L’obbligo di dichiarazione alla Questura delle generalità delle persone alloggiate nelle strutture turistiche (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 1 marzo 2022, n. 7128).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere

Dott. REYNAUD Gianni Filippo – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto dal

Procuratore generale della Corte d’appello di Venezia

nel procedimento penale nei confronti di:

(OMISSIS) Natalizia, nata a Bisceglie il 03/11/19xx;

avverso la sentenza dell’11/08/2021 del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Venezia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Emanuela Gai;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Nicola Lettieri, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia ha dichiarato non doversi procedere, ex artt. 129 e 459 cod. proc. pen., nei confronti di (OMISSIS) Natalizia imputata, come da richiesta di emissione del decreto penale di condanna, del reato di cui all’articolo 109 TULPS, per non avere comunicato all’autorità di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate nella propria struttura ricettiva, denominata Ca’ (OMISSIS), sita in Venezia (OMISSIS) 2981/A, il 22/02/2020, in quanto priva delle credenziali di accesso al portale telematico, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Il giudice, investito della richiesta di decreto penale formulata dal Pubblico ministero, ha ritenuto che il fatto contestato all’imputata non fosse previsto dalla legge come reato, alla luce dell’intervenuta abrogazione, ad opera della legge n. 79 del 2011, della legge n. 135 del 2011 che aveva reintrodotto la disposizione incriminatrice.

2. Ricorre il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Venezia che denuncia la violazione di legge.

Secondo il ricorrente il Giudice avrebbe erroneamente ritenuto che il fatto non sarebbe più previsto dalla legge come reato in quanto sarebbe vigente unicamente il comma 3 dell’art. 109 TULPS con conseguente irrilevanza penale del fatto stante l’assenza di indicazione normativa dei soggetti destinatari dell’obbligo di comunicazione, per effetto dell’abrogazione del comma 1 dell’art. 109 TULPS, come modificato dalla legge n. 135 del 2001, ad opera della legge 79 del 2011.

Tuttavia, l’abrogazione della legge n. 135 del 2001, ad opera dell’art. 3 lett. l del d.Lvo 79 del 2011, non potrebbe influire sulle modificazioni apportate dalla medesima legge all’art. 109 TULPS che deve ritenersi tuttora vigente nella formulazione introdotta dalla legge n. 135 del 2001, con la conseguente rilevanza penale del fatto contestato all’imputata quale soggetto al quale attribuire la condotta di cui al comma 1 del citato articolo, condotta sanzionata ai sensi dell’articolo 17 del medesimo Testo Unico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.

2. Sulla questione della sanzione applicabile per la violazione delle disposizioni di cui all’art. 109 TULPS, gli interventi normativi, che si sono succeduti, hanno determinato non poche incertezze applicative.

Occorre, dunque, partire da un riepilogo degli stessi per come si sono succeduti nel tempo. Il testo originario dell’art. 109 del TULPS recitava:

“Art. 109. – Gli albergatori, i locandieri, coloro che gestiscono pensioni o case di salute o altrimenti danno alloggio per mercede non possono dare alloggio a persone non munite della carta d’identità o di altro documento idoneo ad attestarne la identità proveniente dall’amministrazione dello Stato.

Per gli stranieri è sufficiente la esibizione del passaporto o di altro documento che sia considerato ad esso equivalente in forza di accordi internazionali, purché’ munito della fotografia del titolare.

Gli albergatori e gli altri esercenti predetti devono tenere un registro, nel quale sono indicati le generalità e il luogo di provenienza delle persone alloggiate, e devono comunicare giornalmente all’autorità locale di pubblica sicurezza l’arrivo, la partenza e il luogo di destinazione di tali persone.

Nel caso di trasgressione può essere revocata la licenza, salve le pene stabilite dal Codice penale.”.

L’art. 4 d.lgs. n. 480 del 1994 aveva modificato il quarto comma dell’art. 109 TULPS, prevedendo la sanzione penale specifica differenziata tra persona alloggiata italiana o straniera (“Chiunque viola le disposizioni del presente articolo é punito con l’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda sino a lire seicentomila. Se la persona alloggiata é uno straniero od un apolide, la pena é dell’arresto sino a sei mesi cui può essere aggiunta l’ammenda sino a lire un milioneduecentomila. Salve le pene stabilite nel comma quarto, in caso di trasgressione la licenza può essere revocata”).

Con l’intervenuto del d.l. n. 97 del 1995, conv. legge 203 del 1995 (riordino della materia del turismo, spettacolo e sport) si disponeva la modifica dell’art. 109 commi 1, 3 e 4, TULPS, quest’ultimo comma ancora modificato con la previsione di un’unica sanzione amministrativa, con conseguente depenalizzazione.

Successivamente è intervenuta la legge n. 135 del 2001, legislazione nazionale del turismo, che ha riscritto per intero l’art. 109 TULPS, ma non ha previsto alcuna sanzione, né penale né amministrativa, determinando in tal modo l’applicazione della sanzione penale ai sensi dell’art. 17 TULPS.

Così si è già pronunciata questa Corte di legittimità affermando che l’obbligo per i gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricreative di comunicare all’autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate, entro le ventiquattro ore successive al loro arrivo, è sanzionata penalmente dalla disposizione sussidiaria di cui all’art. 17 del TULPS, avendo la legge n. 135 del 2001 riformulato la norma eliminando la sanzione amministrativa che era stata introdotta con la depenalizzazione del d.l. n. 97 del 1995 (Sez. 3, n. 37145 del 07/07/2005, Parati, Rv. 232474; Sez. 1, n. 42565 del 06/11/2008, Montoro, Rv.241720; Sez. 1, n. 35573 del 17/11/2020, P.M. in proc. Bellemo, Rv. 280057 – 01).

Con il d.lgs. n. 79 del 2011 (codice statale in tema di ordinamento e mercato del turismo) è stata espressamente abrogata la legge n. 135 del 2001. Il successivo d.l. n. 201 del 2011, conv. nella legge n. 214 del 2011 (cd: decreto semplificazione del governo Monti) all’art. 40, comma 1, ha previsto una semplificazione degli adempimenti per la registrazione dei clienti nelle strutture ricettizie dell’art. 109 TULPS.

Con l’art. 19 bis del d.l. 113 del 2018, conv. con la legge n. 132 del 2018, legge di interpretazione autentica si è disposto che “1. L’articolo 109 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, si interpreta nel senso che gli obblighi in esso previsti si applicano anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni”. Infine, l’art. 109 comma 3 del TULPS ha subito ulteriore modificazione con l’art. 5 comma 1 del d.l. n. 53 del 2019, conv. con la legge n. 77 del 2019.

3. Sotto un primo profilo deve escludersi che dall’abrogazione espressa della legge n. 153 del 2001, possa derivarne la riviviscenza del testo introdotto con d.l. n. 97 del 1995 che prevedeva la sanzione amministrativa.

Dunque, non può ritenersi che il fatto sia – ora – sanzionato con la sanzione amministrativa per effetto della riviviscenza della predetta disposizione a seguito dell’abrogazione espressa della legge successiva che aveva ri-penalizzato il fatto.

Del resto, neppure il Giudice, con l’impugnata sentenza, lo sostiene.

La conclusione assunta dal Giudice è più radicale.

Secondo il Giudice l’abrogazione espressa della legge n. 135 del 2001, ad opera della legge n. 79 del 2011, tenuto conto della modifica della legge n. 214 del 2011, art. 40, all’art. 109 comma 3 TULPS, unica disposizione di legge che sarebbe rimasta in vigore, in assenza del comma 1, al quale si deve fare riferimento per i soggetti obbligati, rende inapplicabile la sanzione penale, con conseguente proscioglimento dell’imputata (senza disporre la trasmissione degli atti all’autorità amministrativa).

4. Tale conclusione è errata.

Ritiene, il Collegio, come già affermato da Sez. 1 n. 35573/2020, che, a tutt’oggi, la condotta di omessa comunicazione delle generalità dei soggetti alloggiati sia prevista dalla legge come reato, secondo la formulazione del vigente art. 109, terzo comma, TULPS, che impone che entro le ventiquattro ore successive all’arrivo vengano comunicate alle questure le generalità delle persone alloggiate avvalendosi di mezzi informatici e telematici o mediante fax e che la condotta di omessa comunicazione è sanzionata dall’art. 17 del medesimo decreto.

Sotto un primo profilo l’abrogazione espressa della legge n. 135 del 2001, che aveva nuovamente introdotto la sanzione penale per l’omessa comunicazione prevista ai sensi dell’art. 109 TULPS, non ha dispiegato effetti sul già modificato art. 109 TULPS. L’effetto abrogativo della legge n. 135 del 2001 non ha inciso sul già modificato l’art. 109 TULPS.

Vale a dire: l’art. 109 TULPS, come risultante dalla modificazione ad opera della legge n. 135 del 2001 (che ha riscritto per intero l’art. 109 TULPS) è rimasto in vigore nella sua formulazione senza essere toccato dal successivo effetto abrogativo ad opera della legge n. 79 del 2011 della legge n. 135 del 2001.

Da cui la conclusione che l’art. 109 TULPS come ridisegnato, nei suoi commi, ad opera della legge n. 135 del 2001, è tutt’ora in vigore.

Ciò trova conferma nel fatto che il successivo d.l. n. 201 del 2011, conv. nella legge n. 214 del 2011 (decreto semplificazione del governo Monti), che all’art. 40, comma 1, prevede la semplificazione degli adempimenti per la registrazione dei clienti nelle strutture ricettizie dell’art. 109 TULPS e modifica il solo comma 3, fa riferimento al testo di detto articolo formulato dalla legge n. 135 del 2001, e, dunque, lo considera vigente anche dopo l’intervenuta abrogazione della legge del 2001.

A conforto di tale interpretazione vi è la legge di interpretazione autentica del 2018 che, parimenti, dimostra che, per il legislatore, la disposizione è in vigore.

L’art. 19-bis, comma 1, DL n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla I. n. 132 del 2018, ha disposto che l’art. 109 TULPS «si interpreta nel senso che gli obblighi in esso previsti si applicano anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili o parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni», così ulteriormente confermando la vigenza della disposizione e del conseguente apparato sanzionatorio penale.

Infine, sovviene il principio ermeneutico secondo cui una legge deve essere interpretata nel senso che le sue disposizioni possano avere una qualche applicazione e, dunque, la conclusione dell’attuale vigenza dell’art. 109 TULPS trova conferma, in via interpretativa, proprio nella modifica del comma 3 dell’art. 109 TULPS ad opera della legge del 2011 con la quale il legislatore, modificando solamente il comma 3, ha ritenuto in vigore tutti i commi dell’art. 109 TULPS tra cui quelli che individuano gli obblighi, i soggetti obbligati e la sanzione e nel successivo art. 19 bis di interpretazione autentica.

Alla ricorrente era contestata la condotta di non avere comunicato all’autorità di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate nella propria struttura ricettiva, denominata Ca’ (OMISSIS), sita in Venezia (OMISSIS) 2981/A, il 22/02/2020, fatto che conserva penale rilevanza.

La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia perché, nella libertà delle proprie valutazioni di merito, faccia applicazione del seguente principio di diritto:

«costituisce reato, a norma del combinato disposto degli artt. 17 e 109, R.D. 18 giugno 1931 n. 773 e successive modifiche, la condotta di omessa comunicazione all’autorità di P.S. delle generalità dei clienti da parte del preposto alla conduzione di un albergo».

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Venezia.

Così deciso il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il giorno 1° marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.