti il primo e terzo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti.

In prossimità dell’udienza pubblica del 21 novembre 2023 le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La definizione del denunciato contrasto non può prescindere dalla ricognizione dell’evoluzione giurisprudenziale e della posizione dottrinaria sulla specifica tematica.

Un orientamento di questa Corte consolidatosi dal 2004 ha ritenuto che il parcheggio di autovetture su di un’area può costituire legittima manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo, ma non anche estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto di un diritto di servitù, diritto caratterizzato dalla cosiddetta “realitas“, intesa come inerenza al fondo dominante dell’utilità così come al fondo servente del peso, mentre la mera “commoditas” di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedano al fondo (anche numericamente limitate) non può in alcun modo integrare gli estremi della utilità inerente al fondo stesso, risolvendosi, viceversa, in un vantaggio affatto personale dei proprietari (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 8137 del 28/04/2004 Rv. 572413).

Il principio è ripreso anche da Sez. 2, Sentenza n. 20409 del 2009 con l’ulteriore specificazione che in tema di possesso, l’utilizzazione, da parte dei condomini di uno stabile, di un’area condominiale ai fini di parcheggio, non è tutelabile con l’azione di reintegrazione del possesso di servitù, nei confronti di colui che – come nel caso di specie – l’abbia recintata nella asserita qualità di proprietario.

Per l’esperimento dell’azione di reintegrazione occorre infatti un possesso qualsiasi anche se illegittimo ed abusivo, purché avente i caratteri esteriori di un diritto reale, laddove il parcheggio dell’auto non rientra nello schema di alcun diritto di servitù, difettando la caratteristica tipica di detto diritto, ovverosia la “realità” (inerenza al fondo dominante dell’utilità così come al fondo servente del peso), in quanto la comodità di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedono al fondo non può valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso, trattandosi di un vantaggio del tutto personale dei proprietari” (Cass. n. 1551del 2009).

Sotto altro profilo, si è affermato che “il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà, per i privati, di costituire servitù meramente personali (cosiddette “servitù irregolari”), intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo finitimo, bensì del singolo proprietario di quest’ultimo, sì che siffatta convenzione negoziale, del tutto inidonea alla costituzione del diritto reale limitato di servitù, va inquadrata nell’ambito del diritto d’uso, ovvero nello schema del contratto di locazione o dei contratti affini, quali l’affitto o il comodato.

In entrambi i casi, il diritto trasferito, attesane la natura personale ed il carattere obbligatorio, non può ritenersi ipso facto trasmissibile, in assenza di una ulteriore, apposita convenzione stipulata dall’avente diritto con il nuovo proprietario del bene “asservito”. (Nella specie, il giudice di merito aveva qualificato come costitutiva di una duplice servitù, di passaggio e di parcheggio, una convenzione tra privati con la quale il venditore di un appartamento aveva altresì concesso all’acquirente, in sede di stipula dell’atto pubblico di alienazione, il diritto d’uso di uno scantinato al fine di parcheggiarvi un’autovettura – nonché il diritto di passaggio sull’area che ne consentita l’accesso -, diritto non riconosciuto, in seguito, dagli eredi dello stesso venditore. (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 20409 del 2009 cit.). In linea con tale impostazione si pone Sez. 2, Sentenza n. 15334 del 2012.

Nello stesso senso, v. Sez. 2, Sentenza n. 5769 del 07/03/2013 Rv. 625685 che, affrontando anche le conseguenze in tema di usucapione, sottolinea l’impossibilità di acquisto per usucapione della servitù di parcheggio sia per l’eventuale assenza delle opere richieste dall’art. 1061 cod. civ., sia per la natura meramente personale dell’utilità.

Con la sentenza n. 23708 del 06/11/2014 la Corte, ribadendo la tesi del difetto di “realitas” (intesa come inerenza dell’utilità al fondo dominante e come peso al fondo servente) e richiamando altresì il concetto di “commoditas” di parcheggiare come un vantaggio per determinate persone, ha ricavato un ulteriore principio, quello della nullità del contratto costitutivo di servitù di parcheggio per impossibilità dell’oggetto, come tale, deducibile per la prima volta anche in sede di legittimità ai sensi dell’art. 1421 cod. civ.

2. La posizione della dottrina è invece prevalentemente favorevole alla costituzione della servitù di parcheggio.

Si è osservato, innanzitutto, che la questione in discussione presenta, da un punto di vista materiale o fenomenico, affinità tra due attività umane, come, rispettivamente, il transitare o il parcheggiare un’autovettura all’interno di un fondo di proprietà altrui.

Come per il passaggio, così per il parcheggio, i proprietari di fondi confinanti, in base al principio dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 cc, possono dar luogo sia ad un rapporto di natura reale (attraverso l’imposizione di un peso sul fondo servente per l’utilità del fondo dominante e quindi in una relazione di asservimento del primo al secondo, che si configura come qualitas fundi), sia alla pattuizione di un obbligo e di un corrispettivo diritto di parcheggiare previsto a vantaggio e per la comodità della persona o delle persone specificamente indicate nell’atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria).

In dottrina, si è altresì osservato che nell’ipotesi di costituzione di servitù di parcheggio, la facoltà di parcheggiare l’auto sul fondo servente è certamente idonea ad arrecare una utilità al singolo, ma allo stesso tempo arreca un vantaggio per il fondo dominante rendendolo maggiormente utilizzabile.

A tal fine occorre che il diritto costituito presenti:

– il requisito dell’immediatezza (nel senso che il titolare del fondo dominante debba potersi avvalere dell’utilitas derivante dalla servitù senza la collaborazione di altri soggetti);

– il requisito dell’inerenza al fondo servente (quale peso di detto fondo e al fondo dominante (nel senso che deve dare utilità);

– il requisito della vicinanza (per essere veramente utile l’area parcheggio non deve essere lontana dal fondo dominante).

La servitù deve inoltre soddisfare un’utilità specifica e quindi deve costituire un vantaggio diretto per il fondo dominante, uno strumento per migliorare l’utilizzazione di quest’ultimo.

L’esempio classico è quello del fondo a destinazione abitativa che vede accrescere la sua utilità dal diritto di parcheggiare sul fondo vicino.

Si evidenzia inoltre, da parte di alcuni autori, l’elemento sistematico tratto dalla evoluzione della legislazione sui vincoli di parcheggio. L’orientamento dottrinale esalta in definitiva il principio della autonomia negoziale, riconoscendo alle parti la possibilità, qualora sussistano tutti i requisiti sopra evidenziati, di costituire servitù di parcheggio in luogo di meri rapporti obbligatori.

3. A partire dal 2017, la giurisprudenza di legittimità registra invece un’inversione di tendenza perché, discostandosi dal filone che seguiva la tesi restrittiva, ammette, a certe condizioni, la possibilità di costituzione della servitù di parcheggio.

Con la sentenza 6 luglio 2017, n. 16698 si è affermato, infatti, che lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su fondo altrui, a condizione però che, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione.

Questo Collegio ritiene utile riportare il percorso motivazionale seguito dalla citata pronuncia, che si snoda attraverso le seguenti proposizioni.

La cosiddetta utilitas per il fondo dominante (cui deve corrispondere il peso per il fondo servente) può avere in effetti contenuto assai vario, come dimostra la previsione del legislatore, che indica la maggiore comodità o amenità del fondo dominante, o l’inerenza alla destinazione industriale del fondo (art. 1028 cod. civ.).

Si deve pertanto ritenere che la tipicità delle servitù volontarie sia di carattere strutturale, non contenutistico, ed è sul piano della conformazione che si deve verificare la possibilità di costituire la servitù di parcheggio.

Oltre al requisito dell’appartenenza dei fondi servente e dominante a soggetti diversi, il diritto di servitù esige che l’asservimento sia volto a procurare una utilità che deve essere inerente al fondo cosiddetto dominante, così come il peso deve essere inerente al fondo cosiddetto servente.

La servitù prediale – che nel nostro ordinamento può costituirsi anche con l’apposizione di un termine finale (servitù temporanea) – si distingue dall’obbligazione meramente personale, essendo requisito essenziale della servitù l’imposizione di un peso su di un fondo (servente) per l’utilità ovvero per la maggiore comodità o amenità di un altro (dominante) in una relazione di asservimento del primo al secondo che si configura come una qualitas inseparabile di entrambi, mentre si versa nell’ipotesi del semplice obbligo personale quando il diritto attribuito sia stato previsto esclusivamente per un vantaggio della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo e senza alcuna funzione di utilità fondiaria (Cass. 29/08/1991, n. 9232).

La realitas, che distingue il ius in re aliena dal diritto personale di godimento, implica dunque l’esistenza di un legame strumentale ed oggettivo, diretto ed immediato, tra il peso imposto al fondo servente ed il godimento del fondo dominante, nella sua concreta destinazione e conformazione, al fine di incrementarne l’utilizzazione, sì che l’incremento di utilizzazione deve poter essere conseguito da chiunque sia proprietario del fondo dominante e non essere legato ad una attività personale del soggetto.

In questa prospettiva, il carattere della realità non può essere escluso per il parcheggio dell’auto sul fondo altrui quando tale facoltà sia costruita come vantaggio a favore del fondo, per la sua migliore utilizzazione: è il caso del fondo a destinazione abitativa, il cui utilizzo è innegabilmente incrementato dalla possibilità, per chi sia proprietario, di parcheggiare l’auto nelle vicinanze dell’abitazione.

Quanto detto non è peraltro ancora sufficiente a individuare la servitù di parcheggio distinguendola dal diritto personale di godimento, poiché occorre guardare anche al fondo servente, il cui utilizzo non può mai risultare del tutto inibito.

Posto, infatti, che la servitù consiste nella conformazione del diritto di proprietà in modo divergente dallo statuto legale, essa non è compatibile con lo svuotamento delle facoltà del proprietario del fondo servente, al quale deve residuare la possibilità di utilizzare il fondo, pur con le restrizioni e limitazioni che discendono dal vantaggio concesso al fondo dominante.

Detto in altre parole, l’asservimento del fondo servente deve essere tale da non esaurire ogni risorsa ovvero ogni utilità che il fondo servente può dare e il proprietario deve poter continuare a fare ogni e qualsiasi uso del fondo che non confligga con l’utílitas concessa. Diversamente si è fuori dallo schema tipico della servitù.

La questione si pone quindi non già in termini di configurabilità in astratto della servitù di parcheggio, ma di previsione, in concreto, di un vantaggio a favore di un fondo cui corrisponda una limitazione a carico di un altro fondo, come rimodulazione dello statuto proprietario, a carattere tendenzialmente perpetuo.

È evidente, allora, che la verifica se ci si trovi in presenza di servitù di parcheggio o di diritto personale impone l’esame del titolo e della situazione in concreto sottoposta al giudizio, al fine di stabilire se sussistano i requisiti del ius in re aliena, e specificamente: l’altruità della cosa, l’assolutezza, l’immediatezza (non necessità dell’altrui collaborazione, ai sensi dell’art. 1064 cod. civ.), l’inerenza al fondo servente (diritto opponibile a tutti coloro che vantino diritti sul fondo servente potenzialmente in conflitto con la servitù), l’inerenza al fondo dominante (l’utilizzo del parcheggio deve essere, nel contempo, godimento della proprietà del fondo dominante, secondo la sua destinazione), la specificità dell’utilità riservata, la localizzazione intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù.

Nel solco di tale pronuncia del 2017 si pone la sentenza Sez. 2, n. 7561 del 18/03/2019 che ha ribadito il rilievo della assenza, nell’art.1027 cc, di una tipizzazione in modo tassativo delle utilità suscettibili di concretizzare il contenuto delle servitù volontarie, limitandosi la norma a stabilire le condizioni che valgono a distinguere queste ultime dai rapporti di natura strettamente personale.

Concorda dunque sulla conclusione secondo cui costituisce mera questio facti lo stabilire, in base all’esame del titolo, se le parti abbiano inteso costituire una servitù o un diritto meramente obbligatorio, non sussistendo alcun ostacolo di carattere concettuale ad ammettere che il diritto parcheggio sia strutturato secondo lo schema dell’art. 1027 c.c.

Il principio trovasi richiamato in Sez. 2, Sentenza n. 12798 del 2019, in Sez. 2, Ordinanza n. 24121 del 2020, in Sez. 2, Sentenza n. 193 del 2020, in Sez. 6 -2, Ordinanza n. 1486 del 2023; stesso principio viene richiamato in Sez. 2, ordinanza n. 7620 del 2023 in tema di tutela possessoria ove si afferma che lo spoglio può avere ad oggetto anche il possesso corrispondente ad una signoria di fatto sul bene corrispondente ad una servitù di parcheggio e, dunque, può realizzarsi con modalità tali da precludere al possessore la possibilità di transito attraverso un passaggio a ciò destinato indipendentemente dalla sussistenza o meno della titolarità del corrispondente diritto reale.

Come si vede, la giurisprudenza successiva al 2017, si è ormai stabilizzata, in linea con la posizione dottrinaria, sulla tesi favorevole e, a ben vedere, l’ordinanza Sez. 2 n. 40824 del 20/12/2021 – citata da taluni come pronuncia in disaccordo – non si pone in dissonanza con tale impostazione, contrariamente a quanto potrebbe ritenersi. Infatti, il passaggio dell’ordinanza (peraltro inserito nell’esame del sesto e settimo motivo di ricorso sul mancato riconoscimento, in subordine, di una servitù coattiva di passaggio) si riferisce ad una vicenda diversa e si è limitato a riportare l’orientamento frequentemente assunto dalla giurisprudenza di legittimità senza però prendere netta posizione sul tema che, come si è visto, non formava l’oggetto diretto del ricorso.

4. Così delineato lo stato dell’elaborazione giurisprudenziale e dottrinale sul tema della servitù di parcheggio, queste sezioni unite ritengono di aderire alla tesi favorevole alla configurabilità, a determinate condizioni, di una convenzione istitutiva di una siffatta servitù, unica questione posta dal caso di specie, in linea con l’orientamento inaugurato dalla sentenza n. 16698/2017, per le ragioni che di seguito si andranno ad esporre.

4.1 Innanzitutto, si concorda con l’impostazione che vede un’indubbia affinità tra il transitare o il parcheggiare un’autovettura all’interno di un fondo di proprietà altrui, perché in entrambi i casi i proprietari di fondi confinanti, in base al principio dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 cc, possono dar luogo sia ad un rapporto di natura reale (attraverso l’imposizione di un peso sul fondo servente per l’utilità del fondo dominante e quindi in una relazione di asservimento del primo al secondo, che si configura come qualitas fundi), sia alla pattuizione di un obbligo e di un corrispettivo diritto previsto a vantaggio e per la comodità della persona o delle persone specificamente indicate nell’atto costitutivo, senza alcuna funzione di utilità fondiaria).

4.2 Vi è poi, come ben evidenziato dalla dottrina, un argomento di ordine sistematico di indubbia rilevanza, rappresentato dalla legislazione sui vincoli di parcheggio: a partire dalla l. n. 765 del 1967, il legislatore ha mostrato di favorire la destinazione di spazi privati a parcheggio, al fine di decongestionare gli spazi pubblici.

In termini generali, quando il legislatore, con l’art. 18 della legge. n. 765 del 1967, ha introdotto l’art. 41 sexies della legge urbanistica prevedendo che nelle nuove costruzioni debbano essere riservati spazi a parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadro per ogni dieci metri di costruzione, ha condizionato l’edificabilità del fondo alla disponibilità del parcheggio.

Sicché, sul piano sistematico, diventa difficile negare che l’utilità del parcheggio è strettamente inerente (anche) al fondo. Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che in tali casi si configura un diritto reale d’uso in favore dei condomini (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 1214 del 27/01/2012 Rv. 621122; Sez. 2, Sentenza n. 21003 del 01/08/2008 Rv. 605247; principio, più di recente, richiamato anche in Sez. 2 -, Sentenza n. 2265 del 28/01/2019 Rv. 652351).

Ed allora, una volta ammessa pacificamente l’esistenza di un diritto reale di uso sulle aree da destinare a parcheggio, coerentemente non si può negare l’ammissibilità della costituzione di una servitù di parcheggio per difetto dell’inerenza al fondo, perché ciò comporterebbe una contraddizione in termini: il parcheggio non sarebbe utile al fondo nonostante ne condizioni addirittura l’edificabilità.

4.3 L’orientamento restrittivo, come pure evidenziato da parte della dottrina, ha sempre affrontato la tematica dando per assodato che nella servitù di parcheggio l’utilità inerisca alle persone e non ai fondi, senza però affrontare specificamente il tema dell’estensione dei concetti di utilità e inerenza e senza particolari analisi del rapporto tra utilità per le persone e utilità per i fondi che non sono alternative, ma ben possono coesistere.

4.4 Un argomento ulteriore a favore del possibile inquadramento del rapporto tra parcheggio e bene immobile all’interno della categoria delle servitù prediali lo si trae anche dalla sentenza n. 167/1999 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1052, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il passaggio coattivo di cui al primo comma possa essere concesso dall’autorità giudiziaria quando questa riconosca che la domanda risponde alle esigenze di accessibilità – di cui alla legislazione relativa ai portatori di handicap – degli edifici destinati ad uso abitativo.

Dalla lettura di questa pronuncia emerge un passaggio, seppure relativo alla legislazione in tema di eliminazione delle barriere architettoniche, che costituisce, ad avviso del Collegio, un ulteriore contributo all’espansione della nozione di utilità.

Si legge infatti che il legislatore ha “configurato la possibilità di agevole accesso agli immobili, anche da parte di persone con ridotta capacità motoria, come requisito oggettivo quanto essenziale degli edifici privati di nuova costruzione, a prescindere dalla loro concreta appartenenza a soggetti portatori di handicap.

Mentre dottrina e giurisprudenza hanno, per altro verso, chiarito come la predialità non sia certo incompatibile con una nozione di utilitas che abbia riguardo – specie per gli edifici di civile abitazione – alle condizioni di vita dell’uomo in un determinato contesto storico e sociale, purché detta utilitas sia inerente al bene così da potersi trasmettere ad ogni successivo proprietario del fondo dominante” (cfr. C.Cost. n. 167/199 cit. in motivazione sub. 8).

4.5 La tesi favorevole alla costituzione della servitù, oltre ad essere in linea con il sistema, esalta in definitiva il fondamentale principio dell’autonomia negoziale (art. 1322 cc) che, si badi bene, non sfocia in una libertà illimitata, dovendosi sempre confrontare con il limite della meritevolezza di tutela degli elementi dell’accordo.

Del resto, come già rilevato anche da queste Sezioni Unite (cfr. Sentenza n. 8434 del 2020 in una vicenda condominiale sulla concessione di un lastrico solare in godimento ad un terzo per l’installazione di impianti tecnologici), non vi è ragione per negare alle parti la possibilità di scegliere, nell’esercizio dell’autonomia privata riconosciuta dall’articolo 1322 c.c., se perseguire risultati socio-economici analoghi, anche se non identici, mediante contratti ad effetti reali o mediante contratti ad effetti obbligatori; come si verifica, ad esempio, in relazione all’attribuzione del diritto di raccogliere i frutti dal fondo altrui (che può essere conseguita attraverso un contratto costitutivo del diritto di usufrutto o attraverso un contratto attributivo di un diritto personale di godimento, lato sensu riconducibile al modello del contratto di affitto) o in relazione all’attribuzione del diritto di attraversare il fondo altrui (che può essere conseguita attraverso un contratto costitutivo di una servitù di passaggio o attraverso un contratto attributivo di un diritto personale di passaggio, cfr. Cass. 2651/2010, Cass. 3091/2014).

Il principio di tipicità legale necessaria dei diritti reali si traduce nella regola secondo cui i privati non possono creare figure di diritti reali al di fuori di quelle prevista dalla legge e – secondo il recente orientamento espresso dalle sezioni unite con la sentenza n. 28972 del 17/12/2020 con la quale è stato affermato che proprio per effetto della operatività del principio appena richiamato è da ritenere preclusa la pattuizione avente ad oggetto l’attribuzione del c.d. “diritto reale di uso esclusivo” di una porzione condominiale – tale caratterizzazione è supportata anche dagli argomenti secondo i quali: l’art.1322 cc colloca nel comparto contrattuale il principio dell’autonomia; l’ordinamento mostra di guardare sotto ogni aspetto con sfavore a limitazioni particolarmente incisive del diritto di proprietà; l’art. 2643 c.c. contiene un’elencazione tassativa dei diritti reali soggetti a trascrizione.

Tornando al tema specifico della servitù di parcheggio e riprendendo il passaggio motivazionale di Cass. sentenza 6 luglio 2017, n. 16698 cit., la tesi favorevole alla costituzione della servitù di parcheggio valorizza il concetto di tipicità strutturale, ma non contenutistico della servitù.

Sulla base di tali considerazioni, dunque, l’autonomia contrattuale è libera di prevedere una utilitas– destinata a vantaggio non già di una o più persone, ma di un fondo – che si traduca nel diritto di parcheggio di autovetture secondo lo schema appunto della servitù prediale e quindi nell’osservanza di tutti i requisiti del ius in re aliena, quali l’altruità della cosa, l’assolutezza, l’immediatezza (non necessità dell’altrui collaborazione, ai sensi dell’art. 1064 cod. civ.), l’inerenza al fondo servente (diritto opponibile a tutti coloro che vantino diritti sul fondo servente potenzialmente in conflitto con la servitù), l’inerenza al fondo dominante (l’utilizzo del parcheggio deve essere, nel contempo, godimento della proprietà del fondo dominante, secondo la sua destinazione), la specificità dell’utilità riservata, la localizzazione intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù affinché non si incorra nella indeterminatezza dell’oggetto e nello svuotamento di fatto del diritto di proprietà.

Sotto quest’ultimo profilo, come già affermato da questa Corte (v. Sez. U. n. 28972 /2020 cit.), la servitù può sì essere modellata in funzione delle più svariate utilizzazioni, pur riguardate dall’angolo visuale dell’obbiettivo rapporto di servizio tra i fondi e non dell’utilità del proprietario del fondo dominante, ma non può mai tradursi in un diritto di godimento generale del fondo servente, il che determinerebbe lo svuotamento della proprietà di esso, ancora una volta, nel suo nucleo fondamentale; insomma, la costituzione della servitù, concretandosi in un rapporto di assoggettamento tra due fondi, importa una restrizione delle facoltà di godimento del fondo servente, ma tale restrizione, se pur commisurata al contenuto ed al tipo della servitù, non può, tuttavia, risolversi nella totale elisione delle facoltà di godimento del fondo servente.

Ciò posto, non vi è dubbio che lo stabilire se un contratto debba qualificarsi come contratto ad effetti reali o come contratto ad effetti obbligatori attiene all’ermeneusi negoziale, la cui soluzione compete al giudice di merito (cfr. tra le tante, SSUU Sentenza n. 8434 del 2020 cit.).

5. Nel dirimere il contrasto di giurisprudenza, va quindi riaffermato il seguente principio di diritto: “In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude la costituzione, mediante convenzione, di servitù avente ad oggetto il parcheggio di un veicolo sul fondo altrui purché, in base all’esame del titolo e ad una verifica in concreto della situazione di fatto, tale facoltà risulti essere stata attribuita come vantaggio in favore di altro fondo per la sua migliore utilizzazione e sempre che sussistano i requisiti del diritto reale e in particolare la localizzazione”;

7. Alla luce del suddetto principio di diritto devono essere ora esaminati i motivi del ricorso per cassazione proposti dal (omissis).

7.1 Con il primo motivo si denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1027 e 1028 cc, per avere la Corte d’Appello ritenuto che la servitù di parcheggio, astrattamente qualificata come prediale, sia valida pur non fornendo “alcuna utilità concreta al fondo dominante, quanto invece una utilità personale, rectius aziendale, che è di per sé estranea al fondo dominante”.

Evidenzia l’assenza, nel caso in esame, del carattere della realitas (intesa come inerenza al fondo dominante della utilità e al fondo servente del peso), così come ritenuto dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, che definisce il parcheggio come manifestazione di un possesso a titolo di proprietà del suolo e non anche come estrinsecazione di un potere di fatto riconducibile al contenuto del diritto di servitù.

Evidenzia il mutamento di giurisprudenza registratosi con la sentenza della seconda sezione civile n. 16698/2017, trascrivendone il percorso motivazionale e sottoponendola a valutazione critica perché ritiene che in tale arresto “manchi in toto la dimostrazione sul piano teorico generale in ordine all’elemento che la facoltà di parcheggiare su un fondo altrui integri una servitù prediale in quanto volta, non ad una mera commoditas personale e soggettiva per il titolare del presunto fondo dominate, ma a fornire una utilitas soggettiva e concreta inerente allo stesso fondo dominante”.

Osserva il ricorrente che – anche a voler seguire tale orientamento – la fattispecie si colloca fuori dello schema della servitù perché manca qualsiasi legame oggettivo, diretto e immediato tra il peso imposto al fondo servente e il godimento del fondo dominante, nella sua concreta destinazione e conformazione.

A suo dire, la servitù di cui si discute finisce per svuotare di ogni utilità il fondo servente, essendo prevista la sosta in ogni parte del fondo e in ogni momento, con impossibilità di utilizzo per il proprietario; inoltre, la mancanza di localizzazione determina l’indeterminatezza della servitù.

Sostiene il ricorrente– anche a voler seguire il filone giurisprudenziale che ammette la configurabilità della servitù di parcheggio –che la Corte di Appello ha omesso ogni indagine sul titolo al fine di verificare l’esistenza in concreto degli elementi decisivi richiesti dalla giurisprudenza.

7.2 Con il secondo motivo il (omissis) denunzia, in via subordinata, l’ulteriore violazione degli artt. 1027 e 1028 cc, avendo la Corte di Venezia ritenuto che la servitù di parcheggio costituisca una servitù “industriale” senza avere accertato un collegamento tra fondo e industria, in modo che il fondo “abbia per sua destinazione specifica quella di servire ad una determinata industria”.

Il ricorrente critica la Corte d’Appello laddove afferma che l’utilitas di natura prediale viene desunta dal “bisogno di piazzali per sosta temporanea e manovra di automezzi nonché per il passaggio dei medesimi” dimenticando che l’utilitas del fondo dominante deve consistere in un vantaggio reale diretto sul fondo dominante senza che possano essere utilizzati elementi soggettivi ed intrinseci relativi alla attività personale del proprietario del fondo dominante. Rileva che la semplice intenzione delle parti di dare vita ad un vantaggio per il proprietario del presunto fondo dominante non è sufficiente ad attribuire a tale vantaggio la natura di servitù.

Richiama quindi il concetto di servitù industriale elaborato dalla giurisprudenza differenziando tale figura dalla cd. servitù aziendale e precisando che l’utilitas considerata e riconosciuta nel concreto in rapporto col fondo più che con le esigenze dell’impresa ivi installata.

7.3 Con il terzo motivo si denunzia, sempre in via subordinata, la violazione degli artt. 1027, 1028, 1063, 1065 e 1067 cc, per avere la Corte d’Appello ritenuto che la dedotta servitù di parcheggio estesa per l’intero fondo servente consenta un utilizzo dello stesso da parte del suo proprietario quando, al contrario, “il riferimento alla costituzione di una servitù di parcheggio, transito e manovra gravante per l’intera superficie del dedotto fondo servente, non può che far richiamo ad una compressione totale delle facoltà dominicali in concreto esercitabili dal proprietario del fondo servente”.

Richiama in proposito le argomentazioni alla base della giurisprudenza che nega la configurabilità della servitù di parcheggio (assorbimento totale del godimento del presunto fondo servente) e critica le affermazioni della Corte veneta sulla possibilità di sfruttamento del sottosuolo, evidenziandone le molteplici criticità perché in definitiva il proprietario del fondo dominante finirebbe per diventare anche proprietario del fondo servente, potendo parcheggiare in qualunque punto di esso ogni tipo di veicolo senza limiti di dimensioni.

Un tale svuotamento di fatto del diritto di proprietà confligge – secondo il ricorrente – anche con il limite inderogabile dell’ordine pubblico da osservare nell’autonomia contrattuale.

7.4 Con il quarto motivo il (omissis) denunzia, sempre in via subordinata, la violazione degli artt. 111 Cost. e 2697 cc dolendosi del mancato rispetto dei principi che disciplinano il riparto dell’onere della prova, avendo la Corte d’Appello attribuito al ricorrente (attore in primo grado) un onere che invece l’ordinamento attribuisce alle parti convenute.

Spettava, infatti, alla parte che si dichiara titolare della servitù di dimostrare l’esistenza dell’utilità (fatto costitutivo) benché risulti convenuta in giudizio dalla parte che agisce per far accertare la nullità della servitù.

Osserva al riguardo il ricorrente che né la società (omissis) né il notaio hanno mai provato l’utilità reale della servitù di parcheggio, transito e manovra (rapportata al fondo e non all’azienda), utilità da lui sempre contestata.

7.5 Con il quinto ed ultimo motivo si denunzia, infine, in via ulteriormente subordinata, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto contenute nelle N.T.A. “Zone Agricole” del Comune di Scorzè, che vietano “qualsivoglia destinazione a parcheggio di aree che non siano destinate al servizio di attività agricola”, per essersi la Corte d’Appello limitata a rilevare che “la destinazione agricola del fondo servente non rivesta alcuna importanza”.

8. Il primo e il terzo motivo di ricorso – che si prestano ad esame unitario per la stretta connessione al tema della verifica dei requisiti della servitù di parcheggio – sono fondati.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi: la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volontà dei contraenti – è un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.; la seconda attiene alla qualificazione che procede secondo il modello della sussunzione, cioè del confronto tra la fattispecie contrattuale concreta ed il tipo astrattamente definito sul piano normativo.

Tale seconda fase implica l’applicazione di norme giuridiche e non è, quindi, sottratta al controllo di legittimità per violazione di legge (Cass. n. Cass. 7561/19 cit; Cass. 13399/2005; Cass. 21064/2004).

Insomma, come sottolineato anche dal Procuratore Generale nelle sue ultime conclusioni, se il giudice procede alla interpretazione del titolo ed afferma, sulla scorta di tale interpretazione, che con esso si è costituita una servitù di parcheggio di natura reale, si è indubbiamente in presenza di una quaestio facti, di una valutazione di merito incensurabile in sede di legittimità.

Viceversa, se manca questa valutazione del titolo, non si è in presenza di una valutazione di merito incensurabile, bensì di un accertamento viziato per l’omissione di un passaggio logico-giuridico decisivo, ovvero l’esame del titolo negoziale: ricorre, cioè, un difetto di sussunzione della fattispecie nella norma dell’art. 1027 cc, giacché tale sussunzione presuppone l’esame del titolo.

Posta dunque, come si è visto, la configurabilità a determinate condizioni della servitù di parcheggio, nel caso di specie la Corte d’Appello, per poter giustificare la risposta positiva al quesito, avrebbe dovuto analizzare specificamente il contenuto della pattuizione secondo la volontà delle parti contraenti.

Avrebbe dovuto verificare in concreto la sussistenza dei requisiti dello ius in re aliena: l’altruità della cosa, l’assolutezza del diritto, l’immediatezza, l’inerenza al fondo servente (diritto opponibile a tutti coloro che vantino diritti sul fondo servente potenzialmente in conflitto con la servitù), l’inerenza al fondo dominante (l’utilizzo del parcheggio deve essere uno dei modi attraverso cui si estrinseca il vantaggio del fondo dominante), la specificità dell’utilità riservata (la servitù di parcheggio non potrà riguardare genericamente l’area assegnata, ma dovrà concretizzarsi nella sua specificità in quanto il proprietario del fondo dominante avrà diritto ad utilizzare l’area assegnata sul fondo servente al solo scopo di parcheggiare la propria autovettura), la localizzazione intesa quale individuazione esatta del luogo di esercizio della servitù.

Invece, è mancata l’analisi della sussistenza in concreto di tutti i requisiti della servitù perché è mancato, a monte, l’esame completo della specifica clausola contenuta nel titolo negoziale (l’atto per notaio (omissis) del 15.2.2011): ad essa e al suo specifico contenuto non si fa nessun riferimento nella sentenza, che desume sbrigativamente la natura prediale della servitù “dalla chiara lettera dell’atto costitutivo” (v. pag. 7 sentenza), senza però mai scendere nel dettaglio della pattuizione, limitandosi a soffermarsi sulla destinazione industriale del fondo dominante e sulla necessità di procurare piazzali adeguati all’azienda di (omissis), con salvezza della possibilità di sfruttamento del sottosuolo da parte del proprietario del fondo servente (pagg. 8 e 9).

Alla omessa verifica della realitas nel senso sopra inteso, si aggiunge il mancato approfondimento (v. pag. 10) della localizzazione nel senso sopra inteso, non essendo concepibile una servitù di parcheggio che si estenda, a mera discrezione del titolare del fondo dominante, in qualsiasi momento e indistintamente su qualsiasi punto del fondo servente (“su tutta la superficie dei mappali 10 e 1803, foglio 18”), che finirebbe in tal modo per essere svuotato di ogni possibilità di sfruttamento, finanche mediante accesso al sottosuolo (aspetto, questo, rimarcato sia nel primo che nel terzo motivo di ricorso).

Non essendosi la Corte territoriale attenuta ai principi di diritto sopra enunciati, si rende necessario un nuovo esame.

9. In conclusione, devono essere accolti il primo e il terzo motivo di ricorsa, con conseguente assorbimento dei restanti e la sentenza impugnata va dunque cassata.

Al Giudice del rinvio – che si individua nella Corte d’appello di Venezia in diversa composizione – é demandato anche il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.

Roma, 21.11.2023

Il Consigliere estensore                                                                                               Il Presidente

Lorenzo Orilia                                                                                                          Pasquale D’Ascola 

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.