Litigi, offese reciproche e riappacificazioni: impossibile condannare lui per molestie (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 18 novembre 2022, n. 43871).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI Stefano – Presidente

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Rel. Consigliere

Dott. RUSSO Carmine – Consigliere

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio Augusto – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

dalla parte civile (OMISSIS) ELISABETTA nato a CAGLIARI il 21/08/19xx;

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS) EDOARDO nato a QUARTU SANT ELENA il 03/01/19xx;

avverso la sentenza del 29/09/2021 della CORTE APPELLO di CAGLIARI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. SIMONE PERELLI, intervenuto per iscritto in forza della disciplina emergenziale, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Cagliari ha assolto, perché il fatto non sussiste, Edoardo (OMISSIS) dal reato di cui all’art. 660 cod. pen. in danno di Elisabetta (OMISSIS), costituitasi parte civile.

La Corte di appello ha rilevato che il giudizio di responsabilità, pronunciato in primo grado, si è fondato sulle dichiarazioni di Elisabetta (OMISSIS) e degli altri testimoni, nonché della documentazione e trascrizione, mediante perizia, degli sms presenti sul telefono cellulare dell’imputato e sulle sue dichiarazioni spontanee.

I rapporti conflittuali tra imputato e parte civile scaturirono dalla interruzione di un rapporto sentimentale, che non fu proprio definitiva. Dopo una apparente rottura della relazione, i due avevano continuato ad avere frequentazioni, anche intime.

La Corte ha quindi rilevato che i comportamenti offensivi di varia intensità, contestati all’imputato, erano frutto di forme reattive per gli speculari atteggiamenti ingiuriosi e latamente aggressivi della parte civile.

I due avevano frequenti litigi che sfociavano in pesanti offese reciproche con conseguenti periodi di allontanamento, che erano posi seguiti da riconciliazioni. Sull’evidenza delle reciprocità delle molestie, senza possibilità di stabilire chi dei due avesse svolto il ruolo iniziale, la Corte ha concluso per l’insussistenza del fatto.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso, agli effetti civili, il difensore della parte civile Elisabetta (OMISSIS), che ha articolato più motivi.

2.1. Con il primo motivo ha dedotto difetto di motivazione per carenza di motivazione rafforzata a fronte della condanna irrogata in primo grado.

Il giudice di appello non si è confrontato con tutti gli elementi illustrati dal primo giudice, e che avevano condotto alla condanna, trascurando le risultanze certe in ordine ai continui appostamenti sotto l’abitazione o davanti al luogo di lavoro della parte civile e agli inseguimenti.

2.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge per la parte in cui ha fondato l’assoluzione sulla reciprocità delle offese, perché la reciprocità delle offese non è dalla legge considerata quale causa di non punibilità del reato di cui all’art. 660 cod. pen.

3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso non merita accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.

2. La Corte di appello ha preso in esame le risultanze dell’attività istruttoria e ha tenuto conto dell’ampia motivazione della sentenza di primo grado, rilevando come tra l’imputato e la parte civile vi fossero rapporti sentimentali burrascosi, segnati da reciproche aggressioni ed offese, maturate da sentimenti di gelosia nutriti da entrambi.

Ha quindi logicamente concluso che le molestie mediante offese verbali furono poste in essere reciprocamente e che è impossibile individuare in uno dei due attori di questa turbolenta relazione la responsabilità per l’iniziale comportamento aggressivo.

In tale contesto, l’esistenza di comportamenti dell’imputato di appostamento sotto l’abitazione della parte civile o di inseguimento della stessa non incide sulla correttezza dell’inquadramento dei fatti all’interno di una reciprocità di atteggiamenti aggressivi e molesti.

3. Alla luce di questa ricostruzione delle vicende, confermativa di quanto accertato nell’istruttoria di primo grado, la conclusione tratta dalla Corte di appello non merita le invocate censure, perché si risolve nell’applicazione del principio di diritto, fissato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone previsto dall’art. 660 cod. pen. allorché vi sia reciprocità o ritorsione delle molestie, in quanto in tal caso non ricorre la condotta tipica descritta dalla norma, e cioè la sua connotazione per petulanza o altro biasimevole motivo, cui è subordinata l’illiceità penale del fatto” – Sez. 1, n. 23262 del 23/02/2016, Rv. 267221; v., in precedenza, Sez. 1, n. 26303 del 06/05/2004, Rv. 228207 -.

4. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte civile ricorrente, Elisabetta (OMISSIS), al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna (OMISSIS) Elisabetta, parte civile ricorrente, al pagamento delle spese processuali.

Così deciso, l’11/10/2022.

Depositato in Cancelleria, Roma addì 18 novembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.