Mancata notificazione per errore non imputabile al notificante: quest’ultimo deve subito attivarsi per la rinotifica (Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, Sentenza 26 novembre 2021, n. 36933).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. IANELLO Emilio – Rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4744/2020 R.G. proposto da:

Cogen S.r.l. e PM Immobiliare S.r.l., rappresentate e difese dall’Avv. Umberto (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

Condominio Viale Carlo III 176, rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola (OMISSIS);

– controricorrente –

e nei confronti di

Salim S.r.l.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3387/2019, depositata il 19 giugno 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 ottobre 2021 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 3406/2017 del 14 novembre 2017, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in accoglimento dell’azione revocatoria proposta dal Condominio Viale Carlo III n. 176 di San Nicola la Strada, ha dichiarato inefficaci nei suoi confronti, ex art. 2901 cod. civ., i due contratti di compravendita, stipulati con atto pubblico notarile il 3/12/2014, con cui la Salim S.p.a. aveva ceduto alle due acquirenti Pm Immobiliare S.r.l. e Cogen S.r.l. l’intero proprio patrimonio immobiliare.

2. Queste ultime interposero gravame che, con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibile per non essere stato notificato agli appellati entro il termine fissato a pena di decadenza.

Ha al riguardo ritenuto non condivisibili le giustificazioni al riguardo addotte dalle appellanti, rappresentate:

a) dalla mancata autorizzazione alla rinnovazione della notifica;

b) dal fatto che, quand’anche questa fosse stata autorizzata, l’esito non sarebbe potuto cambiare risultando ancora dagli albi professionali il medesimo indirizzo cui la prima notifica era stato diretta senza successo;

c) dalla insufficienza del lasso temporale tra la prima e la seconda udienza.

Ha infatti osservato, in sintesi, quanto segue:

— secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, qualora la notificazione di un atto di impugnazione, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si perfezioni per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha l’onere di riattivare autonomamente il procedimento notificatorio entro un termine ragionevolmente contenuto, dovendosi di conseguenza dichiarare non luogo a provvedere sulla richiesta dello stesso di rimessione in termini per la rinnovazione della notifica;

— nell’ipotesi di impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza, qualora l’appello sia notificato, ai sensi della seconda parte del comma primo dell’art. 330 cod. proc. civ., presso il difensore costituito in primo grado e la notifica non si perfezioni per intervenuto trasferimento del destinatario dell’atto, l’impugnante ha l’onere di ripetere la notifica nel nuovo domicilio del medesimo difensore, ricercandolo presso l’albo professionale; qualora il nuovo domicilio non sia accertabile, si configura una situazione del tutto analoga all’irreperibilità, ovvero al caso in cui manchi la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio, per cui si applica il criterio, ulteriormente sussidiario, previsto dal terzo comma dell’art. 330 cod. proc. civ. che dispone la notifica alia parte personalmente, ai sensi dell’art. 137 e ss. cod. proc. civ.; l’adempimento delle formalità della notifica, comunque, deve avvenire entro la scadenza del termine perentorio fissato per l’impugnazione, restando a carico dell’appellante il rischio che le nuove modalità di notifica non consentano di rispettare detto termine (Cass. n. 14309 del 2009);

— essendo stata la sentenza impugnata pubblicata il 14/11/2017, alla data dei 16/10/2018 era già ampiamente decorso il termine semestrale di cui all’art. 327 cod. proc. civ., venuto a scadenza il 14/5/2018, giorno in cui le appellanti avevano consegnato l’appello per la notifica mediante servizio postale; sono, inoltre, evidenti l’erroneità e l’improprietà della sovrapposizione al termine (che ha natura decadenziale) per la notifica dell’impugnazione di quello «per comparire» di cui all’art. 163-bis cod. proc. civ., dalla cui mancata osservanza può derivare, se non sanata dalla condotta processuale dell’appellato, non la decadenza dall’impugnazione ma la mera nullità della citazione, la cui rinnovazione sana però «i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione» (art. 164, comma secondo, cod. proc. civ.).

3. Avverso tale decisione Cogen S.r.l. e PM Immobiliare S.r.l. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui resiste il condominio depositando controricorso.

4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata ai ricorrenti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

5. In data 13 ottobre 2021 è stata depositata concorde richiesta di rinvio della causa motivata dal fatto, di cui si dà comunicazione, che «le parti hanno raggiunto un’intesa per la definizione della lite e si è in attesa dell’approvazione della proposta transattiva da parte dell’assemblea condominiale».

6. In data 14 ottobre 2021 le ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis, comma secondo, cod. proc. civ., da valere «per il caso in cui il rinvio richiesto … non venga concesso».

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Occorre preliminarmente rilevare che non risulta essersi perfezionata la notifica del ricorso nei confronti della Salim S.p.a., litisconsorte necessario.

Per le considerazioni appresso esposte, che — come si dirà — devono condurre al rigetto del ricorso, si rivela nondimeno ultroneo, per il principio di ragionevole durata del processo, ordinare l’altrimenti necessaria integrazione del contraddittorio.

Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, invero, il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone infatti al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti.

Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (v. Cass. Sez. U. 22/03/2010, n. 6826; Cass. 21/05/2018, n. 12515; 10/05/2018, n. 11287; 17/06/2013, n. 15106).

2. Reputa il Collegio che non possa nemmeno trovare accoglimento la richiesta di rinvio avanzata dai legali delle ricorrenti e del condominio controricorrente, atteso che:

a) essa non appare adeguatamente giustificata, non essendo in particolare evidenziata la ragione per la quale le riferite trattative debbano aver avuto inizio solo a seguito della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’adunanza camerale;

b) le ragioni del contendere, esclusivamente in rito, palesano la immediata definibilità del procedimento, rispetto alla quale il rinvio risulterebbe meramente e inutilmente dilatorio.

3. Con il primo motivo le ricorrenti denunciano, con riferimento all’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 164, 153, 184, 291 cod. proc. civ. e degli artt. 8 e 9 legge 20 novembre 1982, n. 890.

Questi, in sintesi, gli argomenti di critica:

— l’indicazione del domicilio eletto dal condominio appellato non era univoco nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado: quello indicato nell’epigrafe della citazione (San Nicola La Strada, Via Leonardo da Vinci, n. 144) era, infatti, diverso da quello indicato nella procura a margine (San Nicola La Strada, Via Le Taglie, 5);

— la notifica dell’appello fu comunque diretta al primo dei due indirizzi (studio legale dei difensori in San Nicola La Strada, Via Leonardo da Vinci, n. 144), in quanto risultante dalla sentenza e dall’albo professionale;

— avendo l’agente postale attestato l’irreperibilità dei destinatari al detto indirizzo, non poteva essere richiesta al notificante «un’ulteriore diligenza»;

— non essendo quindi l’errore imputabile al notificante, sussistevano le condizioni per autorizzare la rinnovazione della notifica dell’appello, quanto meno ai sensi dell’art. 153 cod. proc. civ.;

— il principio affermato dalla più recente giurisprudenza, secondo cui «in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa» (Cass. Sez. U. 15/07/2016, n. 14594) non era applicabile nel caso di specie atteso che il termine di quindici giorni (ovvero la metà del termine breve, di trenta giorni, per appellare, ex art. 325 cod. proc. civ.) non era in ogni caso sufficiente a esperire ulteriori indagini e ricerche per individuare il nuovo studio professionale dei difensori domiciliatari, il contrario non essendo stato del resto nemmeno accertato dal giudice a quo;

— le stesse considerazioni valgono per la notifica non eseguita nei confronti della Salim S.r.l. presso la sede legale e presso la residenza dell’amministratore che a tutt’oggi non sono mutate.

4. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 137, 291 e 330 cod. proc. civ..

La censura investe il secondo dei suindicati rilievi esposti in sentenza, circa la necessità, in caso di irreperibilità del domicilio eletto, di attivare il criterio sussidiario ex art. 330 cod. proc. civ. della notifica alla parte personalmente.

Osservano di contro i ricorrenti che, nella specie, essendo stato il primo tentativo di notifica effettuato l’ultimo giorno utile, non vi era possibilità di effettuare i detti adempimenti senza evitare la decadenza dall’impugnazione, donde, a maggior ragione, la necessità di autorizzare la rimessione in termini.

5. I motivi, congiuntamente esaminabili per la loro stretta connessione, sono infondati.

La sentenza impugnata deve ritenersi infatti corretta nei suoi esiti, occorrendo solo procedere ad una parziale correzione della motivazione, nei termini appresso esposti, ai sensi dell’art. 384, comma quarto, cod. proc. civ..

6. Giova premettere, benché sul punto non sussista reale contrasto tra le parti, che l’accertamento della mancata esecuzione della notifica per irreperibilità del destinatario, ancorché in ipotesi non imputabile al notificante, equivale ad accertamento della radicale inesistenza della notifica.

È evidente, infatti, che si è al cospetto non già di una mera nullità della notifica ma di una vera e propria inesistenza, ricorrendo uno dei pur ormai ristrettissimi casi in cui una tale ipotesi è configurabile secondo il dictum di Cass. Sez. U. n. 14916 del 20/07/2016, quello cioè in cui — per usare gli stessi termini del citato arresto — «l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa», con conseguente impredicabilità di una rinnovazione iussu iudicis sanante con effetto ex tunc, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ..

Ciò posto in punto di fatto, occorre poi prendere atto che non risulta perfezionato alcun successivo tentativo di notifica.

A fronte di tale inerzia correttamente la Corte di merito ha ritenuto non concedibile termine per la rinnovazione, né la rimessione in termini per l’incombente ex art. 153 cod. proc. civ..

E ciò tanto nel caso che la mancata notifica a causa della irreperibilità del destinatario sia da ritenere imputabile al notificante, quanto in quello che non lo sia.

7. Converrà rammentare al riguardo che, circa gli effetti del mancato perfezionamento della notifica dell’impugnazione, al fine di valutare la tempestività della sua rinnovazione rispetto al termine per impugnare, la giurisprudenza distingue a seconda che l’errore sul domicilio del difensore domiciliatario sia o meno imputabile al notificante.

7.1. L’errore si considera imputabile ove sia richiesta all’ufficiale giudiziario la notifica dell’impugnazione nel domicilio di un procuratore esercente l’attività nell’ambito della circoscrizione di assegnazione: in tal caso, ai fini dell’indicazione del luogo di consegna dell’atto, va indicato il «domicilio professionale» (cfr. art. 17 del r.d.l. n. 27 novembre 1933, n. 1578) oppure la «sede dell’ufficio» (art. 68 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37) del procuratore e il previo accertamento dell’uno o dell’altra è a carico del notificante e va soddisfatto con il previo riscontro presso l’albo professionale.

7.2. Si considera altresì, il mancato esito della notifica, imputabile al notificante ove la stessa sia richiesta nel domicilio di un procuratore che, esercitando l’attività fuori della circoscrizione di assegnazione, abbia omesso di eleggere domicilio nell’ambito di quella ove ha sede l’ufficio giudiziario adito.

In tal caso va rammentato che, secondo principio stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte, a seguito dell’introduzione del c.d. domicilio digitale (corrispondente all’indirizzo p.e.c. che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, previsto dall’art. 16-sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif, in I. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., in I. n. 114 del 2014), la notificazione dell’atto di appello va eseguita all’indirizzo p.e.c. del difensore costituito risultante dal ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo, sicché è nulla la notificazione effettuata (ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934) presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest’ultimo (a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra anche la circostanza che l’indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario) (cfr. Cass. n. 14140 del 23/05/2019; n. 14914 del 08/06/2018; n. 30139 del 14/12/2017).

7.3. Si considera, invece, non imputabile nel diverso caso in cui la notificazione dell’atto di impugnazione sia indirizzata a procuratore che, esercitando il proprio ufficio in un giudizio che si svolge in circoscrizione diversa da quella del tribunale al quale è assegnato, abbia eletto domicilio nell’ambito della detta circoscrizione: in tal caso la notifica è correttamente indirizzata, da parte del notificante, in questo luogo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 330 e 141 cod. proc. civ., anche qualora il domiciliatario sia un avvocato iscritto al locale albo professionale, senza che sia necessario il previo riscontro presso questo albo a carico del notificante, essendo in tal caso infatti onere della parte che ha eletto domicilio indicare alla controparte eventuali mutamenti del domicilio eletto (v. ex aliis Cass. Sez. U. 18/02/2009, n. 3818; Cass. Sez. U. 24/07/2009, n. 17352; 13/02/2014, n. 3356; Cass. 18/11/2014, n. 24539; 19/10/2017, n. 24660).

8. Diverse, come detto, sono nei vari casi, le conseguenze del mancato buon esito della notifica.

8.1. Nel primo e nel secondo dei casi descritti — errore nella indicazione dell’indirizzo del procuratore domiciliatario imputabile al notificante — l’impugnazione potrà ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica intervenga entro il termine per impugnare, non potendosi farne retroagire gli effetti fino al momento della prima notifica (v. Cass. Sez. U. n. 3818 del 2009, cit.; Cass.21/06/2007, n. 14487; 01/07/2005, n. 14033).

8.2. Nel terzo caso invece — errore non imputabile al notificante — si ammette che la ripresa del procedimento notificatorio abbia effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, restando pertanto irrilevante che essa abbia luogo dopo lo spirare del termine per impugnare.

Quanto alle modalità e ai termini da osservarsi perché tale ripresa produca detto effetto la giurisprudenza ha però fissato dei criteri stringenti e tassativi.

Anzitutto la ripresa del processo notificatorio è rimessa alla parte istante e deve escludersi la possibilità di chiedere una preventiva autorizzazione del giudice, vuoi perché questa sub-procedura allungherebbe ulteriormente i tempi processuali, vuoi perché non sarebbe «neanche utile al fine di avere una previa valutazione certa circa la sussistenza delle condizioni per la ripresa del procedimento di notificazione, in quanto si tratterebbe solo di una valutazione preliminare effettuata non in sede decisoria e per di più in assenza del contraddittorio con la controparte interessata» (precisazione questa operata, modificando precedente indirizzo, da Cass. Sez. U.24/07/2009 n. 17352, richiamata da Cass. Sez. U. 15/07/2016, n. 14594; v. anche Cass. 11/09/2013, n. 20830; 25/09/2015, n. 19060).

L’attività della parte interessata a completare la notificazione deve inoltre essere attivata con «immediatezza» appena appresa la notizia dell’esito negativo della notificazione — restando a carico della stessa l’onere di indicare e provare il momento in cui ha appreso dell’esito negativo della notifica (Cass. Sez. U. n. 14594 del 2016, cit.; Cass. n. 19060 del 2015) — e deve svolgersi con «tempestività».

Allo scopo di dare maggiore concretezza a tale ultimo requisito, le Sezioni Unite, come noto, hanno ritenuto di poter fissare il relativo termine in misura pari alla metà del tempo indicato per ciascun tipo di atto di impugnazione dall’art. 325 c.p.c. (e dunque, per il ricorso per cassazione, in trenta giorni), osservando che «se questi termini sono ritenuti congrui dal legislatore per svolgere un ben più complesso e impegnativo insieme di attività necessario per concepire, redigere e notificare un atto di impugnazione a decorrere dal momento in cui si è stato pubblicato il provvedimento da impugnare, può ragionevolmente desumersi che lo spazio temporale relativo alla soluzione dei soli problemi derivanti da difficoltà nella notifica, non possa andare oltre la metà degli stessi, salvo una rigorosa prova in senso contrario (ad esempio, relativa a difficoltà del tutto particolari nel reperire l’indirizzo del nuovo studio)» (Cass. Sez. U. n. 14594 del 2016, motivazione § 30).

9. Alla luce di tali premesse, è agevole osservare che, nel caso di specie, ricorre la seconda della ipotesi sopra esaminate (errore imputabile al notificante), atteso che:

— i difensori dell’appellato, secondo quanto dedotto dagli stessi ricorrenti, risultavano domiciliati in primo grado (non è dato sapere se 40)) lo fossero anche per il giudizio di appello, ma poco importa per quel che si sta per dire), presso il proprio studio in San Nicola La Strada, compreso nella circoscrizione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, diversa da quella ove ha sede la Corte d’appello di Napoli;

— la notifica dell’atto di appello andava quindi eseguita non all’indirizzo del domicilio eletto per il giudizio di primo grado ma a all’indirizzo p.e.c. del difensore costituito risultante dal ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo, salva l’impossibilità di provvedervi per causa imputabile al destinatario – nella specie nemmeno dedotta – nel qual caso la notificazione andava comunque effettuata (ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934) presso la cancelleria della Corte d’appello di Napoli;

— per tal motivo l’esito infruttuoso della notifica deve considerarsi imputabile al notificante, con quel che ne consegue circa la mancata rinnovazione della notifica entro il termine per impugnare (v. supra § 8.1).

10. Ma quand’anche l’errore non fosse stato imputabile al notificante, una eventuale rinnovazione non aveva alcuna necessità di attendere l’autorizzazione del giudice procedente, posto che ad essa avrebbe ben potuto e dovuto attendere il notificante non appena avuto notizia dell’esito infruttuoso del primo tentativo (v. supra § 8.2).

Per le ragioni dette, peraltro, trattandosi di difensore esercente in luogo non compreso nella circoscrizione di sua appartenenza, non era richiesta al notificante alcuna ulteriore attività di ricerca dell’effettiva ubicazione dello studio dei difensori, bastando allo stesso prendere atto della mancata elezione di domicilio nell’ambito della circoscrizione ove ha sede l’ufficio giudiziario adito (nella specie, Corte d’appello di Napoli) e quindi procedere alla notificazione, per quanto detto, a mezzo p.e.c. all’indirizzo digitale dei destinatari o, in caso di impossibilità di questa per cause imputabili al destinatario, presso la cancelleria dell’ufficio medesimo ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934: incombenti elementari cui era certamente possibile attendere entro il predetto termine di quindici giorni dalla appresa notizia della mancata notifica.

11. Il terzo motivo va considerato assorbito, investendo la terza subordinata ratio decidendi spesa in motivazione e ciò facendo peraltro alla stregua di un breve rimando agli stessi argomenti censori di cui si è sopra evidenziata l’infondatezza.

12. Il quarto motivo va altresì considerato assorbito e sarebbe stato comunque inammissibile, lamentandosi con esso il mancato esame dei motivi di gravame e quindi di questioni evidentemente rimaste assorbite dall’esito decisorio in rito della sentenza d’appello.

13. La memoria che, come detto, è stata depositata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 380-bis, comma secondo, cod. proc. civ., non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi.

14. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna delle ricorrenti alla rifusione delle spese in favore del condominio controricorrente, liquidate come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle società ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle società ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il giorno 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il giorno 26 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.