L’incasso del canone di locazione da stranieri irregolari costituisce reato per il titolare dell’immobile (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 14 settembre 2023, n. 37623).

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE PENALE

Composta da

Dott. Vito Di Nicola -Presidente

Dott. Micaela Serena Curami -Consigliere

Dott. Angelo Valerio Lanna -Consigliere

Dott. Carlo Renoldi -Relatore

Dott. Vincenzo Galati -Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da

(omissis) (omissis) nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

(omissis) (omissis), nato a (omissis) (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia in data 3/10/2022;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Carlo Renoldi;

letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Stefano Tacci, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 3/10/2022, la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Padova in data 23/10/2020 con la quale (omissis) (omissis) e (omissis) (omissis) rana stati rispettivamente condannati alla pena, condizionalmente sospesa per il solo (omissis) (omissis) di un anno e cinque mesi di reclusione per (omissis) (omissis) e di un anno di reclusione per (omissis)in quanto riconosciuti colpevoli, con le attenuanti generiche e disapplicata la recidiva contestata al solo (omissis) (omissis) dei reati, unificati dal vincolo della continuazione, di cui all’art. 12, comma 5-bis, d.lgs. n. 286 del 1998, per avere ceduto in locazione, a 12 persone appartenenti a Stati non rientranti nell’Unione europea e prive di permesso di soggiorno, dei posti letto collocati in 3 distinte unità immobiliari, approfittando delle condizioni di irregolarità del soggiorno di costoro e dietro il pagamento di un canone quotidiano di 10,00 euro, da ritenersi eccessivo per le condizioni degli appartamenti e perché l’unico “ospite” con titolo di soggiorno regolare, tale (omissis) (omissis) pagava un canone di soli 4,00 euro al giorno per un posto letto del tutto analogo; fatti accertati in (omissis) in occasione dei sopralluoghi effettuati in data (omissis).

2. Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione i due imputati a mezzo del comune difensore di fiducia, avv. (omissis) (omissis) deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 12, comma 5-bis, d.lgs. n. 286 del 1998 e dell’art. 3 Cost., nonché la mancanza della motivazione.

Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b)·ed e), cod. proc. pen., che i Giudici di merito non abbiano motivato in merito all’asserita sproporzione del canone di locazione rispetto ai relativi parametri di mercato, come richiesto in un caso analogo affrontato dalla giurisprudenza di legittimità, che sarebbe stato deciso in modo opposto rispetto alla presente vicenda, in violazione dell’art. 3 Cost.

E non essendo stato dimostrato il marcato sbilanciamento dell’equilibrio delle prestazioni, non si potrebbe attribuire agli imputati condizioni contrattuali particolarmente gravose e discriminatorie.

Inoltre, difetterebbe il dolo specifico richiesto dall’art. 12, comma 5-bis, d.lgs. n. 286 del 1998, costituito dal «fine di trarre un ingiusto profitto», che si realizzerebbe allorché il titolare dell’immobile intenda sfruttare la precaria condizione del soggetto passivo per conseguire un indebito vantaggio economico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati e, pertanto, devono essere respinti.

2. Va premesso che .l’art. 12, comma 5-bis, D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, introdotto dall’art. 5, d.l. 23 maggio 2008, n. 92, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica», convertito con modificazioni nella legge 24 luglio 2008, n. 125, punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, la condotta di colui il quale, a titolo oneroso e al fine di trarre ingiusto profitto, dia alloggio ovvero ceda, anche in locazione, un immobile a una persona straniera che sia priva di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione.

La norma incriminatrice, secondo la giurisprudenza di legittimità, è finalizzata a sanzionare il mercato nero degli affitti di immobili utilizzati dai migranti irregolari al fine di contrastare, indirettamente, la permanenza illegale degli stranieri privi di un titolo di soggiorno regolare, incidendo su uno dei loro bisogni primari, ovvero la disponibilità di un luogo in cui abitare.

La fattispecie in esame si caratterizza, altresì, per la presenza del dolo specifico dell’agente, consistente nel fine di conseguire un profitto che si configuri come ingiusto ovvero, secondo la giurisprudenza di legittimità, in un vantaggio di natura economica che si inserisca in un rapporto contrattuale caratterizzato da uno squilibrio delle prestazioni in favore del titolare dell’immobile, il quale approfitti della precaria condizione dello straniero ii-regolare (Sez. 1, n. 19171 del 7/04/2009, Gattuso, Rv. 243378 – 01), costretto a subire condizioni contrattuali, comunque, gravose rispetto ai valori di mercato (Sez. 1, n. 46914 del 10/11/2009, Borgogno, Rv. 245686 – 01).

3. Nel caso di specie, la circostanza che alle persone offese, prive di regolare permesso di soggiorno, venissero imposte condizioni contrattuali più onerose rispetto quelle applicate agli stranieri “regolari” è stata desunta, in maniera niente affatto illogica, dal fatto che (omissis) unico “ospite” nelle strutture gestite dagli imputati che fosse nella disponibilità di un valido titolo di soggiorno, pagasse, per un posto letto analogo a quello assicurato agli stranieri irregolari, soltanto 4 euro al giorno, a fronte dei 10 euro che veniva richiesto alle persone offese.

Pertanto, l’assunto difensivo secondo cui la sentenza impugnata non avrebbe motivato adeguatamente in relazione alla ingiustizia del profitto appare infondato e, in ogni caso, smentito dall’ammontare del corrispettivo richiesto per l’alloggio, già messo in evidenza nella sentenza di primo grado e ribadito nel provvedimento impugnato.

Quanto, poi, al profilo del dolo specifico, anch’esso è stato correttamente rinvenuto proprio a partire dalla sproporzione tra le condizioni contrattuali assicurate all’unico ospite munito di regolare titolo di soggiorno e quelle praticate nei confronti delle persone offese; chiaro indice della volontà degli imputati di avvantaggiarsi di tale condizione e di conseguire, appunto, un profitto ingiusto in quanto frutto della strumentalizzazione della condizione cli debolezza socio­ economica dei migranti irregolari.

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere rigettati in quanto infondati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

PER QUESTI MOTIVI

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in data 14/07/2023.

Depositata in Cancelleria oggi, Roma, lì 14 settembre 2023.

SENTENZA