REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAZZEI Antonella P. – Presidente
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere
Dott. DI GIURO Gaetano – rel. Consigliere
Dott. CAIRO Antonio – Consigliere
Dott. COCOMELLO Assunta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 06/12/2016 del TRIBUNALE di ISERNIA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DI GIURO GAETANO;
lette le conclusioni del P.G. Dott.ssa FILIPPI Paola, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Isernia in composizione monocratica, in funzione di giudice dell’esecuzione, per quanto in questa sede di interesse, disponeva la revoca delle sospensioni condizionali delle pene concesse a (OMISSIS) con le sentenze dello stesso Tribunale del 02/04/2013, irrevocabile il 13/09/2015, e del 08/02/2007, irrevocabile il 10/12/2007, nonche’ con la sentenza del Tribunale di Campobasso del 14/03/2011, confermata dalla Corte di appello di Campobasso il 25/09/2014, irrevocabile il 28/11/2014.
2. Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, (OMISSIS).
2.1. Col primo motivo di impugnazione viene dedotta violazione dell’articolo 164 c.p., comma 4, e articolo 168 c.p., comma 3, e vizio di motivazione. Il difensore rileva:
a) che non si tratta di ipotesi di decadenza ope legis, ma di revoca fondata sull’inosservanza della legge penale;
b) che agli atti del fascicolo processuale – ivi compreso quello della Corte di appello – erano presenti 4 certificati del casellario giudiziale;
c) che, se non il Tribunale al momento della concessione del beneficio per la terza volta con la sentenza del 02/04/2013, quantomeno la Corte di appello era a conoscenza delle precedenti concessioni della sospensione condizionale.
2.2. Col secondo motivo di ricorso si denunciano violazione dell’articolo 164 c.p., comma 4, e articolo 163 c.p., comma 3, e vizio di motivazione.
La difesa rileva che il delitto di cui alla condanna del 02/04/2013 e’ stato commesso, in attuazione della prima condotta di maltrattamento, nel 2006, quindi anteriormente al 10/12/2007, data del passaggio in giudicato della sentenza del 08/02/2007 del Tribunale di Isernia.
3. Con memoria di replica alla requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, la difesa insiste sui motivi di ricorso, evidenziando come, nonostante la conoscenza delle pregresse sospensioni condizionali della pena, la Corte di appello abbia confermato la terza sospensione condizionale della pena e detta pronuncia non sia stata oggetto di impugnazione ad opera della Procura generale presso la stessa Corte.
Considerato in diritto
1. Il ricorso e’ infondato e, pertanto, va rigettato.
1.1. Infondato e’, invero, il primo motivo di impugnazione.
L’ordinanza impugnata correttamente richiama la pronuncia delle Sezioni Unite n. 37345 del 2015, che consente da parte del Giudice dell’esecuzione la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso in violazione dell’articolo 164 c.p., comma 4, in presenza di cause ostative, a meno che dette cause non fossero documentante note al Giudice della cognizione.
E rileva come dal fascicolo processuale oggetto della sentenza resa dal Tribunale di Isernia, acquisito per la suddetta verifica documentale, fosse presente un casellario giudiziale in cui non erano riportate entrambe le condanne penali con relativa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Conclude, conseguentemente, per la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 168 c.p., u.c., per procedere alla revoca del beneficio come richiesto dall’ufficio requirente.
L’osservazione difensiva secondo cui altri certificati penali emergerebbero dal fascicolo della Corte di appello (integrando il numero complessivo di certificati indicati nel ricorso), la quale, pur avendo piena e completa conoscenza del fatto che a (OMISSIS) fosse gia’ stata concessa la sospensione condizionale della pena per due volte, confermava la sentenza di primo grado, e’ resa priva di rilievo dal disposto dell’articolo 597 c.p.p., comma 3, che esclude che il Giudice d’appello possa revocare la sospensione condizionale della pena, quando l’appello, come nel caso di specie, e’ proposto dal solo imputato.
2.2. Infondato e’ anche il secondo motivo di impugnazione, alla luce dell’orientamento di questa Corte, secondo cui il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un’ipotesi di reato abituale che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti che isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti (Sez. 6, n. 43221 del 25/09/2013 – dep. 22/10/2013, B, Rv. 257461), con la conseguenza che nessun rilievo autonomo ha, ai fini della revoca del beneficio, il momento iniziale della condotta, dovendosi ritenere il reato commesso nel caso di specie sino al 2010.
Del resto osserva la stessa ordinanza impugnata come, ai fini della verifica della ricorrenza dei presupposti della sospensione condizionale della pena, sia rilevante la condotta protratta dei maltrattamenti, nonché il fatto della commissione anche solo di una parte della condotta delittuosa nel quinquennio successivo alla data di irrevocabilità della sentenza che aveva riconosciuto il beneficio, manifestando in tal modo l’agente un comportamento contrario ai presupposti del mantenimento.
Ed osserva, anche, che diversamente opinando “si permetterebbe a chiunque sia stato condannato a pena sospesa, di continuare a delinquere, garantendogli il mantenimento del beneficio, alla mera condizione che la perdurante condotta delittuosa abbia avuto inizio in un momento anche di poco anteriore all’irrevocabilità del relativo provvedimento”.
2. Al rigetto consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.