Le Sezioni Unite Civile sulla domanda di riliquidazione del trattamento di quiescenza (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civile, Sentenza 23 novembre 2021, n. 36209).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19108-2020 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE (già MIUR), in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 43/2020 del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositata il 11/02/2020.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/11/2021 dal Consigliere, Dott.ssa ROSSANA MANCINO.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di L’Aquila, con la sentenza n. 43 del 2020, pubblicata l’11 febbraio 2020, pronunciando sul gravame svolto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca a giustizia nei confronti dell’INPS, avverso la sentenza n. 36 del 2015 del Giudice di pace di L’Aquila, ha rigettato l’impugnazione.

2. L’INPS, quale successore ex lege dell’INPDAP, con atto di citazione ritualmente notificato, aveva adito il Giudice di pace di L’Aquila chiedendo la condanna del MIUR al pagamento della somma di euro 2.898,49 quale risarcimento del danno patito in conseguenza della ritardata trasmissione della documentazione necessaria ad istruire la domanda di riliquidazione del trattamento di quiescenza (in applicazione dei contratti collettivi per i bienni 2006/2007 e 2008/2009) presentata da alcuni dipendenti, domanda che, debitamente istruita, avrebbe dovuto essere trasmessa all’ENPAS (poi INPDAP, oggi INPS) entro il termine di quindici giorni di cui all’art. 3, comma 5, d.l. 28 marzo 1997, n. 79 convertito, con modificazioni, in legge 28 maggio 1997, n. 140.

3. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda e condannava il Ministero convenuto al risarcimento del danno nei confronti dell’INPS, quantificato nella somma indicata nel paragrafo che precede.

4. Il Ministero proponeva appello, chiedendo, in via pregiudiziale, che fosse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della giurisdizione del giudice amministrativo, a mente dell’art. 133, d.lgs. n. 104 del 2010 e, nel merito, il rigetto della domanda dell’INPS o in subordine la riduzione delle pretese dell’Istituto.

5. Il Tribunale ha affermato la propria giurisdizione sul presupposto che le controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo, rispetto alle quali sussiste la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a) del decreto legislativo n. 104 del 2010, fossero esclusivamente quelle inerenti al danno patito dal soggetto destinatario del provvedimento amministrativo.

6. Il caso di specie concerneva, invece, il diverso rapporto tra due Enti chiamati, in via paritetica, a collaborare allo stesso procedimento amministrativo, e ineriva, in particolare, ai danni patiti dall’uno per effetto della dedotta negligenza dell’altro nell’espletamento del procedimento interno di sua pertinenza.

7. Nel merito, il Tribunale dell’Aquila rigettava l’impugnazione del Ministero.

8. Ha affermato, in proposito, il Tribunale di L’Aquila:

l’art. 3, comma 5, d.l. 28 marzo 1997, n. 79 convertito, con modificazioni, in legge 28 maggio 1997, n. 140, impone all’amministrazione datore di lavoro un termine di quindici giorni, dalla data di cessazione dal servizio del dipendente, per l’invio della documentazione necessaria per la liquidazione del trattamento di quiescenza, termine volto a garantire l’efficienza della P.A. (non posto, pertanto, nell’interesse del dipendente cessato dal servizio e richiedente la prestazione);

l’INPS aveva agito in giudizio per l’inosservanza di tale norma, correlata al rapporto contributivo tra amministrazione datore di lavoro e ente previdenziale e, dunque, per la violazione del relativo obbligo giuridico da ricondurre all’art. 1173 cod.civ., e non già all’art. 2043 cod.civ.;

il ritardato adempimento, da parte del Ministero, dell’obbligo di trasmissione documentale si poneva in evidente nesso causale con il danno lamentato, per avere comportato il pagamento degli interessi legali conseguenti alla ritardata liquidazione della prestazione, interessi non dovuti se il Ministero avesse tempestivamente adempiuto il facere a suo carico; dovevano escludersi fenomeni compensativi basati sulla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 3, come mod. dalla L. n. 183 del 2011, art. 2, comma 5;

benchè non occorresse la prova del carattere colposo del ritardo, attesa l’applicabilità, alla fattispecie, del regime ai sensi dell’art. 1218 cod.civ., in relazione all’art. 1173 cod.civ., il danno ben poteva essere presuntivamente desunto dall’abnormità del ritardo;

infine, le contestazioni relative al quantum liquidato erano del tutte generiche.

9. Il Ministero dell’Istruzione (già MIUR) ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi, con il primo dei quali è contestata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.

10. L’INPS non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

11. Con il primo motivo di ricorso il Ministero dell’Istruzione deduce violazione dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 1. del d.lgs. n. 104 del 2010, per essere stata emessa la sentenza da giudice privo di giurisdizione.

12. Assume la parte ricorrente che l’INPS ha agito in giudizio per il risarcimento del danno subito in conseguenza di un ritardo procedimentale, così dovendosi intendere il petitum sostanziale della domanda e, pertanto, non essendo dedotta la violazione di un diritto soggettivo ma l’inosservanza del termine di conclusione del sub procedimento amministrativo, la controversia apparterrebbe alla giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133 cod. proc. amm., comma 1, lett. a), n. 1.

13. Il riferimento contenuto nella suddetta norma alla «conclusione del procedimento amministrativo» sarebbe irrilevante poiché, anche in presenza della violazione di termini di sub procedimenti, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo.

14. Con il secondo motivo di ricorso, deducendo violazione dell’art. 1223 cod.civ., si censura la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto configurabile e risarcibile un pregiudizio, in realtà non sussistente, subito dall’INPS, assumendo che il danno risarcibile vantato dall’INPS attiene alla mancata corresponsione degli interessi legali sulle somme da introitare ove le stesse fossero state incamerate in tempi rapidi e che, in effetti, manca il danno risarcibile, in quanto il credito dell’Ente previdenziale sarebbe solo eventuale; si rimarca, inoltre, la funzione svolta dagli interessi, non risarcitoria ma corrispettiva.

15 II primo motivo di ricorso, che attiene alla giurisdizione, non è fondato e deve essere rigettato.

16 L’oggetto della controversia, determinato sulla base del petitum sostanziale ai sensi dell’art. 386 cod.proc.civ., è costituito dalla pretesa dell’INPS al risarcimento del danno che si assume derivato dalla violazione, da parte dell’Amministrazione datrice di lavoro, dell’obbligo di rispettare i termini, stabiliti dall’art. 3, comma 5, d.l. 28 marzo 1997, n. 79 convertito, con modificazioni, in legge 28 maggio 1997, n. 140 nel trasmettere la necessaria documentazione all’ente previdenziale che dovrà corrispondere, ai dipendenti cessati dal servizio, il trattamento di quiescenza nei tre mesi successivi alla ricezione della documentazione medesima, decorsi i quali sono dovuti gli interessi.

17. Il petitum sostanziale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice ma anche, e soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono manifestazione e dal quale la domanda viene identificata (fra tante, Cass., Sez.Un., 27 ottobre 2020, nn.23597 e 23598 ed ivi ulteriori precedenti).

18. Nella specie, pertanto, la domanda proposta dall’INPS esula dall’ambito applicativo della disposizione regolativa della giurisdizione invocata dalla parte ricorrente, in quanto è volta ad ottenere – in ambito civilistico – il risarcimento del danno conseguente all’erogazione degli interessi sulla ritardata erogazione della prestazione richiesta dai dipendenti cessati dal servizio.

19. Dunque, non viene in rilievo il rapporto tra il soggetto destinatario del provvedimento e l’Amministrazione sibbene il rapporto tra l’Ente previdenziale e il datore di lavoro chiamato ad adempiere obbligazioni ex lege nei confronti del soggetto obbligato alla prestazione a presidio degli interessi del lavoratore sul piano previdenziale ma conformati a obblighi del datore di lavoro vero l’ente previdenziale (Cass.,Sez.Un., 31 marzo 2006, n. 7577).

20. Il bene della vita per cui agisce l’INPS (tenuto a corrispondere interessi evitabili a fronte del puntuale e tempestivo assolvimento dell’obbligo a carico del datore di lavoro) non rientra nel perimetro endoprocedimentale della procedura per l’adozione del provvedimento finale e l’erogazione del trattamento, come assume l’amministrazione per elidere la sussistenza di un rapporto riconducibile alla responsabilità civile tra i due enti coinvolti, ma è preordinato al ristoro del danno per l’inadempimento del descritto obbligo ex lege.

21. Non si vede, pertanto, nell’ipotesi prevista e disciplinata dal d.lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. a), n. 1), che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il «risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo», tenuto conto che, art. 2-bis legge n. 241 del 1990, introdotto dall’art. 7, comma 1, legge n. 69 del 2009, ha stabilito, tra l’altro, che le pubbliche amministrazioni sono tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento (cfr., fra le altre, Cass., Sez.Un., 24 ottobre 2014, n. 22612 e Cass., Sez.Un., 24 luglio 2017, n. 18173).

22. Ad ulteriore conferma vale richiamare Cass.,Sez.Un., 12 giugno 2019, n. 15746 che, in fattispecie relativa alla domanda dell’INPS di restituzione degli interessi corrisposti su prestazioni pensionistiche pagate in ritardo a causa della tardiva trasmissione, ad opera della PA, di documenti necessari per la liquidazione della pensione, ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario e non della Corte dei conti.

23. Del pari vanno richiamate le più recenti decisioni, già segnalate, in tema di inosservanza dei termini stabiliti dal D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 26 (Cass.,Sez.Un., nn. 23597 e 23598 del 2020 cit.).

24. In conclusione, rigettato il primo motivo di ricorso, la causa va rimessa alla Sezione semplice per l’esame dell’ulteriore censura e per l’adozione dei provvedimenti consequenziali all’esito complessivo del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso; rimette alla Sezione semplice per l’esame dell’ulteriore motivo di ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 9 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria, addì 23 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.