Le valutazioni compiute dalle Commissioni superiori di avanzamento, in sede di giudizio di avanzamento, a scelta degli ufficiali militari sono caratterizzate da un’amplissima discrezionalità (Consiglio di Stato, Sezione IV, Sentenza 11 dicembre 2018, n. 6997).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Luigi Maruotti – Presidente

Dott. Fabio Taormina – Consigliere

Dott. Daniela Di Carlo – Consigliere

Dott. Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore

Dott. Roberto Caponigro – Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 383 del 2009, proposto dal signor Sa. Pa., rappresentato e difeso dagli avvocati Ro. Da. e Lu. Fe. Vi., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Si. Vi. in Roma, via (…);

contro

Il Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via (…);

nei confronti

I signori La Pu. Ma. e Vo. Da., non costituiti in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 55/2008;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 novembre 2018 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti l’avvocato Si. Vi., su delega dell’avvocato Ro. Da., e l’avvocato dello Stato Vi. Ce.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorsi e motivi aggiunti proposti dinanzi al T.a.r. Liguria, il Sig. Paolo Sa., capitano di fregata dello Stato Maggiore della Marina italiana, impugnava le graduatorie per l’avanzamento e la sua esclusione dal passaggio al grado superiore per gli anni 2004 e 2005 (rispettivamente provvedimenti del 9 aprile 2004 e del 25 maggio 2005) nonché un atto interno asseritamente presupposto a tali esclusioni, costituito da una relazione denominata “Na. Pi.” del 28 settembre 1994 e priva di firma, inserita nel fascicolo personale del ricorrente, con domanda accessoria di risarcimento danni (ricorso n. 819/04 e relativi motivi aggiunti); proponeva inoltre autonoma domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali come conseguenza del comportamento vessatorio asseritamente tenuto nei suoi confronti dall’amministrazione datrice di lavoro (ricorso n. 468/05); impugnava altresì il trasferimento d’autorità disposto nei suoi confronti in data 6 giugno 2005 dalla sede di La Spezia al Maricapitale di Roma, in mansioni dequalificanti (ricorso n. 622/05), con relativa domanda di risarcimento dei danni.

2. Il T.a.r. Liguria, Sezione I, dopo aver accolto l’istanza cautelare (con decreto presidenziale del 1° giugno 2005, confermato in sede collegiale con ordinanza n. 354 del 14 luglio 2005), pronunciando sui ricorsi riuniti (R.G. nn. 819/04, 468/05 e 622/05) con la sentenza n. 55/2008, ha:

a) respinto le impugnative proposte, con il ricorso n. 819/04, avverso i giudizi per l’avanzamento al grado superiore per gli anni 2004 e 2005 e gli atti presupposti a tali giudizi, dichiarando per inciso la nullità della relazione anonima datata 28 febbraio 2004 denominata “Na. Pi.”;

b) accolto l’impugnativa proposta con il ricorso n. 622/05 e, per l’effetto, annullato il trasferimento del ricorrente Sa. dalla sede Maribase – La Spezia a Maricapitale – Roma;

c) respinto le domande di risarcimento dei danni formulate dal ricorrente in via accessoria ed autonoma (ricorso n. 468/05);

d) dichiarato infine integralmente compensate fra le parti le spese dei giudizi riuniti.

3. Il ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:

I) azione di annullamento:

1) erroneità ed illogicità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione del d.lgs. n. 490/1997 in relazione agli artt. 1, secondo comma, 9, 10 e 11 del decreto del Ministero della Difesa 2 novembre 1993, n. 571. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere. Disparità di trattamento;

2) erroneità ed illogicità della sentenza impugnata per mancato accertamento della sussistenza della condotta di “mobbing” dell’amministrazione e del relativo diritto al risarcimento del danno;

II) azione di risarcimento dei danni patiti e patendi.

3.1. Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, opponendosi all’appello e chiedendone il rigetto.

4. All’udienza del 22 novembre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

5. L’appello è infondato e, come tale, deve essere respinto.

6. Con il primo motivo l’appellante lamenta l’erroneità dei giudizi espressi dall’Amministrazione militare (e formulati dalla competente Commissione superiore di avanzamento), nell’ambito dei giudizi di idoneità all’avanzamento al grado superiore per gli anni 2004 e 2005, ritenendo che essa, in violazione degli artt. 1, comma 2, e artt. 9, 10 e 11 del decreto del Ministero della Difesa del 2 novembre 1993, n. 571, non abbia preso in debita considerazione le funzioni svolte e l’effettiva capacità professionale dello stesso, attribuendogli un punteggio (28,95/30) non corretto e collocandolo al 186° posto della graduatoria nel 2004 e al 196° posto nell’anno 2005.

6.1. Il Collegio ritiene infondata la censura, alla luce della consolidata giurisprudenza sulla natura ampiamente discrezionale della valutazione e sulla natura sintetica del giudizio (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 23 maggio 2016, n. 2112; id., sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4095; id., sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 129; id., sez. IV, 12 luglio 2013, n. 3751; id., sez. IV, 17 ottobre 2012, n. 5345).

Invero, le valutazioni compiute dalle Commissioni superiori di avanzamento in sede di giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali militari sono caratterizzate da un’amplissima discrezionalità, essendo per lo più riferite ad ufficiali dotati di ottimi profili di carriera, le cui qualità sono definibili solo mediante sfumate analisi di merito che non sono la mera risultanza aritmetica dei titoli e dei requisiti degli scrutinandi, ma implicano una complessiva ponderazione delle loro qualità .

In particolare, si tratta di un ambito di giudizio in cui è dato rinvenire in capo alla Pubblica amministrazione un potere connotato da un’amplissima discrezionalità tecnica e caratterizzato dall’apprezzamento delle capacità e delle attitudini proprie della vita militare dimostrate in concreto, secondo meccanismi spesso ricondotti direttamente ai temi del merito dell’azione amministrativa, con la conseguenza di circoscrivere l’ammissibilità del sindacato giurisdizionale ai soli vizi di manifesta abnormità, discriminatorietà o travisamento dei presupposti di fatto, non essendo in questo caso il giudice amministrativo munito di giurisdizione di merito.

6.2. Rilevano altresì le precisazioni per cui, “nelle procedure di avanzamento dei militari, la censura di eccesso di potere in senso assoluto presuppone necessariamente una figura di ufficiale con precedenti di carriera costantemente ottimi (tutti giudizi finali apicali, massime aggettivazioni nelle voci interne, conseguimento del primo posto nei corsi basici, etc.), ed esenti da qualsiasi menda o attenuazione di rendimento, di tal che i sintomi di tale vizio possono cogliersi esclusivamente quando nella documentazione caratteristica risulti un livello tanto macroscopicamente elevato dei precedenti dell’intera carriera dell’ufficiale, da rendere a prima vista il punteggio a lui attribuito dalla Commissione di avanzamento nella scheda valutativa, del tutto inadeguato” (Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3367; conf. id., sez. IV, 9 febbraio 2012, n. 688).

6.3. Ciò considerato, il Collegio, in relazione al caso di specie, rileva che i giudizi espressi dalla Commissione di valutazione risultano sufficientemente motivati e non presentano esiti incongruamente distanti dal profilo attitudinale e dalla pregressa esperienza professionale dell’appellante.

Ciò in quanto, oltre agli elementi positivi valorizzati nell’atto di appello e specificatamente valutati dalla Commissione, con riferimento all’appellante si riscontrano – nel corso della carriera – nove qualifiche non apicali (due nella media – di cui uno da sottotenente di vascello ed uno da tenente di vascello – e sette superiore alla media, di cui due da guardiamarina, due da sottotenente di vascello, uno da tenente di vascello e due da ufficiale superiore), nonché quattro abbassamenti di qualifica (i giudizi di “nella media” sono stati riportati dopo aver ottenuto in precedenza il “superiore alla media”; le qualifiche di “superiore alla media” da capitano di corvetta e da capitano di fregata sono state riportate dopo aver ottenuto in precedenza quella di “eccellente”).

6.4. Peraltro, a conferma ed integrazione di quanto già statuito dal primo giudice, il Collegio evidenzia che l’infondatezza del gravame è supportata anche dal fatto che:

a) i criteri, predeterminati ex lege (in particolare, art. 26 l. n. 1137/55, modificato dall’art. 10 d.lgs. n. 490/97), sono stati correttamente applicati dalla Commissione superiore di avanzamento;

b) non risulta corroborata dalla documentazione la doglianza dell’appellante in ordine alla considerazione della relazione “Na. Pi.” da parte della Commissione ai fini della valutazione, ricadendo peraltro il relativo onere probatorio proprio in capo allo stesso.

7. Con il secondo motivo l’appellante chiede l’accertamento dell’atteggiamento vessatorio dell’Amministrazione nei suoi confronti e la conseguente condanna al risarcimento dei danni, deducendo che il comportamento illegittimo dell’amministrazione si sarebbe concretizzato nel mancato conferimento di incarichi più gratificanti nell’ambito degli Stati Maggiori o della NATO, nell’esclusione da incarichi attinenti la propria specializzazione presso l’Istituto Idrografico, nella ‘ostilità ‘ resa evidente dai silenzi opposti alle sue richieste di conferimento con i superiori gerarchici e nei punteggi abnormemente bassi conseguiti nei giudizi di avanzamento negli anni 2004 e 2005, privi di adeguate motivazioni.

7.1. La censura non può trovare accoglimento, in considerazione del fatto che, una volta negata l’illegittimità dei giudizi di avanzamento, i restanti elementi allegati si sostanziano in mere suggestioni, restando del tutto privi di dimostrazione concreta. Peraltro le condotte attribuite all’Amministrazione non estrinsecano di per sé l’intento vessatorio di cui l’appellante sostiene di essere stato vittima.

8. L’infondatezza delle sopra esposte censure determina il rigetto della domanda di risarcimento dei danni, ferma restando la genericità della domanda e la carenza di prova.

8.1. Quanto alla richiesta di ristoro dei pregiudizi asseritamente derivanti dal disposto trasferimento d’ufficio, dichiarato illegittimo dal giudice di prime cure mediante autonomo capo di sentenza ormai passato in giudicato poiché non impugnato, il Collegio rileva l’inammissibilità delle nuove richieste, allegazioni e prove presentate con l’atto di appello. La domanda, pertanto, non può essere accolta.

9. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

10. Le spese del secondo grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello (R.G. n. 383/2009), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento in favore del Ministero appellato delle spese del giudizio, da liquidarsi in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge, ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il giorno 11 dicembre 2018.