Lo Stato sopprime le Caserme; i trasferimenti dei militari vanno pagati (Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza 24 giugno 2020, n. 4029).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Vito Poli, Presidente

Dott. Luca Lamberti, Consigliere, Estensore

Dott. Nicola D’Angelo, Consigliere

Dott. Roberto Caponigro, Consigliere

Dott. Michele Conforti, Consigliere

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.

sul ricorso numero di registro generale 2713 del 2020, proposto dal Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Rocco Salvatore D’Addetta, Pietro De Candia, Giuseppe Gentile, Antonio Gioia, Michele Rocco Milillo, Paolo Piccinno, Marco Polito, Annalisa Ronga ed Elisabetta Scavo, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Enrico Antonio Cleopazzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, sezione I, n. 383 del 17 settembre 2019, resa tra le parti, concernente l’accertamento della spettanza dell’indennità di trasferimento.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori Rocco Salvatore D’Addetta, Pietro De Candia, Giuseppe Gentile, Antonio Gioia, Michele Rocco Milillo, Paolo Piccinno, Marco Polito, Annalisa Ronga ed Elisabetta Scavo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2020 – svoltasi in video-conferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020, convertito con l. n. 27 del 2020 – il consigliere Luca Lamberti;

1. Con ricorso avanti il T.a.r. per il Friuli – Venezia Giulia gli odierni appellati, militari dell’Esercito Italiano in s.p.e., hanno chiesto:

– l’accertamento del proprio diritto alla percezione dell’indennità di trasferimento ex lege n. 86 del 2001;

– la conseguente condanna dell’Amministrazione all’integrale corresponsione di quanto dovuto a tale titolo;

– l’annullamento dei provvedimenti, da ultimo emanati dall’Amministrazione, tesi al recupero delle somme loro frattanto erogate.

1.1. I ricorrenti hanno rappresentato in fatto che:

– nel corso del 2013, allorché svolgevano il proprio servizio presso il Battaglione logistico “Ariete” di Maniago, erano stati invitati ad indicare, in funzione dell’imminente soppressione del Reparto, la sede di proprio gradimento in vista di un prossimo trasferimento;

– il movimento aveva poi avuto luogo con decorrenza marzo 2014;

– l’Amministrazione aveva dapprima, con provvedimenti del novembre – dicembre 2018, qualificato il trasferimento come “d’autorità”, con conseguente riconoscimento della spettanza dell’indennità prevista dalla l. n. 86 del 2001;

– con successivi provvedimenti dell’aprile – giugno 2019, tuttavia, l’Amministrazione, in considerazione del fatto che il Battaglione logistico “non è stato interessato da alcun provvedimento di revisione dello strumento militare”, aveva riqualificato il movimento come “a domanda”, disponendo pertanto di procedere al recupero delle indennità frattanto liquidate agli interessati.

1.2. Con la sentenza in epigrafe indicata il T.a.r. ha accolto il ricorso, sostenendo che “il trasferimento di tutti i ricorrenti è avvenuto esclusivamente in ragione della soppressione del reparto di appartenenza, prefigurata dall’Amministrazione, ossia in funzione di preminenti esigenze organizzative generali, rispetto alle quali la richiesta degli interessati non ha esercitato alcuna interferenza causale, configurandosi, a ben vedere, come mera manifestazione (non vincolante) del gradimento per una delle possibili sedi, presso le quali avrebbe potuto essere autoritativamente disposta la prevista riassegnazione. In secondo luogo, la circostanza che l’Amministrazione abbia in seguito ritenuto di mantenere in essere la sede di servizio non incide, tuttavia, sulla natura autoritativa del trasferimento disposto nei confronti dei ricorrenti, la cui originaria qualificazione non può essere infatti intaccata (se non in violazione di un immanente canone di certezza delle posizioni giuridiche) dalle successive vicende che, anche a distanza di anni, abbiano interessato le determinazioni organizzative della Forza Armata”.

2. L’Amministrazione ha interposto appello, sostenendo che difetterebbero in radice i presupposti per il riconoscimento dell’indennità, alla luce della mancata soppressione del Reparto, con conseguente necessità di qualificare il movimento come “a domanda”.

2.1. Si sono costituiti in resistenza gli originari ricorrenti.

2.2. Alla camera di consiglio del 28 maggio 2020, fissata per delibare l’istanza cautelare svolta dall’Amministrazione, il Collegio, riscontrando “la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria” ex articoli 38 e 60 c.p.a. ed “omesso ogni avviso” ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. n. 18 del 2020, convertito con l. n. 27 del 2020, ha ritenuto di definire l’affare con sentenza in forma semplificata.

3. Il ricorso in appello dell’Amministrazione non è fondato.

4. Il Collegio premette, in linea generale, che l’indennità ex lege n. 86 del 2001 compete, fra gli altri, al personale in s.p.e. delle Forze Armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco trasferito “d’autorità” ad altra sede di servizio sita in un Comune diverso da quello di provenienza.

4.1. Per movimento d’autorità deve intendersi quello disposto per perseguire, in via prioritaria, interessi dell’Amministrazione, non per soddisfare esigenze personali e familiari dell’interessato (Cons. Stato, Sez. IV, 2 ottobre 2019, n. 6588).

4.2. La giurisprudenza, peraltro, ha precisato che la natura autoritativa del movimento (e la conseguente spettanza dell’indennità) non viene meno allorché l’Amministrazione, in vista di una programmata rimodulazione riduttiva della propria organizzazione territoriale, abbia invitato il militare ad esprimere il proprio gradimento per un’altra sede (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 29 gennaio 2016, n. 1).

4.3. In tal caso, infatti, “assume un valore decisivo la circostanza che il mutamento di sede origina da una scelta esclusiva dell’amministrazione militare che, per la miglior cura dell’interesse pubblico, decide di sopprimere un reparto (o una sua articolazione) obbligando inderogabilmente i militari di stanza a trasferirsi presso la nuova sede, ubicata in un altro luogo, onde prestare il proprio servizio” (così la citata Cons. Stato, Ad. Plen., 29 gennaio 2016, n. 1).

4.4. Ove, tuttavia, la soppressione (o ridislocazione) del reparto di provenienza sia stata disposta in data successiva al 1 gennaio 2013 (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 1 marzo 2017, n. 942), l’indennità non compete, ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, l. n. 86 del 2001, allorché il personale sia stato trasferito presso una sede ubicata in un Comune limitrofo, anche se distante oltre dieci chilometri da quello di provenienza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17 luglio 2018, n. 4355).

4.5. In tali specifici casi, in sostanza, l’indennità compete solo in caso di trasferimento d’autorità presso enti ubicati in Comuni non confinanti con quello ove è allocata la sede originaria e, comunque, distanti fra loro (prendendo a riferimento le rispettive case comunali) oltre dieci chilometri.

4.6. Il diritto alla percezione dell’indennità – aggiunge per completezza il Collegio – è rinunciabile (Cons. Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2019, n. 8332), si prescrive in cinque anni (Cons. Stato, Sez. IV, 4 marzo 2019, n. 1470) e prescinde dall’effettivo trasferimento fisico della residenza da parte dell’interessato (Cons. Stato, Sez. IV, 2 ottobre 2019, n. 6588).

5. Ciò osservato in linea generale, il Collegio rileva che, nella specie, il movimento de quo fua suo tempo, determinato da un’iniziativa unilaterale dell’Amministrazione, che, nell’ambito di una più ampia rimodulazione della distribuzione dello strumento militare sul territorio nazionale, intendeva sopprimere il Battaglione logistico “Ariete”.

5.1. Del resto, il gradimento al trasferimento espresso dagli odierni appellati nel luglio del 2013 fu manifestato su un apposito modulo fornito dall’Amministrazione, denominato “istanza di trasferimento a seguito dell’adozione di provvedimenti ordinativi relativi ad Enti della Forza Armata”, nel corpo del quale era fatto espresso riferimento ai “criteri adottati per il reimpiego del personale in servizio presso Enti interessati a provvedimenti ordinativi di soppressione/ridislocazione/riconfigurazione”.

5.2. Non vale osservare, in senso contrario, che nel modulo il trasferimento era definito “a domanda”: in disparte il fatto che la qualificazione giuridica effettuata dall’Amministrazione non vincola il Giudice, il discrimine fra le ipotesi di trasferimento d’autorità e quelle di trasferimento a domanda riposa sulle ragioni sottese al movimento.

5.3. Più in particolare, il trasferimento conseguente, nell’an, a scelte amministrative assunte a monte – per quanto qui di interesse, quello indotto dalla prevista soppressione del reparto di appartenenza del militare – palesa intrinseci, originari e costitutivi connotati autoritativi, in quanto finalisticamente volto, in via diretta e prioritaria, a perseguire gli interessi dell’Amministrazione, non quelli del singolo militare.

6. Vi sono dunque, in tali casi, tutti gli estremi per ritenere spettante l’indennità contemplata dalla l. n. 86 del 2001.

6.1. Per vero, l’invito nella specie rivolto dall’Amministrazione agli odierni appellati ad indicare una sede gradita, lungi dal costituire la ragione del movimento, è stato, viceversa, il mero effetto dell’intendimento amministrativo di sopprimere l’Ente di assegnazione: la causa del trasferimento, pertanto, ha origine e natura pubblicistica ed autoritativa.

6.2. Non rileva, poi, il fatto che l’Ente non sia stato soppresso: il carattere giuridico del movimento si valuta al momento (e nelle condizioni) in cui lo stesso è disposto, mentre sono irrilevanti le successive scelte amministrative circa i tempi ed i modi, nonché circa la stessa perdurante opportunità, dell’effettiva soppressione del Reparto.

6.3. Il Collegio, peraltro, rileva che l’Amministrazione non ha mai sostenuto, nel corso del presente giudizio, che le sedi ad quem fossero ubicate in Comuni limitrofi a quello in cui ha sede il reparto di provenienza.

7. Per le esposte ragioni, pertanto, il ricorso in appello deve essere respinto, con integrale conferma della sentenza appellata.

8. La complessità e novità delle questioni giuridiche sottese alla presente causa giustifica, tuttavia, la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 2713 del 2020, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2020 – svoltasi da remoto in audio-conferenza ex art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020, convertito con l. n. 27 del 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020.

SENTENZA