(Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 dicembre 2016, n. 53969)
…, omissis …
Ritenuto in fatto
L’avv. Vincenzo Lepre, difensore di fiducia di B.G. , sulla scorta di procura del 5 luglio 2016 che, con la nomina a difensore di fiducia, “da mandato in particolare per….. proporre istanze di ricusazione e di remissione ex art. 38 cod. proc. pen., ex art. 46 cod. proc. pen.”, ha depositato in data 7 luglio 2016 una istanza a propria firma di rimessione per “legittimo sospetto” ai sensi dell’art. 45 cod. proc. pen. nell’ambito del processo RG 4495/2012 in corso innanzi alla Corte di Appello di Torino.
Tale processo riguarda l’impugnazione proposta da B. avverso una sentenza del Tribunale di Torino che lo condannava per i reati di corruzione in atti giudiziari, millantato credito, peculato, falso ed abuso di ufficio commessi nell’ambito della sua attività di magistrato del Tribunale di Imperia.
L’istante fa riferimento al “clamore suscitato dalle dichiarazioni rese dai pubblici ministeri oltre che i provvedimenti assunti dal collegio giudicante, ben possono costituire quel legittimo sospetto circa l’imparzialità dell’intero ufficio giudiziario”. Vi sarebbero “dichiarazioni rappresentative di un pensiero pregiudizievole proveniente da un distretto giudiziario ben determinato che è quello di Torino”.
L’istante indica le seguenti circostanze quali significative, in via diretta o indiretta, di tale presunta imparzialità:
– il pubblico ministero del processo di appello “casualmente … sarà rappresentata dal dr A.B.G. , colui che nel processo di primo grado svoltosi innanzi la terza sezione penale del tribunale di Torino, ha dichiarato esplicitamente il proprio pregiudizio nei riguardi del dott. B. , ma anche il distretto giudiziario a cui lo stesso B. apparteneva”. Il pubblico ministero nel corso della requisitoria in primo grado aveva indicato quale “sistema marcio” l’ambiente giudiziario di Sanremo ed Imperia, coinvolgendovi giudici, avvocati e cancellieri. Ciò era stato riportato da articoli di giornale. L’istante considera come, in tale caso, risulti pretestuoso procedere solo nei confronti del B. e come, comunque, tali affermazioni del PM abbiano comportato una reazione di protesta dei rappresentanti locali degli avvocati e del presidente del Tribunale di Imperia.
– L’atteggiamento manifestato nel corso delle udienze in primo grado dal pubblico ministero nei confronti dell’imputato, di cui segnala in particolare la richiesta di visita fiscale pur a fronte dei certificati medici prodotti dall’imputato stesso, nonché “un clima di tensione e di esacerbata contrapposizione, anche nei riguardi dei difensori”.
– L’adozione da parte della “magistratura torinese” di “una serie di decisioni ed abbia tenuto atteggiamenti che sono in diretta e strettissima correlazione con la situazione ambientale descritta”. In particolare, osserva come le domande poste ai testimoni siano sintomatiche di un accanimento processuale nei confronti dell’imputato, in un caso un testimone avrebbe riferito circostanze attinenti al coinvolgimento dell’imputato in altra vicenda.
– Nonostante la presentazione di certificati medici, il collegio giudicante ha ritenuto gli stessi insufficienti per il rinvio del procedimento per impedimento fisico del B. disponendo un accertamento peritale e comunque, su impulso del pubblico ministero, una visita medica fiscale. Ciò sarebbe indice di un pregiudizio del Tribunale di Torino “nei riguardi dell’intero sistema di cui l’odierno istante è parte integrante”. Inoltre non è stata accolta la richiesta difesa di procedere all’esame dell’imputato “in un luogo che tenesse conto dei suoi problemi di salute”.
– Il clima ostile sarebbe dimostrato anche da una ordinanza del 27 giugno 2016 con la quale il Tribunale rimetteva al pubblico ministero gli atti per procedere per un diverso reato per il quale non vi era stata alcuna istruttoria dibattimentale. All’imputato “è stata impedita ogni possibilità di difendersi in ordine al reato di peculato contestato con l’ordinanza pronunciata contestualmente al dispositivo della sentenza di condanna”.
Il difensore ricostruisce la scelta processuale ritenendola erronea e giustificata da accanimento nei confronti dell’imputato. Il vero intento sarebbe stato quello di impedire un’ipotesi di prescrizione del reato.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
Innanzitutto non può ritenersi esservi valida procura in favore del difensore per proporre la istanza di rimessione.
È dato pacifico che solo l’imputato personalmente, e non il suo difensore, possa chiedere la rimessione del processo (Sez. 1, n. 5148 del 18/10/1995 – dep. 09/11/1995, Sacripante, Rv. 20275001), come risulta testualmente dagli artt. 45 e 46 cod. proc. pen.. pertanto la richiesta dell’imputato o deve essere sottoscritta di persona o può essere sottoscritta “da un suo procuratore speciale”.
Si applica, quindi, la disposizione specifica, art. 122 cod. proc. pen., che regola la “procura speciale per determinati atti”: “quando la legge consente che un atto sia compiuto per mezzo di un procuratore speciale”, la procura deve contenere, a pena di inammissibilità, “la determinazione dell’oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce”.
Che tale disciplina riguardi anche il difensore, a volerne dubitare, risulta chiaramente dallo stesso art. 122 che disciplina il caso in cui tale procura speciale sia rilasciata al difensore per scrittura privata, prevedendo in tale ipotesi uno specifico ed ulteriore caso di potere del difensore di autenticazione della firma, previsione necessaria perché tale procura speciale è un atto sostanziale e non processuale per cui valgano le regole dell’art. 39 disp. att. cod. proc. pen..
Invero, una procura qual è quella prodotta, proprio perché generica, non delega il singolo atto, perché non si fa riferimento ad alcun singolo atto; delega, invece, la facoltà esclusiva dell’imputato di chiedere la rimessione.
Una tale procura è quindi inammissibile perché palesemente contraria alle disposizioni che non consentono di delegare i poteri “personalissimi” dell’imputato bensì il solo concreto esercizio degli stessi nei singoli casi.
In ogni modo, anche a voler ritenere che alla mancanza dell’oggetto specifico dell’atto delegato nell’atto possa supplire l’essere stata la procura del 5 luglio firmata in contestualità con la presentazione della istanza di remissione (il medesimo difensore risultava già nominato, quindi la nuova procura non era di per sé necessaria se non per presentare l’istanza), i motivi sono manifestamente infondati:
– per quanto possa rilevare la condotta di singoli nel creare la situazione di “legittimo sospetto” che riguarda l’intero ufficio giudiziario, non si comprende neanche la ragione per la quale da una singola espressione, ritenuta insultante, usata dal singolo pubblico ministero nel corso della requisitoria di primo grado debba ritenersi la carenza di imparzialità dell’ufficio giudiziario (del grado successivo) in quanto tale.
– lo stesso vale per le altre doglianze sull’atteggiamento manifestato dal pubblico ministero, considerato, peraltro, che il chiedere una verifica medica dell’impedimento dell’imputato sembra una condotta sostanzialmente priva di ragione di sospetto (appare, prima facie, un comune esercizio delle attività processuali dell’accusa).
– La non chiarissima questione sulla presunta irregolarità di formulare domande ad un testimone che riguardino le vicende costituenti reato trattate in un diverso processo, anche a ritenere che vi sia una tale preclusione nella legge processuale (come sembra ritenere il ricorrente che non offre elementi di valutazione sulla pertinenza o meno della domanda), non sembra avere alcun significato particolare per potere poi ritenere il legittimo sospetto per carenza di imparzialità della Corte di Appello di Torino.
– La questione sull’essere indice di “pregiudizio” l’aver ritenuto insufficienti i certificati medici per disporre il rinvio del procedimento, disponendo accertamenti medici di ufficio, è del tutto erronea in quanto basata su un inesistente principio secondo il quale il certificato medico di parte sarebbe una sorta di prova legale dell’impedimento, il che non è, per cui correttamente il giudice procede a verifiche sull’impedimento. Se, comunque, fosse fondata la tesi implicita nel ricorso, si sarebbe in presenza dell’adeguamento dei giudici di merito ad una prassi che, pur se erronea, non sarebbe ex sé una ragione di dubbio sulla imparzialità dell’ufficio giudiziario.
– Che l’ordinanza del 27 giugno 2016 sia segno di un clima ostile, è anch’essa affermazione erronea in quanto prescinde dall’esistenza della disposizione di cui all’articolo 521, comma 2, cod. proc. pen. che, alle condizioni date, impone la decisione con ordinanza per la restituzione degli atti al pubblico ministero.
Invero il difensore, oltre a escludere implicitamente la vigenza di tale regola, sembra anche ritenere nel caso concreto erronea la valutazione del collegio; ma anche un tale errore (eventuale) non sarebbe di per sé solo indice della volontà di pregiudicare l’imputato (e del legittimo sospetto sull’intero ufficio giudiziario del successivo grado).
Valutati i motivi della inammissibilità, la sanzione pecuniaria va determinata nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e del a somma di Euro 2000 in favore della cassa delle ammende.