Lesioni volontarie: la ricorrente contesta la mancata motivazione del primo Giudice. Irrilevante, il giudice di appello può integrarle (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 10 maggio 2022, n. 18445).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MICCOLI Grazia Rosa Anna – Presidente –

Dott. PISTORELLI Luca – Rel. Consigliere –

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere –

Dott. SESSA Renata – Consigliere –

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Valeria, nata a Tolentino, il 14/12/19xx;

avverso la sentenza del 17/12/2020 della Corte d’appello di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Lucia Odello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

lette le conclusioni dell’avv. Sandro (OMISSIS) per la parte civile, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso o in subordine per il suo rigetto.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Ancona ha confermato la condanna di (OMISSIS) Valeria per il reato di lesioni volontarie, previa esclusione dell’aggravante di cui all’art. 583 comma 1 n. 1) c.p. precedentemente ritenuta ed a seguito di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ad oggetto una perizia sulla durata della malattia cagionata dalle lesioni.

2. Avverso la sentenza ricorre l’imputata articolando undici motivi.

2.1 Con i primi due reitera, sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, l’eccezione di nullità del decreto che dispone il giudizio per la mancata riemissione dell’avviso di conclusione delle indagini a seguito della dichiarazione di incompetenza per materia del giudice di pace originariamente adito e dell’esercizio dell’azione penale per il reato di lesioni gravi, nonché deduce il difetto di confutazione da parte del giudice dell’appello di quella relativa all’omessa considerazione della memoria difensiva depositata nel giudizio di primo grado a sostegno della menzionata eccezione.

2.2 Con i motivi dal terzo al quinto e con il settimo la ricorrente deduce vizi di motivazione, lamentando l’omessa confutazione da parte della Corte territoriale delle specifiche censure proposte con i motivi d’appello in merito alla valutazione delle dichiarazioni rese dall’imputata e dai testimoni a discarico, all’accertamento del nesso di causalità tra la condotta addebitata alla stessa imputata e l’evento lesivo contestato, nonché all’inattendibilità della persona offesa e del suo racconto ed alla nullità della sentenza di primo grado per il difetto assoluto di motivazione su tali punti.

In proposito il giudice dell’appello si sarebbe indebitamente limitato a rinviare per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado, ignorando per l’appunto i lamentati vizi di quest’ultima, e soprattutto, con riguardo alla valutazione dell’attendibilità della persona offesa, avrebbe omesso di considerare gli esiti della perizia disposta nel giudizio d’appello, evocando illogicamente a riscontro del narrato della medesima le dichiarazioni dell’operante che ne ha raccolto la denuncia, il quale avrebbe riscontrato la presenza di lesioni nemmeno rilevate nei due accessi al pronto soccorso della presunta vittima.

2.3 Con il sesto motivo vengono denunziati analoghi vizi in merito al denegato riconoscimento dell’esimente della legittima difesa ed alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

Ed ancora gli stessi vizi vengono rilevati cori l’ottavo motivo con riguardo al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., nonché con il nono ed undicesimo motivo in merito alla commisurazione del trattamento sanzionatorio, al denegato riconoscimento delle attenuanti generiche e del beneficio della non menzione ed alla determinazione del danno al cui risarcimento l’imputata è stata condannata.

Con il decimo motivo vengono infine dedotti erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in merito alla mancata rimodulazione della pena a seguito dell’avvenuto riconoscimento nel giudizio d’appello delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.

Conseguentemente deve rilevarsi come nel frattempo il reato si è estinto per prescrizione, il cui termine, in difetto di sospensioni del suo decorso, si è irrimediabilmente compiuto al più tardi il 20 novembre 2020.

Non di meno, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., è compito della Corte esaminare compiutamente i motivi di ricorso non strettamente inerenti il trattamento sanzionatorio in ragione dell’avvenuta impugnazione anche delle statuizioni civili della sentenza d’appello.

2. Ciò premesso, i primi due motivi di ricorso sono, invero, manifestamente infondati.

2.1 Per il costante insegnamento di questa Corte, infatti, la trasmissione degli atti al pubblico ministero, conseguente ad una decisione del giudice che dichiari la propria incompetenza, impone la rinnovazione della notifica all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, anche ove ritualmente effettuata in precedenza, solo quando siano svolte ulteriori indagini o vengano contestati altri reati o circostanze aggravanti diverse e non, invece, nell’ipotesi in cui il pubblico ministero si limiti ad attribuire al medesimo fatto una qualificazione giuridica diversa (ex multis Sez. 5, n. 10288 del 05/11/2018, dep. 2019, El Kaisi, Rv. 275634; in senso c:onforme cfr., ad es., Sez. 3, n. 29252 del 05/05/2017, Luongo, Rv. 270434; Sez. 3, n. 43809 del 24/10/2014, Gabbana, Rv. 265117; Sez. 2, n. 16599 del 17/12/2010, dep. 2011, Lo Nigro, Rv. 250215; Sez. 3, n. 20765 del 08/04/2010, Solimine, Rv. 247609).

Facendo buon governo di questi consolidati principi, la sentenza ha dunque ritenuto che correttamente, nell’esercitare nuovamente l’azione penale dinanzi al giudice ritenuto competente, il pubblico ministero non abbia provveduto a riemettere l’avviso ex art. 415-bis c.p., posto che oggetto di imputazione era il medesimo fatto contestato dinanzi al giudice di pace, solo diversamente qualificato ai sensi anche dell’art. 583 comma 1 n. 1) c.p.

Erroneamente invece la ricorrente ha interpretato i medesimi principi, eccependo che la mera contestazione dell’inedita aggravante avrebbe di per sé comportato l’obbligo della riedizione dell’avviso di conclusione delle indagini.

Ed infatti il significato della illustrata elaborazione giurisprudenziale è quello per cui la contestazione di una aggravante non sia il frutto della mera riqualificazione giuridica del fatto originariamente descritto, ma riguardi inedite circostanze di fatto non menzionate in precedenza nell’avviso notificato all’imputato, giacché solo in quest’ultimo caso egli non è posto nella condizione di disporre del patrimonio conoscitivo necessario per esercitare le facoltà difensive conseguenti alla ricezione del menzionato avviso.

Quanto all’omessa considerazione della memoria difensiva depositata in primo grado, deve rilevarsi come questa contenesse argomenti a sostegno della quaestio iuris oggetto dell’eccezione processuale formulata.

Ed allora va rammentato che il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di doglianza (Sez. Un., n. 155/12 del 29 settembre 2011, Rossi e altri, in motivazione; Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027).

3. Manifestamente infondata è altresì la prima doglianza proposta con il quarto motivo.

Infatti la mancanza assoluta di motivazione della sentenza non rientra tra i casi, tassativamente previsti dall’art. 604 c.p.p., per i quali il giudice di appello deve dichiarare la nullità della sentenza appellata e trasmettere gli atti al giudice di primo grado, ben potendo lo stesso provvedere, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto, a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante (Sez. U, Sentenza n. 3287 del 27/11/2008, dep. 2009, R., Rv. 244118; Sez. 6, Sentenza n. 58094 del 30/11/2017, Annorico, Rv. 271735).

E’ dunque irrilevante che la Corte territoriale non abbia specificamente risposto all’eccezione proposta con il gravame di merito circa il difetto di motivazione della pronunzia di primo grado, avendo al più provveduto ritualmente ad integrarla.

Generiche sono invece le obiezioni svolte con il terzo motivo, che si limitano in maniera assertiva a confutare la valutazione della prova svolta dalla Corte, la quale l’ha giustificata con motivazione tutt’altro che carente o manifestamente illogica e con la quale la ricorrente invero non si è confrontata.

4. Colgono invece nel segno le residue doglianze proposte con il quarto motivo e quelle contenute nel sesto e settimo motivo.

La sentenza compie una valutazione dell’intrinseca e dell’estrinseca attendibilità del racconto della persona offesa, ma ha completamente omesso di considerare in proposito l’esito della perizia disposta nel giudizio d’appello e che pure la Corte ha invece recepito ai fini del ridimensionamento della gravità del fatto e dell’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 583 c.p.p.

La ridefinizione dell’entità delle lesioni era dunque evidenza che avrebbe dovuto essere considerata ai fini della valutazione dell’attendibilità di quanto denunciato dalla vittima, tanto più che non viene dato conto delle ragioni della diversa valutazione compiuta dal perito in ordine all’entità delle lesioni ed alla durata della malattia che ne è conseguita.

Non di meno la sentenza ha omesso di confrontarsi con i rilievi svolti nel gravame di merito circa le presunte aporie che caratterizzerebbero la versione della persona offesa, la effettiva rilevanza delle dichiarazioni del M.Ilo (OMISSIS) in rapporto a quanto descritto nei certificati del pronto soccorso, la sussistenza dell’elemento soggettivo e il riconoscimento dell’esimente della legittima difesa.

Conseguentemente, come accennato, agli effetti penali la sentenza deve essere annullata senza rinvio, rimanendo assorbiti i motivi relativi alla pena ed alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p.

5. Le evidenziate lacune motivazionali comportano altresì l’annullamento della sentenza anche agli effetti civili e il rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello, rimanendo in tale annullamento assorbiti i motivi relativi alle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.

Annulla altresì la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia al Giudice civile competente per valore in gradi di appello.

Così deciso il 23/3/2022.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.