Legittima la rimozione dei film dai siti Youtube che non sono ancora caduti nel pubblico dominio (70 anni dalla morte dell’autore più longevo) (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 25 maggio 2023, n. 14596).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3210/2021 r.g. proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) entrambi rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al ricorso dagli avvocati (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore.

– intimata –

avverso la sentenza, n. cronol. 3643/2020, della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI pubblicata il giorno 26/10/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 23/05/2023 dal Consigliere dott. Eduardo Campese.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto notificato il 27 luglio 2016 (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) adirono il Tribunale di Napoli – Sezione specializzata in materia di impresa, esponendo:

i) di essere titolari, ciascuno, di canali e relativi account sul sito internet (OMISSIS) su cui gli stessi, in varie date nell’anno 2016, avevano «caricato» i film ivi specificamente indicati;

ii) che tali film erano stati «bloccati e/o rimossi dal sito», da parte del gestore (omissis) su istanza della (OMISSIS) s.p.a. (per il prosieguo, breviter, (OMISSIS) a seguito di formali rivendicazioni di copyright (“avvertimenti di copyright“);

iii) che tale iniziativa doveva ritenersi illegittima, sia in assenza di titolo in capo alla (OMISSIS) – nel merito – in quanto tutti i film in questione dovevano ritenersi liberamente utilizzabili in quanto non più soggetti a tutela per scadenza della durata legale di protezione di cui all’art. 78-ter della legge sul diritto di autore (l.d.a.), e conseguente caduta nel cosiddetto Pubblico Dominio (essendo stati tutti pubblicati entro il 1965), sicché la loro diffusione e messa a disposizione sui rispettivi loro canali era pienamente legittima;

iv) che la illegittima iniziativa di blocco e rimozione posta in essere dalla gli aveva causato gravi danni, patrimoniali e non, sia in rapporto al rischio di ordine di chiusura dei canali sia in conseguenza del pregiudizio alla propria reputazione ed immagine professionale.

Tanto premesso, chiesero:

a) accertarsi e dichiararsi che i film da loro analiticamente indicati si trovano in Pubblico Dominio e lo erano anche al momento del caricamento e delle contestazioni di copyright in esame, con conseguente legittimità delle relative pubblicazioni da essi effettuate, tutte avvenute nell’anno 2016, ed infondatezza delle rivendicazioni di esclusività effettuate dalla convenuta;

b) condannarsi quest’ultima al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, arrecati a ciascun attore per effetto dell’illegittimo ed abusivo blocco e rimozione dei film in oggetto ed alle consequenziali ingiuste limitazioni funzionali dei propri relativi canali (omissis) addirittura per tanto esposti a soppressione, quantificati nella misura complessiva di € 800,00, per ogni blocco o rimozione di ciascun film indicato e per le consequenziali limitazioni funzionali patite dai rispettive canali (omissis) o in quell’altra somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia, oltre interessi.

1.1. Si costituì la (OMISSIS) deducendo:

i) il difetto di legittimazione attiva dei vari attori perché non avevano dimostrato l’effettiva titolarità dei rispettivi canali e dei relativi account sul sito internet (OMISSIS);

ii) la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti dei titolari dei diritti di utilizzazione economica sui detti film (ossia nei confronti dei loro coautori e produttori o di aventi causa degli stessi), essendo stato chiesto di accertarsene la loro caduta in pubblico dominio per intervenuta scadenza del periodo legale di protezione;

iii) l’infondatezza delle avverse istanze, avendo la (OMISSIS) acquisito in licenza i diritti homevideo e gli altri connessi e collegati sui film di cui è causa, diritti gravemente lesi dall’illecita concorrente diffusione, ad opera della controparte, degli stessi film, sui vari canali attivati per fine di lucro;

iv) l’infondatezza nel merito della rivendica, in quanto basata sull’erroneo convincimento che la durata di protezione dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica fosse disciplinata dall’art. 78-ter l.d.a. (concernente, invece, i cd. diritti connessi) e considerato che, invece, in base alle norme che regolano la durata del diritto d’autore sull’opera cinematografica (art. 32 l.d.a. nella sua ultima versione), nessuno dei film oggetto di domanda era caduto in pubblico dominio;

v) l’infondatezza della domanda risarcitoria e della quantificazione dei danni (€ 800,00), effettuata dagli attori per ogni film oggetto di contestazione, priva di qualsivoglia supporto probatorio.

Domandò, inoltre, in riconvenzionale, il risarcimento per il pregiudizio subito dalla «concorrente libera utilizzabilità ed utilizzazione dei film in questione, a scapito della sua attività imprenditoriale di distribuzione homevideo e internet dei medesimi titoli», oltre che per quello subito a causa della temerarietà della presente lite.

1.2. Con sentenza dell’1 marzo 2018, n. 2076, l’adito tribunale:

a) stante l’infondatezza delle domande attoree, considerò assorbita la questione pregiudiziale relativa alla integrità, o non, del contraddittorio;

b) quanto al merito, poi, premessa un’analitica e puntuale ricostruzione della normativa in materia, anche in relazione alla sua evoluzione, disattese la prospettazione degli attori, secondo cui il termine di cui al citato art. 78-ter era coincidente con quello di durata della protezione legale dei diritti spettanti ai produttori sulle opere cinematografiche, con la conseguenza che – essendo decorsi cinquant’anni dalla prima pubblica proiezione delle stesse – queste sarebbero cadute in pubblico dominio.

Evidenziò, viceversa, che la suddetta norma (introdotta solo con il d.lgs. 9 aprile 2003, n. 68, emanato in attuazione della Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione) nulla aveva che fare con la durata del diritto d’autore sulle opere cinematografiche, riguardando, invece, il ben diverso “diritto connesso” riconosciuto ai produttori e, in genere, ai realizzatori di supporti audiovisivi che incorporano opere cinematografiche, avuto riferimento a quegli specifici supporti da essi realizzati e diffusi.

Tale norma in nessun modo interferiva o, addirittura, superava la disposizione di cui all’art. 32 l.d.a., che fissa la durata del diritto d’autore sulle opere cinematografiche (da ultimo) a settant’anni dopo la morte del coautore più longevo tra regista, autore della sceneggiatura (inclusi i dialoghi) e l’autore della musica.

In altri termini, i diritti di cui all’art. 78-ter erano diritti che la dottrina assumeva rientrare tra quelli aventi natura di jus arcendi, volti ad escludere i terzi da alcune forme di utilizzazione economica del videogramma; con tutela attribuita a favore di colui che aveva effettuato un investimento rilevante, fissando su un supporto materiale un’opera, ragion per cui erroneamente, «per giustificare la caduta in pubblico dominio dei film pubblicati, parte attrice pretende di applicare al caso di specie la disciplina di cui all’art. 78-ter l.d.a., che, viceversa, è prevista esclusivamente per i cd. diritti connessi», in quanto «la ricostruzione della disciplina che precede non lascia dubbi sul fatto che tale affermazione sia errata in punto di diritto, oltre che in punto di fatto.

In altre parole, la condizione di libera utilizzabilità delle opere può astrattamente configurarsi solo al maturare del termine dell’art. 32 l.d.a. (relativo ai diritti di utilizzazione economica dell’opera protetta)»;

c) accertò, in punto di fatto, che per nessuno dei film indicati dagli attori era decorso il termine del richiamato art. 32, non essendo ancora trascorsi settant’anni dalla morte del più longevo dei soggetti ivi indicati, sicché rigettò la domanda di accertamento della libera utilizzabilità dei film in questione;

d) respinse le domande riconvenzionali, giudicando la convenuta non legittimata a far valere i diritti d’autore, in quanto solo licenziataria del diritto alla commercializzazione dei film per il mezzo dell’homevideo o attraverso il web, e ritenendo non provato il danno da essa lamentato, nella specie, per effetto della pubblicazione, ad opera degli attori, dei film controversi.

2. Il gravame principale proposto dai soli (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) contro questa pronuncia fu respinto dalla Corte di appello di Napoli, con sentenza del 26 ottobre 2020, n. 3643, resa nel contraddittorio con (OMISSIS) e nella contumacia di (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS).

2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte:

i) disattese la censura con cui gli appellanti predetti avevano lamentato l’omessa pronuncia in merito alla loro domanda risarcitoria, che, invece, avrebbe dovuto essere accolta stante l’intervenuta dimostrazione dell’illegittimità delle rivendicazioni della appellata, riconosciuta dallo stesso tribunale, che aveva rilevato la mancanza di legittimazione della (omissis) non essendo il produttore originario dei film in questione.

Ritenne, in proposito, che «A ben vedere, [..], il primo Giudice non ha omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria attorea, bensì l’ha ritenuta assorbita (ovvero l’ha implicitamente disattesa), dopo aver escluso che gli attori potessero vantare diritti alla pubblicazione dei film (in quanto caduti in pubblico dominio) ed aver negato, di conseguenza, l’illegittimità delle contestazioni di  (notice of copyright) verso (OMISSIS).

è vero che il Tribunale non ha riconosciuto la titolarità di qualsivoglia diritto in capo a omissis.

Vero è, infatti, che in prime cure è stato ammesso che (omissis) in quanto mera licenziataria di alcuni diritti (di utilizzazione economica dei film per il mezzo dell’homevideo e via internet), non avrebbe titolo per invocare una tutela autorale sui film. Tuttavia, in quanto licenziataria, le è stato riconosciuto il diritto ad inviare a (OMISSIS) le comunicazioni con cui contestava la legittimità di una messa in rete dei film in questione, tant’è che la sua domanda risarcitoria spiegata in riconvenzionale è stata rigettata solo per mancanza di prova dei danni»;

ii) respinse la doglianza con cui (OMISSIS) ed il (OMISSIS) avevano contestato l’accertamento, compiuto dal tribunale, in ordine alla perdurante tutela delle opere in questione, imputando a quel giudice l’erroneità dell’esegesi della disciplina in materia, la violazione dell’art. 15 delle Preleggi e l’insufficienza della motivazione, stante il riferimento a pronunce giurisprudenziali di merito solo genericamente indicate.

Opinò, sul punto, richiamando anche propri precedenti, che la ricostruzione della normativa effettuata nella sentenza impugnata era corretta, «dovendosi ritenere che i diritti che hanno per oggetto l’opera dell’ingegno nel suo contenuto creativo (e non, quindi, la mera pellicola come supporto e mezzo materiale) e che sono, per tutte le altre opere diverse dall’opera cinematografica, tipicamente attribuiti dalla legge agli autori- creatori materiali dell’opera, per l’opera filmica sono attribuiti espressamente al produttore, operandosi, quindi, una chiara fictio juris che, di fatto, equipara la posizione di quest’ultimo soggetto a quello degli autori dell’opera, da cui la tutela per tutta la vita dell’ultimo dei coautori e fino ai 70 anni successivi.

La natura atipica dell’opera filmica e l’attribuzione ex lege dei diritti (primari) d’autore in capo al produttore cinematografico determina la logica conseguenza che la legge attribuisce al medesimo soggetto anche ulteriori e diversi diritti (secondari o connessi) su tutti i supporti (ivi inclusa la pellicola originale) su cui l’opera filmica è fissata e registrata e che consentono ulteriori sfruttamenti economici della stessa.

Ed infatti l’art. 78-ter l.d.a. attribuisce al produttore cinematografico ulteriori diritti esclusivi che, tuttavia, non hanno ad oggetto l’opera cinematografica in (poiché di quei diritti se ne occupano in particolare gli artt. 44 e 45 l.d.a.) bensì i supporti (o videogrammi) da lui prodotti e realizzati e su cui l’opera è registrata. Non è un caso, del resto, che il comma 1 dell’art. 78-ter l.d.a. non riporti alcun riferimento, nell’elencazione e formulazione dei diritti che attribuisce al produttore, all’opera in e per sé, bensì sempre solo e soltanto agli “originali e alle copie delle proprie realizzazioni”.

Come correttamente affermato dal Tribunale, quindi, il produttore cinematografico è titolare sia del diritto d’autore primario sull’opera cinematografica in sé, che gli titolo allo sfruttamento lato sensu cinematografico (di comunicazione al pubblico) dell’opera, ed al quale si applica l’art. 32 l.d.a., con una durata di 70 anni decorrenti dalla morte dell’ultimo dei coautori, sia del diritto secondario o connesso su tutti i supporti da lui realizzati su cui è stata impressa l’opera, che gli titolo alla riproduzione e duplicazione dei supporti ed alla loro distribuzione e commercializzazione, con una durata di 50 anni decorrenti dalla prima proiezione dell’opera.

Come efficacemente è stato già affermato dalla giurisprudenza di merito, i diritti connessi spettanti ai produttori tutelano l’attività di fissazione di un’opera su di un corpus mechanicum e si esercitano sul risultato di tale attività anche a prescindere dalla presenza, o meno, nei videogrammi stessi di un contenuto effettivamente creativo, essendo integrato l’elemento costitutivo dei diritti del produttore di videogrammi ex art. 78-ter cit. dalla sola fissazione su di un supporto materiale delle immagini e dei suoni».

3. Per la cassazione dell’appena descritta sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) affidandosi a due motivi.

La (OMISSIS) (OMISSIS) unica destinataria della notificazione di tale atto, è rimasta solo intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. l primo motivo di ricorso è rubricato «Nullità della sentenza e del procedimento per violazione di giudicato interno (art. 360, comma 1, 3 e 4, c.p.c., in relazione all’art. 324 c.p.c.). Violazione e falsa applicazione dell’art. 167 della L. n. 633/1941 (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. Error in procedendo ed error in iudicando (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.). Violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.)».

Assumono i ricorrenti che:

i) la loro domanda di primo grado, poi ribadita in appello, «era sostanzialmente una domanda risarcitoria dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) subiti a causa delle illegittime rivendicazioni di copyright operate dalla intimata (omissis) s.r.l. sul sito internet (omissis) dove gli attori [..] avevano caricato e pubblicato alcuni film, pubblicati tutti più di 50 anni prima. Ed avevano in giudizio sostenuto sia la sussistenza di Pubblico Dominio e sia la mancanza di valida legittimazione della attuale intimata. [..]. Se il Tribunale ha ritenuto (nella Sentenza emessa) priva di legittimazione la (omissis) s.r.l. in relazione alla sua domanda  riconvenzionale,  sarebbe dovuto da ciò derivare logicamente ed inequivocabilmente anche la illegittimità delle rivendicazioni dalla medesima effettuate sul sito: e, quindi, la sussistenza di danno ingiusto provocato. Cosa, quest’ultima, peraltro anche espressamente affermata ed accertata dal Tribunale. E la Corte d’Appello avrebbe dovuto esaminare e liquidare i danni, nella misura ritenuta più equa. Cosa che non ha fatto. Asserendo, invece (la Ecc.ma Corte di Appello di Napoli ripotandosi al decisum del Tribunale), che la carenza di legittimazione della appellata delibata dal Tribunale riguardasse solo la sua titolarità a richiedere i danni domandati in riconvenzionale (non avendo a tal titolo provato alcun legame legittimativo concatenato col produttore originario di cessione dei diritti sul film). Ma non riguardava, invece, la titolarità ad effettuare contestazioni di copyright sul sito (omissis) avendo la medesima acquisito diritti legittimi di comunicazione via internet. ]. Per cui la (OMISSIS) aveva il diritto di effettuare le contestazioni di copyright effettuate. E non essendo i film in contesa in Pubblico Dominio, aveva anche diritto a risultare vittoriosa in appello, con condanna degli appellanti alle spese del giudizio, i quali – contra legem – avevano operato sul sito internet denominato ” (OMISSIS);

ii) stando al chiaro decisum del tribunale sul punto, erroneamente interpretato, invece, dalla corte distrettuale, «La (omissis) s.r.l.) non poteva invocare alcuna tutela autorale, anche (ed è ciò che rileva in questo motivo di ricorso) ai fini inibitori della condotta avversa (cioè la pubblicazione sul sito (OMISSIS) dei film in questione). Comunque, anche a ritenere prescindenti dalle argomentazioni del tribunale quelle rese dalla Ecc.ma Corte di Appello, in quanto chiaramente esposte, vi è da dire – in primis – che la questione appare coperta da giudicato interno (e quindi non più modificabile, stante l’assenza di appello incidentale sul punto) e che ad abundantiami “licenzianti”, per concedere diritti via internet all’attuale intimata, avrebbero dovuto dimostrare la catena di cessioni dei diritti fino al produttore originario (e/o agli autori dei film o loro eredi, o cessionari dei loro diritti). Cosa che pacificamente non è Poiché nessuno di tali licenzianti era il produttore originario dei film in contesa, come esplicitamente accertato dal Tribunale. E peraltro nessun documento contrattuale era stato prodotto in giudizio, tale da legittimare, nel senso anzidetto, i sedicenti licenzianti. E la totale carenza di legittimazione della attuale intimata era, invece, sempre stata ben rappresentata ed eccepita, in ambedue i giudizi di merito, dagli appellanti attuali ricorrenti. Sicché non vi è alcun modo per sopperire alla totale carenza di legittimazione della (OMISSIS) s.r.l. con riferimento al fatto che, quand’anche avesse acquisito diritti da terzi, la legittimazione di quest’ultimi non è mai stata provata. Come risulta dagli atti e anche dalle sentenze di merito. Poiché questo avevano eccepito le parti attrici (e non, invece, l’inidoneità sotto il profilo legittimativo del tipo di contratto intercorrente tra [allo stato] sedicenti “licenzianti” e la (omissis) s.r.l.); questo aveva rilevato ed accertato il Tribunale, e questo rilevava [..] anche in Appello. [..]. Ribandendo, comunque, che, a prescindere dalle argomentazioni qui svolte, la questione in tutta evidenza appare, preliminarmente [..], coperta da giudicato interno».

1.1. Tale doglianza non merita accoglimento.

1.2. In proposito, infatti, è sufficiente rilevare che la lettura degli atti di causa (consentita a questa Corte in ragione della tipologia di vizio concretamente denunciato) consente agevolmente di accertare che, nell’adire il Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in materia di impresa, (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) (unitamente ad altri) avevano chiesto, tra l’altro, dichiararsi «legittime le pubblicazioni degli istanti, tutte avvenute nell’anno 2016, e contestualmente dichiararsi infondate le rivendicazioni di esclusività effettuate dalla convenuta, anch’esse, come documentato in atti, avvenute tutte nel 2016, poiché tutti i film si trovavano in Pubblico Dominio, ed era pertanto legittima la loro pubblicazione e diffusione da parte di qualsiasi membro della Collettività.

Condannare la convenuta al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali [..] subiti dagli attori nell’occasione, dovuti all’illegittimo ed abusivo blocco e rimozione dei film in oggetto, e alle consequenziali ingiuste limitazioni funzionali dei propri relativi canali (omissis) addirittura per tanto esposti a soppressione, quantificati nella misura complessiva di 800 (Euro Ottocento), per ciascuno blocco o rimozione di ciascun film indicato e per le consequenziali limitazioni funzionali patite dai rispettive canali (omissis) o in quell’altra somma maggiore o minore che dovesse risultare di Giustizia, oltre interessi».

La (OMISSIS) invece, oltre a concludere per il rigetto delle avverse pretese, aveva domandato, in via riconvenzionale, tra l’altro, la condanna degli attori, «ciascuno in rapporto ai film dagli stessi messi in rete, al risarcimento dei danni subiti [..] in conseguenza del loro comportamento illegittimo, quantificando, anche in via equitativa, tali danni, per ogni titolo oggetto di domanda, nella somma di almeno euro 5.000,00 o altra maggiore o minore, a fronte del pregiudizio subito fino all’ordine di inibitoria che si è sopra richiesto o comunque fino alla cessazione dell’abuso, e fatte salve le sanzioni ex art. 614-bis c.p.c.».

1.2.1. Il giudice di prime cure, pronunciando su queste domande:

i) respinse la domanda di accertamento della libera utilizzabilità dei film pubblicati dagli attori sui loro canali (omissis).

Tanto alla stregua di un’analitica ricostruzione della normativa in materia, anche in relazione alla sua evoluzione, all’esito della quale aveva disatteso il loro assunto secondo cui il termine di cui al citato art. 78-ter era coincidente con quello di durata della protezione legale dei diritti spettanti ai produttori sulle opere cinematografiche, con la conseguenza che – essendo decorsi cinquant’anni dalla prima pubblica proiezione delle stesse – queste sarebbero cadute in pubblico dominio (cfr. amplius, pag. 7-9 della sentenza n. 2076 del 2018);

ii) rigettò le riconvenzionali di (omissis) pinando che «la legittimazione al relativo esercizio dipende, ovviamente, dalla prova della titolarità, in capo all’istante, dei diritti di cui si assume la lesione. È di palmare evidenza che se come adeguatamente motivato in precedenza i film contestati non sono caduti in pubblico dominio, ma configurano opera cinematografica attualmente sottoposta alla protezione del diritto d’autore nella sua veste morale ma soprattutto economica (invocata dall’attrice in riconvenzionale), dovrebbe essere accolta la richiesta di pronuncia della illiceità della utilizzazione dei film da parte attorea, concretizzatasi nella riproduzione e trasmissione integrale di film attraverso il canale (OMISSIS) in palese violazione dei diritti di utilizzazione economica Tuttavia è la stessa convenuta ad escludere di rientrare tra i soggetti abilitati a far valere tali diritti, ex artt. 45, 46 o 78-ter l.d.a..

Più segnatamente, essa ha dedotto di aver acquisito con vari autonomi contratti il diritto alla commercializzazione dei film in questione per il mezzo dell’homevideo (DVD o altri consimili supporti, acquisibili a vario titolo, in noleggio o in proprietà, presso gli esercizi deputati, ovvero sul web); inoltre, la stessa ha acquisito, per alcuni titoli, anche il diritto alla commercializzazione diretta dei film attraverso il web (cd. diritti internet). Essa, in particolare, ha documentato: [..]. In tali contratti, la licenziante non premette la veste di produttrice e/o di avente causa dal precedente produttore delle opere. Né, a dire il vero, la convenuta ha mai postulato versarsi in tale situazione, tanto da richiedere, del resto, la chiamata in causa iussu judicis dei soggetti di cui agli artt. 44 e 45 l.d.a..

Ne deriva che  non possa invocare alcuna tutela autorale, anche a fini inibitori della condotta avversa.

Riguardo la pretesa risarcitoria che essa spiega per l’illecito di natura extracontrattuale perpetrato dagli attori a suo danno per effetto della pubblicazione di film controversi, per i quali (omissis ha provato esistenza di titoli convenzionale che la legittimano in via esclusiva a farlo occorre ricordare che la possibilità data dall’art. 1226 c. di procedere a liquidazione equitativa del pregiudizio presuppone che sia impossibile, o estremamente difficile, fornire precisa prova del suo ammontare e della sua entità.

Ciò che non esonera l’interessato dall’obbligo di offrire gli elementi probatori sulla sussistenza del medesimo, per consentire che l’apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, limitato alla funzione di colmare solo le inevitabili lacune al fine della precisa liquidazione del danno. Ebbene, l’istante stessa nulla ha riferito in ordine all’ampiezza di tale violazione, non indicando alcunché circa il numera dei visitatori dei canali poi oscurati, in merito agli introiti ottenibili con ciascuna visita né, infine, sull’eventuale impatto subito per effetto dell’illecito, quanto ad ipotetica contrazione delle distribuzioni e/o vendite dei prodotti.

Ne consegue che, non ricorrendo i presupposti operativi dell’art. 1226 c.c., la domanda riconvenzionale vada rigettata anche sul punto».

1.2.2. È evidente, dunque, che il tribunale, da un lato, negò che i film in questione fossero caduti in pubblico dominio, da ciò facendo derivare l’infondatezza delle descritte domande degli originari attori; dall’altro, respinse le riconvenzionali risarcitorie della società convenuta riguardanti sia invocati profili di tutela autorale (non rientrando la prima tra i soggetti abilitati a riceverla ex 45, 46 e 78-ter della l.d.a.), sia i diritti da lei acquistati in forza dei contratti di licenza compiutamente descritti: in relazione ai film oggetto di questi ultimi, però, non già sotto il profilo della sua carenza di legittimazione a farli valere (invece sussistente, nei limiti di quanto ad essa assicurato dai contratti di licenza di cui si è detto) – come ancora oggi mostrano di voler intendere i ricorrenti – bensì, esclusivamente, sotto il diverso aspetto della mancata dimostrazione dell’entità del pregiudizio effettivamente subito dalla medesima società, con impossibilità anche di una sua liquidazione equitativa per non essere stato fornito da quest’ultima alcun elemento utile cui parametrarlo.

1.2.3. Del tutto correttamente, pertanto, la corte distrettuale, nel disattendere la censura con cui (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) avevano lamentato l’omessa pronuncia in merito alla loro già descritta domanda risarcitoria, – che, invece, a loro dire, avrebbe dovuto essere accolta stante l’intervenuta dimostrazione dell’illegittimità delle rivendicazioni della appellata, riconosciuta dallo stesso tribunale, che aveva rilevato la mancanza di legittimazione della (omissis) non essendo il produttore originario dei film in questione – ha concluso che, «A ben vedere, [..], il primo Giudice non ha omesso di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria attorea, bensì l’ha ritenuta assorbita (ovvero l’ha implicitamente disattesa), dopo aver escluso che gli attori potessero vantare diritti alla pubblicazione dei film (in quanto caduti in pubblico dominio) ed aver negato, di conseguenza, l’illegittimità delle contestazioni di (omissis) (notice of copyright) verso (omissis).

è vero che il Tribunale non ha riconosciuto la titolarità di qualsivoglia diritto in capo a (OMISSIS) (OMISSIS) è, infatti, che in prime cure è stato ammesso che omissis in quanto mera licenziataria di alcuni diritti (di utilizzazione economica dei film per il mezzo dell‘homevideo e via internet), non avrebbe titolo per invocare una tutela autorale sui film. Tuttavia, in quanto licenziataria, le è stato riconosciuto il diritto ad inviare a (OMISSIS) le comunicazioni con cui contestava la legittimità di una messa in rete dei film in questione, tant’è che la sua domanda risarcitoria spiegata in riconvenzionale è stata rigettata solo per mancanza di prova dei danni».

1.2.4. Resta solo da dire che, nella misura in cui l’odierna censura assume che «non vi è alcun modo per sopperire alla totale carenza di legittimazione della (omissis) s.r.l. con riferimento al fatto che, quand’anche avesse acquisito diritti da terzi, la legittimazione di quest’ultimi non è mai stata provata», essa si risolve, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento positivo, evidentemente di natura fattuale, operato dai giudici di merito quanto alla corrispondente circostanza, cui i ricorrenti intenderebbero opporre, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge (anche processuale), una diversa valutazione, dimenticando, però, che il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 13005 del 2023; Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 35041 del 2022; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).

Alteris verbis, il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017, Cass., SU, n. 34476 del 2019 e Cass. n. 32026 del 2021; Cass. n. 40493 del 2021; Cass. n. 1822 del 2022; Cass. n. 2195 del 2022; Cass. n. 3250 del 2002; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 9352 del 2022; Cass. 13408 del 2022; Cass. n. 15237 del 2022; Cass. n. 21424 del 2022; Cass. n. 30435 del 2022; Cass. n. 35041 del 2022; Cass. n. 35870 del 2022; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 7993 del 2023; Cass. n. 13787 del 2023).

2. Il secondo motivo di ricorso prospetta la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 78-ter, primo e secondo comma, della n. 633/1941 (Legge sul Diritto di Autore).

Violazione degli artt. 11 e 15 delle “Disposizioni sulla Legge in generale” (o “Preleggi”). Falsa applicazione degli artt. 45 e 46 della l.d.a. n. 633/1941. Falsa applicazione degli art. 25 e 32 della l.d.a. n. 633/1941. Il tutto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».

Espongono i ricorrenti che, in virtù di quanto previsto ai sensi dall’art. 78-ter l.d.a., il produttore, dopo cinquanta anni dalla pubblicazione dell’opera, perde il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, degli originali e delle copie delle proprie realizzazioni, e di autorizzare la distribuzione, il noleggio ed il prestito, la messa a disposizione al pubblico dell’originale e delle copie delle proprie realizzazioni. Proprio perché dopo cinquanta anni dalla pubblicazione l’opera cinematografica cade in pubblico dominio, (omissis) ed il (omissis) deducono di aver lecitamente messo a disposizione del pubblico i film da ciascuno di essi indicati in citazione.

A loro avviso, inoltre, in difetto di un’espressa previsione legislativa in tal senso, non è applicabile al produttore il più lungo termine protezionale di settant’anni previsto per gli autori: l’art. 78-ter l.d.a., nel prevedere una disciplina apposita del diritto del produttore all’esclusiva e del termine di durata del suo diritto, costituisce una specificazione degli artt. 45 e 46, comma 1, l.d.a., con conseguente piena prevalenza della prima norma sulle seconde. In ogni caso, l’art. 17, comma 1, della legge n. 52/1996, nell’indicare espressamente tutti gli articoli della legge del diritto autore che sono stati interessati dall’estensione protezionale a settant’anni, ha richiamato gli artt. 25, 26, 27, 27-bis, 31, 32 e 32-bis della legge medesima, ma non gli artt. 45 e 46.

Viene contestato l’inquadramento giuridico della corte d’appello secondo cui sussisterebbero in capo al produttore due ordini di diritti, primari e secondari, in quanto non sarebbe possibile, in base a tale ricostruzione, individuare i diritti del produttore che scadono dopo cinquant’anni e poi cadono in pubblico dominio e quelli che, invece, permangono per settant’anni.

Inoltre, i ricorrenti deducono che l’esclusività conferita al produttore dall’art. 78-ter l.d.a. esclude categoricamente che tutte le facoltà indicate analiticamente nel primo comma della norma (riproduzione, distribuzione, noleggio, prestito) appartengano anche agli autori, in quanto questi ultimi mai hanno avuto, fin dall’origine, alcun diritto commerciale sull’opera cinematografica, né possono acquistarlo poi. Si ascrive, pertanto, alla corte distrettuale di essere giunta alla illogica conclusione che i produttori si gioverarono della durata protezionale prevista per gli autori nonostante che questi ultimi fossero privi dei diritti esclusivi di sfruttamento cinematografico propri del produttore.

2.1. Tale doglianza si rivela complessivamente infondata alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso (peraltro già rinvenibili nella motivazione recentissima n. 14117 del 2023, resa in fattispecie analoga a quella odierna), anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere parzialmente corretta ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ..

2.2. Secondo (OMISSIS) ed il (OMISSIS) al produttore non è applicabile il più lungo termine protezionale di settant’anni previsto per gli autori, atteso che, con l’entrata in vigore dell’art. 78-ter l.d.a., – che ha regolato in modo specifico il diritto del produttore all’esclusiva, stabilendo la durata del suo diritto in cinquant’anni – sarebbe stata introdotta una sorta di disciplina speciale del diritti del produttore cinematografico, costituente una specificazione degli artt. 45 e 46, comma 1, l.d.a. o che avrebbe comportato, comunque, l’abrogazione implicita delle predette norme della legge sul diritto d’autore.

2.3. Secondo l’inquadramento giuridico della sentenza impugnata, invece, sussistono in capo al produttore cinematografico, due ordini di diritti:

i) il diritto primario disciplinato dagli 45 e ss. della legge sul diritto di autore ed al quale si applica l’art. 32 l.d.a. (con una durata di settant’anni decorrenti dalla morte dell’ultimo dei coautori);

ii) il diritto secondario, o connesso, su tutti i supporti da lui realizzati su cui è stata impressa l’opera, che gli dà titolo alla riproduzione e duplicazione dei supporti ed alla loro distribuzione e commercializzazione.

2.3.1. Tale interpretazione è conforme all’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità nelle sentenze 3004/1973 e 16771/2012, in cui è stato affermato che la legge attribuisce al produttore non il semplice esercizio di un diritto altrui, ma la titolarità, ex lege, di un diritto proprio, avente ad oggetto l’utilizzazione economica dell’opera. In particolare, la citata pronuncia n. 16771/2012 si era espressa in questi precisi termini:

«.L’interpretazione che ne ha dato questa Corte (v. Cass. n. 3004 del 1973) è nel senso che la legge attribuisce al produttore non il semplice esercizio di un diritto altrui, ma la titolarità di un diritto proprio, avente ad oggetto l’utilizzazione economica dell’opera, mentre ai coautori (sceneggiatore, soggettista, autore della colonna musicale, direttore artistico o regista) spettano, oltre ai diritti cosiddetti morali, quei soli diritti patrimoniali che sono ad essi espressamente riservati dalla stessa legge (in particolare, la L.a., art. 46, comma 4, attribuisce all’autore della sceneggiatura e al direttore artistico il diritto di ricevere un ulteriore compenso, a talune condizioni, sempre che essi non vengano retribuiti mediante una percentuale sulle proiezioni pubbliche dell’opera cinematografica; ulteriori diritti economici sono attribuiti dalla L.a., art. 46-bis, non applicabile nella fattispecie ratione temporis, agli autori delle opere cinematografiche e assimilate).».

2.3.2. Proprio su tale punto, tuttavia, questo Collegio ritiene doveroso effettuare, alla luce di un’interpretazione sistematica, oltre che letterale, della normativa (anche eurounitaria) sul diritto d’autore, alcune precisazioni che, pur non stravolgendo l’impostazione sopra descritta, hanno la funzione di ricostruire in modo più articolato la natura dei diritti di utilizzazione economica che sono attribuiti al produttore cinematografico.

2.3.3. In particolare, va preliminarmente osservato che, dal combinato disposto degli 44 e 45 l.d.a., emerge che la legge attribuisce la contitolarità dell’opera cinematografica all’autore del soggetto, all’autore della sceneggiatura, all’autore della musica (se composta appositamente per l’opera cinematografica), al direttore artistico (regista), con la conseguenza che agli autori – difformemente da quanto erroneamente ritenuto dai ricorrenti – sono stati attribuiti i diritti di utilizzazione economica previsti dagli artt. 12 e ss. della legge sul diritto d’autore. Al produttore è stato, invece, riconosciuto solo “l’esercizio” dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica, nei limiti indicati dai successivi articoli.

2.3.4. La legge sul diritto d’autore, quindi, non ha attribuito al produttore la titolarità dei diritti utilizzazione dell’opera cinematografica, e ciò a differenza di quanto è stato previsto dall’art. 38 d.a. per l’opera collettiva, con riferimento alla quale, “salvo patto in contrario, il diritto di utilizzazione economica spetta all’editore dell’opera stessa“.

2.3.4.1. Tale ricostruzione è coerente con quanto previsto dal successivo 46 L.d.A., secondo cui “gli autori del soggetto e della sceneggiatura, il direttore artistico, gli adattatori dei dialoghi, i direttori del doppiaggio e i traduttori, nonché gli artisti interpreti e esecutori, primari e comprimari, inclusi i doppiatori, hanno diritto a ricevere un ulteriore compenso in misura percentuale sugli incassi derivanti dalle proiezioni pubbliche dell’opera..”, e dall’art. 46-bis legge cit. secondo cui, “in caso di cessione del diritto di diffusione al produttore, spetta agli autori di opere cinematografiche e assimilate un compenso adeguato e proporzionato a carico degli organismi di emissione per ciascuna utilizzazione delle opere stesse a mezzo della comunicazione al pubblico via etere, via cavo e via satellite..”.

2.3.4.2. Orbene, non vi è dubbio che, ove si seguisse l’impostazione giuridica della diretta attribuzione ex lege al produttore dei diritti di utilizzazione economica sull’opera cinematografica, l’aggettivo “ulteriore” (riferito al compenso), utilizzato dal legislatore nell’art. 46 , non avrebbe alcun senso, dal momento che, si tratterebbe, in realtà, del “solo” compenso sull’opera cinematografica riconosciuto agli autori.

Analogamente, con riferimento all’art. 46-bis cit., anche l’inciso “in caso di concessione del diritto di diffusione al produttore” non troverebbe una coerente giustificazione: l’attribuzione al produttore cinematografico del diritto di diffusione non sarebbe, infatti, certo una mera eventualità legata alla cessione di tale diritto da parte degli autori, come evincibile dal testo dell’art. 46-bis, ma la diretta conseguenza del sorgere ex lege in capo allo stesso del diritto di utilizzazione economica dell’opera cinematografica.

2.4. Va osservato, comunque, che se, da un lato, il legislatore non ha inteso riconoscere direttamente al produttore – come, invece, all’editore – la titolarità dei diritti utilizzazione economica dell’opera, dall’altro, tuttavia, l’attribuzione allo stesso – questa sì ex lege – dell’esercizio di tali diritti è il frutto del riconoscimento del ruolo propulsivo e decisivo che il produttore usualmente svolge nella realizzazione di un’opera cinematografica (pur non apportando alcun elemento di creatività), la quale non può essere creata senza il suo contributo organizzativo ed imprenditoriale (particolarmente, l’investimento economico a rischio).

2.4.1. Il legislatore, nell’attribuire ex lege al produttore l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica, il che equivale a dire – come precisato dall’art. 46 d.a. – lo sfruttamento dell’opera medesima, ha presunto normativamente quello che normalmente avviene nella prassi, quando inizia la lavorazione di un film: ovvero la stipula, da parte del produttore, di una serie di contratti (tra i più significativi rientrano quello di regia, di cessione dei diritti di utilizzazione delle parti letterarie, come il soggetto e sceneggiatura, e della realizzazione della colonna sonora), non disciplinati dalla legge, con i quali il produttore acquista, a titolo derivativo, ancor prima della realizzazione del film, i diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica facenti capo originariamente ai singoli autori dell’opera, i quali conservano comunque, oltre ai diritti cosiddetti morali, quei soli diritti patrimoniali che sono ad essi espressamente riservati dalla stessa legge (in particolare, l’art. 46, comma 4, l.d.a. attribuisce attualmente all’autore della sceneggiatura ed al direttore artistico il diritto di ricevere un ulteriore compenso, a talune condizioni, sempre che essi non vengano retribuiti mediante una percentuale sulle proiezioni pubbliche dell’opera cinematografica; altri diritti economici sono attribuiti dagli artt. 46-bis e 18-bis: il primo sancisce una equa remunerazione a favore dei coautori per le comunicazioni via etere, via cavo e via satellite; il secondo prevede un equo compenso per il diritto di noleggio).

2.4.2. Deve precisarsi, altresì, che se, in concreto, il contenuto effettivo dei diritti acquistati dal produttore da ciascun autore, essendo rimesso all’autonomia negoziale, dipende dalle relative pattuizioni contrattuali e può variare, quindi, da produzione a produzione, – non a caso, questa Corte, già nella sentenza 13398/1999, ha ammesso la possibilità, da parte dell’autore, di negoziare la cessione di particolari e specifiche forme di utilizzazione dell’opera e, quindi, di escluderne alcune, nell’ambito del rapporto pattizio che è a fondamento dell’attribuzione ex lege al produttore dell’esercizio del diritto di sfruttamento cinematografico dell’opera – l’art. 45 l.d.a. detta una presunzione che vale fino a prova contraria, presupponendo che il produttore si assicuri preventivamente dagli autori i diritti di sfruttamento cinematografico dell’opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all’autore, onde prevenire, in radice, ogni possibile controversia giuridica relativa a tali futuri diritti.

Ne consegue che chi contesti al produttore cinematografico l’intervenuta acquisizione della titolarità dei diritti di utilizzazione dell’opera, o anche solo l’estensione o l’ambito temporale di tali diritti, è tenuto a fornirne la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali.

2.4.3. Tale ricostruzione giuridica è pienamente conforme ai seguenti principi di diritto, enunciati dalla Corte di Giustizia UE nella causa C 277/10, Martin Luksan vs Petrus van der Let:

«1) Gli articoli 1 e 2 della direttiva 93/83/CEE del Consiglio, del 27 settembre 1993, per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo, da un lato, e gli articoli 2 e 3 della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, in combinato disposto con gli articoli 2 e 3 della direttiva 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006 [..] devono essere interpretati nel senso che i diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica [..] spettano ipso iure, direttamente e originariamente, al regista principale. Di conseguenza, tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale che attribuisca, ipso iure ed in via esclusiva, detti diritti di sfruttamento al produttore dell’opera in questione.

2) Il diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso riconosce agli Stati membri la facoltà di stabilire una presunzione di trasferimento, a vantaggio del produttore dell’opera cinematografica, dei diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica come quelli di cui trattasi nella causa principale (diritto di diffusione via satellite, diritto di riproduzione e qualunque altro diritto di comunicazione al pubblico mediante messa a disposizione), purché una simile presunzione non abbia carattere assoluto, tale da escludere la possibilità per il regista principale di detta opera di convenire diversamente..».

2.4.3.1. La Corte di Giustizia, nella pronuncia sopra citata, ha osservato, preliminarmente (par. 66 e 67), che, essendo la tutela del diritto d’autore essenziale alla creazione intellettuale ed essendo stata riconosciuta la qualità d’autore al regista principale dell’opera cinematografica, ammettere che, a tale creatore, siano negati i diritti di sfruttamento su tale opera risulterebbe incompatibile con la finalità perseguita dalla direttiva 2001/29.

2.4.3.2. D’altra parte, la medesima Corte ha avvertito l’esigenza (par. 78, 79 e 80) di realizzare un contemperamento ed un equilibrio tra i diritti ed interessi di coloro che contribuiscono alla creazione intellettuale della pellicola, ossia l’autore o i coautori dell’opera cinematografica, e quelli del produttore della pellicola, che è colui che assume l’iniziativa e la conseguente responsabilità della realizzazione dell’opera cinematografica, con i relativi rischi legati a tale investimento.

È stato evidenziato, pertanto, che la presunzione del trasferimento del diritto di noleggio a favore del produttore della pellicola, prevista dall’art. 3, commi 3 e 4, della direttiva 2006/115, è stata concepita proprio per rispondere ad una delle finalità alle quali fa riferimento il quinto «considerando» di detta direttiva, ossia consentire al produttore di ammortizzare gli investimenti che questi ha assunto ai fini della realizzazione dell’opera cinematografica.

2.4.3.3. Infine, la Corte suddetta ha rilevato che, comunque, la presunzione del trasferimento al produttore del diritto di noleggio e di prestito dell’opera cinematografica non rimette affatto in discussione il principio secondo cui l’autore è investito ipso iure, direttamente ed originariamente, del diritto di noleggio e di prestito relativamente alla propria opera, tanto è vero che il legislatore dell’Unione ha espressamente previsto la possibilità di una «clausola contrattuale contraria», con ciò esprimendo l’eventualità che il regista principale conservi la possibilità, mediante contratto, di convenire diversamente.

2.5. A questo punto, ci sono tutti gli elementi per effettuare le sopra anticipate, opportune precisazioni al principio di diritto enunciato da questa Corte nella sentenza 16771/2012.

2.5.1. In particolare, si deve convenire con le conclusioni dell’appena menzionata pronuncia, secondo cui il diritto di utilizzazione economica (o sfruttamento cinematografico dell’opera), che il produttore esercita, sia un diritto proprio, e non, quindi, un diritto altrui; tuttavia, tale prerogativa non è riconosciuta al produttore per effetto di una diretta attribuzione ex lege, ma come conseguenza dell’acquisto – che deve presumersi salvo prova contraria – di tale diritto a titolo derivativo, dai

2.5.2. Si tratta, inoltre, di un diritto “primario” sull’opera cinematografica, in quanto inerisce alla tutela del diritto d’autore, per distinguerlo dal diritto “secondario” o connesso che sul supporto materiale è attribuito al produttore dall’art. 78-ter d.A. (secondo quanto sarà approfondito nel corso ulteriore della trattazione).

2.5.3. Quella sopra descritta è la disciplina del diritto di utilizzazione economica spettante al produttore cinematografico secondo il titolo I della legge sul diritto d’autore.

2.6. Va osservato, poi, che il legislatore, con il lgs. 9 aprile 2003 n. 68, emanato in attuazione della Direttiva 2001/29/CE, ha introdotto l’art. 78-ter L.d.A., che ha attribuito al produttore cinematografico anche i cd. diritti connessi (o secondari) al diritto d’autore, con i quali sono state riconosciute al produttore prerogative che già rientrano nella vasta gamma di facoltà esercitate dal produttore in virtù dell’articolo 45 L.d.A. (diritto di esclusiva nella riproduzione, in tutto o in parte, e in qualsiasi forma, dell’opera, nella distribuzione, noleggio, prestito, messa a disposizione del pubblico).

Si tratta, tuttavia, di una categoria di diritti distinta ed autonoma rispetto al diritto d’autore, atteso che, mentre quest’ultimo diritto tutela l’opera dell’ingegno di carattere creativo (art. 1 L.d.A. e art. 2575 cod. civ.) e, ferma la presunzione di cui all’art. 45 L.d.A., già ampiamente sopra illustrata, la estensione dello stesso diritto (o eventuali limitazioni) dipende dalla concrete pattuizioni contrattuali tra gli autori e il produttore di opera cinematografica, i diritti connessi vengono direttamente attribuiti al produttore dalla legge e tutelano l’attività di fissazione di un’opera su di un corpus mechanicum, su di un supporto materiale.

2.6.1. L’articolata disciplinata contenuta nell’art. 78-ter d.a. risponde alla volontà del legislatore di regolare in modo più dettagliato, sulla scorta dell’evoluzione tecnologica, il diritto di esclusiva del produttore, nelle nuove forme di comunicazione al pubblico e messa in circolazione dell’opera introdotte dal progresso tecnico, in attuazione della menzionata Direttiva 2001/29/CE.

Tuttavia, è doveroso precisare che non si tratta di prerogative più estese rispetto a quelle attribuite al produttore dall’art. 45 della legge 22 aprile 1941 n. 633.

Questa Corte, infatti, ha già affermato (cfr., ex plurimis, Cass. n. 16771/2012) che i diritti del produttore di sfruttamento cinematografico dell’opera comprendono non solo la proiezione di questa nelle sale cinematografiche o la sua diffusione televisiva, ma qualsiasi mezzo di comunicazione al pubblico nella sua forma originaria, qualunque sia il supporto tecnico (nel 2016 ancora a mezzo delle videocassette, i cd e dvd) ovvero in eventuali nuove forme di comunicazione al pubblico e messa in circolazione introdotte dal progresso tecnico.

2.7. Dopo aver illustrato il contenuto del diritto di utilizzazione economica di cui all’art. 45 d.a. – che il produttore acquista dai singoli autori – nonché dei diritti connessi di cui all’art. 78-ter legge cit., può esaminarsi, allora, la questione sollevata nella presente controversia dai ricorrenti, secondo i quali il legislatore, con l’introduzione dell’art. 78-ter, trattandosi di disciplina speciale dei diritti del produttore, avrebbe inteso implicitamente abrogare il disposto di cui agli artt. 45 e (dalla cui applicazione, in combinato disposto con l’art. 32, scaturisce una durata del diritto di utilizzazione economica del produttore di settant’anni).

2.7.1. In particolare, i ricorrenti sostengono che residuerebbero in capo al produttore solo i diritti connessi, la cui durata è stata fissata in cinquant’anni a decorrere dalla produzione o pubblicazione dell’opera cinematografica. Tale impostazione giuridica, tuttavia, non è condividibile.

2.7.2. Ritiene questo Collegio che l’introduzione, nel nostro ordinamento, dell’art. 78-ter d.a. non ha modificato affatto la regolamentazione dei diritti del produttore cinematografico, come disciplinati dall’art. 45 l.d.a., atteso che la salvezza in capo al produttore dei diritti d’autore era stata espressamente sancita già dalla Direttiva 2001/29/CE, il cui art. 14 stabilisce che “la protezione dei diritti connessi con il diritto d’autore a norma della presente direttiva lascia totalmente impregiudicata la protezione del diritto d’autore“.

2.7.3. Né è condivisibile la doglianza (OMISSIS) e del (OMISSIS) secondo cui l’inquadramento giuridico della corte partenopea non consentirebbe di individuare con certezza i diritti (connessi) del produttore che scadono dopo cinquant’anni e poi cadono in pubblico dominio e quelli che, invece, permangono per settant’anni (tutelati dal diritto d’autore): come sopra anticipato, si devono distinguere i diritti connessi, la cui durata è di cinquanta anni a decorrere dalla fissazione o pubblicazione dell’opera cinematografica, che vengono direttamente attribuiti al produttore dalla legge e mai possono essere messi in discussione, dall’esercizio, da parte del produttore, dei diritti di utilizzazione economica sull’opera creativa (già facenti capo agli autori) di cui all’art. 45 l.d.a., che hanno un oggetto di tutela diverso (l’opera creativa appunto) e, essendo il frutto di una presunzione iuris tantum, sono tutelati nei limiti in cui non venga fornita la prova contraria di una diversa regolamentazione pattizia tra loro (produttore ed autori).

2.7.4. Quanto alla durata di questi ultimi diritti, la circostanza che il produttore li acquisti dagli stessi autori giustifica – salvo prova contraria – il riconoscimento della stessa tutela attribuita all’autore dall’art. 32 d.A., ovvero di settant’anni dalla morte dell’ultimo dei coautori (ragionamento che non potrebbe svolgersi ove si accedesse, invece, alla tesi, in questa sede confutata, della diretta attribuzione ex lege al produttore dei diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica).

2.7.5. Nemmeno, infine, è persuasiva l’osservazione dei ricorrenti secondo cui la durata del diritto del produttore non potrebbe essere disciplinata dall’art. 32 d.A. atteso che l’art. 17, comma 1, della L. n. 52/1996, nell’indicare espressamente tutti gli articoli della legge del diritto autore che sono stati interessati dall’estensione protezionale a settanta anni, ha richiamato gli artt. 25, 26, 27, 27-bis, 31, 32 e 32- bis della legge medesima, ma non anche gli artt. 45 e 46: è evidente che il mancato richiamo della L. n. 52/1996 a queste ultime disposizioni si giustifica in quanto le stesse, a differenza delle prime (da 25 a 32-bis), non disciplinano affatto la durata del diritto di utilizzazione economica, ma hanno un altro oggetto, con la conseguenza che mai avrebbero potuto essere interessate dall’estensione del termine di protezione autorale.

2.7.6. Deve ribadirsi, dunque, il seguente principio di diritto (già enunciato da n. 14117 del 2023):

«In tema di proprietà intellettuale, l’art. 45 L.d.A., nel prevedere che al “produttore” spetta l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica dell’opera cinematografica, detta una presunzione che vale fino a prova contraria, presupponendo che il “produttore” si assicuri preventivamente dagli autori (del “soggetto”, della “sceneggiatura” e della “musica”) i diritti di sfruttamento cinematografico dell’opera per tutta la durata del diritto di utilizzazione economica spettante all’autore, onde prevenire, in radice, ogni possibile controversia giuridica relativa a tali futuri diritti. Ne consegue che chi contesti al produttore cinematografico l’intervenuta acquisizione a titolo derivativo della titolarità dei diritti di utilizzazione dell’opera, o anche solo l’estensione o l’ambito temporale di tali diritti, è tenuto a fornirne la prova alla luce delle concrete pattuizioni contrattuali».

2.8. Esaurito il doveroso inquadramento giuridico della fattispecie giuridica sottoposta all’esame di questo Collegio, deve ritenersi, alla luce delle sopra illustrate osservazioni, che le specifiche opere cinematografiche indicate nella citazione introduttiva come caricate sui loro rispettivi siti (OMISSIS) da (OMISSIS) (OMISSIS) e da (OMISSIS) (OMISSIS) non sono affatto cadute in pubblico dominio.

2.8.1. I menzionati ricorrenti, infatti, non solo non hanno fornito la prova idonea a superare la presunzione ex 45 l.d.a. che gli autori avessero ceduto al produttore tutti i diritti di utilizzazione economica dell’opera (eccetto quelli loro espressamente riservati ex art. 46 e 46-bis l.d.a.) facenti loro capo, ma neppure hanno allegato circostanze idonee a rappresentare una realtà diversa.

Ne consegue che le opere suddette sono tuttora tutelata dal diritto d’autore, non risultando scaduto il termine di settanta anni previsto dall’art. 32 l.d.a..

3. In definitiva, quindi, il ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) deve essere respinto, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, essendo rimasta solo intinata la (OMISSIS) (OMISSIS) s.r.l., altresì dandosi atto – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre «spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento».

PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso di (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS).

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2023.

Depositato in cancelleria il 25 maggio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.