L’INPS non prova il compimento di un atto interruttivo del termine prescrizionale. Condannata (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 6 febbraio 2020, n. 2882).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28543-2018 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI I.N.P.S. (S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS) n. xx, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA VITA SCIPLINO;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) GERARDO, AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 492/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA MARCHESE.

RILEVATO CHE:

la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 27. 3. 2018, confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che aveva accolto l’opposizione proposta da Gerardo (OMISSIS) avverso una cartella di pagamento emessa per omissioni contributive Inps;

la Corte ha ritenuto che trovasse applicazione la prescrizione quinquennale anche successivamente alla notifica della cartella esattoriale e che, nella specie, detto termine di prescrizione fosse ampiamente decorso alla data del 21 luglio 2008, di comunicazione, con biglietto di cancelleria, di una domanda di intervento del concessionario;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, l’Inps;

sono rimasti intimati sia l’Agenzia delle Entrate Riscossione, già Equitalia Servizi Riscossione S.p.A., che Gerardo (OMISSIS).

CONSIDERATO CHE:

come unico motivo l’INPS deduce – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, commi 9 e 10, della legge n. 335 del 1995 per avere la corte di Appello omesso di considerare che, nella fattispecie, trovava applicazione (comunque) il termine decennale, trattandosi di contributi relativi al 1991 per i quali veniva emessa l’ordinanza ingiunzione del 13 gennaio 1992, notificata il 24 gennaio 1992

-2- il ricorso è inammissibile;

troverebbe applicazione nella fattispecie concreta, secondo la tesi dell’INPS, la disciplina di cui al comma 10 dell’art. 3 della legge nr. 335 del 1995 che fa salva la prescrizione decennale delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria in presenza di «atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente»;

i rilievi, tuttavia, non si confrontano in alcun modo con il decisum della Corte di Appello;

in fatto, la sentenza impugnata ha afferma che «l’Istituto non ha fornito prova del compimento di un atto interruttivo del termine prescrizionale precedente al 21 luglio 2008»;

nella decisione manca qualsiasi riferimento alla ordinanza ingiunzione del 1992 e tanto meno viene in rilievo la questione della prescrizione decennale derivante dall’applicazione del comma 10 dell’art. 3 della legge nr. 335 del 1995;

I termini di prescrizione di cui al comma 9 si applicano anche alle contribuzioni relative a periodi precedenti la data di entrata in vigore della presente legge (id est: 17.8.1995), fatta eccezione per i casi di atti interruttivi già compiuti o di procedure iniziate nel rispetto della normativa preesistente le critiche, dunque, restano prive di qualsiasi riferibilità alla decisione impugnata e come tali non sono ammissibili;

soccorre la giurisprudenza di questa Corte che, costantemente, afferma: «la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c.» (ex plurimis, Cass. nr. 6587 del 2017; 20652 del 2009; nr. 17125 del 2007);

-3- non vi è luogo a statuizioni in ordine alle spese, in assenza di attività difensiva da parte degli intimati.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23.10.2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.