L’operaio ENEL riveste la funzione di incaricato Pubblico Servizio (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 26 febbraio 2020, n. 7566).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

Dott. TORNESI Daniela – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PRIVITERA SANTO nato a CATANIA il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza del 19/11/2018 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Francesca PICARDI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Sante SPINACI che ha concluso chiedendo il rigetto.

E’ presente come sostituto processuale con delega depositata in aula dell’avvocato MOTISI MASSIMO del foro di PALERMO in difesa di:

PARTE CIVILE l’avv ARICO’ MARCO FORO PALERMO il quale si riporta e deposita conclusioni e nota spese.

E’ presente l’avvocato PAPA ANNA MARIA del foro di CATANIA in difesa di PRIVITERA SANTO, che si riporta ai motivi alla quale si rilascia attestazione di presenza con rilascio di marca da bollo da euro 3.87 tessera n. xxx foro CATANIA.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’imputato al risarcimento del danno cagionato alla parte civile Enel in relazione all’imputazione di cui al capo b, riqualificata ai sensi dell’art. 336 cod.pen. invece che ai sensi dell’art. 610 cod.pen., rimettendo le parti dinanzi al giudice civile per la determinazione del danno, mentre ha confermato la condanna di Santo Privitera alla pena di anni 1 di reclusione per i reati di cui ai capi a (furto di energia elettrica) e b (di cui all’art. 610 cod.pen., minaccia nei confronti del tecnico verificatore Enel, Fabrizio Velardita), ritenuta la continuazione, esclusa la recidiva e riconosciuta l’attenuante ex art. 62 n. 4 cod.pen. equivalente alle aggravanti (20 febbraio 2013).

2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, l’imputato che ha dedotto

1) la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla presenza di un magnete nell’apparecchio misuratore di energia elettrica, affermata solo da Fabrizio Velardita, ma negata da Pietro Lo Gioco e dai carabinieri;

2) la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine all’esimente della legittima difesa relativamente al reato di cui al capo b, tenuto conto che la reazione di Santo Privitera è collegata non all’accertamento del reato, ma al distacco dell’energia, da cui sarebbe derivato un grave pregiudizio a lui ed alla famiglia;

3) l’erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta qualifica di incaricato di pubblico servizio, riconosciuta a Fabrizio Velardita dal giudice di secondo grado, ai soli fini civili, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, nonostante l’espletamento, da parte sua, di mera attività materiale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. La prima censura, concernente la ritenuta responsabilità per il reato di furto, è inammissibile, in quanto non si confronta con la complessiva motivazione della sentenza impugnata, che, in modo coerente e non manifestamente illogico, ha dedotto l’inserimento del magnete nel misuratore di energia elettrica non solo dalla deposizione coerente, organica e disinteressata di Velardita, ma anche dagli indizi derivanti dalla reazione dell’imputato al tentativo del tecnico di fotografare la cassetta (“non essendovi, altrimenti, ragione che consenta di spiegarne il repentino distacco dal muro e l’immediata distruzione”) e dalla ripresa dei consumi, nei termini ordinari, nei giorni successivi al sopralluogo.

Del resto, il ricorrente non ha individuato alcuna contraddittorietà o manifesta illogicità del ragionamento svolto dai giudici di merito nella valutazione delle prove, ma si è limitato a valorizzare gli elementi a sé favorevoli.

In proposito va ribadito, da un lato, che è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino genericamente a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa a quella accolta dalla sentenza di condanna impugnata, senza indicare precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione di questa, idonee ad incidere negativamente sulla capacità dimostrativa del compendio indiziario posto a fondamento della decisione di merito (Sez. 2, n. 30918 del 07/05/2015 ud., dep. 16/07/2015, rv. 264441), e, dall’altro lato, che l’impugnazione è inammissibile per genericità dei motivi se manca ogni indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007 Cc. – dep. 10/09/2007, Rv. 236945 – 01; v. anche Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 ud. – dep. 16/05/2012, Rv. 253849 – 01, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione).

3. Neppure Il secondo motivo, avente ad oggetto l’asserita esimente ex art. 52 cod.pen., può essere accolto, essendo stata esclusa l’esimente della legittima difesa dal giudice di appello con una motivazione sufficiente e non manifestamente illogica, oltre che conforme alla legge (“tutt’altro che arbitraria – e, anzi doverosa – deve ritenersi l’iniziativa assunta dal Velardita di procedere al distacco del contatore e, per contro, certamente ingiustificata la condotta oppositiva del Privitera, violenta e minacciosa”).

Difatti, agli effetti di quanto previsto dall’art. 52 cod. pen., che configura la esimente della legittima difesa, occorre che l’altrui offesa sia ingiusta e, cioè, sia volta a ledere od ad esporre a pericolo un diritto, restando escluse dalla sfera applicativa della norma semplici situazioni di fatto dalle quali ogni cittadino può trarre o trae determinati vantaggi o utilità soggettive nell’estrinsecazione della sua attività economico-sociale (Sez. 2, n. 2692 del 17/11/1999 ud. – dep. 03/03/2000, Rv. 215736 – 01).

Invero, i presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima; mentre la prima deve concretarsi in un pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo ed alla proporzione tra difesa ed offesa (Sez. 4, n. 16908 del 12/02/2004 ud. – dep. 09/04/2004, Rv. 228045 – 01).

Nel caso di specie, nel ricorso non risulta neppure individuato i diritto soggettivo che sarebbe stato leso dal distacco dell’energia elettrica, a fronte del grave inadempimento perpetrato dall’imputato, idoneo a giustificare la risoluzione del contratto, secondo la disciplina civilistica.

4. Per quanto concerne l’ultima doglianza, avente ad oggetto il riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio, in capo al dipendente E.N.E.L., addetto al controllo del contatore ed all’eventuale distacco dell’energia elettrice, occorre premettere che, agli effetti della legge penale, ai sensi dell’art. 357 cod.pen„ sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa e che è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi, mentre, ai sensi dell’art. 358 cod.pen., sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio, inteso quale un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata, dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.

Secondo quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità, al fine ‘ di individuare se l’attività svolta da un soggetto possa essere qualificata come pubblica, ai sensi e per gli effetti di cui agii artt. 357 e 358 cod.pen., è necessario verificare se essa sia o meno disciplinata da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi, non rilevando invece la forma giuridica dell’ente e la sua costituzione secondo le norme dei diritto pubblico, nè lo svolgimento della sua attività in regime di monopolio, né tanto meno il rapporto di lavoro subordinato con l’organismo datare di lavoro; nell’ambito dei soggetti che svolgono pubbliche funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale è, poi, riservata a coloro che formano o concorrano a formare la volontà della pubblica amministrazione o che svolgono tale attività per mezzo di poteri autoritativi o certificativi, mentre quella di incaricato di pubblico è assegnata dalla legge in via residuale a coloro che non svolgono pubbliche funzioni ma che non curino neppure mansioni di ordine o non prestino opera semplicemente materiale (Sez, 6, n. 2549 del 02/12/2003 Cc. – dep. 24/01/2004, Rv. 228668 – 01).

Proprio, in applicazione di tali principi, Sez. 6, n. 11417 del 21/02/2003 ud. – dep. 11/03/2003, Rv. 224050 – 01 ha ritenuto la sussistenza del reato di peculato da parte di un dipendente dell’Enel incaricato della riscossione dei pagamenti dei compensi dovuti all’ente con poteri di transazione e di concessione di dilazioni nei confronti di utenti morosi e di disporre i distacchi della fornitura di energia elettrica.

Nello stesso senso si è orientata anche Sez. 6, n. 9298 del 02/05/1984 ud. dep. 29/10/1984, Rv. 166383 – 01, che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 320 cod. pen., ha attribuito la qualifica di incaricato di un pubblico servizio ad operai dipendenti dell’E.N.E.L., incaricati di rimuovere dei contatori installati in un’abitazione privata, affermando che, da un lato, l’attività dei pubblici ufficiali e quella degli incaricati di un pubblico servizio, nell’ambito della stessa istituzione pubblica, non costituiscono entità separate con finalità diverse, giacché sia le mansioni più elevate che quelle di mera esecuzione concorrono a soddisfare su pian diversi gli interessi e i bisogni della comunità e, dall’altro, la nozione di pubblico servizio abbraccia quelle attività pubbliche che, pur essendo scevre da potestà di imperio e di certificazione documentale, hanno tuttavia connotazioni di sussidiarietà e di complementarietà rispetto a quelle del pubblico ufficiale, nell’ambito di una determinata organizzazione amministrativa, per cui appare certo in esse la finalità di espletare un servizio che, se pure non essenziale all’ente pubblico, risulta assunto nell’interesse della collettività. Sez. 6, n. 2711 del 30/10/1995 ud. – dep. 14/03/1996, Rv. 204122 — 01 ha, tuttavia, escluso la fattispecie di oltraggio a pubblico ufficiale, affermando che non riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio l’operaio E.N.E.L. incaricato del distacco dei fili conduttori in derivazione dalla linea di energia elettrica all’utenza dei privato, espietando una attività meramente materiale.

Invero, fermo restando la natura di pubblico servizio dell’attività di distribuzione dell’energia elettrica svolta dall’E.N.E.L., riconosciuta anche dal giudice di primo grado, atteso che si tratta di un mercato regolamentato nell’interesse pubblico, risulta conforme all’art. 358 cod.pen. e congruamente motivata la decisione dei giudice di secondo grado, che ha attribuito la natura di incaricato di pubblico servizio al dipendente E.N.E.L. addetto al controllo ed all’eventuale distacco dei contatore, poiché tali operazioni non si esauriscono in un’attività meramente materiale, ma richiedono attività intellettive di valutazione e scelta, strumentali all’esercizio del pubblico servizio.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile Enel Distribuzione spa, che liquida in complessivi euro 3.000,00.

Così deciso il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.