L’offesa rivolta a più Carabinieri non è oltraggio a pubblico ufficiale (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 11 febbraio 2020, n. 5461).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIDELBO Giorgio – Presidente

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. MOGINI Stefano – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Rel. Consigliere

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Giuseppe, nato il xx/xx/xxxx a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 13/03/2019 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Massimo Ricciarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Marco Dall’Olio, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19/3/2019 la Corte di appello di Torino in parziale riforma di quella del Tribunale di Cuneo in data 24/10/2013, ha assolto (OMISSIS) Giuseppe dal contestato delitto di oltraggio in danno del M.Ilo Mxxxxxx, confermandone tuttavia la condanna per il medesimo reato in danno di altri operanti e rideterminando la pena con conferma in parte qua anche delle statuizioni civili.

2. Ha presentato ricorso lo (OMISSIS) tramite il suo difensore.

Con i due motivi deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla configurabilità degli elementi costitutivi del delitto di oltraggio, per mancanza della presenza di più persone, che la Corte aveva individuato in quella degli altri militari, che a mano a mano erano stati raggiunti dalle espressioni oltraggiose del ricorrente, espressioni che in realtà avrebbero dovuto ritenersi proferite in unità di contesto, non potendosi dunque ritenere l’estraneità di ciascun militare alle offese rivolte ai colleghi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Deve premettersi che la fattispecie di cui all’art. 341-bis cod. pen. richiede che la condotta sia tenuta in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, in modo che le offese possano essere udite da queste ultime, giacché tale aspetto di per sé costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la prestazione del pubblico ufficiale, disturbandolo mentre compie un atto dell’ufficio e facendogli avvertire condizioni avverse, ulteriori rispetto a quelle ordinarie (sul punto in termini Cass. Sez. 6, n. 19010 del 28/3/2017, Trombetta, rv. 269828).

Ben si comprende in tale quadro che le persone presenti, almeno due (Cass. Sez. 6, n. 16527 del 30/1/2017, Ciotti, rv. 270581), devono essere diverse da quelle destinatarie della condotta oltraggiosa (sul punto implicitamente Cass. Sez. 6, n. 17688 del 23/4/2014, Cedolin, non massimata, oltre che nel vigore della fattispecie di cui all’art. 341 cod. pen, allorché era integrata una circostanza aggravante, Cass. Sez. 1, n. 157 del 25/1/1978, Chelli, rv. 138040), non sussistendo altrimenti quelle condizioni esterne all’operato del pubblico ufficiale che valgono a delineare la specifica offensività del fatto.

3. Orbene, alla luce di tali premesse deve ritenersi erronea la valutazione della Corte territoriale, che ha ritenuto integrato il fatto, in quanto il ricorrente avrebbe rivolto espressioni offensive ai singoli operanti, alla presenza degli altri: in realtà la Corte non si è avveduta che la condotta era stata tenuta in unità di contesto, nella fase in cui gli operanti stavano tutti svolgendo i medesimi compiti di ufficio, ed era consistita nella formulazione di offese generiche, con riguardo alle quali non veniva messa in rilievo la specificità della posizione di uno dei militari, ma emergeva la riferibilità della condotta all’indistinto operare dei vari carabinieri, tutti in varia guisa raggiunti da epiteti offensivi.

In tale situazione non avrebbe potuto concretamente apprezzarsi quello specifico disvalore su cui riposa la punibilità della condotta alla luce della formulazione dell’art. 341-bis, cod. pen. che non si limita a tutelare genericamente l’onore e il prestigio del pubblico ufficiale, ma mira in ultima analisi ad assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione, come detto, in relazione alle sfavorevoli condizioni esterne all’operato del pubblico ufficiale.

Detto altrimenti, nel caso in esame non è stata rappresentata la concreta sussistenza di quella condizione esterna, che sola consente di ritenere integrato il fatto.

4. Su tali basi si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

P. Q. M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Così deciso l’8/01/2020.

Depositato in Cancelleria l’11 febbraio 2020.

SENTENZA