L’ispezione e il sequestro probatorio sono ricompresi tra i mezzi di ricerca della prova.

(Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 25 ottobre 2016, n. 44928)

…, omissis …

Sentenza

sul ricorso proposto da:

1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);

2. (OMISSIS), nata a (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 03/02/2016 del Tribunale di Roma;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ACETO Aldo;

lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. I Sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per l’annullamento dell’ordinanza del 03/02/2016 del Tribunale di Roma che ha respinto l’istanza di riesame del Decreto del 03/12/2015 del Procuratore della Repubblica presso quello stesso Tribunale che, sulla ipotizzata sussistenza indiziaria del reato di cui al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, articolo 260, e dell’illecito amministrativo di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 5, articolo 25-undecies, comma 2, lettera f), aveva disposto l’ispezione del plesso industriale di (OMISSIS) della “(OMISSIS) S.r.l.” con conseguente campionamento e sequestro delle frazioni dei rifiuti in uscita dall’impianto di trattamento meccanico-biologico per analizzarne la composizione chimica con le modalita’ di cui all’articolo 360 c.p.p..

1.1. Con unico motivo eccepiscono, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b), vizio di omessa (o comunque apparente) motivazione in ordine alla lamentata natura esplorativa del decreto di ispezione, argomento glissato dal Tribunale con affermazioni che i ricorrenti lamentano essere apodittiche e supportate da richiami non pertinenti alla giurisprudenza di questa Suprema Corte.

Considerato in diritto

2. I ricorsi sono inammissibili perché’ manifestamente infondati.

3. Il Tribunale ha respinto l’istanza di riesame sul rilievo che il P.M. aveva “specificato i reati per cui si procede; gli elementi da cui deriva il “fumus delicti” (cioe’ gli esiti della consulenza su impianto analogo per caratteristiche costruttive e prestazionali gestito dal medesimo gruppo imprenditoriale che gestisce quello del plesso denominato (OMISSIS)); le finalita’ probatorie (analisi sulla composizione chimica delle frazioni dei rifiuti e campioni sequestrati ex articolo 360 c.p.p.)”.

3.1. Appare evidente che la preesistenza della “notitia criminis” al provvedimento emesso per riscontrarne la effettiva sussistenza deriva da un procedimento logico di natura transitiva secondo il quale le modalita’ (presuntivamente) illecite con cui il medesimo gruppo gestiva altro plesso industriale si estendono anche a quello oggetto di ispezione.

3.2. Cosi’ impostata la questione, le doglianze dei ricorrenti (che attengono il vizio di omessa motivazione) sono totalmente infondate avuto riguardo: a) alla incontestata riconducibilita’ del plesso ispezionato al medesimo gruppo imprenditoriale; b) alle analoghe caratteristiche costruttive e prestazionali dei due plessi; c) alla natura del reato ipotizzato dal P.M. che evoca allestimenti di mezzi e attivita’ continuative organizzate che sarebbe invece irragionevole escludere a priori nei confronti di parti o settori della medesima impresa.

3.3. Tanto premesso, va innanzitutto va ricordato che, come costantemente affermato da questa Corte con riguardo alle misure cautelari reali, il ricorso per cassazione ex articolo 325 c.p.p. e’ consentito unicamente per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, in quanto integranti il vizio di violazione di legge, e non anche per mero vizio logico della stessa (ex plurimis, sulla scia di Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv, 242916).

3.4. Nella specie, invece, nessuna motivazione apparente puo’ dirsi sussistente gia’ solo per il fatto, del tutto evidente anche agli stessi ricorrenti, che il Tribunale ha chiaramente confutato, con riferimento a fatti concreti, l’analoga censura mossa con l’istanza di riesame proprio in ordine alla lamentata adozione di un sequestro dalle finalita’ esplorative.

3.5. Inoltre, se e’ pur vero che e’ illegittima l’adozione della misura cautelare reale a fini meramente esplorativi al fine di acquisire la “notitia criminis” in ordine ad un eventuale illecito non ancora individuato nella sua qualificazione giuridica e nella sua specificita’ fattuale (Sez. 1, n. 29933 del 11/03/2004, De Marzo, Rv. 229250), e’ altrettanto innegabile che l’ispezione e il sequestro probatorio sono ricompresi tra i “mezzi di ricerca della prova” di cui al titolo 3 del libro 3, sicche’, proprio in ragione della fisiologica proiezione del mezzo in vista della acquisizione di elementi probatori, onde qualificare come “esplorativo” il mezzo, e’ necessario che lo “scandaglio” probatorio insito nel mezzo stesso abbia a riguardare “fondali fattuali” non emersi in precedenza (cosi’, molto lucidamente, in motivazione, Sez. 3, n. 24561 del 17/05/2012, Vicentini).

3.6. Cio’ che conta, dunque, e’ che l’azione investigativa del pubblico ministero si fondi su fatti che la giustifichino sul piano razionale, non potendosi impedire alla logica di plasmare su quei fatti un’ipotesi di lavoro (i.e., la notizia di reato) la cui effettiva sussistenza e consistenza puo’ essere definitivamente accertata solo attraverso atti invasivi (ispezioni, perquisizioni e sequestri) espressamente e funzionalmente destinati a darvi sostanza.

3.7. Ne consegue che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.

3.8. Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonche’ del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.500,00 ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.50,00 in favore della Cassa delle Ammende.