L’insegnante è pubblico ufficiale: carcere per il genitore che lo minaccia per i voti del figlio (Corte di Cassazione, Sezione VII Penale, Sentenza 21 aprile 2021, n. 14958).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SETTIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente –

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Anna – Rel. Consigliere –

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Salvatore, nato a (OMISSIS) il 18/07/19xx;

avverso la sentenza del 03/07/2019 della Corte di Appello di Napoli;

dato avviso alle parti;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Anna CRISCUOLO.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I difensori di (OMISSIS) Salvatore hanno proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa in data 30.3.2015 dal Tribunale di S.M.C.V. che aveva dichiarato l’imputato colpevole del reato di cui all’art. 336 cod. pen. e, esclusa la recidiva contestata, lo aveva condannato alla pena di 6 mesi di reclusione, con i doppi benefici.

Con distinti atti di ricorso ne chiedono l’annullamento per i seguenti motivi:

1) erronea applicazione della legge e mancanza di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, da applicare nel minimo edittale, e al diniego delle attenuanti generiche, giustificato con generico riferimento alle modalità dei fatti;

2) vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità stante la contraddittorietà e insufficienza degli elementi acquisiti e la lacunosa ricostruzione del fatto, avendo l’imputato contestato il comportamento scorretto dell’insegnante verso la nipote e non verso un altro alunno, seguito da un insegnante di sostegno, senza incidere sulla determinazione del docente; nessuno dei testimoni ha saputo riferire con precisione le espressione proferite dall’imputato, comunque, espressive di disappunto e non di minaccia.

Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi, già dedotti in appello.

Disattesi con motivazione lineare e corretta, con la quale il ricorso non si confronta, nonché diretti a proporre una diversa lettura della vicenda e delle prove, compiutamente analizzate e valutate in modo conforme nei due gradi di giudizio.

Contrariamente all’assunto difensivo, i giudici di merito hanno dato atto dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e del riscontro offerto dagli altri testimoni, che avevano udito la frase minatoria riportata nell’imputazione, il cui contenuto rendeva palese ed inequivoca la finalità perseguita dal ricorrente, diretta a condizionare la valutazione dell’insegnante sul rendimento scolastico del ragazzo, figlio della convivente (p. 4).

Inammissibile è il secondo motivo a fronte della esaustiva motivazione resa in relazione al diniego delle attenuanti generiche, giustificato dal riferimento ai gravissimi precedenti penali dell’imputato, legittimamente ritenuti ostativi, e al trattamento sanzionatorio, ritenuto congruo e adeguato alla gravità del fatto, anche alla luce dell’esclusione della recidiva, in tal modo assolvendo l’obbligo di motivazione con riferimento al fatto e alla personalità dell’imputato.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di curo tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso, il 24 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.