Lo Stato deve punire chi non applica le misure di sicurezza sul lavoro, causando incidenti anche fatali.

(Cedu Sez.IV, caso MIRCEA POP C. ROMANIA, sentenza 19 luglio 2016, RIC.43885/13)

Suo figlio morì folgorato perché, come accertato, dalla Corti interne commise un errore in quanto non gli era stato fornito un equipaggiamento di sicurezza adeguato né era stato debitamente formato.

Ascrivendo la responsabilità alla negligenza del giovane, negarono ogni risarcimento ed anche i processi penali contro il datore ed il capo cantiere si conclusero con assoluzioni piene o semplici contravvenzioni.

La CEDU preliminarmente rileva come il Dossiers del Comitato europeo dei diritti sociali abbia stigmatizzato il comportamento di questo Stato per l’alto tasso d’infortuni e di morti sul lavoro per l’assenza di adozioni di misure a tutela della sicurezza e di adeguate sanzioni contro i datori.

Ciò viola gli artt. 3 della Carta sociale europea (lo statuto dei lavoratori dell’UE) del 1999 e 7 del Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali del 1974.

Lo Stato ha doveri di cura e protezione: doveva investigare accuratamente per acclarare le circostanze in cui è avvenuto l’incidente mortale, reperire le prove, trovare e punire i colpevoli: le Corti hanno permesso la prescrizione dei reati sulla sicurezza sul lavoro.

Questa sua negligenza nel vigilare sulla attuazione di queste misure e sul corretto svolgimento dell’inchiesta penale, nei termini esplicati, ha comportato la violazione dell’art. 2 Cedu sotto il profilo procedurale (Cucu c. Romania del 17/5/11), ne dell’atto di nascita in patria.

I ricorsi sono stati riuniti: i ricorrenti ebbero rispettivamente un figlio e due gemelli in India, ma tutti i ricorsi ed i tentativi presso l’ambasciata di ottenere in patria la trascrizione dell’atto di nascita ed il riconoscimento del legame familiare con i piccoli furono vani.

Infatti le autorità francesi sospettavano che fossero ricorsi all’utero in affitto, espressamente vietato dalle leggi francesi.