Legittimo il licenziamento in Cigs del lavoratore che si era sottratto al turno senza aver comunicato il periodo di vacanza alla società (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 10 maggio 2024, n. 12787).

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta  dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADRIANA DORONZO                            – Presidente –

Dott. ANTONELLA PAGETTA                         – Consigliere –

Dott. FRANCESCOPAOLO PANARIELLO      – Consigliere –

Dott. FABRIZIO AMENDOLA                          – Consigliere –

Dott. GUALTIERO MICHELINI                        – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

suI ricorso 919-2021 proposto da:

(omissis) (omissis) elettivamente domiciliato in ROMA, (omissis), presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis) che lo rappresenta e difende;

ricorrente

contro

(omissis) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente  domiciliata in Roma, (omissis) (omissis), presso lo STUDIO (omissis) (omissis) (omissis) (omissis) e SOCI, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis);

controricorrente

avverso la sentenza n. 3372/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/10/2020 R.G.N. 1009/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/03/2024 dal Consigliere Dott. GUALTIERO MICHELINI.

RILEVATO CHE

1. la Corte d’ Appello di Napoli, decidendo con sentenza 3372/2020 quale giudice di rinvio in forza dell’ordinanza n. 618/2019 di questa Corte, rigettava il reclamo proposto da (omissis) (omissis) contro (omissis) (omissis) s.r.l., della quale era stato dipendente con mansioni di pilota di elicottero, avverso il rigetto da parte del Tribunale di Salerno (con ordinanza in esito alla fase sommaria del 20.4.2015, confermata in sede di opposizione con sentenza del 30.11.2016) dell’impugnativa del licenzia mento per giustificato motivo del 15.11.2013 e di quello successive, in pendenza del periodo di preavviso, per giusta causa in data 23.12.2013, con integra la compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio;

2. come spiegato nella sentenza rescindente, con sentenza del 28.4.2017, la Corte d’Appello di Salerno aveva confermato la decisione del Tribunale della stessa sede di rigetto della domanda proposta da (omissis) (omissis) nei confronti della (omissis) (omissis) (omissis) s.r.l. in liquidazione, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità dei due licenziamenti intimatigli in successione, il primo, mentre era collocate in CIGS, per giustificato motivo oggettivo, in relazione all’esubero di personale determinatosi per la dichiarata impossibilità di reimpiego dei piloti già posti in CIGS, il secondo per giusta causa conseguente ad una contestazione disciplinare elevata per l’indisponibilità alla copertura di un turno di servizio; la decisione della Corte di Salerno discendeva dall’aver questa ritenuto la legittimità del primo licenziamento;

3. con la sentenza rescindente questa Corte:

– accoglieva ii primo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 1, legge n. 223/1991, con cui si denunciava la mancata attivazione della procedura di licenziamento collettivo prevista allorché, come nel caso di specie, il recesso consegua al collocamento in CIGS personale coinvolto, a prescindere dal requisito numerico, di cui all’art. 24, legge n. 223/1991), assorbiti gli altri, atteso che la Corte territoriale non aveva affrontato la questione relativa all’applicabilità nella specie dell’art. 4, comma 1, legge n. 223/1991 e, cosi, all’operatività dell’obbligo di ricorso alla procedura di licenziamento collettivo, pur in difetto del  requisito numerico di cui all’art. 24, legge n. 223/1991, in caso di recesso conseguente alla collocazione in CIGS del personale coinvolto, sussistente quando il soggetto destinatario del provvedimento espulsivo non sia individuabile già sulla base di precedenti manifestazioni di volontà intervenute in sede collettiva o individuale, ravvisandosi, pertanto, il denunciato vizio di omessa pronunzia (cfr. Cass. 27.11.2017, n. 28308 e Cass.  16.7.2018 n. 18797);

– specificava, in relazione all’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla società e motivata sulla base del rilievo per cui, non avendo il ricorrente impugnato la pronunzia suI licenziamento disciplinare intimatogli successivamente al primo licenziamento per giustificato motivo, su quello si sarebbe formato il giudicato interno, che detta eccezione era infondata, dovendosi ritenere che, avendo la Corte territoriale considerato assorbente rispetto al secondo licenziamento “il rilievo della sicura legittimità del primo”, la Corte medesima non si era pronunciata neppure implicitamente sui motivi di gravame relativi al licenziamento disciplinare, sicché non poteva dirsi formato al riguardo il preteso giudicato;

– cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli;

4. riassunto il giudizio dal lavoratore, con la seconda sentenza di appello la Corte di Napoli, delimitato l’ambito giudizio nei limiti delle questioni dedotte:

– ha affermato che la società, prima di irrogare il primo licenziamento, avrebbe dovuto avviare la procedura di cui alla legge citata;

– accertata l’illegittimità del primo licenziamento, ha proceduto a effettuare la valutazione del secondo provvedimento di recesso (in ordine al quale non poteva dirsi formato alcun giudicato) collegato a contestazione disciplinare per essersi il lavoratore recato, durante il periodo di sospensione per CIGS, in vacanza all’estero senza comunicarlo preventiva mente alla società, sicché quando questa l’aveva richiamato in servizio per eseguire una commessa di lavoro aereo acquisita nelle more (di trasporto di materiale con elicottero tramite gancio baricentrico), questi dapprima aveva comunicato la propria indisponibilità a rendere la prestazione nel giorno concordato, chiedendo un differimento, e poi non si era presentato in azienda neanche nella nuova data concordata, causando la perdita della commessa;

– ha ritenuto che non vi fosse prova della comunicazione, da parte del lavoratore alla società, della sua permanenza all’estero e che, comunque, la questione dirimente, anche se i motivi del mancato rientro (ritardo nel rilascio del vista e guasto tecnico dell’aereo) potevano ritenersi credibili, riguardasse il fatto contestato di essersi recato all’estero senza darne avviso all’azienda (piuttosto che il mancato rientro), in quanto il lavoratore in CIGS non e in ferie e deve tenersi costantemente a disposizione dell’azienda per la ripresa dell’attività lavorativa;

– ha escluso il carattere ritorsivo del licenziamento, data la disponibilità dell’azienda a posticipare il servizio  richiesto;

5. avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli quale giudice del rinvio propone ricorso per cassazione il comandante (omissis) (omissis) con tre motivi; resiste la società con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si é riservato il deposito dell’ordinanza;

CONSIDERATO CHE

1. preliminarmente, va rigettata l’eccezione di decadenza dall’impugnativa, ex 1, comma 62, legge n. 92/2012, in quanto il sessantesimo giorno dalla comunicazione della sentenza era sabato, con conseguente slittamento del dies ad quem al lunedì successivo;

2. con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 7 legge n. 300/1970 e 2118 c.c., sotto il profilo della violazione del principio di immutabilità dei fatti contestati e di immodificabilità della giusta causa di licenziamento (art. 360, comma 1, 3, c.p.c.); sostiene che la contestazione riguardava uno o due giorni di assenza ingiustificata, e non la permanenza all’estero senza avviso alla società;

3. il motivo non é fondato;

4. dagli atti risulta che le due lettere a base del recesso di natura disciplinare (di contestazione, in data 8.11.2013, per l’annunciata mancata presentazione alla convocazione per l’11.11.2013, considerata assenza ingiustificata dal lavoro, e di contestazione – integrazione, in data 18.11.2013, per assenza nella data differita del 13.11.2013) sono collegate anche alla causazione, in conseguenza delie assenze ingiustificate, di serio nocumento patrimoniale all’azienda, tale da far venir meno la fiducia nella puntualità dell’adempimento della prestazione lavorativa;

5. si tratta di inadempimento rispetto all’obbligo della disponibilità, che, come ricordato dalla Corte di merito richiamando pertinente giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 18528/2011, 1329/1988), incombe sul lavoratore che si trova in CIGS e percepisce il trattamento di integrazione salariale; il godimento di tale prestazione determina l’obbligo di pronta disponibilità, sia a riprendere servizio alla chiamata dell’azienda in crisi o in ristrutturazione, sia a partecipare a corsi di formazione; in tale contesto, detto inadempimento non si identifica con la mera assenza ingiustificata, perché inserito nella procedura di integrazione salariale con aspetti pubblicistici; e specificamente la società, nella seconda lettera di contestazione (e poi nella missiva di recesso), valutato unitariamente il comportamento complessivo, ha collegato alle assenze (che, appunto, risultano espressione di mancato adempimento dell’obbligo di disponibilità incombente sul lavoratore in CIGS) anche uno specifico nocumento patrimoniale;

6. con il secondo motivo, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. per avere la sentenza impugnata automaticamente ritenuto sussistente la giusta causa di licenziamento in relazione al fatto (o antefatto) non contestato relativo al non avere il ricorrente avvertito del viaggio all’estero (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.); sostiene, in via subordinata, la limitata gravità del fatto perché, se il lavoratore é in CIGS, non sa di dover lavorare, deve essere comunque richiamato, e potrebbe non aspettarselo, ad esempio, perché non é più programmato fino a fine anno nei turni dell’unica attività cui é essenzialmente adibito;

7. il motivo é inammissibile;

8. questa Corte ha più volte chiarito che, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, con la quale viene riempita di contenuto la clausola generale dell’art. 2119 c.c.;

9. né questa Corte può sostituirsi al giudice del merito nell’attività di riempimento di concetti giuridici indeterminati, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, e tale sindacato sulla ragionevolezza non é quindi relativo alla motivazione del fatto storico, ma alla sussunzione dell’ipotesi specifica nella norma generale, quale sua concretizzazione;

10. l’attività di integrazione del precetto normativo di cui all’art. 2119 c.c. (norma c.d. elastica), compiuta dal giudice di merito non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale, ed in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standard, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale (cfr. Cass. n.13534/2019, e giurisprudenza ivi richiamata; cfr. anche Cass. n. 985/2017, n. 88/2023, n. 26043/2023; v. anche, Cass. n. 14063/2019, n. 16784/2020, n. 17321/2020);

11. atteso che la giusta causa di licenziamento e la proporzionalità della sanzione disciplinare sono nozioni che la legge, allo scopo di adeguare le norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura con disposizioni, ascrivibili alla tipologia delle clausole generali, di limitato contenuto e delineanti un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama, tali specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione e deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici; pertanto, la contestazione del giudizio valutativo operato dal giudice di merito non si deve limitare, per essere ammissibile in sede di legittimità, ad una censura meramente contrappositiva (cfr. Cass.  25977/2020, n. 30866/2023);

12. non é, perciò, rivisitabile in questa sede in fatto la valutazione operata nel merito circa la gravità e proporzionalità dei fatti contestati e della sanzione, a fronte di motivazione, del tutto adeguata e logica, che ha tenuto conto degli elementi oggettivi e soggettivi del caso concreto, compiendo la valutazione spettante alla fase rescissoria e traendone le conseguenze di legge;

13. con il terzo motivo di ricorso per cassazione la sentenza gravata viene censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 2118 c.c., in relazione sia al fatto contestato (assenza ingiustificata) che al fatto non contestato (mancato avviso alla società del viaggio all’estero preso in considerazione dalla sentenza impugnata (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.); si sostiene che il datore aveva l’onere di provare che fosse necessario eseguire quel lavoro proprio in data 11 novembre 2013; che quello stesso lavoro fosse stato poi effettivamente spostato al 13 novembre; che fosse il ricorrente l’unico pilota che potesse eseguirlo e non potessero eseguirlo piloti non in CIGS, e che (omissis) avesse perso il cliente proprio a causa dell’assenza del ricorrente ed avesse subito per ciò un grave nocumento patrimoniale;

14. il motivo é, come il precedente e per analoghe ragioni inammissibile;

15. nuovamente con esso si chiede la rivalutazione della proporzionalità e gravità in fatto, che la Corte di Napoli ha apprezzato in base alle prove raccolte, la cui rilevanza e valutazione spetta, appunto, al merito;

16. segnatamente, non é integrata la violazione deIl’art. 2697 c.c., in quanto deducibile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne sia onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece, come in questo caso, laddove oggetto di censura risulti la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107/2013, n. 13395/2018, n. 18092/2020);

17. infatti, spettano al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove a base della decisione, l’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l’assegnazione di prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni, non essendo ammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mirato, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. S.U. n. 34476/2019; v. anche Cass. n. 15568/2020 e giurisprudenza ivi richiamata, Cass. n. 20814/2018, n. 20553/20 21);

18. in conclusione, la sentenza gravata resiste alle censure contenute nel ricorso, che deve complessivamente essere respinto;

19. le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla rifusione delie spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per ii versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 6 marzo 2024

Il Presidente

dott.ssa Adriana Doronzo

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.